Di serie tv. Serial Killer è la rubrica sui telefilm pubblicata su Pensieri Cannibali con cadenza mensile. In maniera più o meno puntuale, questo mese in maniera un po' meno puntuale del solito. Si parla infatti di quanto visto nel mese di maggio e adesso è l'1 giugno, quindi sorry for the ritardo.
Game of Thrones è finito e ne hanno ormai già parlato tutti. Anche vostra nonna che sulle serie tv è come Jon Snow: non sa niente. E Pensieri Cannibali invece ancora niente? Manco una parola sul tanto discusso finale di serie?
Ho preferito fare l'opposto degli autori della serie. Non fare le cose in fretta e furia e prendermi il mio tempo, con calma, in modo da preparare una degna conclusione al racconto del mio percorso con Game of Thrones. Un viaggio che inizia da lontano, dal lontano 2011.
In altre parole: non ho avuto tempo di scrivere di Game of Thrones prima e lo faccio adesso.
ATTENZIONE SPOILER
Ripeto: ATTENZIONE SPOILER
Lo ripeto ancora una volta, dopodiché sono cazzi vostri:
Ci risiamo. Ogni volta che una stagione di Game of Thrones finisce, il dubbio si ripresenta: GoT è una grande serie, o solamente una grande buffonata furbata?
La "bella del paese" in versione Pensieri Cannibali.
È così che può essere riassunto il prestigioso riconoscimento Cotta adolescenziale, che tradizionalmente apre la stagione dei premi di fine anno su questo blog.
Un riconoscimento all'insegna della bellezza, del glamour, o più semplicemente della gnoccaggine.
Quali sono le due donne che più hanno affascinato il titolare di questo blog, Mr. Cannibal Kid, nel corso degli ultimi 12 mesi?
Andiamo subito a scoprirlo che tanto le parole nelle classifiche di fine annata, soprattutto di questa, non le legge nessuno e stanno tutti a guardare soltanto le figure.
Prima comunque ancora una cosa, l'elenco delle vincitrici delle passate edizioni:
Ieri notte sono stati consegnati gli Oscar della televisione. No, non sto parlando dei Telegatti. Quelli purtroppo non li fanno più. Almeno, non che io sappia. Per quanto trash fossero, è un peccato. Quando ero un bambino aspettavo la Notte dei Telegatti così come ora aspetto quella degli Oscar, che all'epoca invece non seguivo perché:
1) Mi pare andasse in onda sulla pay-tv e io che ero povero (e sono ancora povero adesso) non avevo la pay-tv.
2) Essendo trasmessa a notte fonda, all'epoca non mi era permesso fare le ore piccole, visto che il giorno dopo c'era la maledetta scuola.
Comunque come al solito ho divagato troppo.
Gli Oscar della televisione ora – e forse da sempre – sono considerati gli Emmy Awards. Ieri – sempre come al solito – è stata la grande notte di Game of Thrones, che per il secondo anno di fila si è portato a casa il premio più prestigioso e ambito, quello di miglior serie drama dell'anno. Un premio che ha meritato di più dell'anno scorso, però io l'avrei comunque dato a qualche altra serie, ad esempio a Mr. Robot.
Cast: Emilia Clarke, Sam Claflin, Jenna Coleman, Matthew Lewis, Charles Dance, Janet McTeer, Vanessa Kirby
Genere: sentimalato
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Io prima di vedere Io prima di te ero un insensibile senza cuore. Non mi emozionava niente. Ero dominato dall'odio. Sembravo un incrocio tra Ebenezer Scrooge e Crudelia De Mon. Ero in pratica una persona di merda.
Le città si ripopolano, le sale tornano a riempirsi, di gente così come di numerose uscite più o meno interessanti, e anche i blog ritornano in attività a pieno regime. Come Pensieri Cannibali, che pure quest'estate non si è mai fermato.
Chi invece prosegue nel suo letargo, non invernale bensì estivo, è il mio blogger-nemico Mr James Ford dell'ormai sempre più abbandonato sito WhiteRussian. A non mancare – ahinoi – sono comunque i suoi commenti, presenti al fianco dei miei nella rubrica sulle pellicole in arrivo nei cinema italiani questa settimana.
Beccateveli qui sotto, ma solo a vostro rischio e pericolo.
Io prima di te
"Ma quanto siamo teneri insieme?"
"Tanto, ma mai quanto i finti nemici Ford e Cannibal."
Cast: Arnold Schwarzenegger, Jai Courtney, Emilia Clarke, Jason Clarke, Matt Smith, J.K. Simmons, Dayo Okeniyi, Courtney B. Vance, Byung-hun Lee, Michael Gladis, Sandrine Holt, Gregory Alan Williams
Genere: scaduto, ma purtroppo non ancora terminato
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Sono stato mandato dal futuro per proteggervi. Per mettervi al riparo da un film con Arnold Schwarzenegger. Vi sembra una storia già nota?
