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giovedì 27 febbraio 2014

LONE SURVIVOR – NE RESTERÀ SOLTANTO UNO




Lone Survivor
(USA 2013)
Regia: Peter Berg
Sceneggiatura: Peter Berg
Ispirato al libro: Lone Survivor: The Eyewitness Account of Operation Redwing and the Lost Heroes of Seal Team 10 di Marcus Luttrell, Patrick Robinson
Cast: Mark Wahlberg, Taylor Kitsch, Emile Hirsch, Ben Foster, Eric Bana, Alexander Ludwig, Jerry Ferrara, Yousuf Azami, Ali Suliman, Rick Vargas
Genere: bellico
Se ti piace guarda anche: Captain Phillips, Zero Dark Thirty, Friday Night Lights

Avete visto Zero Dark Thirty?
No?
Risposta sbagliata. Questa non era una domanda in cui tutte le risposte vanno bene. No è la risposta sbagliata, quindi correte subito a vederlo.

L’avete visto adesso?
Bravi. Cosa c’entra Lone Survivor con Zero Dark Thirty?
A livello cinematografico non molto. Zero Dark Thirty è un quasi capolavoro, Lone Survivor è un film quasi decente. A livello di tematica hanno però qualcosa in comune. Il filmissimo di Kathryn Bigelow si concentrava soprattutto sull’ossessione di una donna nei confronti di un uomo. Non si trattava però né di una romcom, né della pellicola su una stalker psicopatica. L’uomo a cui dava la caccia era infatti un certo bin Laden.
Ma uno più bello cui dare la caccia no, eh?” si chiederà qualcuno a questo punto.
La parte finale di Zero Dark Thirty comunque era incentrata sulla missione compiuta dai Navy SEALs per stanarlo e catturarlo.
Lone Survivor è su questi ultimi che si concentra. Non ci racconta della stessa missione, ma ce ne presenta un’altra, avvenuta qualche anno prima, più precisamente nel 2005. Una vicenda veramente accaduta raccontata in un libro diventato ora una pellicola cinematografica, tra l’altro di grande successo negli USA dove ha sfondato il muro dei $100 milioni di incasso, traguardo niente male per un film bellico.

Se in Zero Dark Thirty la protagonista era Jessica Chastain, esticazzi, qui in Love Survivor la storia è incentrata sui Navy SEALs, buuu. Nella prima mezz’ora, la parte migliore della pellicola, assistiamo a un interessante spaccato della loro esperienza nell’esercito, con qualche lampo riguardante la loro vita privata che ci consente di avvicinarci un pochino a loro. Una cosa che in altri recenti film survival, perché pur sempre di questo alla fin fine fondamentalmente si tratta, come All Is Lost e Gravity non avviene. Un aspetto positivo che metterei di certo tra i punti, purtroppo non molti, a favore del film.

"SOS! Sullo smart phone non mi funzionano più le app.
Potete fare subito qualcosa che devo finire una partita a Quiz Duello?"
La parte iniziale è quindi promossa, anche perché fin dal primo istante si sente il tocco del regista Peter Berg.
Chi è Peter Berg?
È quello di Friday Night Lights, pellicola sul football americano di una decina d’anni fa diventata anche una omonima fortunata, almeno negli USA, serie tv di cui dalle parti di Pensieri Cannibali si è parlato sempre bene. I primi minuti fanno ben sperare, grazie alle musiche post-rock degli Explosions in the Sky e a dialoghi e atmosfere delicate che paiono dirigerci nella visione di una specie di versione bellica dello stesso Friday Night Lights, con i mitra al posto dei palloni ovali. Pure in questo caso, così come nella serie tv, si riesce ad andare oltre i classici stereotipi da cameratismo militaresco per provare a proporci un’immagine un pochino diversa dal solito dei soldati: dei ragazzi che vanno ai concerti dei Coldplay, ballano sulle note di Jamiroquai e a tavola disquisiscono amabilmente di carta da parati e arredamento. Verosimile o meno che ciò sia, non è la tipica rappresentazione di militari che si limitano a ruttare, scoreggiare, masturbarsi e ascoltare i Metallica. Quando si va oltre gli stereotipi, è sempre un bene.

Bene, bravo Peter Berg. Se il film si fermasse dopo mezz’ora, ci troveremmo di fronte finalmente a una pellicola bellica recente decente e originale. Poi però Peter Berg si ricorda di essere non solo l’autore di Friday Night Lights, ma anche il regista di Battleship e così Lone Survivor si trasforma nell’ora successiva in un filmone fracassone che spettacolarizza la guerra.
Io non ho niente contro la spettacolarizzazione della violenza. Il mio regista preferito è un certo Quentin Tarantino, ormai dovreste saperlo. Laddove però la sua è una violenza esagerata e fumettistica, persino quando si muove in contesti storici come quelli di Bastardi senza gloria e Django Unchained, qui ci troviamo in una pellicola tratta da una storia vera e che punta a un certo realismo di fondo. In un contesto del genere, certe scene spettacolarizzate non le ho davvero capite, come la tragicomica e insistita caduta da un dirupo, che mi ha ricordato quando Homer Simpson saltava la Gola di Springfield e cadeva rovinosamente. In quel caso l’effetto era comico, qua si rimane soltanto senza parole. Stesso discorso per la scena della morte di uno dei personaggi del film. Perché mostarcela in un modo così esagerato e con un tatto quasi degno di Vittorio Feltri? Bah.

"Forse la mattina appena sveglio dovrei prendere l'abitudine di lavarmi la faccia..."
Dopo Battleshit, ehm Battleship, Peter Berg si conferma allora come un Michael Bay intimista. Ha buone intuizioni, ci regala qualche momento niente male, ma poi finisce nella trappola del cinema-spettacolo ammericano più facile. Non stupisce che il pubblico yankee abbia apprezzato tanto la pellicola. Laddove come film giocattolo funziona ancora, se non altro più di un altro survival-realistico analogo come il soporifero Captain Phillips, a mancare alla visione è un minimo di profondità.
Il film non cerca di impelagarsi in implicazioni politiche. Questo da una parte è un bene, perché se non altro non scade nella propaganda pro-Bush che sarebbe apparsa discutibile già nel 2005, figuriamoci oggi. Dall’altra parte, non proponendo alcuna visione politica, Lone Survivor resta un action fine a se stesso. Una celebrazione dell’eroismo da parte di un gruppo di ragazzi, di uomini pronti a dare la loro vita, ma non si sa bene per quale motivo.

