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lunedì 7 marzo 2016

Legend - Noi siamo leggenda





Legend
(UK, Francia, USA 2015)
Regia: Brian Helgeland
Sceneggiatura: Brian Helgeland
Ispirato al libro: The Profession of Violence: The Rise and Fall of the Kray Twins di John Pearson
Cast: Tom Hardy, Tom Hardy, Emily Browning, Christopher Eccleston, Taron Egerton, David Thewlis, Paul Anderson, Tara Fitzgerald, Paul Bettany, Sam Spruell, Chazz Palminteri, Duffy
Genere: doppio
Se ti piace guarda anche: Dom Hemingway, Operazione U.N.C.L.E.


domenica 30 novembre 2014

GOD HELP THE GIRL, E GOD HELP YOU SE NON GUARDATE QUESTO FILM





God Help the Girl
(UK 2014)
Regia: Stuart Murdoch
Sceneggiatura: Stuart Murdoch
Cast: Emily Browning, Olly Alexander, Hannah Murray, Pierre Boulanger
Genere: indie-pop
Se ti piace guarda anche: Tutto può cambiare, Frank, Skins, Submarine

God Help the Girl è la pellicola d'esordio come regista e sceneggiatore di Stuart Murdoch, il cantante e leader dei Belle and Sebastian. Se li conoscete, saprete già a grandi linee cosa aspettarvi da questo film, che in pratica è la versione cinematografica della loro musica. Provoca la stessa identica sensazione di leggerezza.
Se non li conoscete, smettetela subito di ascoltare quella merda di Vasco, che quando lo mettete su il lettore mp3 vi avvisa che danneggia l'udito, e cominciate a sentire della musica decente, per God!

venerdì 3 ottobre 2014

MAGICA MAGICA JUNO





Magic Magic
(Cile, USA 2013)
Regia: Sebastián Silva
Sceneggiatura: Sebastián Silva
Cast: Juno Temple, Emily Browning, Michael Cera, Agustín Silva, Catalina Sandino Moreno
Genere: surreal-horror
Se ti piace guarda anche: Tom à la ferme, Possession, Rovine, Amer

Più che un film magico magico, Magic Magic è un film strambo strambo. Il titolo più adatto sarebbe quindi stato Weird Weird.
Cosa c'è di strano strano, vi chiederete?
L'inizio non è che sia poi il massimo dell'originalità o del mai visto prima. La partenza è quella classica di migliaia, forse di milioni, di altri horrorini teen passati in abbondanza sugli schermi negli ultimi anni, da Chernobyl Diaries a Wolf Creek, passando per Hostel e Rovine. In pratica, un gruppo di ragazzi parte per una meta di vacanza improbabile. Nel caso di Magic Magic, la californiana Juno Temple va a trovare sua cugina Emily Browning in Cile e, insieme a un gruppetto di amici di lei, se ne vanno a stare in una baita al freddo. Se uno decide di andare in vacanza in posti tipo Chernobyl, il deserto australiano o, in questo caso, la parte più disabitata e desolata del Cile, che non si lamenti poi se le cose vanno a finire male...

Puntualmente è quanto capita anche qui, ma con una sostanziale differenza. In Magic Magic non incontriamo mostri, vampiri, licantropi, fantasmi, serial killer psicopatici, maniaci stalker o cose di questo genere. Incontriamo una serie di fatti strani o, per dirla con il titolo del film che ha lanciato Emily Browning, una serie di sfortunati eventi, legati soprattutto ad animali. Cani che vengono abbandonati per strada, cani che vogliono accoppiarsi selvaggiamente con Juno Temple, uccelli che vengono uccisi e cose di questo tipo.
La povera Juno Temple inoltre non riesce a dormire, comincia ad avere le visioni e tutti sembrano essere contro di lei. È solo la sua immaginazione? Sta impazzendo? Oppure sono gli altri ad essere pazzi?