Sì, è vero. Già in passato ho tentato in tutti i modi di dissuadervi dal vedere suoi film, come il recente Contagious - Epidemia mortale, ma questa è un'altra storia...
Sì, beh, insomma, più o meno un'altra storia. Terminator Genisys non è una storia nuova, ma nemmeno un remake vero e proprio. Sembra ricalcare la vicenda del primo Terminator, quello diretto da James Cameron nel 1984, ma poi prende un'altra piega. Quindi non osate definirlo un remake. Questo è un reboot. È così che si etichettano oggi le idee riciclate. Reboot, non remake. Allo stesso modo in cui il T-800 interpretato da un (più o meno) redivivo Arnold Schwarzenegger vuole essere definito vecchio, non obsoleto. Peccato che, per quanti giri di parole si possano usare, la sostanza non cambi poi molto.
Il finale dell’ottima quarta stagione di Game of Thrones è stato un pochetto deludente. Non è nemmeno colpa di George R. R. Martin. È solo che la realtà si è intromessa. L’ultima puntata della season 4 di Game of Thrones ha infatti avuto la sfiga di uscire proprio nella giornata in cui è arrivata la notizia che Michael Schumacher è resuscitato dal mondo dei morti dopo mesi di coma. Non solo. Nello stesso giorno in cui un padre di famiglia ha confessato di aver ucciso brutalmente moglie e figli. E mica è finita qui. Hanno pure beccato l’assassino di Yara Gambirasio, a piede libero da 4 anni. No, non è Michele Misseri e manco Leland Palmer.
A questo punto, cosa volevate che si inventasse George R. R. Martin di più?
Andiamo a vederlo, ricapitolando in breve quanto successo nel corso della stagione 4 di Game of Thrones.
ATTENZIONE SPOILER
Troppo spazio è stato regalato, soprattutto nelle ultime 2 puntate, a Jon Snow, il personaggio più noioso dei Sette Regni.
Troppe attenzioni riservate anche alla lagnosa Sansa Stark, che per fortuna negli ultimi episodi è stata messa da parte.
Anche perché – diciamolo – si sta meglio senza Sansa.
A risollevare le sorti della casata Stark ci ha pensato allora la giovane combattiva Arya, insieme al Mastino finito non tanto bene…
Nel frattempo, Bran Stark ha comunicato telepaticamente con Michael Schumacher, facendolo uscire dal coma.
E si è incontrato con un tizio dallo stile di vita alternativo…
Qualcuno ha voluto fare un'uscita di scena spettacolare...
E Daenerys?
In questa stagione s’è fatta scopasedurre.
Però con questi draghetti sta davvero cominciando a stufare.
Sarò disumano io, ma scusate se non mi sono commosso durante la scena in cui Daenerys finalmente incatena queste creature infernali...
La vicenda più interessante dell’intera stagione è stata allora quella legata al destino di Tyrion, con tanto di equo processo a suo carico per l'omicidio del simpatico Joffrey Baratheon.
Dopo essere stato condannato e rinchiuso per ben 8 puntate, è stato liberato dal fratello Jaime Lannister come se niente fosse. Se era tanto semplice, non poteva farlo prima?
Una volta libero, Tyrion si è potuto togliere qualche sassolino dalla scarpa. Giusto un paio.
Prima con l'ex zoccola fidanzata.
Poi con il padre.
Nonostante qualche episodio riempitivo, la presenza di personaggi inutili e altri insopportabili (Jon Snow!), ci sono stati diversi momenti notevoli, soprattutto le varie morti, e nel complesso è stata una stagione più avvincente rispetto alla terza, quasi al livello della prima.
Come al solito quindi Game of Thrones è andato avanti tra alti e bassi, solo questa volta con più alti che bassi.
(voto alla quarta stagione 7,5/10
voto al season finale 7-/10)
Chicca finale, se ancora non l'avete visto, il video dei protagonisti del Mondiale in versione Game of Thrones.
Con tanto di sorpresa finale.
Cast: Jude Law, Richard E. Grant, Demian Bichir, Madalina Diana Ghenea, Kerry Condon, Emilia Clarke, Nathan Stewart-Jarrett, Jordan A. Nash
Genere: criminale
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A Dom Hemingway piace il cazzo. Lo adora. Il suo, non quello degli altri. A Dom Hemingway piace anche scassinare casseforti. È un Dio nel farlo. È il suo talento. L’altro suo talento, se così vogliamo chiamarlo, è la sfiga. È perseguitato dalla sfiga. A Dom Hemingway non ne va bene una. Perché? Perché sarà anche un criminale scassinatore egocentrico, però in fondo è un buono. E ai buoni le cose non girano mai bene. Così Dom passa 12 anni in galera. Perché? Perché non è una spia. Avrebbe potuto patteggiare e avere uno sconto di pena, ma non è una spia e così si è fatto 12 anni di galera. Dom Hemingway è un po’ il Solomon Northup dei carcerati. Oddio, a parte i 12 anni di prigionia, non hanno granché in comune. Diciamo niente.