ATTENZIONE SPOILER
I titoli di coda che ci mostrano i veri soldati che sono morti durante l’operazione rappresentata nel film vorrebbero essere emozionanti, e immagino che per una parte del pubblico lo siano anche, ma a me sono sembrati una ruffianata degna di Studio Aperto. Del tutto fuori luogo poi le note di “Heroes” di David Bowie, qui proposta nella cover di Peter Gabriel. Che fossero uomini coraggiosi non lo metto in dubbio, ma eroi? Per quale motivo? Perché hanno combattuto per George W. Bush?

George W. Bush con Marcus Luttrell, interpretato nel film da Mark Wahlberg

Al di là di un discorso di tipo moralistico, sì oggi mi sento molto moralizzatore delle Iene, da un punto di vista cinematografico Lone Survivor è una pellicola troppo lunga, incerta se proporre una visione umanista oppure fracassona della guerra, con una serie di interpretazioni non molto memorabili da parte del solito poco efficace Mark Wahlberg e dei questa volta parecchio sottotono Ben Foster ed Emile Hirsch. Quello più in parte sembra Taylor Kitsch, cocco di Peter Berg che non è mai stato un mostro di recitazione. E il fatto che il migliore sia lui la dice lunga sull’impegno da parte degli altri…

Lone Survivor è allora la classica occasione sprecata. Non partivo con grosse aspettative ma la prima mezz’ora, dannato Peter Berg, era accattivante e promettente e mi aveva fatto ben sperare, peccato che poi il film diventi la solita americanata. E allora vai, anche questo post adesso si trasforma in un’americanata!

Dai, tutti con la mano sul cuore a cantare:

Oh, say can you see by the dawn's early light
What so proudly we hailed at the twilight's last gleaming?
Whose broad stripes and bright stars thru the perilous fight,
O'er the ramparts we watched were so gallantly streaming?
And the rocket's red glare, the bombs bursting in air,
Gave proof through the night that our flag was still there.
Oh, say does that star-spangled banner yet wave
O'er the land of the free and the home of the brave?
(voto 5,5/10)

domenica 24 marzo 2013

SVENUTO AL MONDO

Venuto al mondo
(Italia, Spagna 2012)
Regia: Sergio Castellitto
Sceneggiatura: Sergio Castellitto, Margaret Mazzantini
Tratto dal romanzo: Venuto al mondo di Margaret Mazzantini
Cast: Penélope Cruz, Emile Hirsch, Adnan Haskovic, Saadet Aksoy, Sergio Castellitto, Pietro Castellitto, Mira Furlan, Jane Birkin, Branko Djuric
Genere: melodrammone
Se ti piace guarda anche: La donna che canta, Il debito, La chiave di Sara

Sono venuto al mondo per massacrare il cinema italiano. Ormai lo so. Dopo Tutti i santi giorni e Bella addormentata e in attesa di prendere di mira il Dracula di Dario Argento, ecco una nuova vittima sacrificale: Venuto al mondo. Una vittima indifesa, che partiva già da premesse pessime, ovvero un film a conduzione famigliare.
Una pellicola in cui Sergio Castellitto, di cui ho pure apprezzato i precedenti Non ti muovere e La bellezza del somaro, è alle prese con la trasposizione per il grande schermo di un romanzo della moglie, l’omonimo Venuto al mondo di Margaret Mazzantini, con in più nel cast lo stesso Castellitto Sergio più il figlio Castellitto Pietro, che tra l’altro si rivela un pessimo pessimo attore.
Basta con ‘sti raccomandati, e che cazzo!
Tutti a lamentarsi e a denunciare il sistema di nepotismo dominante in Italia e poi appena ti ritrovi con un figlio che sogna di diventare un attore, senza esserne capace, lo piazzi in un film al fianco di Penelope Cruz ed Emile Hirsch.
Ma vaffanculo va.

"Sono stato preso solo perché sono il migliore per la parte."
"Credici pure, Pietro Castellitto, credici pure..."
Scusate lo sfogo. Sistemato questo punto che mi stava particolarmente a cuore, da qui in poi il massacro della pellicola procederà in maniera più gentile, giacché non è tutto da buttare, da questo film Venuto al mondo. Lo stile di Castellitto è incerto, non è ben definito, mischia diverse soluzioni registiche e la sua confusione si può ravvisare anche nelle scelte della colonna sonora, che passa con nonchalance dai Nirvana con la sempre emozionante “Something in the Way” a “Guantanamera”, da Bruce Springsteen a brani di musica jugoslava. Una schizofrenia, più che eclettismo musicale, che trova spiegazione nelle differenti epoche e nei diversi luoghi in cui è ambientata la pellicola, ma che fa mancare al tutto di una vera coesione.
Sergio Castellitto ce la mette tutta per tenere le fila della narrazione, ma l’impresa non è facile. Probabilmente per un eccesso di fedeltà nei confronti della moglie, anche se non ne posso essere sicuro non avendo letto il romanzo e non conoscendo la loro vita sessuale, il regista nel suo adattamento ha cercato di tenere a freno le tentazioni adultere e ha provato a inserire dentro la sua pellicola tutto quello che c’era sulla carta stampata. Avrebbe però potuto tagliuzzare qua e là. Il film risulta infatti troppo lungo, nella seconda parte è persino estenuante, e dalle due ore e passa di durata una mezzoretta buona si sarebbe anche potuta levare senza drammi. Che già ce ne sono troppi, dentro questa storia.

