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Brooklyn è il candidato più sorprendente al titolo di miglior film agli Oscar 2016.
Il più sorprendente? Ne siamo sicuri?
A prima vista sì. In quanti di voi si aspettavano che sarebbe finito in lizza tra le migliori pellicole, preferito a nomi mediaticamente più forti e dati come più probabili dai bookmakers o da siti prestigiosi come Pensieri Cannibali?
Brooklyn ha avuto la meglio su Carol, The Hateful Eight, Inside Out, Star Wars: Il risveglio della Forza, Sicario, Creed - Nato per combattere, Ex Machina, Steve Jobs e The Danish Girl, tanto per dirne alcuni. L'avreste davvero predetto?
Non vedo alzarsi tante manine e quelle che si sono alzate appartengono a persone che, mi sa, stanno barando.
Sceneggiatura: J.J. Abrams, Lawrence Kasdan, Michael Arndt
Cast: Daisy Ridley, John Boyega, Adam Driver, Oscar Isaac, Harrison Ford, Mark Hamill, Carrie Fisher, Andy Serkis, Domhnall Gleeson, Max von Sydow, Lupita Nyong'o, Peter Mayhew, Anthony Daniels, Gwendoline Christie, Greg Grunberg, Ken Leung, Simon Pegg, Billie Lourd, Daniel Craig, Michael Giacchino, Nigel Godrich
Nemmeno io sapevo bene chi fosse. Avete però presente Benedict Cumberbatch? E il film per cui era candidato all'Oscar, The Imitation Game?
Bravi. Lì, Benedict Cumberbatch aveva la parte di Alan Turing. Ci siete?
Avete poi presente il test di Turing?
No?
Non c'è problema. Vi spiego io cos'è: è un test non di quelli stupidi della personalità del tipo che si trovano su Facebook o che fa anche Pensieri Cannibali ogni tanto. È un test per determinare se una macchina è in grado di pensare, per verificare se un robot può essere considerato dotato di un'Intelligenza Artificiale vera e propria o meno. Se una persona ha l'illusione di avere a che fare con un'altra persona in carne e ossa, e non con un'interfaccia robotica, il test è passato.
Ad esempio, voi in questo momento credete di avere a che fare con una persona in carne e ossa che sta scrivendo, giusto?
State leggendo una pagina virtuale di un blog virtuale, ma siete convinti che quelle parole siano state scritte da qualcuno vero e proprio, giusto?
Sceneggiatura: Joel Coen, Ethan Coen, Richard LaGravenese, William Nicholson
Ispirato al libro: Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio di Laura Hillenbrand
Cast: Jack O'Connell, Domhnall Gleeson, Finn Wittrock, Takamasa Ishihara, Jai Courtney, Garrett Hedlund, Luke Treadaway, John Magaro, Spencer Lofranco
Genere: rotto
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Angelinaaaaa, ti va un'altra Grey Goose?
A me sì. Devo bere. Bere per dimenticare il tuo film. Una pellicola che presenta un titolo disonesto e ingannevole. Unbroken un paio di palle! Proprio come quelle che avevo e la tua pellicola di 2 esagerate ore e 20 esagerati minuti mi ha rotto.
Angelina, io sono proprio come te. Proprio come te uguale uguale no. Non sono una donna, non sono ricco, non sono famoso, non ho adottato 20 figli e insomma con te non centro niente, se non per un aspetto. Intendevo dire che sono un pacifista, proprio come te. Non è tanto che sia contro la violenza. Se c'è un motivo per cui odio la guerra è perché è dannatamente noiosa!
Cosa c'è di più noioso della guerra, Angelinaaaaa?
