Visualizzazione post con etichetta emily watson. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta emily watson. Mostra tutti i post

lunedì 19 gennaio 2015

LA TEORIA DEL TUTTO E LA TEORIA DELLE TETTE





La teoria del tutto
(UK 2014)
Titolo originale: The Theory of Everything
Regia: James Marsh
Sceneggiatura: Anthony McCarten
Tratto dal libro biografico: Travelling to Infinity: My Life With Stephen di Jane Hawking
Cast: Eddie Redmayne, Felicity Jones, Charlie Cox, David Thewlis, Emily Watson, Michael Marcus, Gruffudd Glyn, Adam Godley, Maxine Peake
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: A Beautiful Mind, Shine, Lo scafandro e la farfalla, The Imitation Game

Non è necessario essere dei geni per apprezzare un film come La teoria del tutto. Per fortuna, altrimenti col cacchio che mi sarebbe potuto piacere. Per farvi capire il mio livello di intelligenza, se già non vi fosse abbastanza chiaro dalla lettura – spero – quotidiana di Pensieri Cannibali, vi posso dire a cosa sto lavorando attualmente. Mentre il geniale fisico, astrofisico, matematico e cosmologo Stephen Hawking, di cui parla la pellicola di cui vi parlo quest'oggi, cerca di elaborare la "Teoria del tutto", io sto cercando di elaborare la mia personale... “Teoria delle tette”.
Secondo alcuni scienziati, l'Universo non avrebbe avuto origine da un Big Bang, bensì da un buco nero. Io abbraccio questa tesi facendola mia. Anche per me tutto ha avuto origine da un buco nero e alla storica domanda: “È nato prima l'uovo o la gallina?” io rispondo che è nata prima la vagina.
Pensateci. Da dove siamo usciti tutti? Da dove ha origine la vita di qualunque essere umano?
Esatto, da una vagina. Come avrà avuto allora origine l'Universo?
Secondo me è uscito pure lui da una vagina. Una vagina particolarmente grossa, una vagina aliena che ha creato tutto il cosmo così come lo conosciamo.
Cosa centrano le tette in tutto questo?
Centrano eccome. Agiscono come un campo gravitazionale che attira l'uomo verso i buchi neri. Più le tette sono grosse e più l'uomo ne è attratto. A meno che non siano troppo esageratamente enormi e in tal caso l'uomo ne diventa un pochino intimorito. Secondo la mia teoria, la Teoria delle Tette, l'uomo attratto dalle mammelle localizza il buco nero e cerca di entrarvi. È come se, ogni volta che penetra una donna, tentasse di tornare all'origine della sua creazione.
Tutto chiaro?
No?
Se non avete capito questa mia teoria è solo perché non siete scienziati come me e questi ragionamenti non sono alla vostra portata.

lunedì 31 marzo 2014

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI E DI UN LADRO DI FILM




Storia di una ladra di libri
(USA, Germania 2013)
Titolo originale: The Book Thief
Regia: Brian Percival
Sceneggiatura: Michael Petroni
Tratto dal romanzo: La bambina che salvava i libri di Markus Zusak
Cast: Sophie Nélisse, Geoffrey Rush, Emily Watson, Nico Liersch, Oliver Stotowski, Julian Lehmann
Genere: letterario
Se ti piace guarda anche: La chiave di Sara, Schindler’s List, La vita è bella

"Non c'è nessun volume di Cannibal Kid? Che razza di libreria è mai questa?"
Storia di una ladra di libri è la storia di una ladra di libri.
Nooooo, ma va? Quante cose sorprendenti si scoprono ogni giorno su Pensieri Cannibali.
Un’altra cosa che forse non sapevate già è che nessuno vive per sempre. A parte i vampiri. Prima o poi, tutti moriamo. È così che inizia questo film, con la morte in persona che ci rivela questa eterna verità. Sì, è un inizio all’insegna dell’allegria. Chi è diceva sempre: “Allegria!”?
Mike Bongiorno, e Mike Bongiorno è morto.
Vedete? Il film ha ragione. Tutti muoiono. Persino Mike Bongiorno.
Se l’attacco non è dei più felici, è perché comunque questo è un film ambientato nella Germania nazista ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Volevate che fosse una pellicola allegra? Non so, volevate per caso chiamarla La vita è bella?
A questo punto vi potete già figurare di fronte ai vostri occhi uno di quei melodrammoni stracciapalle strappalacrime. In parte è così e in parte invece è un film che non è nemmeno così deprimente. Per essere una storia raccontata dal punto di vista della morte ambientata durante la World War II, è un film parecchio vitale.
A quest’altro punto potrete accusare la pellicola di essere troppo leggera, troppo edulcorata, troppo fiabesca. Gli orrori della guerra vengono mostrati in maniera indiretta, di sfuggita, non ci si sofferma troppo su sangue, violenza e distruzione. La morte è sempre lì, con il fiato dietro al collo dei personaggi, e nonostante questo riesce a non essere una visione troppo angosciante.