"Lo vedi quello laggiù, Penelope?"
"Sì, ma cos'è?"
"E' il cadavere del cinema italiano."
L’altro grande problema del film è proprio quello di voler raccontare troppo: una storia d’amore epica, la guerra nell’ex Jugoslavia, l’identità di un ragazzo cresciuto in Italia ma con origini straniere. Amore, guerra, famiglia, maternità… Tanti temi che nella forma di un romanzo lungo possono tutti trovare il loro spazio, ma che invece nella forma cinematografica hanno maggiore difficoltà a convivere. Almeno senza risultare pesanti. E il film di Castellitto a tratti appare davvero pesante. Se la prima parte è a sorpresa parecchio leggera e ha i toni della commedia, con un Emile Hirsch spumeggiante, nel secondo tempo si cede al solito melodrammone da far cascare le palle. Il problema del cinema italiano, d’Autore e non solo, è sempre quello di prendersi eccessivamente sul serio. Di voler dire troppe cose, finendo per non dire nulla.

La svolta nel drammatico è poi piuttosto improvvisa e non convince. C’è il dramma dell’impossibilità di diventare genitori e c’è il dramma della guerra, ok, però o l'uno o l'altro. Con tutti e due si esagera!
Il personaggio di Emile Hirsch all’inizio è il cazzone più spensierato di questo mondo e poi diventa una palla al piede. Capisco che la pellicola ci voglia mostrare come le difficoltà della vita possano cambiare le persone, però non mi sembrava il caso di buttare via così un personaggio che partiva in maniera ottima.
Inspiegabile inoltre lo scatto d’ira del figlio di Penelope Cruz, quello interpretato dal figlio raccomandato di Castellitto. Forse il padre ha voluto regalargli una scena madre, che non riesce a reggere, peccato che il risultato a livello recitativo finisca dalle parti della telenovela sudamericana.
Basta raccomandati. Basta!

"Ehm, non era esattamente questo che intendevo
quando ti ho detto che volevo trombare."
L’ultimo film di Castellitto Sergio viene quindi al mondo bene, con una prima parte promettente che mette sul fuoco tanta carne, che sembra una riflessione sul passato, sulla guerra e sulla famiglia e un guardarsi indietro non troppo distante da film come La donna che canta, Valzer con Bashir, La chiave di Sara o Il debito. Dopo di ché, la pellicola lascia bruciare quasi tutte le sue idee e affonda nel patetico e nella noia. Se possiamo dare un merito al cinema italiano è quello di avere buone intenzioni. Che poi siano raramente messe a frutto, quello è un altro paio di maniche. Da questo Venuto al mondo non è comunque tutto da buttare: i due protagonisti Penelope Cruz ed Emile Hirsch se la cavano bene e le rivelazioni Adnan Haskovic e Saadet Aksoy sono giovani attori da tenere d’occhio…
In pratica, il meglio di questo film italiano arriva dal cast internazionale: una spagnola, un americano, un bosniaco e una turca. Eh no, non è una barzelletta. È la triste realtà del nostro cinema.
(voto 5+/10)


venerdì 9 novembre 2012

La belva e le bestie

Le belve
(USA 2012)
Titolo originale: Savages
Regia: Oliver Stone
Sceneggiatura: Shane Salerno, Don Winslow, Oliver Stone
Tratto dal libro: Le belve di Don Winslow
Cast: Blake Lively, Taylor Kitsch, Aaron Johnson, John Travolta, Benicio Del Toro, Salma Hayek, Demián Bichir, Sandra Echeverría, Emile Hirsch, Shea Whigham, Mia Maestro
Genere: pulp
Se ti piace guarda anche: Domino, Alpha Dog, Traffic, Natural Born Killers, Weeds

Solo perché vi racconto questa storia,
non vuol dire che alla fine io sia viva.

Una scena del tutto a caso dal film Le belve, che vede protagonisti
Aaron Johnson e Blake Lively le chiappe di Blake Lively.
La voce off di Blake Lively a inizio visione sembra scaraventarci in una puntata di Gossip Girl particolarmente tossica e sessualmente esplicita, giusto un pelo più influenzata da Viale del tramonto e American Beauty anziché da Dallas e The O.C.. Invece no. Invece non è Gossip Girl. Invece questa è la nuova pellicola di Oliver Stone. Oliver Stone, eccheccazzarola.
Ma torniamo al punto in cui tutto è iniziato, come la suadente voce della suadente Gossip Girl ci invita a fare. E allora partiamo dal titolo: Le belve. Un titolo molto tarantiniano che fa il verso a Le iene, per un film dalle tinte tarantiniane. Quello originale invece era Savages, parola che svolge un ruolo centrale all’interno della pellicola e che purtroppo non poteva essere tradotta qui da noi, poiché esiste già il film Selvaggi. Pellicola di Carlo Vanzina del 1995 parecchio sottovalutata ma che in realtà è la vera fonte d’ispirazione principale della serie Lost.
Pensateci su: non raccontano alla fine della fiera la stessa identica storia? E gli scontri tra Ezio Greggio e Antonello Fassari non ricordano un po’ quelli tra Jack e Sawyer? E il finale in cui finiscono nel Triangolo delle Bermuda non fa altrettanto sci-fi?

"Yes we canne! Perché se non fumi guardando questo film, godi solo a metà."
Dopo aver svelato questo mistero su Lost, torniamo ai selvaggi del film Savages. Selvaggi che hanno le fattezze glamour di una versione californiana dei The Dreamers di Bernardo Bertolucci.
Troviamo la bionda Blake Lively presa a sandwitch in un ménage à trois con i cannabis kids Taylor Kitsch (la serie Friday Night Lights, piuttosto che i dimenticabili Battleship e John Carter) e Aaron Johnson (Kick-Ass, ma anche il video dei R.E.M. “Überlin”). Il film potrebbe andare avanti con loro due che si scambiano nel letto con la gossip girl e credo nessuno avrebbe da lamentarsi troppo, però la sceneggiatura tratta da un romanzo di Don Winslow prevede ulteriori sviluppi. Un intreccio criminale parecchio incasinato e non troppo originale, che sfocia nel classico rapimento della sgnaccherona Blake Lively e in una serie di situazione che più che da un romanzo sembrano prese in prestito dalle missioni del videogame Grand Theft Auto.