Durante la guerra si ferma tutto. Stop alle Olimpiadi. Stop ai Mondiali di calcio. Interrotti un po' tutti gli sport, tranne il tiro al piattello. Nei cinema non danno più niente di interessante, solo film di propaganda come Süss l'ebreo o American Sniper. I libri vengono bruciati, tranne quelli di Moccia che per precauzione sono fatti anche in tempo di pace con materiale che non si può bruciare. Credetemi, c'ho provato e proprio non vogliono saperne di prendere fuoco. Di figa in giro poi non ce n'è. Gli uomini stanno a guardare altri uomini, e manco in senso omosessuale. La vita dei prigionieri certo è terribile, ma anche quella dei carcerieri che devono passare l'intero a controllarli dev'essere un gran bello smaronamento. La guerra non è solo piena di morte. È piena di tempi morti. Di attese. Di osservarsi. Di stare fermi per non farsi vedere. Di nascondersi. Di aspettare il momento giusto per attaccare. Di non fare niente. Di noia per tutti.
Cast: Domhnall Gleeson, Michael Fassbender, Scoot McNairy, Maggie Gyllenhaal, François Civil, Carla Azar
Genere: folle
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La Storia della Musica è piena di artisti mascherati. Tra i primi ci sono stati i The Residents, i Kiss, i Rockets. Quindi nei 90s è diventata una tendenza cool nell'ambito metal, soprattutto grazie agli Slipknot, mentre negli ultimi anni la moda ha colpito parecchio il genere elettronico. Sulla scia dei Daft Punk, molti artisti e dj come deadmau5, SBTRKT e The Knife hanno nascosto i propri volti. Anche in Italia abbiamo i nostri esempi di musicisti mascherati con Bloody Beetroots e i Tre allegri ragazzi morti. Rimanendo in tema fumettistico, un altro esempio di band celata dietro a degli avatar sono i Gorillaz, la cartoon band formata da Damon Albarn.
C'è poi chi ha creato dei personaggi fittizi, come il terrestre David Bowie diventato l'alieno Ziggy Stardust, o il timido e pantofolaio ragazzetto Brian Warner che si è trasformato nel satanico Marilyn Manson, o ancora il riflessivo rapper Marshall Mathers che all'occorrenza diventa la sua controparte scatenata e senza peli sulla lingua Slim Shady. Tanti altri, non solo in ambito musicale, hanno un alter-ego, come l'aspirante giornalista-scrittore Marco Goi, meglio noto (si fa per dire) come il blogger Cannibal Kid.
Il caso più clamoroso di musicista mascherato, nonché di confusione tra identità e alter-ego, è però un altro, meno conosciuto rispetto ai precedenti (Cannibal Kid a parte): quello di Frank Sidebottom.
Cast: Domhnall Gleeson, Rachel McAdams, Bill Nighy, Lindsay Duncan, Lydia Wilson, Tom Hollander, Will Merrick, Margot Robbie, Vanessa Kirby, Tom Hughes, Joshua McGuire, Richard Cordery
Genere: fantasy romcom
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Questione di tempo è un film che parte da uno spunto fantascientifico, si sviluppa come una commedia romantica e finisce per essere una pellicola esistenziale.
Qual è questo spunto fantascientifico?
Il padre Bill Nighy svela al figlio Domhnall Gleeson al compimento dei suoi 21 anni che lui, come tutti gli uomini della sua famiglia, ha il potere di viaggiare magicamente nel tempo. Non può andare ovunque o in qualunque epoca. Non può ad esempio tornare indietro e impedire a Baresi e Roby Baggio di tirare quei palloni nello spazio durante la finale dei mondiali di USA ’94. Può solo tornare indietro nella sua linea temporale. È come se avesse una gomma con cui cancellare le scene della sua vita che non gli piacciono e rifarle in una maniera differente. A chi non piacerebbe poter aver la possibilità di cambiare qualcosa del proprio passato? Lui può farlo. È come avere un superpotere e, per poterlo usare, gli basta infilarsi in un posto particolarmente buio come un armadio, concentrarsi e pensare al momento in cui tornare.