"Mi sa che era meglio se non gli leggevo l'intera saga di Twilight.
Gli ho dato il colpo di grazia, a 'sto poveretto."
Storia di una ladra di libri è la storia di una ladra di libri, dicevo nella sconvolgente rivelazione di inizio post. Più nello specifico Liesel è una ragazzetta di 10 anni che viene separata dalla madre comunista dal perfido Berlusconi Hitler. Liesel, interpretata dalla giovanissima attrice canadese Sophie Nélisse già vista in Monsieur Lazhar, viene così data in adozione a una coppia formata da un padre bonaccione (Geoffrey Rush) e da una rigida madre nazi (Emily Watson), che però poi in fondo rivelerà di avere un cuore d’oro, come capita con tutti i cattivoni. A parte Berluscon… volevo dire Hitler.
All’inizio, la piccola Liesel avrà vita dura, poi diventerà popolare e andrà alle feste e, dopo essersi fatta desiderare a lungo, perderà la verginità. Ah no, scusate. Questa è la storia di una qualunque serie trasmessa dal network americano The CW.
La piccola Liesel avrà invece una vita dura, circondata dai nazisti, ma in cui oltre ai genitori adottivi troverà un paio di persone cui appoggiarsi per trovare un raggio di sole in un periodo storico nero come la pece, rosso come la bandiera nazista, marrone come la merda. La prima persona è Rudy, un ragazzino dai capelli gialli come il limone con cui farà amicizia e con cui no, non perderà la verginità perché questa non è una serie The CW e la protagonista è ancora troppo giovane. La seconda persona è Max, un giovane ebreo che viene ospitato dal padre a casa loro. Più che ospitato, viene nascosto dall’occhio delle forze del male, quindi dall’occhio di Sauron… pardon continuo a sbagliare, volevo dire l’occhio di Hitler.

"Un libro di Moccia tra le fiamme? Ma che ingiustizia!
Che ingiustizia che non sia ancora bruciato."
Una classica storia sui drammi della Seconda Guerra Mondiale, da qualche parte tra Il diario di Anna Frank e Schindler’s List, insomma, con l’aggiunta di qualche eco alla Fahrenheit 451. Niente di nuovo, se non per la scelta del narratore che, come detto, è Mr. Simpatia, ovvero la Morte. Se un minimo di originalità la possiede e, considerando quanto il tema sia stato inflazionato, è cosa non da poco, a preoccupare è soprattutto un’altra cosa: riuscirà il film a non essere troppo stucchevole, patetico, tutto buoni sentimenti?
Eh, insomma. La missione non si può definire riuscita del tutto, anche perché probabilmente non era tra gli obiettivi della pellicola. Nonostante alcuni passaggi siano un pochino telefonati e altri tendano a ricercare in maniera forzata il coinvolgimento del pubblico, la Storia di una ladra di libri non esagera con i momenti ruffiani, quelli presenti tutto sommato non infastidiscono più di tanto e, anzi, vanno a segno. Il mio cuoricino freddo in almeno un paio di passaggi è stato scalfito dal calore di questa pellicola e poi la scena con i ragazzini protagonisti che gridano “Hitler è una testa di cazzo!” vale da sola il prezzo del biglietto che non ho pagato, perché io sono un ladro di film.

Nonostante in alcuni punti emozioni, Storia di una ladra di libri purtroppo pecca di una regia di tale Brian Percival troppo anonima, piatta, priva di personalità, un tempo si sarebbe definita “televisiva”, non fosse che adesso la qualità delle produzioni seriali spesso fa apparire semmai il termine “cinematografico” come dispregiativo. Se a livello di spettacolo visivo non è niente di che, per una volta ci possiamo accontentare di una storia che, per quanto non del tutto sconvolgente, è una bella storia. Se fosse raccontata in un libro, lo ruberei.