"Se non fumi, godi solo a metà! Capito, chiappette d'oro?"
Oliver Stone negli ultimi tempi sembra un po’ riciclare se stesso: con W. su George W. Bush tornava sui sentieri politici di JFK, con Wall Street - Il denaro non dorme mai tornava sulla scena del delitto del primo Wall Street alla luce della crisi economica attuale e ora con Le belve torna agli anni ’90 pulp di U Turn - Inversione di marcia e Assassini nati. Tutti hanno paragonato i Savages ai Natural Born Killers, però, a guardarli più da vicino, sono creature molto differenti. Entrambi i film sono violenti, è vero, ma Assassini nati era una vera e propria riflessione sulla violenza. Qui c’è una violenza più action, più fumettistica, più divertente, se la violenza può essere considerata divertente. E se siete fan del pulp sapete che sì, può esserlo eccome.
Le belve è puro entertainment, prendere o lasciare. Un divertissement a tratti godurioso e piacevole, seppure tirato un po’ troppo per le lunghe. Al termine delle 2 ore e passa di visione di questo noir poco noir e molto solare, si rimane disorientati e storditi da una storia che non sembra sapere dove andare a parare, sensazione confermata pure dal doppio finale che ci spara.

"Qualcuno sa dirmi che fine hanno fatto i miei capelli?"
Il reparto attoriale è di gran prestigio e mescola giovani speranze (i tre glamour dreamers sopra citati) insieme a vecchie (ma non troppo) glorie, come i molto pulp John Travolta, Salma Hayek e Benicio Del Toro. Eppure nessuno convince in pieno. Blake Lively è più bona che brava a recitare, ma non è comunque una cagna totale, Aaron Johnson sarebbe bravo ma qui non si applica, e Taylor Kitsch continua a non convincere su grande schermo come faceva invece in tv in Friday Night Lights. Quanto a John Travolta, è solo l’ombra del Vincent Vega che era in Pulp Fiction, Benicio Del Toro sembra la brutta copia del suo personaggio in Traffic e Salma Hayek è invecchiata muy bien ma pure per lei vale la regola: più bona che brava. Per i cronici della cronaca, va annotata anche la presenza del sempre valido Emile Hirsch, ma gli è stato affidato un ruoletto davvero troppo minuscolo, quindi per lui scatta il senza voto come ai calciatori che entrano a 5 minuti dalla fine della partita.

"Se mi togliete la benda, vi dimostrerò che oltre a delle belle ciappette
ho anche molto da dire... Hey, ma perché state tutti ridendo?"
Le belve vanta poi una colonna sonora ultra cool che frulla di tutto e di più insieme, dai Massive Attack ai Talking Heads in versione bossanova, e sfoggia una regia di Oliver Stone in grado di gasare solo a tratti, specialmente all’inizio, poi anche lui si rilassa nell’atmosfera da cannabis di Ben & Chon e si appittisce in riprese piuttosto standard. Alla fine comunque ci si diverte e il ritmo è alticcio per quasi tutta la durata, sebbene la sceneggiatura sia priva di quei dialoghi ironici, geniali e ricchi di riferimenti alla pop culture che fanno la differenza tra uno script ordinario e un capolavoro tarantiniano.
Una pellicola pulp dal contenuto pressoché inesistente, ma di splendida superficie. Non una Stone miliare nella carriera di Oliver, però comunque un film che ha il suo perché. Anche se non credo di aver ancora capito quale.
(voto 7+/10)


lunedì 22 ottobre 2012

Hey (Killer) Joe

Killer Joe
(USA 2011)
Regia: William Friedkin
Sceneggiatura: Tracy Letts
Cast: Emile Hirsch, Matthew McConaughey, Juno Temple, Thomas Haden Church, Gina Gershon, Marc Macaulay
Genere: assassino
Se ti piace guarda anche: Fargo, Cose molto cattive, Piccoli omicidi tra amici


Un film che si apre con il “boschetto” peloso di Gina Gershon, non può che essere un gran film. E infatti…
Killer Joe è la pellicola più fo**utamente divertente dell’anno.
Come, divertente? Leggi il titolo Killer Joe e pensi a un thriller criminale serio e serioso. E poi leggi il nome del regista, William Friedkin, ti viene in mente L’esorcista, ti si gira la testa come a Linda Blair e immagini che ti troverai di fronte a un horror. E poi vai a vedere il nome del protagonista, Matthew McConaughey, e ti aspetti una commedia romantica delle sue.
Invece no, no e ancora no.
Sbagliato, in tutti e tre i casi.
Killer Joe è sì una storia criminale, ma è un vero spasso.


"Tranquilla, Gina. Ti raserò l'aiuola, quando ritorni da scuola."
Gran parte della brillante riuscita della pellicola però non è solo dovuta a William Friedkin, che pure dirige bene e con la diligenza del buon padre di famiglia e infila anche qualche riuscita sequenza onirica. I meriti e gli applausi principali vanno allo sceneggiatore Tracy Letts, anche autore dell’opera teatrale da cui il film è tratto. E in effetti l'impostazione teatrale si sente, in positivo, nella notevole cura dei dialoghi, tra i migliori sentiti in questa annata cinematografica. Tracy Letts, già autore dello script di Bug - La paranoia è contagiosa diretto sempre da Friedkin che a questo punto mi dovrò recuperare, racconta una vicenda che non presenta grandi caratteri di novità: un piccolo spacciatore (Emile Hirsch) ha un disperato bisogno d’amore… No, vabbé che è un film con McConaughey, però no. Ha un disperato bisogno di soldi, non d'amore. Per procurarseli, decide di far fuori la madre, con cui evidentemente non ha buonissimi rapporti, in modo da intascarsi i soldi della polizza sulla vita.
Ok? Ci siamo? State prendendo appunti, oppure state chiacchierando con il vicino di banco?
Avete bisogno di una pausa?
Ok, 5 minuti. Fumatevi una siga, prendetevi un caffè, mangiate una schifezza, ma poi rientrate in aula. Siamo d’accordo?

