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domenica 3 luglio 2011

The Doors are strange

Sono passati 40 anni da quel 3 luglio 1971, giorno della scomparsa (qualunque significato questa parola possa avere) in quel di Parigi di Jim Morrison, leader dei The Doors, cantante e poeta. Io non sono tanto per le date, le celebrazioni e gli anniversari vari, visto che di solito nemmeno li ricordo, però quando ce vo’ ce vo’.

When you’re strange: A film about the Doors
(USA 2009)
Regia: Tom DiCillo
Cast: Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger, John Densmore
Genere: documentario
Se ti piace guarda anche: The Doors, Quasi famosi

La versione originale di questo documentario sui Doors è narrata dalla voce di Johnny Depp, a noi ce tocca Morgan. Sono cose della vita, vanno prese un po' così e visto che, per fortuna o purtroppo, siamo in Italia ce tocca pure cità Eros Ramazzotti.
Morgan a parte, che comunque come narratore non infastidisce a fa pure la sua porca figura, il film di Tom DiCillo è un’ottima visione, anche per i non fan hardcore di Jim Morrison e soci. Certo, se vi fanno schifo i Doors questo documentario potete benissimo risparmiarvelo, però se vi fanno schifo i Doors io fossi in voi una visita dal medico la andrei a fare. Così, per sicurezza.
Immaginando che il materiale d’archivio non fosse poi così corposo, dopo tutto negli anni Sessanta non è che chiunque avesse un iPhone o una videocamera digitale con cui filmare qualunque cosa, il lavoro DiCillo si lascia seguire molto bene e riesce a coinvolgere in pieno. Non ci sono particolari colpi di genio registici, né colpi di scena sorprendenti (purtroppo sappiamo già come va a finire la storia), eppure il film riesce a raccontare quel periodo di fermento che è stata la fine dei 60s evitando di essere troppo didascalico.
E poi è sempre bello rivedere il movimento giovanile di quegli anni in azione. In particolare fa riflettere vedere come chi idolatra quegli anni e quello spirito, oggi in realtà si comporti in una maniera del tutto opposta: all’ora chi aveva più di 30 anni era visto come un potenziale nemico, adesso chi ha meno di 30 anni è visto come un potenziale nemico… Things change.


Protagonista assoluto del film è of course Jim Morrison, con la sua parabola tra alti e bassi molto tradizionale e comune a qualunque pellicola rock che si rispetti, però è una parabola sempre maledettamente affascinante, soprattutto quando c’è la possibilità di vedere questo personaggio in azione in prima persona e non interpretato da altri, con tutto il rispetto per il pur valido Val Kilmer dell’ottimo The Doors di Oliver Stone. Un pregio del lavoro realizzato dal regista di Johnny Suede è inoltre quello di aver saputo ritagliare un ruolo importante anche agli altri membri della band e a parlare non solo del Re Lucertola come personaggio, ma di focalizzarsi pure sugli aspetti strettamente sonori, dando largo spazio alle canzoni.
Perché la musica dei Doors e la poesia di Jim Morrison rimarranno per sempre come le porte della percezione: infinite. E oltre.
(voto 7,5)


Essendo domenica, per l’ormai consueto appuntamento Jukebox DeLorean e la canzone dal passato della domenica, ecco il mio pezzo preferito in assoluto dei Doors, in grado di superare la concorrenza persino della splendida People are strange e della The End resa ancora più memorabile da Apocalypse Now.

The Doors “You’re lost little girl”
Anno: 1967
Genere: psychedelic pop song
Provenienza: Los Angeles, California, USA
Album: Strange Days
Canzone sentita anche in: When you’re strange, The Doors
Nel mio jukebox perché: ha un sound malinconico che influenzerà molto la musica di Jeff Buckley e dei primi Radiohead

Testo liberamente tradotto
Sei persa, piccola ragazza
sei persa
dimmi chi sei tu?
Penso tu sappia cosa fare
Impossibile? Sì, ma è vero
Penso tu sappia cosa fare, ragazza
sono sicuro tu sappia cosa fare


OkNotizie

giovedì 5 maggio 2011

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE II)

Dopo la parte I con i mitici dischi 60s dell'ancor più mitico Cannibal Kid (che sarei io in un momento di esaltazione in cui parlo di me in 3a persona), spazio ai suoni di Mr. James Ford. Eh sì, purtroppo vi tocca sorbirvi anche questi. Ma diamo (vado pure di pluralis maiestatis) direttamente la parola a lui, il mio blogger antagonista.