Un potere del genere potrebbe essere utilizzato in molti modi. Per fare i soldi, ad esempio. Ma Domhnall Gleeson non è quel tipo di persona. Che palle! Lui è un romanticone tenerone orsacchiottone e quindi questo potere lo usa soprattutto per amore. Ed è qui che il film entra in territorio romcom. D’altra parte è un lavoro scritto e diretto da Richard Curtis, l’autore di Love Actually e delle sceneggiature di Quattro matrimoni e un funerale e Notting Hill, e quindi era solo questione di tempo prima che ciò accadesse. Ma Richard Curtis è anche uno dei co-creatori di Mr. Bean e ciò si nota. Con il tempo, ho cominciato a odiare Mr. Bean, va bene però le primissime volte che mi era capitato di vederlo lo trovavo divertente e alcune gag erano effettivamente geniali. Richard Curtis è dotato di un irresistibile humour britannico che qui mette in mostra alla grande ancor più che in passato, con una serie di battute devastanti. Su tutte quella messa in bocca al nerd Joshua McGuire. Dopo aver incontrato la splendida Margot Robbie (già vista nella serie Pan Am e presto accanto a Leonardo DiCaprio in The Wolf of Wall Street), questa qua…
al suo amico Domhnall Gleeson, Joshua dice: “Dio, è bellissima. È così bella che se fai sesso con lei… muori.”
Ho riso per mezz’ora.
Irresistibile pure il perfido Tom Hollander, che non accoglie in maniera proprio calorosa il povero Gleeson quando questi si presenta alla sua porta.
Dicevo quindi che Richard Curtis è un re delle pellicole sentimentali, ma pure della comicità e nel suo curriculum vanta inoltre un sacco di altre cose come I Love Radio Rock, d’altra parte da buon inglese non poteva non essere appassionato pure di musica, e poi ha co-sceneggiato War Horse…
No, ma sul serio?
Non mi piace la piega che sta prendendo questo post.
Voglio rifarlo.
Questione di tempo
(UK 2013)
Titolo originale: About Time
Regia: Richard Curtis
Sceneggiatura: Richard Curtis
Cast: Domhnall Gleeson, Rachel McAdams, Bill Nighy, Lindsay Duncan, Lydia Wilson, Tom Hollander, Will Merrick, Margot Robbie, Vanessa Kirby, Tom Hughes, Joshua McGuire, Richard Cordery
Genere: fantasy romcom
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Questione di tempo è un film che parte da uno spunto fantascientifico, si sviluppa come una commedia romantica e finisce per essere una pellicola esistenziale.
Quanto allo spunto fantascientifico, vi basti sapere che il protagonista Domnhall Gleeson può viaggiare nel tempo. Non in qualunque tempo, ma solo nel “time of his life”. Può quindi cambiare taluni eventi della sua vita e decide di farlo principalmente riguardo alle questioni sentimentali. Dopo tutto siamo pur sempre in un film di Richard Curtis, e sapete tutti chi è Richard Curtis, no? Quello che ha fatto tante cose che non sto qui a ricordarvi, perché tanto lo sapete tutti come si usano IMDb e Wikipedia.
Il nostro rosso di capelli protagonista sfrutta così questo suo particolare “superpotere” non per dare i numeri come Donnie Darko o cercare di far accoppiare i suoi genitori come Marty McFly, bensì per conquistare le ragazze. Prima ci prova con la biondazza Margot Robbie, però niente da fare. Potrà anche viaggiare nel tempo, ma non può trasformarsi per magia in Ryan Gosling.
Nonostante lui non sia Ryan Gosling e questo film non sia Le pagine della nostra vita, Domnhall Gleeson riesce a far innamorare di sé Rachel McAdams. Rachel McAdams che in questo film appare poco infighettata, poco truccata, vestita con abiti in teoria non esattamente sexy eppure, nonostante questo o forse proprio per questo, appare ancora più splendida e sexy che mai.
E così lui si innamora di lei, e ciò è ovvio, e lei si innamora di lui, e ciò non ha granché senso ma dopo tutto questo è pur sempre un film fantasy, e dopo una serie di vicissitudini si mettono insieme e poi…
Uffa, sto raccontando troppo del film e a me non piace rivelare troppo di un film in un post.
Voglio rifarlo.