Nel frattempo, approfitto della pausa per mostrare a chi rimane in aula un video musicale in cui compare Juno Temple. Chi è Juno Temple e cosa c’entra con questo film lo vedremo dopo…



Allora, eccoci tornati. Ma perché nonostante siano passati 5 minuti, mezza classe non è ancora rientrata?
Peggio per loro. Io vado avanti a spiegare.
Dunque, dove eravamo rimasti? A Juno Temple? Bene, a lei ci arriviamo tra poco.
Dicevamo di Emile Hirsch, che vuole ammazzare la madre insieme al padre (Thomas Haden Church) e alla matrigna (Gina Gershon, una delle donne più sexy della storia, parere personale, e ho detto sexy quando sarei potuto essere molto più volgare). Visto che sono degli incapaci, hanno bisogno di qualcuno che faccia per loro il lavoro sporco. Così ingaggiano Killer Joe, ovvero Matthew McConaughey.
Se fino a qualche settimana fa qualcuno mi avesse detto che Matthew McConaughey avrebbe figurato nella classifica dei migliori attori cannibali dell’anno, gli sarei scoppiato a ridere in faccia, a quel qualcuno. Invece, le cose in pochi giorni possono cambiare e le sue recenti prestazioni in Magic Mike e in questo Killer Joe ci consegnano un Magic Killer Matthew. Tanto di cappello (da cowboy) a lui, che finalmente si sta affrancando dal solito ruolo da bonazzo nelle romcom. Come Julia Roberts ha fatto e sta facendo negli ultimi anni. Potremmo quindi definirlo una versione maschile di Julia Roberts: e allora, ebbravo Giulio Roberts!

Per compiere questo sporco lavoro, ovviamente Killer Joe vuole in cambio dei soldi. Ma siccome Emile Hirsch e compagnia oltre che degli incapaci sono pure dei senza soldi (non mi è uscita fuori un’espressione migliore), come faranno a pagarlo?
Non potendo avere il danaro, Killer Joe -mica scemo - vuole essere pagato in natura dalla sorellina di Emile Hirsch, ed eccoci arrivati finalmente a Juno Temple.
Juno Temple è la figlia di Julien Temple, regista cult punk de La grande truffa del rock’n’roll, e l’abbiamo già vista in ruoli più o meno piccoli, più o meno grandi in film parecchio interessanti come Diario di uno scandalo, Espiazione, Mr. Nobody e Kaboom e s'è fatta pure una comparsata nel blockbuster Il cavaliere oscuro - Il ritorno. In pratica è uno dei volti più promettenti del cinema britannico e ora pure di Hollywood e qui illumina la pellicola, già di suo illuminata da una sceneggiatura ricca di dialoghi strepitosi ed esilaranti.
Juno Temple in questo film ha la parte della giovane verginella innocente che nella sua cameretta ha appese le foto di Justin Bieber e di un giovane Joseph Gordon-Levitt ma che allo sguardo “che fa male” di Killer McConaughey (e pure dei nostri) diventa una vera e propria femme fatale. Pure lei con il “boschetto” proprio come la matrigna Gina Gershon.
Gina Gershon che tra l'altro si ritaglia una scena memorabile che ha a che fare con il succhiare una coscia di pollo, ma di più non vi dico...

"Hey, che avete da guardare? Mi scappa la cacca e la faccio qui..."
Questa allegra combriccola si mette dunque a orchestrare un omicidio, tra dialoghi e situazioni surreali, ma più che surreali pulp, ma più che pulp tarantiniani. In molti hanno già fatto tale paragone e in effetti la storia, i personaggi e le battute sono di quelle che ricordano il buon Quentino. A differenza di molte altre pellicole pulp, o pulp-wannabe, il regista Friedkin adotta però uno stile suo, a parte la classica inquadratura “tarantina” da dentro il bagagliaio, e non si limita a scimmiottare il regista iena. Anche perché scimmiottare una iena, insomma, la vedo un po’ dura.

Killer Joe allora fa centro?
Riguardo a come vada avanti la vicenda e se Killer Joe - Il personaggio riesca o meno nei suoi intenti criminali, lascio a voi il piacere di scoprirlo.
Quanto a Killer Joe - Il film, sì: è un centro pieno. Un centro da pellicola più fo**utamente divertente dell’anno.
(voto 8/10)


sabato 7 aprile 2012

Sarà vero, dopo Miss Italia avere L’ora nera?

"Il mondo sta per finire, ma a noi che ce frega?
Facciam la foto x Twitter che siam fiche!"
L’ora nera
(USA, Russia 2011)
Titolo originale: The Darkest Hour
Regia: Chris Gorak
Cast: Emile Hirsch, Olivia Thirlby, Max Minghella, Rachael Taylor, Joel Kinnaman, Veronika Ozerova, Dato Bakhtadze, Yuriy Kutsenko, Artur Smolyaninov, Nikolay Efremov
Genere: schi-fi
Se ti piace guarda anche: Skyline, 28 giorni dopo, La guerra dei mondi, The Day After Tomorrow

Tu vuò fa l’americano, ‘mmericano, ‘mmericano, ma si nato in Russia.
Quando esce un film come L’ora nera, rimpiangi i tempi della guerra fredda. Stati Uniti e URSS (so che non esiste più, ma a me piace ancora chiamarla così, okay?) non si detestavano?
E invece adesso a quanto pare vanno d’amore e d’accordo e realizzano pure film in partnership. Più che un film, uno spot al neocapitalismo russo. Quello di Putin. Quello di una Mosca tappezzata da griffe e sponsor dalla testa ai piedi da far invidia a NYC o Tokyo. Una co-produzione russoamericana con cui la Russia vuole dire: “Beh, anche noi li sappiamo fare i blockbusteroni fantascientifici, proprio come gli yankee!”.
Vero. Il risultato è infatti vicino a Skyline, una delle robe sci-fi più brutte e soprattutto inutili viste in tempi recenti. Complimenti, ci siete riusciti anche voi.