Come nelle migliori eclissi, in grado di sconvolgere campi gravitazionali, civiltà e assetti cosmici, ma soprattutto se stesse, si incontrano in questo ring le due filosofie antagoniste fordcannibaliane, impattando sulla scia di scontri epici come quello tra greci e troiani o tra Rocky e Apollo Creed - o preferisci essere Ivan Drago, Cannibale!? -.
Un'occasione per incrociare guantoni e bottiglie ma anche per approfondire conoscenze e punti di vista su uno dei carburanti culturali più importanti che si possa desiderare di buttare nel proprio motore: la musica.
E da musicista molto scarso nonché ex commesso di negozio di dischi in piena Alta fedeltà non posso che tuffarmi a capofitto in un'impresa di questo genere, rischiando la mia vecchia pellaccia di cowboy con questo squilibrato dai gusti lecteriani.
Mr. James Ford

I 10 dischi 60s preferiti di Mr. James Ford
Ho fatto la stessa faccia dopo averlo ascoltato per intero
1. King Crimson “In the court of the Crimson King” (1969)
Mr. James Ford Le meraviglie da pura esplorazione psichedelica dei Crimson, che danno anni e anni luce ai pur leggendari Pink Floyd, con questo disco d'esordio raggiungono livelli unici, anche grazie alla straordinaria performance vocale di Greg Lake, più noto forse come elemento degli Emerson, Lake & Palmer.
Una vera e propria odissea in pieno stile 2001, travolgente e quasi incomprensibile: non mi stupisce che un presunto artistoide come il Cannibale non apprezzi il genere. Occorre aprire troppo gli orizzonti di cuore e mente.
Cannibal Kid Scusa, mi sono addormentato alla prima riga... Non si può certo dire che i Burger King Crimson posseggano il dono della suintesi, con le loro suite da minimo 10 minuti che sono (a essere gentili) una palla colossale. “21st Century Schizoid Man” è un buon pezzo, ma campionato dal solo e unico Kanye West in “Power” suona 1000 volte meglio, visto che prende i 10 secondi migliori della canzone (quelli con la voce distorta) e ci risparmia il resto, come l’inutile delirio della parte centrale. Peccato, perché se avessero tolto le pacchianate (“Moonchild” dopo una buona partenza si perde in suoni messi A CASO) e fatto canzoni da 3 minuti 3 ne sarebbe anche uscito un bel disco.





2. The Doors "The doors" (1967)
JF Ad una scelta di questo tipo potrebbe essere mossa la stessa critica fatta a Louis Armstrong (vedi post di ieri), ma l'idea è che, se qui ci fosse in ballo una figlia in coma, si starebbe percorrendo un viaggio ai limiti della coscienza in pieno stile Enter the void.
Basterebbe il solo "The end" per rendere immortale questo disco che è stato, più di tanti altri, il simbolo di una ribellione che stava esplodendo.
CK Scelta fin troppo banale, Mr. Ford Fiesta. Io preferisco gli strani giorni del secondo album.


3. Captain Beefheart "Trout mask replica" (1969)
JF Altro disco ostico e terribilmente difficile da affrontare. Ma del resto, questo è il prezzo della meraviglia, a volte.
Dunque cercherò di essere il più semplice e diretto possibile: senza il Capitano e questo apparentemente improvvisato caleidoscopio di suoni, non sarebbero esistiti artisti del calibro di Tom Waits o dei Primus, e anche i più recenti e noti Devendra Banhart e Vinicio Capossela. Se esiste un genere "circense" come questo, il suo big bang è proprio qui.
CK E figurati se non ci rifilavi una roba da grande Lebowski… Captain Beefheart è il gran visir de tùch i freakettòn, mentre per tutti i babbani il suo “Trout mask replica” resta ancora oggi a 40 anni di distanza un gran calderone di suoni incomprensibili e spesso (volutamente?) fastidiosi, con alcuni brani che, per citare il titolo di una canzone qui presente, fanno proprio “Pena”. A suo modo geniale, ma non a mio modo geniale. Inserendolo nella tua lista altrimenti piuttosto impeccabile, tu Mr. Ford Focus mi vuoi far passare per il cattivone di turno, ma evito di aggiungere altre bastardate visto che il Capitano è scomparso da poco. Chiudo allora dicendo semplicemente che è un disco inascoltabile. E, comunque, qualcuno al mondo sente davvero il bisogno di un genere circense, Moira Orfei a parte?
JF Andrò a fare il bruto insensibile al Cirque du soleil, così farò un sacco di soldi e verrò a comprare il posto in cui lavori giusto per licenziarti.