Magic Magic non imbocca le strade già percorse dai film sopra menzionati. Prende piuttosto il sentiero del thriller-psicologico alla Polanski con accenni visionari e weirdutine a manetta. Il regista cileno Sebastián Silva riesce a costruire un'atmosfera incredibilmente tesa e angosciante giocando con le ambientazioni del suo paese d'origine e usando molto bene il sonoro, sia i rumori di sottofondo che le canzoni, non a caso Silva è anche un musicista. Le scelte fatte per la colonna sonora sono molto curiose e variegate e spaziano dal jazz retrò dal gusto sinistro di “Minnie the Moocher” di Cab Calloway a “Pass This On” dei Knife, già usata nello splendido Les Amours Imaginaires di Xavier Dolan. Con quest'ultimo giovane regista canadese, Silva sembra avere diversi punti in comune. Entrambi sono gay, entrambi stanno all'infuori dei circuiti del cinema hollywoodiano, così come pure di quelli indie tradizionali, entrambi hanno uno stile personale e strano. Inoltre la costruzione della tensione di questo film non è molto distante da quella del recente Tom à la ferme di Dolan. Sarà per la vicinanza geografica, ma Silvia prende poi qualcosina anche dal connazionale Alejandro Jodorowsky‎, visto che Magic Magic si avvicina più spesso dalle parti del surrealismo che non a quelle del thriller-horror classico. Emerge inoltre la sensazione di spaesamento che affiora quando si è in un paese lontani da casa, un paese in cui ci si sente stranieri, un'impressione che fa quasi somigliare questo Magic Magic a un Lost in Translation virato verso il thriller.

A impreziosire in maniera ulteriore il già intrigante ritratto che finora ho cercato di dipingervi ci pensa poi il cast. Ho guardato un sacco di film con Juno Temple, un po' perché lei mi piace parecchio, un po' perché è una delle giovani attrici più impegnate del cinema contremporaneo, ma mai l'avevo vista tanto convinta e convincente. È come se fosse del tutto posseduta dal suo personaggio, che a sua volta forse è posseduto da forze magiche o semplicemente dalla follia. Ancora più brava del solito pure Emily Browning, un'altra delle interpreti più promettenti del panorama attuale, e addirittura sorprendente Michael Cera. Per una volta mette in un angolo i suoi tipici ruoli da simpatico nerd per trasformarsi in un nerd inquietante. Meno brillante invece Agustín Silva, probabilmente ingaggiato solo perché è il fratello del regista. Eh sì, a quanto pare il sistema di raccomandazioni funziona anche in Cile.

"Dite che questa pelliccia sarebbe sembrata esagerata persino addosso a Liberace?"

Magic Magic è allora sicuramente un film da recuperare, come ho fatto io seguendo il consiglio del sempre prezioso Bollalmanacco di Babol, soprattutto perché ha la capacità di sorprendere e stupire. Con la sua originalità, è una visione che non offre punti di riferimento precisi e che in ogni momento ti fa domandare: “E adesso dove vuole andare a parare?”. Una dota assai rara in un mondo di pellicole create con lo stampino, soprattutto in ambito thriller-horror. La sua stranezza si trasforma però in un boomerang nella parte conclusiva. Una chiusura da “Meh!” che lascia con un punto interrogativo gigante sopra la testa. Un grande peccato, perché pare un finale un po' campato per aria e frettoloso e ridimensiona l'intero lavoro, per il resto notevole e magari non magico magico, ma sicuramente strambo strambo.
(voto 7-/10)

martedì 20 maggio 2014

OGGI POMPEI, DOMANI POMPE










  
















Pompei
(Canada, Germania 2014)
Titolo originale: Pompeii
Regia: Paul W.S. Anderson
Sceneggiatura: Jason Scott Batchler, Lee Batchler, Michael Robert Johnson
Cast: Kit Harington, Emily Browning, Kiefer Sutherland, Adewale Akinnuoye-Agbaje, Jessica Lucas, Jared Harris, Carrie-Anne Moss, Currie Graham
Genere: trash storico
Se ti piace guarda anche: Il gladiatore, Titanic, Spartacus, 300

È girato malamente dall’Anderson scarso, Paul W.S., è recitato così così dai tre protagonisti Kit “Jon Snow” Harington, Emily “bella gnocca addormentata” Browning e Kiefer “Jack Bauer” Sutherland in versione cattivone, la ricostruzione storica è degna di una serie della The CW, la trama sembra un mix alla buona tra Il gladiatore e Titanic ma, per le tette di Giunone, Pompei è uno dei film più (involontariamente?) divertenti dell’anno!
(voto 6+/10)

venerdì 25 ottobre 2013

PLUSH, IL THRILLER CAZZATONA




Plush
(USA 2013)
Regia: Catherine Hardwicke
Sceneggiatura: Catherine Hardwicke, Arty Nelson
Cast: Emily Browning, Thomas Dekker, Xavier Samuel, Cam Gigandet, Dawn Olivieri, Brandon Jay McLaren, Frances Fisher, James Kyson
Genere: thriller cazzatona
Se ti piace guarda anche: Fear – Paura, Swimfan, Attrazione fatale, The Runaways, What We Do Is Secret