"Ehm, raga: qualcuno ha l'ombrello?"
Volendo dare una lettura politica generosa, visto che il film è una robetta che non meriterebbe nemmeno chissà quali riflessioni, è curioso notare come le cose cambino. Negli USA negli ultimi tempi escono diverse pellicole di protesta nemmeno troppo velata a un sistema capitalistico tirato ormai all’estremo, persino all’interno dell’ambito delle grandi produzioni e dei blockbuster. Si realizzano film alla fin fine comunisti come In Time, Tower Heist e il nuovo super successo The Hunger Games, mentre in Russia con una produzione stupidotta e dozzinale come il filo-americano L’ora nera vanno in direzione opposta.
Che succede nel mondo?
Ha cominciato a girare al contrario?

I segnali sono allarmanti fin dall’inizio. Quando un film ha dei titoli di testa brutti, e quelli de L’ora nera sono brutti-brutti-brutti, si può già avere un’idea preliminare della totale mancanza di gusto estetico, oltre che di idee, del progetto. E infatti…
La trama è un insulto all’intelligenza quasi quanto lo è la vita di Renzo Bossi. L’uomo che non “ha mai ricevuto soldi dalla Sega Nord.”
Vero, probabilmente li riceveva il padre che poi li girava a lui. Certo, a meno che non sia tutto un complotto dei Russi. Certo, a meno che non sia tutta colpa dell’ora nera o di Mosca ladrona o di Totti Re di Roma. Certo.

"Ghostbusters! Na na na nanana nanananana, Ghostbusters!"
Sto divagando. La volete conoscere comunque, la trama di questo film?
No? Io tanto ve la racconto lo stesso.
Due ragazzi americani vanno a Mosca per presentare la loro idea di un nuovo innovativo social network per giovani, in pratica una scopiazzatura di Facebook, ma vengono però fottuti dallo svedese astuto di turno. L’uomo IKEA copia loro l’idea e se la spassa nella capitale russa, mentre loro si deprimono. Fino a che conoscono due tipe, americane pure loro, incontrate proprio grazie al loro geniale social network. Poco tempo dopo e in pratica capita solo la fine del mondo. Mi sa che ‘sto social network porta un pochetto di sfiga…
Mosca viene attaccata da dalle misteriose entità aliene che si nutrono di elettricità e altre fonti di energia o qualcosa del genere, non si capisce bene, il film è confuso e sinceramente è così poco interessante e così tanto idiota che uno non ci presta nemmeno bene attenzione.
Quel che è certo è che questi alieni sono quanto di meno cinematografico si sia mai visto nella fantascienza. Hanno copiato preso ispirazione da varie pellicole, non potevano scopiazzare prendere ispirazione anche da qualche creatura aliena decente in modo da rendere la pellicola un momento più appealing?
Le fonti di ispirazione o meglio di scopiazzamento sono numerose, tra le più evidenti c’è una Mosca deserta che sembra la gemella della Londra svuotata di umanità dagli zombie di 28 giorni dopo. Per il resto le dinamiche sono quelle da survival fantascientifico tipico stile La guerra dei mondi o The Day After Tomorrow, solo con una tensione e un grado di interesse pari allo zero.
Vogliamo parlare poi dei risibili effetti speciali?
Non parliamone, và.

"Come siamo caduti così in basso, così in fretta?"
Parliamo del cast. Un cast di giovani promettenti totalmente gettati in pasto a uno Z-movie agghiacciante. Del tutto inspiegabile, se non per ragioni di soldi russi cagati fuori dall’Abramovič di turno, la presenza di Emile Hirsch, passato da Into the Wild a questo Into the Wild Shit. Ci sono anche Joel Kinnaman dalla notevole serie tv The Killing (appena partito con una promettente seconda stagione), e Max Minghella, figlio dello scomparso regista Anthony e di recente notato in Agora, The Social Network e Le idi di marzo. Attori lanciati verso l’Olimpo di Hollywood, almeno prima di questo film. Dopo L’ora nera rischiano invece di essere lanciati giù da una finestra.
In più ci sono, almeno quelle, un paio di piacevoli sgnacchere presenze femminili: la nuova reginetta della scena alternativa Olivia “sono così indie” Thirlby, vista in Juno, Fa’ la cosa sbagliata e Amici, amanti e… e poi c’è la bionda Rachael Taylor, che è una gran figa senza se e senza ma. Peccato non si possa dire: "Occhio alle pere-strojke!", visto che tra lei e la Thirlby non è che ne abbiano molte…

L’ora nera è una porcheruola che ricicla - male - varie idee della fantascienza del passato e le inserisce in un contesto moderno iper-tecnologizzato sfruttato malissimamente. Così come l’impronta russa è talmente poco presente che questa potrebbe benissimo essere una qualunque pellicola sci-fi americana. Di quelle realizzate da schifo. Di quelle di genere schi-fi, appunto. Il fatto che provi a inserire un discorso sull’importanza delle risorse naturali della Terra è solo un tentativo, più che fallito, di provare a regalare spessore a un film esile come una modella russa anoressica.
Per non parlare dei dialoghi: i dialoghi di questo film dovrebbero essere studiati nelle scuole di cinema e di sceneggiatura per capire come NON fare dei dialoghi. Sia al cinema che nella vita reale.
Ciliegina sulla torta: il finale, che lascia aperta la possibilità non solo a un sequel, ma a un’intera saga. Considerati i risibili incassi del film, difficilmente si farà. Per fortuna. Certo però che se hanno realizzato un seguito persino di Ghost Rider, non si può mai sapere...
A che ora (nera) è la fine del mondo?
Chissà, ma speriamo almeno l’ora della fine di questi filmetti schi-fi arrivi presto.
(voto 3/10)

venerdì 20 gennaio 2012

Malvenuti al cinema

Bisio unico rimasto durante il cineforum russo organizzato da Mr. Ford.
Alla sue spalle, la folla aspetta di prenderlo a bottigliate. Ford, non Bisio.
Questa rubrica ha ancora bisogno di un'introduzione?
Direi di no, visto che ormai è nota ma soprattutto famigerata in mezza blogosfera.
Per chi comunque nelle ultime settimane fosse stato su Marte o in crociera (gli auguro più la prima che la seconda), ricordo che si tratta di una rubrica sui film in uscita nelle sale italiane durante il weekend, presentati dai miei illuminati e sempre brillanti commenti cannibali, e da quelli oscuri e sempre pieni di pregiudizi del mio  burbero collega/rivale blogger Mr. James Ford.
Dall'incontro/scontro di queste opinioni, dovreste riuscire a capire se un film può fare al caso vostro o meno.
Questo è un servizio che offriamo ai nostri lettori in maniera gratuita, ma se qualcuno vuole contribuire con una donazione i soldi ci possono sempre far comodo, così almeno compro i pannoloni e magari anche un apparecchio acustico per il vecchio Ford!
Ma ecco le pellicole in arrivo questo fine settimana...