4. The Velvet Underground & Nico "The Velvet Underground & Nico" (1967)

5. The Rolling Stones "Aftermath" (1966, edizione Usa con “Paint it black”)
JF Gli Stones erano, sono e saranno l'anima casinara, cattiva e cazzuta del rock delle origini, e ancora oggi restano una delle grandi band dell'epoca d'oro dei miei genitori che sono stato fiero e felice di avere modo di vedere dal vivo.
Con Aftermath si infiamma tutta la loro anima, per la prima volta, forse, davvero lontana dal dualismo/rivalità con i "cugini" Beatles.
Una roba da fuochi d'artificio.
CK I Rolling Stones sono sempre stati il lato cattivo, malvagio, satanico del rock e degli anni Sessanta. È quindi quasi ovvio che la mia preferenza vada a loro, seppure di poco, sui baronetti ma comunque non certo angioletti neppure loro Beatles. Tra i loro tanti dischi notevoli scelgo Aftermath per la presenza della devastante “Paint it black”: this is rock’n’roll!


6. The Beatles "The white album" (1968)
JF Occorre subito precisare che, a proposito della rivalità Beatles/Rolling Stones io sono e sarò sempre dalla parte dei secondi, per affinità e fordismo galoppante.
Eppure non posso riconoscere l'effetto travolgente dei tre dischi che ho volutamente ed irrinunciabilmente inserito nella lista.
Nel caso del White album, basterebbero Happyness is a warm gun e Helter skelter per definire la portata incredibile di quest'opera titanica.

7. The Beatles "Abbey road" (1969)
JF Devo ammettere, e non senza una punta di dispiacere - considerata l'affinità con il mio antagonista - che considero Abbey road il mio disco preferito dei quattro baronetti di Liverpool: delicato, intimo, leggero eppure incredibilmente capace di metterti una mano sul cuore e strizzarlo come uno straccio.
I Fab Four erano ormai alla fine, e la percezione dello scioglimento si sente quasi fosse una profezia di morte contro la quale si lotta già convinti di non farcela. Magico.
CK Ah già che negli anni Sessanta c’erano anche dei certi Beatles! Riguardo al loro album preferito ero un po’ indeciso, ma ho escluso il White Album per la presenza di “Ob-La-Di, Ob-La-Da”, uno dei pezzi più scemi di sempre. Alla fine ho preferito “Abbey Road”, in cui il fantasma dello scioglimento si sente aleggiare nell’aria, come nello splendido intreccio vocale di “Because”.


8. The Beatles "Sgt. Pepper's lonely hearts club band" (1967)
JF Dire qualcosa a proposito di Sgt. Pepper sarebbe superfluo almeno quanto dire qualcosa a proposito di Pet sounds.
Uno dei dischi fondamentali di tutta la musica moderna.
L'unica differenza rispetto al lavoro dei Beach Boys è che questo, per me, è anche un vero e proprio tuffo al cuore.
CK Grandissimo gruppo, i Beatles, fondamentali, sicuramente la band dal maggiore impatto socio-culturale nella Storia, musicalmente hanno scritto canzoni stupende e fatto cose molto avanti, però volendo fare un’insinuazione provocatoria: non è che sono un tantino sopravvalutati? Non tanto, solo un tantinello. Anche perché il vero genio della band per me era John Lennon, gli altri bravi, per carità, ma certo hanno avuto una bella botta di culo a finire insieme a un fuoriclasse così puro. Quindi 3 album in lista non ti sembrano un po’ troppi, Mr. Ford Escort?
JF Ho notato numerosi riferimenti automobilistici, ma ti dico che l'unica Ford che mi si addice è la Gran Torino.