Questione di tempo
(UK 2013)
Titolo originale: About Time
Regia: Richard Curtis
Sceneggiatura: Richard Curtis
Cast: Domhnall Gleeson, Rachel McAdams, Bill Nighy, Lindsay Duncan, Lydia Wilson, Tom Hollander, Will Merrick, Margot Robbie, Vanessa Kirby, Tom Hughes, Joshua McGuire, Richard Cordery
Genere: fantasy romcom
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Questione di tempo è un film che parte da uno spunto fantascientifico, si sviluppa come una commedia romantica e finisce per essere una pellicola esistenziale.
Lo spunto fantascientifico è che il protagonista può viaggiare nel tempo, lo sviluppo è da commedia romantica perché è pur sempre un film di Richard Curtis, il re delle romcom britanniche, ed è soprattutto una pellicola esistenziale.
Il potere di viaggiare nel tempo all’inizio è divertente e tutto, ma poi alla fine non è che sia poi così tanto utile. Le cose che devono succedere, succedono in ogni caso e il destino non può essere cambiato più di tanto. Quindi dimenticate la parte fantasy.
Quanto al fatto che sia una commedia romantica, Richard Curtis è un maestro di questo genere, un autore sopraffino in grado di orchestrare alla grande una romcom senza scadere nel patetico, mettendoci accenni drammatici che non diventano melò, aggiungendoci una serie di personaggi secondari ben costruiti ed esilaranti, dirigendo alla grande uno splendido cast, infiocchettando il tutto con una variegata colonna sonora in cui spicca una a sorpresa efficacissima “Il mondo” di Jimmy Fontana, “il più bel disco che ha inciso un italiano che sembra abbia un gatto morto in testa.” Ma dimenticate pure la splendida confezione da perfetta commedia romantica.
Questione di tempo è soprattutto una pellicola esistenziale perché mette in scena la vita. Testimonianza ne è la splendida scena conclusiva. Un finale talmente anti cinematografico da rappresentare un vero colpo di scena. Talmente anti cinematografico da risultare cinematograficamente splendido.
E adesso pensate che rifaccia di nuovo il post?
No, questa volta lo tengo. Non sarà perfetto, non avrà un finale shock, ma così è la vita.
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Accendete i black mirror, gli schermi neri delle vostre televisioni o dei vostri computer e guardatevi Black Mirror. Non ve ne pentirete. O forse sì, perché dalla visione ne uscirete più inquietati rispetto al futuro e pure al presente di quanto non potevate già essere prima, però d’altra parte questa è una mini-serie imprescindibile. Tanto per tirare fuori uno dei miei paragoni (forse?) esagerati, posso dire che Black Mirror è il 1984 degli Anni Zero. Una visione distopica del presente, o del futuro immediato, che fa riflettere su come la tecnologia sta cambiando il mondo e in che direzione lo sta portando. Anche se poi, ovvio, le colpe non sono della tecnologia, ma dell’uso che l’uomo ne fa.
Già la stagione 1 della serie inglese creata dal geniale Charlie Brooker aveva fatto parecchio discutere, anche qui in Italia. Era arrivata come un fulmine a ciel sereno e, se possiamo trovare un difetto alla season 2, è che ovviamente manca lo stesso effetto sorpresa. Manca l’effetto, ma certo non le sorprese.
Ai tempi della prima stagione, ovvero l’anno scorso, a scatenare le attenzioni mediatiche era sta soprattutto l’acida accusa di moralismo rivolta da Aldo Grasso sul Corriere nei confronti della serie made in UK. Tralasciando il fatto che un italiano che accusa gli inglesi di moralismo è credibile quanto un inglese che attacca la cucina italiana, Grasso è un critico di solito rispettabile e tutto, però in questo caso l’impressione è che abbia preso una cantonata, e pure di quelle clamorose.
La stagione 2 di Black Mirror sta comunque suscitando un clamore ancora maggiore, per via in particolare del terzo episodio, The Waldo Moment, che presenta delle analogie alquanto inquietanti con la situazione politica italiana attuale. Ma c’arriveremo. Vediamo i 3 episodi di questa nuova folgorante season di Black Mirror più nel dettaglio, uno ad uno.
Per quelli che se la sono persa, ricordo che le puntate sono mini-film indipendenti l’una dalle altre e sono quindi visibili anche singolarmente. In più sono disponibili pure in italiano, grazie a Sky Cinema 1.