Dopo tutti questi anni in gattabuia, Dom esce. Un po’ come Al Pacino in Uomini di parola. Ecco, il paragone è già più calzante, rispetto a quello con 12 anni schiavo. La differenza è che Dom Hemingway quando torna in libertà è più giovane rispetto al vecchio Al che di anni in prigione se n’era fatti 28, eppure alcune cose sono comunque cambiate anche per lui in tutto questo tempo. Ad esempio, dentro i pub e i locali non si può più fumare. Che, per carità, è anche una cosa positiva perché prima c’avevano sempre un’aria irrespirabile, però se uno ci pensa è una cosa assurda. Non lo so, tra un po’ nei locali vieteranno persino gli alcolici e la cosa all’inizio apparirà strana, ma poi tutti ci faranno l’abitudine e, va bene la salute, però è una merda vivere in una società così politically correct. Come le serie “storiche” della HBO e delle altre reti via cavo americane ci insegnao, una volta era tutto un fiorire di bordelli, di posti in cui si poteva scopare, bere e drogarsi in santa pace e adesso è tutto un divieto. È questo ciò che l’uomo chiama progresso?
Una volta ripresa confidenza con il mondo “libero”, se un mondo in cui non si può fumare in un fumoso locale può essere considerato libero, Dom Hemingway cerca di riscattare ciò che gli spetta per aver tenuto la bocca cucita ed essersi fatto 12 anni schiav… pardon, carcerato. “Voglio ciò che mi spetta lo voglio perché mio m’aspetta” mi immagino Dom canticchiare alla Giovanni Lindo Ferretti. In realtà i CSI non sono presenti in colonna sonora, anche perché questo è un film britannico e nel Regno Unito il Consorzio Suonatori Indipendenti manco sanno cos’è. Non ci sono i CSI, però la soundtrack del film è una bella storia. Un’autentica bomba che sfoggia perle di Primal Scream, Motorhead e Pixies (quelli fighi di una volta, non quelli spenti di oggi). Il momento musicale che rimane più impresso è però “Fisherman’s Blues” dei Waterboys, una delle canzoni più belle di tutti i tempi, in questo film interpretata da Emilia Clarke.
"Anche se adesso ho questo look da barbona, non deridetemi.
Sono pur sempre la madre dei draghi!
Ebbene sì, miei cari fan di Game of Thrones in ascolto. Dopo averla vista anche in Spike Island, la Khaleesi in questo film non gioca con i draghetti, bensì è la figlia di Dom Hemingway. Dom Hemingway ve l’ho presentato qui sopra. È un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Se non ce l’hai per padre. Se ce l’hai per padre, è una vera merda. Potete quindi capire come Emilia Clarke non impazzisca per lui. Ma questo non è un suo problema. Non è un problema suo, né dei suoi draghetti. Il problema è di Dom Hemingway che, oltre a volersi prendere ciò che gli spetta a livello economico, dopo 12 anni in cella dovrà anche cercare di riallacciare i rapporti con la figlia Khaleesi, anzi no, adesso dobbiamo chiamarla Fhyga… volevo dire Mhysa. Miei cari fan di Game of Thrones in ascolto, vi devo però dare anche una brutta notizia. Emilia Clarke in questo film compare giusto per pochi minuti. Il solo e unico grande protagonista della pellicola è infatti lui, Dom Hemingway, interpretato da un Jude Law scatenato come non mai. Jude Law attore che ho sempre apprezzato molto e che negli ultimi tempi si era specializzato nel tratteggiare in maniera sottile personaggi minori, un po’ sotto tono, come in Closer, Anna Karenina, Effetti collaterali, Contagion o pure il Watson di Sherlock Holmes versione Robert Downey Jr., e invece questa volta è lui a interpretare un personaggio costantemente sopra le righe. Un idolo. Un fenomeno. Uno spasso totale. Un personaggio da amare alla follia. Se non ce l’hai per padre.
