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lunedì 27 giugno 2011

Apocalypse Wow

Apocalypse Now
(USA 1979)
Regia: Francis Ford Coppola
Cast: Martin Sheen, Marlon Brando, Robert Duvall, Dennis Hopper, Laurence Fishburne, Harrison Ford, Frederic Forrest, Sam Bottoms, Scott Glenn, Francis Ford Coppola, Colleen Camp, Linda Carpenter, Cynthia Wood
Genere: odissea nella guerra
Se ti piace guarda anche: La sottile linea rossa, Full Metal Jacket, Platoon

Per la serie: anche la rivalità con il mio blogger-nemesi Mr. James Ford può portare a qualcosa di buono. Dopo una discussione con quel guerrafondaio sui film di guerra, genere cinematografico che io in genere non amo molto, ho deciso di recuperarmi Apocalypse Now (in goduriosa versione Redux), che colpevolmente ammetto di non aver mai visto. Fino a pochi giorni fa.
Avevo fatto male? No, perché secondo me i film vanno gustati al momento giusto della propria vita e magari fatta qualche anno fa questa visione non mi avrebbe sconvolto così tanto. E invece si vede che era arrivata l’ora giusta. L’ora “Apocalisse ora”.


La cosa che più ha colpito di questo film (tra l’altro appena uscito in Blu-Ray per quegli sbadati come me che se l’erano perso) non è stata tanto la tanto celebrata interpretazione di Marlon Brando o il risolvimento finale, perarltro grandiosi. È tutta la lunga prima parte, quella dell’attesa che cresce, quella che pur non trattandosi di un thriller monta su una suspence incredibile, quella del grande mistero che avvolge la figura del Colonnello Kurtz prima ancora di poterlo vedere: sentiamo la sua voce registrata, leggiamo il suo curriculum vitae bellico, ne sentiamo parlare ma rimane un punto interrogativo avvolto in una nuvola.
Attraverso gli occhi del protagonista Martin Sheen, il padre di quel degenerato di Charlie (che non fa surf, ma si fa solo delle gran pornostar e delle gran piste di coca), ci troviamo di fronte all’orrore l’orrore della guerra in Vietnam. Non attraverso scene di puro pietismo o espedienti da lacrime facili, né tanto meno attraverso quella retorica tronfia ed epica che attraversa tanti war movies, e neanche con una prevedibile condanna della guerra. No no. Niente di tutto ciò, bensì tutta la follia dei soldati americani. Più che un film sulla guerra o sulla violenza, lo definirei quindi un film sulla follia umana.

Il Colonnello Kilgore interpretato da Robert Duvall è il numero uno. Un capo supremo. Un folle supremo. Un cretino supremo. Un annusatore di Napalm al mattino. Un’anticipazione fuori di testa del Colonnelo Kurtz. Il senso senza senso della guerra in Vietnam, ma in fondo di qualunque guerra, sta tutto nella scena in cui invita i suoi soldati a fare surf mentre dal cielo piovono missili. Cos’altro ci deve dire di più Coppola? Omini che giocano alla guerra. La guerra come divertimento. La guerra come droga, ci confermerà poi in seguito Kathryn Bigelow con il suo The Hurt Locker da Oscar (tiè Avatar!). La guerra come casa, ci dice quel Martin Sheen che dal Vietnam non riuscirà mai a venirne fuori. La sua testa rimarrà per sempre lì.
Le donne presenti nel film cercano di ridare umanità ai soldatini deumanizzati dalla guerra, ma ci riescono? Mi sa proprio di no. Le conigliette di Playboy compaiono come una fantasia che improvvisamente si materializza, come un’oasi in mezzo al deserto, e come tali vengono trattate, con il soldato che invece di godersi la compagnia della fanciulla le mette una parrucca per farla sembrare la coniglietta di un altro mese. Una fantasia che diventa realtà, ma continua ad essere vissuta come una fantasia: effetto di una guerra che ha fatto perdere ai soldati qualunque concetto di cosa sia la vera realtà.

Un’Odissea lunga e avvincente, soprattutto sorprendente, che ci porta a sprofondare sempre più in un’Apocalisse spaventosa e allo stesso tempo stranamente estremamente affascinante e, tra una cavalcata delle Valchirie entrata nella leggenda e un formidabile Dennis Hopper che probabilmente ha recitato del tutto strafatto, Martin Sheen arriva infine all’uomo-obiettivo della sua missione segreta (si fa per dire, segreta). Il colonnello Kurtz appare un uomo stanco, proprio come Silvio Berlusconi in questi giorni. Una persona che ha davvero visto e fatto di tutto e che ormai sembra stufo persino della venerazione che lo circonda. Al di là del fatto che il personaggio interpretato da Marlon Brando sia molto più profondo e intenso nelle sue riflessioni esistenziali e adotti una via comunicativa ben lontana dai proclami Dux-style del Berlusca, i due mi sembrano davvero simili. Hanno violato le leggi comunemente accettate e se ne sono create di proprie, creandosi un seguito che si avvicina al fanatismo religioso, eppure non ce la fanno più. Sono arrivati a fine corsa e hanno bisogno di qualcuno che abbia il coraggio e la prontezza di staccar loro la spina, qualcuno che faccia smettere di battere il loro cuore di tenebra. Kurtz lo troverà nel capitano Willard, l’altro invece lo sta ancora cercando.

In questa Disneyland bellica che ci mostra un Vietnam inedito tra surfisti, conigliette, colonnelli impazziti e soldati psicopatici, Francis Ford Coppola fa un uso estremamente moderno del montaggio e della colonna sonora, con una The End dei Doors che assume il ruolo di protagonista assoluta, suggerendoci come l’inizio sia in realtà la vera fine del film e viceversa, e questa è una cosa che forse sarà stata detta da moltissime altre analisi sulla pellicola, o forse è solo un viaggio mentale che mi sono fatto io.
Forse Martin Sheen nemmeno c’è mai stato in Vietnam.
Forse è tutto un sogno post-alcolico che ha vissuto nella sua stanzetta di motel.
Forse invece ci siamo andati noi, in Vietnam, a uccidere i colonnelli Kurtz delle nostre esistenze.
(voto 10)


domenica 30 maggio 2010

Goodbye easy rider



Dennis Hopper (1936-2010) in Velluto Blu di David Lynch
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