Plush è il nuovo film di Catherine Hardwicke e Catherine Hardwicke è famosa, meglio dire famigerata, per essere la regista di Twilight.
A questo punto tutti a dire: “Catherine Hardwicke merda e merda chi non lo dice.”
Però io devo venire in difesa della fanciulla. Beh, fanciulla più o meno, visto che i suoi 57 anni buoni sul groppone ce li ha. Va riconosciuto infatti che il primo Twilight è un capolavoro, se considerato al confronto dei seguiti. Ma avete visto gli ultimi due terrificanti capitoli Breaking Dawn diretti da Bill Condom Condon, l’uomo adesso pronto alla revisione disneyana della vita di Julian Assange nel nuovo Il quinto potere?
Con il materiale stephaniemeyeriano a disposizione, Catherine Hardwicke con il primo Twilight è riuscita a fare ancora un piccolo miracolo. La regista dalla sua ha poi realizzato anche un ottimo film sul mondo degli skaters con Lords of Dowtown, ha gettato un interessante sguardo sulle babyminkia con Thirteen e ha pure girato il criticatissimo Cappuccetto rosso sangue, che io sono tra i pochi al mondo ad aver moderatamente apprezzato.
Una regista più odiata che amata quindi che pure con questa nuova pellicola è destinata a ricevere fischi e bottigliate, più che applausi e awards. A ragione? A torto?

Plush inizia quasi come un rockumentary. Un rockumentary fittizio visto che è la storia di una rock band, i Plush, che non esiste realmente. Una band che è capitanata da un fratello chitarrista, Thomas Dekker, e da una sorella cantante, Emily Browning. Solo che lui…
ATTENZIONE SPOILER
Muore!
FINE SPOILER
ANZI NO, GLI SPOILER CONTINUANO
Senza il fratello, scomparso per una misteriosa overdose, che fa tanto cliché rocknrolla, Emily Browning si trova in crisi creativa e dà alle stampe un disco che fa abbastanza pena. Tutti lo criticano, Pitchfork in testa, e qui possiamo vedere un parallelo tra la protagonista della pellicola e la regista Catherine Hardwicke, habitué alle critiche feroci nei confronti dei suoi lavori.
La band e soprattutto Emily Browning ritrovano ispirazione quando lei si mette a lavorare a stretto contatto con il nuovo chitarrista, Xavier Samuel, che assomiglia tanto, ma proprio tanto, al suo fratello scomparso. Il rapporto tra i due diventa sempre più intimo, non solo a livello musicale, benché lei sia sposata. D'altra parte, non sarebbe un film della Hardwicke se non ci fosse un triangolo romantico.
Una storia molto sex, drugs & rock’n’roll con un’aggiunta di sottotrama sentimentale che, per quanto piena zeppa di stereotipi, scorre via in maniera leggera.

Questa però non è che la prima parte. Con calma, con molta calma, quasi verso la fine, il film poco a poco si trasforma, in maniera non del tutto imprevista ma nemmeno così scontata, fino a diventare un thrillerino di quelli molto anni ’90. Tutta la pellicola è molto anni ’90, già il titolo richiama una splendida canzone degli Stone Temple Pilots. Riferimento non so se voluto o meno, ma comunque presente. E anche la band dei Plush, con quel suo suono electro-trip-hop-rock tra Garbage e Republica, fa molto anni ’90.
Nella sua componente da thriller-stalker movie, la sua anima molto anni ’90 si palesa ancora più chiaramente e finisce dalle parti di quei film stile Fear – Paura con Reese Witherspoon e Mark Wahlberg, o La mia peggiore amica con Drew Barrymore, o se vogliamo pure Basic Instinct, o insomma quelle cazzatone di thrillerini pseudo soft erotici super patinati che circolavano un paio di decenni orsono e che sapevi erano delle cazzatone, ma allo stesso tempo ti tenevano incollati fino al termine allo schermo e pure con una buona dose di tensione addosso. Lo stesso avviene per Plush. La recitazione è così così, Xavier Samuel in versione darkone appare parecchio fuori parte, mentre Emily Browning pur non convincendo fino in fondo se la cava ancora. La parte musicale è piuttosto valida, la Browning impegnata anche in veste di cantante ha una vocina niente male, come aveva già dimostrato nella soundtrack di Sucker Punch, sebbene da una pellicola così rock’n’roll sarebbe stato lecito aspettarsi qualcosina di più a livello sonora. La regia di Catherine Hardwicke fa poi molto video alternative rock, molto anni ’90, ovvio, e insomma questo film è un thriller cazzatona come quelli che andavano nel periodo post-grunge. Un thriller cazzatona che fondamentalmente mi è piaciuto. Fino alla fine. Che pure quella è una cazzatona.
(voto 6,5/10)



giovedì 2 maggio 2013

CHI VA ALL’HOST PERDE IL POST


The Host
(USA 2013)
Regia: Andrew Niccol
Sceneggiatura: Andrew Niccol
Tratto dal romanzo: L’ospite di Stephenie Meyer
Cast: Saoirse Ronan, Diane Kruger, Max Irons, Jake Abel, William Hurt, Chandler Canterbury, Evan Cleaver, Frances Fisher, Rachel Roberts, Scott Lawrence, Boyd Holbrook, Emily Browning
Genere: possessione
Se ti piace guarda anche: In Time, Hunger Games, Amabili resti, Hanna