Cast: Elliott Tittensor, Nico Mirallegro, Jordan Murphy, Adam Long, Oliver Heald, Emilia Clarke, Chris Coghill, Matthew McNulty, Michael Socha, Lesley Manville, Antonia Thomas, Paul Popplewell, Ciara Baxendale, Kaya Scodelario
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: My Mad Fat Diary, Not Fade Away, Quasi famosi, The Inbetweeners
Ci sono eventi musicali che segnano una generazione. Woodstock è il primo che mi viene in mente. Oggi ci sono un sacco di festival più fighetti e hipster, come il Coachella attualmente in corso, il South by Southwest o il Bonnaroo, anche se in quanto a notorietà e a impatto culturale niente di paragonabile con il festivalone simbolo degli anni ’60 e della cultura hippie. L’unico che per importanza si è forse avvicinato un pochino è stato negli anni ‘90 il Lollapalooza, l’evento alternative rock diventato pure protagonista dell’episodio dei Simpson Homerpalooza.
Per qualcuno un “pochino” più sfigato, l’eventone musicale pubblico della vita è stato la registrazione di una puntata del Karaoke con Fiorello nella piazza della propria città, mentre per i giovani dei primissimi anni ‘90 delle periferie delle città inglesi, e di Manchester in particolare, l’apice è stato Spike Island. What the fuck is Spike Island?
Spike Island è un’isola. Sorpresi? Per entrare più nello specifico, si tratta di una isoletta nel nord ovest dell’Inghilterra, una zonaccia piena di industrie abbandonate. È in questo luogo simbolo della decadenza post-industriale che gli Stone Roses hanno deciso di tenere un loro mega concerto storico. Who the fuck are The Stone Roses?
Gli Stone Roses
Gli Stone Roses sono stati una delle più grandi band britanniche di tutti i tempi, giusto per non esagerare, sebbene qui in Italia non siano mai stati popolarissimi, ancor meno degli Smiths. Gli Smiths sono stati tra i gruppi più importanti di sempre, eppure se chiedi a qualcuno in strada se li conosce, la maggior parte della gente ancora ti guarda male, mentre tutti, ma proprio tutti, conoscono Vasco, e a molti piace pure. Perché vivo ancora in Italia?
Comunque… Gli Stone Roses sono stati una band fondamentale che avrebbe poi ispirato gran parte del Britpop giunto qualche anno dopo, i concittadini Oasis in particolare, oltre ad aver contribuito a cavallo tra fine 80s e inizio 90s alla nascita della cosiddetta scena di Madchester. Un movimento di cui si è parlato anche nel film 24 Hour Party People e un tipo di musica riecheggiato di recente nella colonna sonora dell’ultimo episodio della Trilogia del Cornetto, La fine del mondo. Nonostante nella loro breve carriera abbiano pubblicato appena un paio di album, l’omonimo The Stone Roses, capolavoro e pietra miliare immediata della musica British, e il travagliato e criticato Second Coming, il segno che hanno lasciato è stato profondo. D’altra parte, anche altri gruppi fondamentali come Sex Pistols, Joy Division e Nirvana non hanno avuto bisogno di decine di lavori per restare impressi nella Storia. Se non conoscete gli Stone Roses dunque è un male, ma potete comunque recuperare guardandovi proprio questo film, Spike Island.
Spike Island racconta il tentativo di andare al concerto degli Stone Roses di un gruppo di 5 ragazzi di Manchester. Gruppo sia nel senso di gruppo di amici che di band musicale in erba. I 5 fanno parte degli Shadow Caster e, nel caso aveste dubbi in proposito, hanno un sound molto simile a quello dei loro idoli Stone Roses. Sono dei ragazzotti tipicamente inglesi, sbruffoni e strafottenti. Dei tipi alla Noel e Liam Gallagher, dei simpaticoni del genere. In quanto sprovveduti cazzari, i 5 si recano a Spike Island sprovvisti di biglietto e sperano di entrare al concerto in qualche modo truffaldino, all’italiana insomma. Ce la faranno?
Una cosa che NON ci mancherà degli anni '90: il taglio a scodella.
Questo è un quesito che ci si pone ma, non essendo un thriller, non è certo una domanda fondamentale. L’importante non è tanto quello, quanto il viaggio, il vivere quest’avventura insieme, come amici, come gruppo. Spike Island è un film fortemente musicale, che ha il suo punto forte nel far respirare l’atmosfera di quegli anni. A livello di colonna sonora è, com’è facile immaginare, un inno d’amore nei confronti degli Stone Roses. Se non sapete chi sono, imparerete ad amarli. Se invece già li conoscete, dopo la visione di questo film sentirete le loro canzoni con ancora maggiore trasporto emotivo. Sotto questo punto di vista, è una pellicola perfetta. Laddove Spike Island non riesce a fare il salto di qualità per diventare un cult cinematografico sta in una sceneggiatura troppo prevedibile. Ognuno dei ragazzi della band porta con sé al concerto il suo bagaglio di vita vissuta complicata, c’è chi viene picchiato dal padre e chi invece ha il papà in ospedale in fin di vita, così come tra un paio di membri della band nascerà un conflitto. I membri della band coinvolti sono naturalmente il cantante da una parte e il chitarrista/autore principale delle canzoni dall'altra. Un classico. Un altro classico è il loro essere in conflitto non solo e non tanto per la leadership del gruppo, quanto per una ragazza. E chi è questa ragazza sfasciaband?