9. Bob Dylan "Blonde on blonde" (1966)
JF Ok, devo ammetterlo. Nonostante l'impareggiabile tracklist, Blonde on blonde non è il mio disco preferito di Dylan, che arriverà con i seventies.
Ma non me la sono proprio sentita di non celebrare un artista che, malgrado gli evidenti limiti vocali e una marcata antipatia - personalmente lo prenderei selvaggiamente a bottigliate -, ha segnato la storia del cantautorato mondiale sfornando pezzi di disarmante potenza e semplicità. One of us must now e Rainy day women per me su tutte.
CK Grande Bob Dylan. Se non fosse per quella voce monotona mi piacerebbe anche. A parte la voce nasale, comunque, c’è sempre qualcosa che mi è sfuggita, di un personaggio come il Bob Dylan Snoop Doggy Dog: è uno, nessuno e centomila, come nel film Io non sono qui, ma chi è veramente? Niente da dire sulla scelta, però: Blonde on Blonde è il mio disco preferito della sua produzione e ci sono una manciata di canzoni magnifiche. Poi certo, come si vedrà nei prossimi post, io a Blonde on Blonde preferisco Blondie… E quindi ammetti di aver inserito Dylan giusto per fare il Dylan di Beverly Hills della situazione?
JF Effettivamente Dylan era il personaggio di Beverly hills che più mi affascinava.

10. Johnny Cash: Live at Folsom Prison (1968) e Live at San Quentin (1969)
JF Una sostituzione dell'ultimo minuto (al posto degli Stooges) che sa tanto di colpo basso dovuta alla crescente perdita di memoria di questo vecchio cowboy, ma che non potevo assolutamente non fare: il man in black per eccellenza, il Clint Eastwood della musica nei due storici concerti che rilanciarono la sua carriera dopo i fasti degli anni cinquanta e il precipitare nelle dipendenze dei sessanta.
Se il primo è una pietra miliare per importanza storica e sociale, il secondo è una vera bomba, con le incredibili performance di "A boy named Sue" e "San Quentin": sentire Cash cantare "San Quentin may you rot and burn in hell" e le ovazioni dei detenuti mi fa venire i brividi ad ogni ascolto. Intramontabile.
CK Io odio i dischi live! Per me il concerto è un evento unico che va vissuto in presa diretta, live appunto, e quindi l’ascolto di una registrazione di solito mi fa lo stesso effetto di una partita vista in differita e conoscendo già il risultato. Ci sono però delle eccezioni, quando un appuntamento live può rivelare una band in una veste insolita, come l’Mtv Unplugged dei Nirvana, oppure un evento straordinario e che fa Storia come Johnny Cash che si esibisce in prigione per i detenuti. Per il man in black rispetto assoluto anche se tu sei il solito sborone e non ti accontenti di un disco ma ne devi mettere due.
Comunque te la passo, anche perché con i prossimi decenni “I’ll shot a Ford in Reno, just to watch him die”.


A presto, con un nuovo scontro sul ring con i dischi degli anni '70 presentati apposta per voi da Cannibal Kid e Mr. James Ford...
Buona giornata, buona notte e buone botte!

mercoledì 4 maggio 2011

BLOG WARS: L'ATTACCO DEI SIXTIES (PARTE I)

Mr. James Ford e Cannibal Kid (io) insieme per un post, anzi per un intero ciclo di post?
No, dico, siamo impazziti? Se il Batman e il Joker (e non ho detto Batman e Robin, quindi risparmiatevi pure le battute a sfondo omosessuale) del mondo dei blog uniscono le loro forze, significa una sola cosa: il mondo sta per finire!
O forse no.
Perché i due famosi, ma più che altro famigerati, blogger vi presenteranno sì i loro dischi preferiti (quindi non per forza i più importanti o i migliori in assoluto) di ogni decade dagli anni Sessanta in avanti, ma ognuno ha fatto le sue scelte personali e saranno, come vedrete, anche parecchio contrastanti. Quindi non è tanto una serie di post a quattro mani, ma più che altro una serie di post a quattro pugni, in cui i nostri due (anti)eroi si sfideranno a colpi di amichevoli (ma nemmeno tanto) parole & bottigliate. Un ring musicale ideato da Mr. Ford (diamo a Ford quel che è di Ford, per una volta che ha una buona idea) in cui ne vedremo e ne sentiremo delle belle, soprattutto nei prossimi decenni in cui le divergenze verranno fuori ancora più forti. Ma tanto per riscaldarci cominciamo dai miei dischi truccati anni Sessanta, in attesa di scoprire domani, se proprio ci tenete, anche quelli di Mr. James Ford.
Cannibal Kid