Vedere o non vedere The Host, questo è il problema.
CONTRO: È tratto da un romanzo di Stephenie Meyer, l’autrice della saga di Twilight.
PRO: La protagonista è Saoirse Ronan, già piccola ma grandissima attrice in grandi film come Amabili resti, Hanna ed Espiazione.

Riflettiamoci bene.
CONTRO: Stephenie Meyer!
PRO: Saoirse Ronan è diventata maggiorenne e quindi posso finalmente fare commenti sconci su di lei!

VERDETTO: vada per vederlo!

"Fatti vedere bene... Mmm, sì, mi ti farei!"
Se Twilight partiva da un presupposto orrido, ovvero: ragazza vergine incontra vampiro vegetariano e i due aspettano fino al matrimonio per farlo, questo The Host si basa almeno su un’idea certo non rivoluzionaria, ma se non altro un minimo intrigante. Pure in questo caso si tratta della classica stepheniemeyerata clamorosa: l’autrice immagina infatti che la Terra sia un pianeta pacifico, senza guerre e con tutte le persone felici e buone.
E che palle!
Giusto la Stephenie Meyer scrivendo un romanzo di fantascienza poteva immaginare un futuro tanto noioso.
Lo spunto più o meno interessante quindi non è questo, ma è quello che la Terra è stata colonizzata da degli alieni che hanno preso possesso dei corpi degli umani. Una roba stile L’escorcista, solo che la possessione degli alieni è pacifica. In pratica sono una razza superiore che ha eliminato la cattiveria e la voglia di (auto)distruzione tipica dell’uomo.
E che palle, di nuovo!

"Fatti vedere ancora... Mmm sì, mi ti farei proprio."
"Sì bravo, ma a forza di accecarmi io intanto non te la smollo più."
A questo contesto tanto buonista quanto noioso, naturalmente c’è qualcuno che si oppone. I pochi umani rimasti a non essere asserviti al fabiofazismo degli alieni conquistadores. Tra di loro c’è Saoirse Ronan…
Io adesso sono emozionato. La ragazza è cresciuta, è maggiorenne e finalmente ho il permesso della legge per dire su di lei le peggio smaialate… però non ci riesco.
Saoirse Ronan non è una di quelle gnoccolone giganti come, per dire, Amber Heard o Kate Upton. Saoirse Ronan è carina caruccia, è bellina, una bellezza fine, non una figona e quindi anche se ormai è maggiorenne (non maggiorata) e vaccinata non ci riesco.
Mi limito quindi a dire che ancora una volta ci regala un’ottima prova d’attrice. La pellicola non sarà di quelle fenomenali, i dialoghi non l’aiutano più di tanto, eppure lei riesce a regalare una performance notevole con un personaggio complesso che in mani ad altre avrebbe potuto portare a risultati tragici.
Dico solo: Kristen Stewart.

La protagonista di The Host Melanie è un’umana ribelle che cerca di suicidarsi per sfuggire a quei cattivoni degli alieni. Sti alieni usciti dalla folle mente di Stephenie Meyer sono talmente cattivoni che le salvano la vita. Certo, il prezzo da pagare è che le impiantano dentro un’aliena. In pratica, nel corpo di Melanie convivono contemporaneamente la nuova aliena chiamata Viandante e il vecchio spirito di Melanie che resiste. Siccome il nome Viandante fa schifo, ma schifo tanto, decidono di chiamarla Vanda che è un po’ meglio, ma nemmeno troppo.
A me fa venire in mentre Wanda Osiris…
This movie is sponsored by Acuvue.
In pratica, Saoirse Ronan si trova a dover gestire due personaggi, due personalità del tutto opposte all’interno dello stesso corpo, il suo bel corpicino di fanciulla appena maggiorenne su cui ho deciso di non fare commenti da maiale. Mi limito a dire che io un film con 2 ore 2 di Saoirse Ronan protagonista assoluta per tutta la durata e con una parte doppia che regge alla grande MI RIFIUTO DI BOCCIARLO A PRIORI.
E non mi interessa che è un parto della contorta mente aliena di Stephenie Meyer. Saoirse Ronan è più forte di tutte le Stephenie Meyer del mondo. Anche se comunque spero non ce ne sia più di una, che già una basta e avanza e se ce ne fossero due si metterebbero a parlare in stereo come la protagonista del film e non si capirebbe più un accidente AAARGH!