Da qui in poi, leggete a vostro rischio e pericolo: ATTENZIONE SPOILER!
"Ah, per cominciare bene la giornata, non c'è niente di meglio che essere in disaccordo con Pensieri Cannibali."
Be Right Back
Regia: Owen Harris
Sceneggiatura: Charlie Brooker
Cast: Hayley Atwell, Domhnall Gleeson
L’episodio romantico-inquietante.
Oggi esiste una app per tutto. Beh, non proprio per tutto. Ne manca una, inventata da questo primo episodio della seconda stagione di Black Mirror: la app dei morti.
Per affrontare la perdita del moroso deceduto, Martha (Hayley Atwell vista in Captain America e Sogni e delitti) utilizza prima in maniera riluttante, poi sempre più convinta un innovativo software che simula il comportamento del caro estinto. Come essere possibile cio?
In pratica, questa app prende tutte le informazioni che noi abbiamo lasciato in vita in rete (e-mail, video, post, status su Facebook, cinguettii su Twitter, etc.), li elabora e li risputa fuori, simulando ad esempio una risposta a un messaggio così come la daremmo noi. In pratica, un generatore automatico di vita.
Facciamo un altro esempio macabro: se io dovessi venire a mancare, questo software potrebbe prendere tutti i post passati pubblicati su Pensieri Cannibali, rielaborarli e poi sputare fuori recensioni di nuovi film, dischi o serie tv così come le avrei scritte io.
Ma una app può davvero sostituire una persona?
La risposta (o forse no) ce la dà questo folgorante episodio, il più emotivo e toccante della stagione, in grado di riflettere sul delicato tema della vita dopo la morte. Una tematica più che mai in voga nelle serie tv odierne, da The Walking Dead a Les Revenants fino alla new-entry britannica In the Flash, ma che Black Mirror sa affrontare con il suo solito piglio angosciante e originale. David Cronenberg potrebbe prenderne spunto per un suo prossimo film.
(voto 8/10)
"Mi sa che non mi conviene votare la fiducia al Governo. C'è Grillo Waldo che mi insegue..."
White Bear
Regia: Carl Tibbetts
Sceneggiatura: Charlie Brooker
Cast: Lenora Crichlow, Michael Smiley, Tuppence Middleton, Ian Bonar
L’episodio socio-inquietante.
La prima parte della puntata è all’insegna del survival-horror più classico. Una ragazza (Lenora Crichlow di Being Human UK), si sveglia priva di memoria ed è braccata da un gruppo di cacciatori, mentre tutto intorno il pubblico la osserva, la fotografa e la filma senza aiutarla. Perché succedere questo?
La risposta è ancora più crudele e inquietante di quanto possiamo immaginare e l’evoluzione della vicenda, dopo un inizio piuttosto tradizionale e che sa di déjà vu, assume nella parte finale i contorni geniali tipici di Black Mirror. Da semplice estremizzazione dei reality-show come poteva sembrare, diventa una riflessione feroce sul senso di giustizia e punizione. Tra Arancia meccanica e il cinema di Haneke più bastardo, un occhio per occhio, dente per dente a uso e consumo della società moderna.
(voto 7,5/10)
"Sei morto, sei vecchio, sei come i politici!" "Ma vaffanwaldo, va!"
The Grillo Moment
The Waldo Moment
Regia: Bryn Higgins
Sceneggiatura: Charlie Brooker
Cast: Waldo, Daniel Rigby, Chloe Pirrie, Jason Flemyng, Tobias Menzies, Christina Chong
L’episodio politico-inquietante.
Ci sono opere che sfuggono al controllo dei loro creatori. Opere partite con determinate intenzioni che poi gettate in pasto al pubblico possono assumere contorni e significati che all’inizio probabilmente non erano nemmeno intenzionali. The Waldo Moment rientra in questo gruppo di opere, soprattutto alla luce dell’attuale situazione politica italiana. Ma di cosa parlare codesto tanto discusso episodio?