Emilia Clarke.
Scusate se è poco.
"Ma quanto sono pucciosa?"
"Khaleesi, sguinzaglia i tuoi draghi e facci entrare al concerto!"
Ecco, se non ve ne frega un cazzo della musica inglese, un più che valido motivo per recuperare questo film è la presenza della Khaleesi, o se preferite ormai Mhysa, sebbene sia qui presente con un ruolo e in abiti del tutto differenti da quelli vestiti e svestiti in Game of Thrones.
Se invece non siete patiti di musica inglese e manco di Game of Thrones, potreste essere interessati a questa pellicola se siete fan delle serie British. Troviamo infatti qui le basi della gang di Rae in My Mad Fat Diary, il bello Nico Mirallegro, qui alle prese con un ruolo più da sfigato, lo scemo Jordan Murphy, che pure qui ha la parte dello scemo di turno, e in una minuscola parte pure la rossa Ciara Baxendale. Inoltre rispondono presente all’appello Elliott Tittensor che è stato per anni interprete del bulletto Carl Gallagher in Shameless UK e inoltre nella vita reale è il fortunello boyfriend di Kaya Scodelario, che pure compare in un cameo. Nel cast della pellicola ci sono quindi anche Antonia Thomas, l’attizzapiselli di Misfits, e Michael Socha, l’amichetto di Alice in Once Upon a Time in Wonderland.
Fan degli Stone Roses, fan di Game of Thrones, fan di My Mad Fat Diary e fan di ciò che è made in UK in generale, ho quindi dato a tutti voi almeno un buon motivo per andare a cercare questo piccolo film inglese. Una pellicola dal forte gusto musicale che, sebbene non possieda lo stesso sapore di un Quasi famosi e sia privo di personaggi, battute o una storia particolarmente originali o memorabili, si lascia guardare con grande piacere e fa venire voglia di scoprire qualcosa di più di quel periodo, i primissimi anni ’90. E, soprattutto, fa venire una gran voglia di mettere su quel primo fenomenale omonimo album degli Stone Roses.
Sono riuscito a scrivere un post sulla terza stagione di Game of Thrones evitando i mega spoiler più clamorosi, però se non l'avete ancora vista tutta occhio a qualche spoilerino!
Altrimenti, potete recuperare i pezzi precedenti dedicati alla serie:
Sono tre anni che aspetto, ma qua fa sempre più caldo e l’inverno ormai ce lo siamo lasciati alle spalle.
Winter is coming è allora il motto perfetto della serie. Gioca a creare l’attesa perché succeda qualcosa, e poi non succede niente. O quasi niente. Qualche morto ammazzato c’è anche stato in questa terza stagione, ma considerando che nella serie di personaggi ce ne sono 300mila, cosa volete che siano tre in meno?
E poi, queste creature tanto spaventose del Nord, sicuri siano così temibili? Persino il cicciobombo cannoniere Sam Tarly (John Bradley) è riuscito a farne fuori uno al primo colpo, quindi tanto invincibili non mi sembrano...
"La scena migliore dell'intera stagione? Facile, Daenerys,
quando ti sei mostrata come mammeta, anzi Mhysa t'ha fatta!"
Game of Thrones aveva avuto una partenza folgorante, con una prima stagione notevole e in grado di portare il genere fantasy su un livello lontano dal fantasy così come lo conoscevamo. A parte qualche baby draghetto, un gigante qua e là e la rara apparizione di qualche mostriciattolo, di fantasy non è che ci fosse molto. Da non amante del genere, non me ne sono lamentato di certo. Più che altro, Game of Thrones si segnalava come serie storico-politica, tra intrecci e guerre più discusse che combattute. Tante parole, ma anche un sacco di personaggi intriganti e ben approfonditi. Questo nella prima stagione. La seconda ha cominciato a infittire le trame, ha aumentato il numero di personaggi coinvolti, con alcuni dei migliori ormai finiti nell’Aldilà e quelli nuovi gettati nella mischia non sempre in maniera molto convinta. Una stagione comunque intrigante, perché sembrava la classica season di passaggio, in previsione di un’esplosione totale con la terza. E invece…
"Ma no, Tyrion, non sei troppo piccolo. In confronto al mio precedente
boyfriend, un certo Brunetta, tu sei un gigante."