La protagonista come detto è il punto di forza del film. Ricorda in qualche modo la povera Susie Salmon di Amabili resti, il personaggio più memorabile portato fin’ora sullo schermo dalla piccola grande Saoirse Ronan. Anche la Melanie di The Host è infatti come bloccata, costretta a guardare la sua vita sfuggire via. Non dall’aldilà, come Susie, ma dall’aldiquà, intrappolata in un corpo controllato da un’aliena. La fuga di Melanie dalla sua cercatrice Diane Kruger ricorda invece vagamente quella di un altro personaggio ronaniano, ovvero l’Hanna dell’omonimo film che scappava in maniera analoga dalle grinfie di Cate Blanchett.
L’altro personaggio che mi ha ricordato questa Melanie/Vanda con tutto il suo parlare con se stessa è… il Gollum del Signore degli anelli. Diciamo che Saoirse Ronan qui è la versione bella fighetta del Gollum.

"Lei non sa chi sono io!!!"
"Mah, veramente sì: lei è William Hurt."
"Ah ok, mi scusi."
Al di là della protagonista, le note positive della pellicola non sono molto numerose. Tra esse, io ci metto una quasi totale mancanza di scenone d’azione e di effettoni speciali. Per qualcuno, per chi si aspetta una pellicola fantascientifica di quelle spettacolari e fracassone, questo può rappresentare un difetto, per me è invece un pregio mica da poco, una scelta anti-commerciale per un film commerciale.
Quanto alla regia, Andrew Niccol è ormai ad anni luce di distanza dai suoi lavori migliori, Gattaca e Lord of War, e qui si limita al compitino, con un risultato che va più dalle parti del suo recente In Time, però The Host mi è sembrato almeno un filo meglio rispetto a quello.

Il personaggio e l’interpretazione di Saoirse Ronan comunque sono talmente buoni da passare sopra i difetti, e ce ne sono eccome, del film. Innanzitutto la parte sci-fi della storia è sviluppata in maniera molto soft e di tutti gli spunti potenzialmente infiniti su una colonizzazione aliena ne vengono sviluppati ben pochi. Quindi ci sono una serie di dialoghi tutto fuorché eccezionali, sebbene non si scada nel ridicolo come nella saga di Twilight. Attorno alla Ronan, il resto del cast si muove in maniera parecchio più svogliata, con un William Hurt gigione, una Diane Kruger discreta e i due protagonisti maschili Max Irons e Jake Abel che sono ben poco convincenti.

"Alla fine i commenti sconci su di me non sono arrivati?
Questo post l'ha scritto davvero Cannibal, o un alieno buonista?"
Due protagonisti maschili perché, ebbene sì, pure qui come in Twilight non può mancare un triangolo amoroso. Attenzione però, perché in realtà non si tratta di un triangolo, ma di un quadrangolo: Saoirse Ronan umana è innamorata di Max Irons, mentre Saoirse Ronan aliena è innamorata di Jake Abel, solo che Saoirse Ronan umana è intrappolata nel suo corpo che però ormai è controllato dalla Saoirse Ronan aliena e quindi se si vuole fare Max Irons sono casini, e viceversa.
Tutto chiaro, vero?

La parte sentimentale, immancabile, rientra tra le altre parti debolucce del film, però non è così preponderante rispetto al resto. Il resto che è rappresentato da una grande doppia Saoirse Ronan, in grado di oscurare (o quasi) i fastidiosi echi new-age presenti e persino un finale tanto buonista che giusto una mente malata come quella di Stephenie Meyer poteva conce-pirla, intendevo concepirlo.
Alla fine, se non si era ancora capito, Saoirse Ronan non mi è dispiaciuta e nemmeno il film. Sono proprio un bimbominkia.
(voto 6+/10)



mercoledì 14 marzo 2012

Sleeping Beauty: La bella appisellata nel bosco

Sleeping Beauty
(Australia 2011)
Regia: Julia Leigh
Cast: Emily Browning, Rachael Blake, Sarah Snook, Michael Dorman, Chris Haywood, Mirrah Foulkes, Henry Nixon, Bridgette Barrett
Genere: (anti)fiaba
Se ti piace guarda anche: Eyes Wide Shut, Somewhere, Fish Tank