I 10 dischi 60s preferiti di Cannibal Kid
1. The Zombies “Time of the Zombies” (Greatest Hits 1964-1968)
Cannibal Kid Non sono troppo legato ai favolosi anni Sessanta. Sono il decennio tanto celebrato dai miei genitori e, in quanto figlio più o meno ribelle, non li ho mai “sentiti” davvero miei. Anche perché nonostante ci fosse in giro musica black fighissima (Supremes, Marvin Gaye, Isaac Hayes…) non c’era ancora l’hip-hop, così come per ovvi motivi non era ancora arrivata la musica elettronica, generi fondamentali nella mia formazione (s)culturale. Nel corso del tempo sono poi comunque arrivate alcune cose (come la serie tv Mad Men) che mi hanno avvicinato alla decade, e per quanto riguarda la musica sento particolarmente miei questi Zombies. Un po’ perché non sono molto famosi e sputtanati, soprattutto in Italia, un po’ perché hanno scritto della canzoni davvero fenomenali, da “She’s not there” a “Time of the Season”. E poi un Cannibale non può non amare un gruppo di Zombie…
Mr. James Ford Devo ammettere di essere stato anche io in dubbio quasi fino all'ultimo se inserire gli Zombies nella mia lista, principalmente perché, nonostante fossero un grande gruppo autore di pezzi notevoli, ho sempre pensato che una preferenza di questo tipo, più che di culto personale, sarebbe stata la tipica sbrodolata da rivista di settore che consiglia i suoi dischi del secolo, ma non quelli troppo "commerciali". Una roba da radical chic, insomma.
C'è di buono, perlomeno, che concordi sul fatto che la musica black del periodo - e del decennio successivo - era qualcosa di incredibilmente fantasmagorico.
CK Non inserire gruppi che ti piacciono ma ti farebbero apparire troppo radical chic non è forse un contorto ragionamento per sembrare ancora più radical chic?




2. The Doors “Strange Days” (1967)
CK Memorabile il loro disco d’esordio, quello con i brani più famosi da “Light my fire” fino a “The End” e inserito in lista da Ford, come vedremo domani. Io però preferisco questo secondo album, in pratica un inno alla stranezza da “Strange Days” a “People are strange”. Incredibilmente attuale poi il suono che possiede ancora gran parte di questo lavoro (a differenza del più datato e strettamente 60s debutto).
JF Stesso discorso di cui sopra. Perché ammettere la grandezza di pezzi come "Light my fire" o "The end" quando possiamo darci un tono affermando di preferire "Peolple are strange"? Una scelta tipica di chi racconta sempre un'esperienza migliore di quella che tu, povero stronzo che gli sei di fronte, potrai mai fare, mascherandola ovviamente come un vissuto tormentato e traumatico.
Praticamente, un invito alla bottigliata.






3. Jane Birkin/Serge Gainsbourg “Jane Birkin/Serge Gainsbourg” (1969)
CK Forse il disco più sexy e sensuale nell’intera Storia. Registrandolo, Jane e Serge hanno (letteralmente) concepito Charlotte Gainsbourg e già solo per questo meriterebbe di essere venerato. Se non fosse che inoltre è pure un disco pop in grado di suonare alla grande ancora oggi.
JF Ed ecco la vera chicca della lista cannibalesca: un disco che è sexy quanto un ghiacciolo infilato su per il culo, e scusate il francesismo, dato che siamo in tema.
Se proprio devo entrare in argomento, molto meglio il burro di Marlon Brando, o il futuro "Sexual healing" di Marvin Gaye.
Inoltre non ho davvero mai sopportato miss radicalchicchismo Charlotte Gainsbourg.


4. The Velvet Underground & Nico “The Velvet Underground & Nico” (1967)
CK Un disco che è un’opera d’arte completa, dalla copertina Banana Joe di Andy Warhol, alle note dolci di “Sunday morning” e “Femme Fatale”, fino alle allucinazioni di “Venus in furs”. Ai tempi dell’uscita non si può certo dire abbia fatto sfracelli di vendite, eppure chi li ha ascoltati ne è rimasto profondamente influenzato e il culto dell’album della banana è cresciuto nel corso degli anni. Sono queste le band che preferisco, quelle troppo avanti per i loro tempi… Ti va bene che è del 1967, perché se un lavoro così uscisse oggi, tu Ford diresti che è troppo radical chic e probabilmente ci metteresti 40 anni per apprezzarlo veramente buahahah!
JF Quando l'innovazione è pura e semplice arte.
Non esiste radicalchicchismo che tenga, in questo disco INCREDIBILE sotto tutti gli aspetti. Grande Lou Reed, immensa Nico.
Tutti, ma proprio tutti, dovrebbero possederne una copia e farlo girare nei piovosi weekend autunnali, o nelle notti più calde e confuse d'estate.
E statene certi, non vi tradirà mai e poi mai.