Invece la terza stagione è sembrata ancora più di passaggio rispetto alla seconda. Miliardi di personaggi, milioni di sottotrame, pochissimo spazio per l'approfondimento e per rendere al meglio ogni storia. Oltre al fatto che gli episodi spesso sono apparsi scritti a caso. In rete i fan della serie si sono scatenati a ogni puntata a trovare punti di raccordo tra le varie vicende, tematiche comuni, e qualcuna per carità l’hanno anche azzeccata. La verità però è che spesso le storie sono state messe insieme giusto per farle andare avanti, senza che i singoli episodi avessero un’identità definita. Così come la stagione nel suo complesso. È stato più che altro un cercare di tirare avanti a fatica, con una lentezza eccessiva e con molti personaggi piuttosto inutili che si sarebbero potuti eliminare subito.
Nei primi 8 episodi stagionali fondamentalmente non è successo nulla e poi nel nono, all’improvviso, una strage e addio a 3 personaggi molto amati della serie. Tutti in lacrime, tutti sconvolti, compresa Arya Stark (il personaggio su cui punto di più per le prossime stagioni).
Io invece credo di essere l’unico ad esserne stato contento. Lo so, sono una persona cattiva. Contento magari è una parola grossa, però se non altro è successo qualcosa in una stagione fino a quel momento piuttosto anonima e sonnacchiosa. E poi, a livello personale, io ne avrei fatti fuori ben più di 3. Eddai, ci sono troppi personaggi in GOT, sfoltiamone un po’ qualcuno che se no tra 20 anni siamo ancora qui a dire “Winter is coming” e ancora nulla is coming.
Persino i personaggi migliori della serie, almeno quelli rimasti in vita, sono stati piuttosto deludenti e le loro vicende sono state tirate per le lunghe in maniera esasperante. Prendiamo Jaime Lannister (Nikolaj Coster-Waldau), uno dei miei preferiti, e il suo travagliato spostamento con Brienne di Tarth (Gwendoline Christie). Bellissimo il loro rapporto conflittuale, eh, però il loro viaggio andava avanti tipo dalla metà della seconda stagione. Una missione sulla Luna andata e ritorno dura di meno. Una partita di Holly e Benji dura di meno!
Quanto a Jon Snow (Kit Harington) e alla rossa Ygritte (Rose Leslie), sono stati talmente super tenerosi e cuoriciosi, che tra un po’ diventavano più smielati di Edward il vampiro mica tanto vampiro e Bella l’umana mica tanto bella di Twilight. Pure loro inoltre con ‘sta love-story la menavano già dalla stagione 2 e meno male che nel finale c’è stata una svolta, se no la serie rischiava di trasformarsi in una soap-opera fantasy di lusso.
Kristen Stewart e Robert Pattinson Rose Leslie e Kit Harington
Poco convincente anche la prestazione del nano Tyrion (Peter Dinklage), top player che ha disputato una stagione sotto tono. Su 10 episodi, s’è beccato una sola sbronza e non è manco andato mezza volta in un bordello. Ma dico, si può?
"Ci tengo a sottolineare che NON sono seduto su un seggiolone."
Quanto al povero Theon Greyjoy (Alfie Allen), capisco che George R. R. Martin possa essere sadico nei confronti dei suoi personaggi, ma fargli passare un’intera stagione a essere torturato dal tipo invisibile di Misfits (Iwan Rheon) non è un po’ troppo? E per lui non è ancora finita qui. Ora che arriva il fratello la sorella a salvarlo, mi sa che passano almeno altre 2 o 3 seasons complete.
La rivelazione della stagione è invece stata Margaery Tyrell (Natalie Dormer), futura sposa di un Joffrey (Jack Gleeson) purtroppo più pacifista del solito, peccato che negli ultimi episodi sia finita parecchio in secondo piano, per lasciare spazio a vicende più trascurabili.
Infine la mia preferita, la khaleesi, il personaggio che amo (proprio nel senso carnale del termine) di più: Daenerys Targaryen (Emilia Clarke). Che le è successo? La Madre dei Draghi me l’hanno trasformata in Madre Teresa?
Che dire poi del finale in cui cammina in mezzo alla folla come Papa Francesco?
Per farsi perdonare, la prossima stagione Daenerys dovrà farmi fuori almeno un paio di dozzine di personaggi inutili della serie. Anche se, di questo passo, per vedere i suoi draghetti trasformarsi in dragoni dovremo aspettare che nevichi. Ma tranquilli, perché winter is coming…
Sì, ma quando?
(voto alla stagione 7-/10
voto al season finale 6,5/10)
"Grazie, grazie! Però adesso la smettete di palparmi il culo?"