Avete presente la serie tv Once Upon a Time?
Dai, ne abbiamo parlato giusto un paio di giorni fa…
Comunque, mettetela da parte.
Avete presente la fiaba La bella addormentata nel bosco?
Bene, lasciatela da parte.
Avete presente il film animato della Disney?
Quello dove ci sono le fatine che cantano cose tipo: “È nata Auroooora”?
Molto bene, vi vedo preparati sull’argomento. Comunque mettete da parte pure quello, perché Sleeping Beauty, nonostante il titolo che si ritrova non c’entra proprio un bel nulla.
Questa non è una fiaba. Questo non è un film Disney. Piuttosto è tutto l’opposto.
Sleeping Beauty è una pellicola molto minimal. La trama è davvero esile. I dialoghi sono rari (tra i pochi, bella però la citazione de “Il trentesimo anno” di Ingeborg Bachmann). La colonna sonora è quasi assente.
E allora cosa c’è, dentro questo Sleeping Beauty?
Se è facile dire cosa non c’è, definire cosa sia presente è invece questione più ardua.
"Perché quando raccontiamo che questo non è un porno non ci crede nessuno?"
La macchina da presa elegante dell’esordiente australiana Julia Leigh spia segue la protagonista, senza però la morbosità che avrebbe potuto avere un occhio registico maschile, ovvero la splendida Emily Browning. Una giovane attrice già notata come bimbetta ai tempi di Lemony Snicket, dove si segnalava per uno sguardo un po’ strambo, un po’ alla Mia Wasikowska, e quindi in Sucker Punch, pellicola dal buon potenziale visivo sebbene non del tutto riuscita a livello di contenuti (quali contenuti?).
Nonostante il film la segua per tutta la durata, il suo personaggio parte come quello di una ragazza misteriosa e termina come quello di una ragazza ancora più misteriosa, come dentro un film di Sofia Coppola ma con la protagonista tenuta più a distanza. Di lei sappiamo poco all’inizio e anche nel corso della visione scopriamo poco e ciò che scopriamo ci confonde ulteriormente. La assistiamo mentre si barcamena nelle sua attività quotidiane, tra qualche rara apparizione in università, un lavoretto in un ufficio e un lavoretto di altro tipo come… prostituta. O anche escort, se preferite.

"Lo preferisci con un po' di rohypnol il tuo tè, cara?"
ATTENZIONE SPOILER
Un giorno, la giovine va a fare un colloquio per un nuovo lavoro e viene ingaggiata come cameriera sexy per delle cene di lusso in cui tutte le ragazze servono con le zinne di fuori. Una sorta di Eyes Wide Shut, se vogliamo ancora più perverso e glaciale.
Dopodiché si trova un altro lavoretto ancora più particolare: la sua “capa” le fa bere un tè al sonnifero che la fa cadere in letargo fino alla mattina seguente. Mentre lei dorme, il suo corpo da bella addormentata viene “affittato” a dei tizi, perlopiù vecchiazzi a cui non tira più, che possono fare di lei ciò che vogliono. Tranne penetrarla. La prima e sola unica regola non è che non bisogna parlare mai del Fight Club, ma che non si può penetrare mai la bella addormentata.

Magari guarderete questo film e magari penserete: “Beh? Che cazzata!”
E poi magari ci ripenserete e cambierete idea.
Perché Sleeping Beauty non è un film immediato. E non è nemmeno una pellicola moralizzatrice anti prostituzione. È una visione raffinatissima che va lasciata sedimentare. La regola data ai clienti della Bella addormentata con gli spettatori di questo film non vale: Sleeping Beauty infatti ti penetra dentro lentamente. Come le pellicole migliori sanno fare.
Questo non è un film Disney. Questa non è una fiaba. Qui non si inizia con un c’era una volta. E di certo non si finisce con un vissero tutti felici e contenti.
(voto 7,5/10)

martedì 21 giugno 2011

Le protagoniste magari lo s**kiano, ma S**ker Punch doesn’t s**k!


Sucker Punch
(USA, Canada 2011)
Regia: Zack Snyder
Cast: Emily Browning, Abbie Cornish, Jena Malone, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Oscar Isaac, Jon Hamm, Carla Gugino, Scott Glenn
Genere: fighette in azione
Se ti piace guarda anche: Gamer, Scott Pilgrim Vs. the World, Kill Bill

Sucker Punch è il mio nuovo film preferito!
Scherzo, però non è niente male. Certo, se il vostro ideale di pellicola action è una serie di tipi muscolosi che menano le mani allora state pure alla larga, ma se invece preferite adocchiare delle graziose fanciulle apparentemente innocue ma che in realtà danno del filo da torcere alle piccole e scatenate Hit Girl di Kick-Ass e Hanna di, ehm… Hanna, allora questo sì che può essere il film d’azione che fa giusto giusto per voi.