Waldo è un cartone animato, un orso blu, un comico che prende di mira in maniera feroce e volgare chiunque. Un generatore automatico di vaffa. A un certo punto se la prende con un politico e la cosa ha talmente successo e trova un così ampio consenso popolare da spingere i produttori del suo show televisivo a candidare Waldo in politica. Attraverso la rete, nascerà un vero e proprio movimento 5 stelle di antipolitica. Vi ricorda qualcosa?
La realtà diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione diventa finzione che diventa realtà che diventa finzione fino a che è come guardare la società italiana riflessa in uno specchio nero.
Se l’episodio sembra ispirato, ma non credo lo sia, all’ascesa politica in Italia di Beppe Grillo, lo stesso Grillo negli ultimi giorni ha dichiarato che quello del Movimento 5 Stelle è un modello da esportazione internazionale. Esattamente ciò che succede nell’episodio. La finzione che diventa realtà. Che Grillo abbia avuto quest’idea dopo aver visto The Waldo Moment?
Invece delle continue lamentele nei confronti del sistema mediatico e d’informazione italiano, che sì fa schifo soprattutto quello televisivo ma non è certo una novità, e invece di continuare a fare l’Antonio Conte vittima dei gomblotti della situazione, mi piacerebbe sapere cosa ne pensa Grillo di questo episodio. Uno come lui sempre attento a tutto ciò che lo circonda, credo l’abbia visto. Credo glielo abbiano segnalato, ora che è passato anche su Sky Cinema.
Al di là di cosa ne possa pensare lui, io penso che questo episodio, questo mini-film The Waldo Moment dovrebbe essere proiettato, magari insieme all’altrettanto interessante pellicola tedesca L’onda, in tutte le scuole. E dovrebbe passare non solo su Sky Cinema, ma in prima serata su Rai Uno. Perché riesce a riflettere, senza nemmeno volerlo intenzionalmente, un’immagine dell’Italia di oggi che nessun documentario, nessun Porta a porta, nessun salottino televisivo riesce intenzionalmente a dare.
E ci piace ciò che vediamo riflesso dentro questo Black Mirror?
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Oggi parliamo di Анна Каренина.
Cooosa?
Eddai, non scappate subito davanti alla prima difficoltà. Mi riferisco ad Anna Karenina, scritto così vi piace di più? Si tratta di un tomo russo realista pubblicato a fine Ottocento.
Coooooooooosa?
"Dopo avermi massacrata per A Dangerous Method ti prego, Cannibal,
sii buono."
Siete scappati di nuovo? Tornate qui, che non parliamo del libro. Parliamo della trasposizione cinematografica alla portata di tutti. O quasi. È chiaro che se uno è in serata da ridarola, questo non è il film più consigliabile. Sebbene all’inizio un paio di momenti quasi divertenti ci sono anche. Un paio di momenti in cui scappa il sorriso, non la ridarola.
Per il resto, Анна Каренина, volevo dire Anna Karenina è un drammone in costume, una vicenda che narra di intrighi romantici nell’alta società russa, cosa che raccontata così può non rappresentare il massimo dell’interesse. Infatti è così. Eppure l’infelice vita di questi ricconi russi riesce a trasformarsi in un film molto coinvolgente, oserei quasi direi trascinante. Il merito è di una messa in scena spettacolosa, con pochi esterni e diverse scene ambiante a teatro, cosa che però non lo fa apparire un film meramente teatrale e insomma non so come abbia fatto il regista. Joe Wright, come hai compiuto questa magia? Sei un fottuto genio.
"Perché qui sembro uscita da un videoclip anni Ottanta?"
La vicenda principale, quella dell’amore galeotto tra Anna KareKeira Knightley, sposata con un Jude Law in brutta versione da pelatone, e il playboy Aaron Johnson, è bella, intensa e sofferta, però - ammettiamolo - è un po’ la solita storia d’amore galeotto vista e rivista in altri film in costume. E io non ho nemmeno visto così tanti film in costume.