ATTENZIONE SPOILER sia sulla prima che sulla seconda stagione di Game of Thrones.
Game of Thrones, stagione 2. Chi sarà salito sull'ambito trono di spade quest’anno?
Costantino Vitagliano?
Nah, nonostante la sponsorizzazione di Maria de Filippi e di Maurizio de Costanzo, non ce l’ha fatta, frenato pare dalla sua eccessiva intelligenza e cultura.
Ci sarà allora Lord Eddard Stark?
Eh, no. Vedete che non mi state attenti? È vero che Game of Thrones è incasinatissimo, ricchissimo di personaggi e se non avete minimo un Master in fantasy non ci capite una cippa, però lui era finito decapitato già nella stagione 1. Do you remember?
E allora sarà stata la volta del possente Khal Drogo?
Sdeng. Sbagliato di nuovo. Morto pure lui al termine della season one. Anche se un cameo nella stagione 2 lo ha fatto…
Il trono è toccato allora alla sua Khaleesi?
Nah, qualche draghetto sputafuoco per il momento non è bastato. E allora ci sarà sicuramente Tyrion la rockstar...
Niente da fare nemmeno per lui. Chi c’è rimasto, or dunque?
Sì, proprio lui, il temibilissimo Joffrey...
Scusate, ho sbagliato foto. Eccolo qui, Joffrey sul trono di spade.
Mr. Simpatia, Joffrey, la persona più cordiale, amichevole e altruista dei Sette Regni. Uno dei personaggi più bastardi, viziati e privi di virtù che mi sia mai capitato di vedere. Un personaggio talmente detestabile da starmi quasi simpatico. Quando c’è lui in scena, certo non ci si annoia e può capitare che qualcuno muoia in maniera del tutto gratuita.
Vai, Joffrey!
Adesso che abbiamo confermato il teorema che il potere è una cosa riservata più che altro agli stronzi, ma quelli stronzi forte, cosa che probabilmente sospettavate già, andiamo un po’ a fare il punto della situazione sulla seconda stagione della serie appena terminata negli Usa.
Il trono di spade - Game of Thrones
(serie tv, stagione 2)
Rete americana: HBO
Rete italiana: Sky Cinema 1
Creata da: David Benioff, D.B. Weiss
Tratta dai romanzi di: George R. R. Martin
Cast: Peter Dinklage, Lena Headey, Emilia Clarke, Jack Gleeson, Richard Madden, Sibel Kekilli, Michelle Fairley, Maisie Williams, Kit Harington, Sophie Turner, Iain Glen, Alfie Allen, Natalia Tena, Natalie Dormer, Aidan Gillen, Isaac Hampstead Wright, Nicolaj Coster-Waldau, Jerome Flynn, Conleth Hill, Donald Sumpter, John Bradley, Amrita Acharia, Rory McCann, Charles Dance, Joe Dempsie, Hannah Murray, Gethin Anthony, Gwendoline Christie, Oona Chaplin, Rose Leslie, Tom Wlaschiha
Genere: alternative fantasy
Se ti piace guarda anche: Il signore degli anelli, Camelot
Il bello, ma anche il brutto, di Game of Thrones è che non fai in tempo ad affezionarti a un personaggio, che subito te lo fanno fuori. Tutti sono importanti, ma nessuno è indispensabile. Sembra questo, più che il minaccioso “Winter is coming”, il vero motto della serie. E così alla fine della prima stagione ci siamo ritrovati orfani di Eddard Stark, in apparenza quello che sarebbe dovuto essere il protagonista principale della serie, intepretato dal volto noto di Sean Bean. Uno che porta una gran sfiga, almeno ai suoi personaggi, che storicamente hanno una vita breve e vengono presto fatti fuori, dal suo Boromir de Il signore degli anelli al recente padre di Biancaneve (anche se qui ATTENZIONE SPOILER alla fine resuscita per magia!).
Se n’è quindi andato, lasciando sola la Luna della sua vita Khaleesi, anche Khal Drogo. Uno che lo vedi e ti chiedi: “Ma chi lo ammazza, questo?”. Invece persino lui è morto.
In questa seconda stagione, stavo per affezionarmi a Renly Baratheon, questo qui...
però anche lui, proprio quando stavo pensando potesse diventare un protagonistone della storia, lo seccano. Il bello di Game of Thrones è questo. Tutto può succedere.
Un aspetto che convince meno è l’eccessiva numerosità di personaggi. Ne esce fuori un racconto epico mai così ricco di sfaccettature, almeno in ambito fantasy, epperò tra protagonisti, comparse, personaggi semi-secondari e quant’altro, a volte è difficile seguire tutte le linee narrative e ricordarsi i nomi di tutti. Quest’ultima cosa più che difficile è impossibile, a meno che non ti chiami George R. R. Martin.