Scena iniziale: una clip dark molto ah yeah Mtv style sulle note di “Sweet Dreams” ci introduce nel mondo della protagonista (ma sarà davvero lei la vera protagonista?), una Emily Browning uscita fuori da Lemony Snicket e ormai inarrestabile nella sua ascesa verso la grandezza. La bambolina, che non a caso si chiama Baby Doll, ha fatto fuori involontariamente la sorellina (cose che capitano), mancando clamorosamente il patrigno malefico che voleva stuprarla, e così viene rinchiusa in un manicomio barra bordello che assomiglia per concentrazione di figa + follia a The Ward - Il reparto.
Oltre che una fantasia erotica, il regista Zack Snyder mette in scena una combinazione personale di tutto il suo immaginario, che poi non è molto lontano dal mio. Molto azzeccata innanzitutto l’idea della colonna sonora, con brani vari di Bjork, Pixies, Smiths ed Eurythmics rielaborati e riadattati come se fossero delle melodie eterne che vivono da sempre all’interno della nostra memoria e che escono fuori sputate in una nuova veste. Esattamente come le immagini della pellicola, un rimescolamento da altri film, fumetti, videoclip e videogame vari però non effettuato in maniera passiva, con i materiali di partenza che vengono rielaborati e remixati dalla visione di Snyder e donati ai nostri occhi sotto una diversa forma.

La parte migliore viene comunque con il casting femminile, un casting che immagino Snyder e i suoi collaboratori si siano divertiti parecchio a scegliere. Oltre alla splendida Browning (la cui beauty presto rivedremo anche in Sleeping Beauty passato all’ultimo Cannes), c’è la sempre eccellente Abbie Cornish: avere lei in pratica è come avere una Nicole Kidman di nuovo ai massimi livelli, però pagandola con un cachet presumibilmente molto più basso.
A Vanessa Hudgens per la prima volta nella sua vita non è stata data la parte della brava ragazza che le sta stretta e nelle vesti da zoccola rivela finalmente quel potenziale che io ho sempre sostenuto avesse da qualche parte come qualità nascosta. E se le riesce particolarmente bene la parte della zoccola, un motivo ci sarà, no? Quindi sfila anche Jamie Chung, la più bella fighetta asiatica in circolazione, mentre Carla Gugino non convince nei panni di una un po’ troppo stereotipata perfida megera alla Crudelia De Mon.
La migliore è comunque Jena Malone, una che quando c’è lei, so già che il film mi piace: fin dagli esordi da bambinetta in Contact e Nemiche amiche, passando per la fase teenager con Donnie Darko, L’ultimo sogno, The dangerous lives of altar boys, Saved! e Orgoglio e pregiudizio e poi in età da (giovane) adulta in Into the wild, Rovine e Oltre le regole - The Messenger. Una che insomma potrei dire quasi che è la mia attrice preferita, non fosse che a sentirmi la Dea Natalie dall’alto potrebbe fulminarmi. Comunque vedere la Jena in azione è sempre un bello spettacolo.
Non sfruttata a dovere la parte maschile del cast, con un Oscar Isaac promettente ma forse ancora acerbo per la parte del cattivone, mentre il grande grandissimo grandissimissimo Jon Hamm (il Don Draper di Mad Men) è sacrificato in un ruolo troppo piccolo.

Sucker Punch è un film strepitoso a livello visivo e sonoro, ma se non ci troviamo a un nuovo cult assoluto moderno è perché i contenuti sono leggerini, seppur non inesistenti come si nota da un finale (quasi) toccante. La trama gioca su più piani della realtà/fantasia, cosa che una quindicina d’anni fa ci avrebbe regalato un risultato ai limiti del comprensibile, ma nell’era post-Matrix in cui (quasi) tutti siamo abituati ad aprire e chiudere decine di finestrelle contemporaneamente, è ormai un modello consolidato della narrazione odierna e quindi piuttosto facile da seguire. Forse in maniera persino troppo lineare, io avrei voluto un film ancora più incasinato!
Se la sceneggiatura poteva quindi essere rifinita (e complicata) con maggiore attenzione, il divertimento comunque non manca: i combattimenti sono di ispirazione videoludica più che cinematografica e forse proprio per questo riescono nel loro intento di essere altamente spettacolosi, anche se dopo il primo gli altri diventano via via piuttosto ripetitivi.
Potremmo definirlo un cinema videogame allora ma per una volta non in una accezione negativa, visto che Sucker picchia lontano dalle atmosfere di quel fracassone di un Michael Bay o anche dal Francis Lawrence di robacce come Io sono leggenda e Constantine, mentre invece picchia più vicino all’adrenalina pura dei Neveldine & Taylor di Crank e soprattutto Gamer, ma non distante neppure dallo stile narrativo che procede per il superamento di capitoli/livelli usato in Scott Pilgrim Vs. the World. Un film che prevedibilmente sarà quindi odiato da chi crede ancora in una concezione del cinema vecchio stampo, ma si farà apprezzare, almeno per le sue buone intenzioni (magari non riuscite al 100%), da chi è favorevole alle contaminazioni tra media differenti.