Uh Madunina! C'è pure Emma Marrone, la cantante preferita da Ford.
Benvenuti al Nord di Luca Miniero
Il consiglio di Ford: se proprio non avete altro da fare
Lo ammetto, il primo capitolo delle avventure di Bisio in terra partenopea mi aveva tutto sommato divertito, e pur non essendo chissà quale film l'impressione era che si fosse cercato di realizzare qualcosa di un pò più interessante del consueto pseudocinepanettone fuori stagione.
Un sequel già di per sè presenta dei rischi, quindi non saprei che dire.
In caso, attendete il sacrificio mio o del mio antagonista in merito, tanto certo questo titolo non scomparirà facilmente dalle sale.
Il consiglio di Cannibal: al Nord ci sta la neve chimica, vedete voi se volete venire ancora o meno...
Benvenuti al Nord? Ho come l’impressione che non sia il nuovo slogan della Lega, a meno che non abbiano deciso di cambiare radicalmente strategia elettorale…
Comunque sia, Benvenuti al Sud (recensito QUI) l’avevo visto anch’io con discreto piacere. Però diciamo che non sentivo un estremo bisogno di un seguito, così come non sentivo un estremo bisogno di fare una rubrica in co-conduzione con Ford. A dirla tutta, ne avrei proprio fatto a meno. Di entrambe le cose. Visti gli enormi incassi del primo episodio un sequel era però inevitabile, così come visto il successo delle nostre Blog Wars, era inevitabile una rubrica insieme.
In conclusione: consiglio di non andare a vederlo, altrimenti ci/vi tocca pure un terzo capitolo. A meno che non desideriate a tutti i costi un Benvenuti al Centro, eddaje!

"I film consigliati da Cannibal me lo fanno venire duro!"
Kaboom di Gregg Araki (distribuito in Italia dal sito www.ownair.it)
Il consiglio di Ford: e sparatevi 'sto trip!
Anche se già so che la cosa sconvolgerà il mio antagonista, Gregg Araki è molto ben considerato in casa Ford, grazie ai suoi decisamente interessanti lavori precedenti Exstasy generation e Mysterious skin.
Dunque, in un periodo di vacche magre come questo, non resta che assumere qualche sostanza che alteri il vostro stato mentale ed andarlo a recuperare. Buon viaggio!
Il consiglio di Cannibal: guardatelo o faccio saltare per aria Ford con un kaboom!
Uno dei miei film preferiti del 2011, già recensito in termini entusiastici QUI.
Kaboom è una delle visioni più fiche che vi potrà capitare di fare quest’anno e non solo. Frullato al suo interno c’è di tutto: fine del mondo, sesso, droga, visioni, streghe, tizi mascherati, David Lynch, Bret Easton Ellis… Un film che fa davvero boom! e che in Italia non esce in sala, non esce in home-video, ma distribuito direttamente sul web dal sito OwnAir. Ed è già tanto che uno sballo del genere sia arrivato, in qualche modo, anche nell’italietta del Signor Ford.

"Ti prego Dio Cannibal, fai in modo che Ford taccia per sempre!"
Sleeping around di Marco Carniti
Il consiglio di Ford: fatevi una dormita, un pò come quando apre bocca il Cannibale!
Dichiaro ufficialmente di essere stanco di vedere distribuiti in sala più che mediocri prodotti italiani a scapito di pellicole ben più interessanti che finiscono per diventare cult esclusivi della rete e di noi bloggers scalmanati.
Questa schifezza deve sparire dalle sale. Senza se e senza ma.
Il consiglio di Cannibal: sleeping inside (the cinema)
Dichiaro ufficialmente di essere stanco di Mr. Ford ahahah.
E il film? A quanto ne so, è già uscito nel 2008 (!) e già allora non se l’era filato nessuno. Così, i sempre più saggi distributori italiani (ma non è che Ford tu in gran segreto sei uno di loro?) hanno deciso adesso di propinarcelo di nuovo. Risultato prevedibile: nemmeno stavolta credo se lo filerà nessuno. Dopodiché cosa volete fare, distribuirlo una terza volta?


"Mi sa che non è stata un'idea molto sveglia guardarmi
un film consigliato da Ford appena risvegliata..."
Underworld - Il risveglio 3D di Mans Marlind e Bjorn Stein
Il consiglio di Ford: per una volta, seguite il Cannibale.
Mi accodo al fioretto di fine anno del mio normalmente fastidioso antagonista - che dichiarò che nel corso del 2012 non avrebbe visto alcun film con la dicitura 3D nel titolo - e vi invito a fare a meno di questa porcata colossale.
Altrimenti vi arrivano due o trecento bottigliate sul grugno. In 3D.
Il consiglio di Cannibali: seguite i miei consigli, preziosi come sempre
Il 3D è già un motivo per non vederlo. Ma a parte questo, per scrivere un articolo su una rivista mi sono dovuto sorbire tutti e 3 i primi capitoli della serie di Underworld: il primo è modesto, il secondo è orribile, il terzo (un prequel) è una merda colossale. Nel quarto capitolo torna Kate Beckinsale (assente nel terzo) e sì è vestita in pelle nera attillata ed è sempre un bel vedere, però il film si preannuncia un nuovo disastroso capitolo per la saga vampiresca peggiore in circolazione. Sì, peggio di quella di Twilight, che almeno è (involontariamente) molto comica.