Il nome di George R. R. Martin lo dico sottovoce, che se no qualche appassionato si mette a gridare in maniera isterica. George R. R. Martin infatti immagino oggi sia per un fan del fantasy l’equivalente di Robert Pattinson per una ragazzina emo aspirante vampirella.
La cosa impressionante di questa seconda stagione di Game of Thrones è stato il suo crescere episodio dopo episodio. La partenza è stata un po’ in sordina, con l’introduzione di una molitudine di personaggi nuovi andati ad aggiungersi a quelli vecchi, almeno ai sopravvissuti alla stagione uno, e l’avvio di un sacco di storie. Lentamente, le vicende si sono sempre più intrecciate, i “nuovi” si sono fatti interessanti quanto e anche più dei “vecchi” e si è arrivati al crescendo notevole degli ultimi due episodi.
La puntata s02e09 “Blackwater” era la più attesa dai fan-fantasy hardcore: dopo tutto la sceneggiatura è stata firmata direttamente dall’autore della saga letteraria George R. R. Martin (sento già gli urletti eccitati in sottofondo) e diretto da Neil Marshall, quello di The Descent e Centurion. Un episodio incentrato tutto sull’epica battaglia ad Approdo del Re, con il piccolo Tyrion Lannister che si è confermato definitivamente un personaggio gigantesco e Joffrey, nel caso aveste avuto dubbi, il più grande fifone della Storia. Una puntata speciale che è sembrata un omaggio riuscito, ma anche dotato di una sua precisa personalità, a Le due torri e alla lunga battaglia al Fosso di Helm del Signore degli anelli.
Finale poi musicalmente eccellente accompagnato dalle note solenni dei The National, con il brano composto appositamente per la serie “The Rains of Castamere”.
La puntata finale della seconda stagione è stata invece intitolata “Valar Morghulis”.
Cosa minchia vuol dire Valar Morghulis?
Sono andato a googlearlo e in un forum di fanatici del libro ho trovato la risposta, che però nella serie non è ancora stata rivelata quindi ATTENZIONE SPOILER (lo scrivo in bianco, se volete scoprirlo passateci sopra con il mouse)
“All men must die”, ovvero “Tutti gli uomini devono morire”.
Rivelato questo arcano, la puntata di per sé è riuscita a portare a termine alcune delle vicende e ha lasciato l’acquolina in bocca riguardo ai possibili sviluppi di una terza stagione che si preannuncia incendiaria e più piena di zombie di The Walking Dead.
"Yo, bitches!"
La seconda stagione è stata dunque un crescendo nonché la conferma, l’ennesima, che la complessità di certe storie può trovare una casa più appropriata sul piccolo schermo anziché al cinema.
Pur nella grandiosità del racconto, va comunque detto che non tutto e non tutti hanno girato a mille. I primi episodi sono stati a tratti macchinosi e ci hanno messo un po’ a ingranare. Non tutti i personaggi hanno poi brillato a dovere. Su tutti: Daenerys, la Khaleesi, personaggio folgorante della prima stagione, chiusa con il botto… e poi in questa season 2 si è vista poco e quando s’è vista è apparsa spenta, indecisa, logorroica, altroché mother of dragons. La grande delusione della stagione è stata lei, però nell’ultimo episodio sembra finalmente essersi svegliata e quindi in futuro potrà tornare a spaccare i culi.
Qualche altro personaggio, di cui in questo momento non ricordo nemmeno il nome, è poi sembrato un riempitivo non necessario, mentre dalla piccola guerriera Arya mi aspettavo di più. Dettagli, visto che complessivamente sono state di più le note intonate. Su tutti, i già nominati Tyrion e Joffrey, i numeri 1 della stagione, nel bene e nel male. Tyrion che ha inoltre tirato fuori a sorpresa un inedito lato romantico con la bella storia d’amore con la sua scopamica Shae.
Niente male anche Jon Snow alle prese con la rossiccia sulle montagne.
Theon Greyjoy sbeffeggiato da tutti con quella faccia da pirla rappresenta uno di quei personaggi sfaccettati e imprevedibili dal potenziale notevole.
Jaime Lannister, per quanto sia comparso poco, si è confermato il Sawyer di Game of Thrones, soprattutto con i suoi sfottò nei confronti della mascolina donna-cavaliere Brienne di Tarth.
Quindi l’assassino su commissione Jaqen H'ghar e poi tanti altri…
Alla fine la sfiga della serie è proprio questa: persino troppi personaggi notevoli e non tutti in grado di ritagliarsi lo spazio che meriterebbero. Però, in mezzo a un esercito di serie che di personaggi interessanti non possono vantarne manco mezzo, ad avercene di sfighe così…
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