Zack Snyder dopo il buon esordio con L’alba dei morti viventi mi aveva progressivamente convinto sempre meno con 300 e Watchmen (il film sui gufi Il regno di Ga'Hoole - La leggenda dei guardiani me lo sono volutamente risparmiato) e ora è ritornato a salire nelle quotazioni dell’immaginario cannibale. Un regista dall’ottimo potenziale non ancora totalmente espresso ma che con la sceneggiatura giusta potrà volare davvero in alto. Per ora comunque Sucker Punch è un sogno scappato dai miei sogni.
(voto 7+)

venerdì 15 aprile 2011

Smettetela di farvi le Cannes

Presentato il programma di Cannes 2011 (dall'11 al 22 maggio):
c'è Woody Allen che apre fuori concorso con il suo film francese (con o senza Carlà Brunì? ma chissene!), ci sono i grandi nomi in Concorso (Malick, Von Trier, Almodovar, Refn, Miike, Dardenne), ci sono un paio di grandi nomi italiani pure loro in Concorso (Moretti, Sorrentino), ci sono grandi nomi anche nella sezione collaterale Un certain regard (Van Sant, Dumont, Kim Ki-duk), c'è Robert De Niro presidente di giuria, c'è Melanie Laurent splendida madrina della manifestazione, c'è la riedizione di Arancia meccanica e insomma ci sono un sacco di cose.
Io comunque al momento sono rimasto abbagliato soprattutto dal trailer dalla bellezza ben sveglia di questo Sleeping Beauty diretto dall'esordiente Julia Leigh e con protagonista la "sucker punch" Emily Browning. Come possibile rivelazione dell'edizione cannaiola (o cannense?) io punto su questa versione inquietante di Sofia Coppola tutti i miei franchi francesi (lo so che non ci son più, però fanculo io ce li punto lo stesso).


The Tree of Life
Concorso
Pedro Almodóvar - La Piel que Habito
Bertrand Bonello - L'Apollonide: Souvenirs de la Maison Close
Alain Cavalier - Pater
Joseph Cedar - Hearat Shulayim
Nuri Bilge Ceylan - Bir Zamanlar Anadolu'da
Jean-Pierre et Luc Dardenne - Le Gamin au Vélo
Aki Kaurismäki - Le Havre
Naomi Kawase - Hanezu No Tsuki
Julia Leigh - Sleeping Beauty
Maïwenn Le Besco - Polisse
Terrence Malick - The Tree of Life
Radu Mihaileanu - La Source des Femmes (The Source)
Robert Smith nei panni di Sean Penn. O è il contrario?
Takashi Miike - Ichemei (Hara-Kiri: Death of a Samurai)
Nanni Moretti - Habemus Papam
Lynne Ramsay - We Need to Talk About Kevin
Markus Schleinzer - Michael
Paolo Sorrentino - This Must be the Place
Lars Von Trier - Melancholia
Nicolas Winding Refn - Drive

Un certain regard
Gus Van Sant - Restless
Bakur Bakuradze - The Hunter
Andreas Dresen - Halt auf Freier Strecke
Bruno Dumont - Hors Satan
Sean Durkin - Martha Marcy May Marlene
Robert Guédiguian - Les Neiges du Kilimandjaro
Oliver Hermanus - Skoonheid
Sangsoo Hong - The Day He Arrives
Cristián Jiménez - Bonsái
Eric Khoo - Tatsumi
Ki-duk Kim - Arirang
Nadine Labaki - Et Maintenant On Va Ou?
Catalin Mitulescu - Loverboy
Hong-jin Na - Yellow Sea
Gerardo Naranjo - Miss Bala
Juliana Rojas, Marco Dutra - Trabalhar Cansa
Pierre Schoeller - L'exercice de L'etat
Ivan Sen - Toomelah
Joachim Trier - Oslo, August 31
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