5. The Ronettes “Presenting The Fabulous Ronettes Featuring Veronica” (1964)
CK Ho inserito questo disco per rappresentare un po’ tutto il girl-sound di grandi gruppi vocali femminili come le Shangri-Las e le Crystals e di cantanti come Little Eva e Nancy Sinatra. I miei suoni retrò preferiti.
JF Qui Cannibale vuole fare il Tarantino, e piazzare la ruffianata del girl sound giusto con la scusa di rimorchiare qualche innocente rapita erroneamente dalla sua aura di intellettuale ribelle. Non vedo l'ora di arrivare al punto in cui inserirà in una delle prossime liste le 5.6.7.8's.
CK Tutto vero quel che dici, ma che c'è di male? Ogni scusa è buona per rimorchiare...
JF Sei giustificato sul rimorchiaggio, questa posso concedertela. E senza bottigliate.


6. The Stooges “The Stooges” (1969)
CK Il rock dev’essere qualcosa di violento, estremo, perfido, ed è così che suonava allora quanto oggi quest’esordio dell’Iguana Iggy Pop insieme ai suoi compari. L’alternative rock e il punk hanno preso le mosse da qui, cominciando a puntare una pistola in testa a gran parte del noioso classic rock che avrebbe infestato gli anni seguenti. Com’è che piacciono anche a te, Ford?
JF Ancor più - se possibile - pane e salame, distruttivi ed esplosivi degli Stones, gli Stooges non soltanto hanno segnato l'esordio del grande Iggy Pop, ma hanno regalato dischi di potenza inaudita a tutti i gli appassionati del rock, tanto temuta "musica del diavolo".
Se Satana avesse dalla sua l'iguana e i suoi, di certo potrebbe contare anche me tra le sue fila, cantando a squarciagola I wanna be your dog.

7. The Rolling Stones “Aftermath” (1966) (l’edizione USA con “Paint it black”)
Dei Rolling Stones ne parliamo domani nella lista di Ford.

8. The Beatles “Abbey Road” (1969)
Stessa cosa per i Beatles, a domani...

9. Beach Boys “Pet Sounds” (1966)
CK Un campionario di numeri pop enormi. God only knows cosa sarebbe successo alla musica senza questo disco.
JF Su questo disco niente ironia o bottigliate. Sarebbe una bestemmia vera contro la Musica. Non l'ho inserito soltanto perchè, a livello emozionale, non è mai davvero entrato nelle mie corde. Resta comunque un'opera geniale e fondamentale.

10. Louis Armstrong “What a wonderful world” (1967) (singolo)
CK Tutta la magia del mondo catturata in una canzone sola.
JF Ed ecco il colpo di genio del Cannibale: mi torna in mente la scena di Alta fedeltà in cui Jack Black, scatenatissimo, chiede ad un padre alla ricerca di "I just called to say I love you" per la figlia se la stessa non sia in coma.
Più o meno quello che vorrei chiedere io al mio antagonista ora.
Chi vuoi inserire, la prossima volta, Bocelli!?
Molto meglio la versione Ramones.
CK Mi hai fatto venire una gran voglia di scappare in cameretta a piangere e a scrivere sul diario: “Mr. Ford è solo un bruto insensibile!”

A domani con i (discutibili) 10 migliori dischi 60s di Mr. James Ford...

lunedì 11 aprile 2011

People are strange

Stasera sono andato al ristorante, ho ordinato tutti i piatti più costosi e prelibati presenti sul menù e poi non li ho mangiati. E sì che avevo fame.
Quindi ho preso un taxi, ho pagato in anticipo il conducente per portarmi al cinema, ma poi mi sono fatto tutta la strada a piedi. Erano sei kilometri.
Una volta arrivato al cinema, mi sono messo su gli occhialini 3D e me ne sono stato per tutto il tempo della proiezione girato di spalle. Non era nemmeno un film in 3D, comunque. È solo che gli occhialini mi stanno bene.
Per concludere degnamente la serata sono andato da una giovane e affascinante puttana, pardon mignotta, pardon escort e l’ho pagata per non prostituirsi.

Non capisco come ci possa essere qualcuno che consideri tutto ciò anche solo minimamente fuori dal comune o sospetto.
Proprio non capisco.
C'è davvero della gente strana in giro.

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