La pellicola riesce però a riempire, se non il cuore, almeno gli occhi di bellezza, grazie alla regia enorme di Joe Wright, insieme a Steve McQueen oggi il più grande talento registico del Regno Unito, e a una realizzazione tecnica strepitosa. Io di solito non mi entusiasmo così tanto per questi aspetti, però in Anna Karenina scenografie, costumi, trucco e parrucco sono davvero sontuosi. Ci troviamo al top dei top dell’anno per quanto riguarda questi ambiti. Persino Les Misérables fa una figura misérabile al confronto.
L’altro valore aggiunto sono le musiche splendide di Dario Marianelli, classico esempio di fuga di cervelli e pure di fuga di talenti compositivi dalla nostra povera, sempre più povera italietta.
Veniamo quindi al reparto attoriale. Keira Knightley è una nota delicata: adorata da alcuni, soprattutto dal pubblico femminile, che la vede icona ideale di un certo tipo di bellezza classico, mal sopportata invece da altri, viste le sue continue smorfiette gne gne e un modo di recitare tutto suo. Io sto un po’ nel mezzo tra i due fuochi. Nelle sue ultime interpretazioni non l’ho sopportata: nella per il resto ottima commedia Cercasi amore per la fine del mondo lei non mi ha convinto, mentre in A Dangerous Method l’ho trovata addirittura agghiacciante. In altri film invece l’ho apprezzata, in particolare in quelli girati da Joe Wright, il valido Orgoglio e pregiudizio e lo stupendo Espiazione. Joe Wright, oltre a essere un fenomeno con la macchina da presa, possiamo allora considerarlo un fenomeno pure perché riesce a far recitare bene Keira, cosa che riesce a pochi registi. Rispetto a O&P e a Espiazione qui Keira è un po’ in ribasso, ma in compenso se la cava parecchio meglio che in A Dangerous Method. Accontentiamoci.
Il resto del cast se la comporta alla grande, a partire dal kick-ass Aaron Johnson, che adesso si chiama Aaron Taylor-Jonhson perché si è sposato con la regista Sam Taylor-Wood, donna di 23 anni più anziana di lui. Che uno pensa, vabbè se è una MILF come Demi Moore, ha fatto bene. Benone. E invece lei non è proprio Demi Moore. Comunque oltre ad Aaron Johnson fa un figurone anche Jude Law, uno che di solito fa il figo, mentre qui è parecchio imbruttito e ciò nonostante riesce a essere particolarmente convincente. Sorprendente pure il roscio de cavei Domhnaal Gleeson, visto finora nella saga di Harry Potter ma pure in un episodio di Black Mirror, e attenzione alla giovane svedese Alicia Vikander, quella sgnacchera di A Royal Affair, uno dei candidati all’Oscar di miglior film straniero. Sono una garanzia poi le varie comprimarie, Kelly MacDonald di Boardwalk Empire e Michelle Dockery da Downton Abbey su tutte, ed è proprio questo un problema, diciamo un problemino del film.
Si tratta di una vicenda russa, molto russa, pure troppo, eppure l’atmosfera è parecchio British. Colpa proprio dell’eccessiva bravura del cast quasi interamente britannico. Vedere questi russi che parlano un inglese fluente da perfetti baronetti è un po’ straniante. Dettaglio che potrebbe sparire nella versione doppiata in italiano. Oppure diventare ancora più straniante, dipende chi hanno scelto come doppiatori…
Questo comunque si chiama fare i precisetti, voler andare a trovare il pelo nell’uovo. Un uovo costruito in maniera sontuosa e impeccabile, cui manca giusto un pochino di calore in più per diventare un uovo cotto alla perfezione, volevo dire un film da portare con sé nel cuore. Ma d’altra parte da una vicenda russa raccontata dagli inglesi troppo calore sarebbe risultato inappropriato.
Da conservare nel cuore resta comunque soprattutto una sequenza: la scena del ballo di Keira Knightley con Aaron Johnson vale da sola la visione del film e vale anche 92 minuti di applausi. Una scena davvero Karina. Di più, una scena davvero Karenina.
(voto 7,5/10)
Post pubblicato anche su L'OraBlù, accompagnato da un poster particolarmente splendido realizzato da C(h)erotto.
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