"Cannibal è mio e solo mio. Accontentati di Ford, lurida puttanella!"
The Help di Tate Taylor
Il consiglio di Ford: meno male che Taylor ci aiuta
In una settimana davvero grigia, questo film di Taylor rappresenta senza dubbio la prima scelta per quanto riguarda le vostre visioni del weekend. Non l'ho ancora visto, ma senza dubbio a breve comparirà al saloon, anche perché parliamo di uno dei favoriti nella corsa agli Oscar.
Il consiglio di Cannibal: guardatelo!
The Help è un film di quelli fatti apposta per correre agli Oscar, un po’ come Mr. Ford è fatto apposta per correre e scappare dalle mie pedate nel culo!
Io di solito odio i film da Oscar (quasi) quanto odio Ford, però in questo caso ne sono rimasto pure io vittima. Nonostante una regia tradizionale e priva di guizzi, il cast di straordinarie protagoniste (Emma Stone, Bryce Dallas Howard, Jessica Chastain, Viola Davis e Octavia Spencer) è fenomenale e la pellicola, già inserita tra i miei film top del 2011, racconta una storia talmente bella ed emozionante che vi consiglio di non perderla. Nel frattempo recuperatevi la mia recensione qui http://pensiericannibali.blogspot.com/2011/11/se-non-ti-piace-questo-film-sei-uno.html).

"Meglio nascondersi, prima che Ford cominci il sermone sul cinema russo!"
L'ora nera di Chris Gorak
Il consiglio di Ford: vabbè che c'è stato Attack the block, ma mica tutti gli alieni sono uguali!
Finalmente un film russo torna in sala.
Come dite? Non è di Sokurov?
Come dite? Nel cast c'è Emile Hirsch?
Come dite? Pare sci-fi di bassa lega?
Ok, passo.
Il consiglio di Cannibal: sarà una minchiata, però potrebbe essere una piacevole minchiata
Non è un film di Sukamelov? Bene.
C’è uno dei migliori giovani attori in circolazione, l’idolo di Into the Wild Emile Hirsch? Ancora meglio.
Sci-fi di bassa lega? Massì, una volta ogni tanto ci può stare.
Ford lo passa?
Ok, allora direi che una possibilità gliela si può dare ampiamente.

"Ford, sei persino più vecchio di quanto immaginassi!"
Sette opere di misericordia di Gianluca e Massimiliano De Serio
Il consiglio di Ford: non è bastata la mia filippica contro l'egemonia dei film italiani in sala?
Ok, Roberto Herlizka nel cast varrebbe almeno una visione.
Ma sinceramente non ho alcuna voglia di assistere all'ennesimo tentativo di imitare i Dardenne in versione torinese.
Potrebbe anche essere interessante. Potrebbe.
Ma non ho davvero alcuna voglia di scoprire che potrebbe essere il contrario.
Il consiglio di Cannibal: sette opere di misericordia? ma manco una, ve ne concedo!
Mi sono guardato il trailer http://youtu.be/IIBJL1_JjbI
e già contavo i secondi alla fine, nonostante la durata fosse di un minuto e 40, figuriamoci se mi guardo tutto il film!
Ma distribuite i film del giapponese Sion Sono che Sono una figata, invece di ‘ste presunte opere, per la misericordia!

"Addio, Ford. Non ci mancherai."
E ora dove andiamo? di Nadine Labaki
Il consiglio di Ford: io me ne sto a casa, voi andate un pò dove volete.
Qualche anno fa questo film decisamente di nicchia sarebbe stato la mia prima scelta della settimana: ora, complice una serie di visioni troppo radical chic ingrassatasi nel corso degli anni, non sono più così convinto.
Direi che mi prenderò il tempo giusto per capire se possa valere un tentativo, e se no, lo lascerò scomparire lentamente nel dimenticatoio.
Il consiglio di Cannibal: Ford sta a casa, tutti fuori!
Sembra uno di quei film etno-simpatici che ultimamente vanno di moda nei “miei” ambienti radical-chic, ma che io non reggo molto. Questo però un minimo mi ispira, non so, sembra… etno-simpatico ma in una maniera davvero simpatica, con il suo mix di generi, dalla commedia al musical alla tematica medio-orientale. Il fatto che faccia storcere il naso a Ford mi convince poi che ci potremmo trovare di fronte a una vera chicca. Forse…

"Oh mamma! Fare una partita a scacchi con Ford
è ancora più estenuante che vedere uno dei suoi film preferiti!"
Bobby Fischer against the world di Liz Garbus (da lunedì 23/01)
Il consiglio di Ford: scacco matto, Cannibale!
Sarei curioso di scoprire se il mio vanaglorioso avversario è oppure no un giocatore di scacchi, forse troppo noiosi e classici per un tipo moderno come lui.
Ad ogni modo, mi divertirei un mondo a farmi una partita da finire, ovviamente, con una serie di bottigliate dritte sulla sua testa.
Scherzi - !?!? - a parte, comunque, questo documentario parla di uno dei più leggendari campioni della disciplina, un personaggio unico nel suo genere.
Quindi, per me, questo si va a vedere eccome.
Il consiglio di Cannibal: tu sei matto, Ford!
Ovviamente no, non gioco a scacchi. E sai perché? Indovina un po’? È NOIOSO!
Proprio come te Ford uahahahahah!
Bobby Fischer non lo conosco (ma a quanto pare nemmeno Ford che aveva scritto il nome sbagliato e gliel’ho dovuto correggere!), però il documentario è prodotto dalla HBO quindi proprio una porcata non dev’essere. Non credo lo guarderò, ma per gli appassionati di scacchi potrebbe risultare una visione interessante.
In ogni caso anche non sapendo giocare, a te Ford farei scacco in 3 mosse:
1) Prendo la tua bella scacchiera.
2) Te la spacco in testa.
3) Mi bevo una birra fresca mentre guardo che raccogli le tue pedine e piagnucoli maledicendomi.

Ecco come gioco io a scacchi...

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