Ah, come? Dite che il film è tratto dal romanzo La bambina che salvava i libri di Markus Zusak?
E allora vado a rubarl… volevo dire a leggerlo.
(voto 6,5/10)

martedì 11 settembre 2012

Essere Charlie Kaufman

Synecdoche, New York
(USA 2008)
Regia: Charlie Kaufman
Cast: Philip Seymour Hoffman, Catherine Keener, Samantha Morton, Tom Noonan, Michelle Williams, Hope Davis, Jennifer Jason Leigh, Sadie Goldstein, Emily Watson, Daniel London
Genere: labirinto mentale
Se ti piace guarda anche: Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee, Se mi lasci ti cancello, Human Nature, Confessioni di una mente pericolosa

La mente di John Malkovich di Essere John Malkovich, gli innamorati di Eternal Sunshine of the Spotless Mind, i gemelli di Adaptation. Alla fine tutto riconduce a una e una sola persona: Charlie Kaufman, l’autore delle sceneggiature delle pellicole con la regia griffata Michel Gondry (Eternal Sunshine) e Spike Jonze (le altre due).
Adesso Kaufman esordisce dietro la macchina da presa. Adesso si fa per dire visto che il film è del 2008, ma non facciamoci troppi problemi a livello cronologico, considerando come il protagonista di Synecdoche, New York certo non se ne faccia.
Il protagonista del film è Caden Cotard, un autore teatrale.
Il protagonista del film è un immenso Philip Seymour Hoffman, l’attore che lo interpreta.
Il protagonista del film è Tom Noonan, l’alter ego di Caden Cotard/Philip Seymour Hoffman.
Il protagonista del film è Charlie Kaufman. Perché alla fine è questo che fa Kaufman, così come tutti gli autori egocentrici: parla sempre e solo di se stesso, delle sue ossessioni, del suo mondo. Come Woody Allen. Come Federico Fellini. Come Quentin Tarantino.
In tal senso, Synecdoche è l’apoteosi della sua visione del mondo e, contrariamente a quanto dice il titolo ingannevole, in realtà non è ambientato a New York, bensì all’interno della mente di Kaufman.

La pellicola parte con un tono piuttosto realistico, almeno per i suoi standard e almeno per quello che può valere la parola “realistico” nel cinema di Kaufman, con scene di vita quotidiana del protagonista insieme alla moglie Catherine Keener e alla figlia. Tutto tranqui, tutto rego, fino a che un banale incidente di vita quotidiana porta Kaufman/Seymour Hoffman all’ospedale. Qui comincia un viaggio attraverso vari medici che lo spediscono da un’altra parte, verso un’altra diagnosi, verso un’altra cura, come nel terzo episodio del Caro diario di Nanni Moretti.
La malattia del Kaufman/Seymour Hoffman è però più complessa di quanto la medicina possa spiegare in maniera razionale. La sua malattia è il genio. Philip Seymour Hoffman cioè il protagonista cioè Charlie Kaufman ottiene un cospicuo premio in denaro proprio per il suo genio e decide di spenderlo realizzando un’opera teatrale. Perché se la medicina non può, forse l’arte è in grado di spiegare la sua condizione mentale.
E qual è, questa condizione?
Charlie, cioè Philip, cioè il protagonista, cioè qualcuno dei suoi numerosi alter-ego, vive in una dimensione temporale tutta particolare, tutta sua, tutta kaufmaniananananannananannana, scusate si è incantato il disco e ne è uscito fuori un ritornello pop, na nanna nananà, na nanna nananà, Charlie Kaufman song, na nanna nananà, na nanna nananà, Charlie Kaufman, cecereccece cecereccece cè, Gusttavo Kaufman.

Synecdoche non è un film. Non è solo un film. Non è tanto un film. È un viaggio nella mente. Dentro la mente. È ciò che sarebbe dovuta essere la serie Awake, ad esempio, invece di trasformarsi nel solito ennesimo telefilm crime. È Inception senza gli effetti speciali e il tocco visivamente grandioso di Christopher Nolan.
Se proprio vogliamo trovare un limite alla pellicola è che, a un livello cinematografico e di immaginario visivo, Charlie Kaufman esordiente totale dietro la macchina da presa è bravo ma ha ancora ampi margini di miglioramento prima di passare al livello di un Nolan o dei suoi amichetti Jonze e Gondry, che negli anni passati hanno avuto il compito di trasformare in immagini le sue parole, confuse e geniali.
Se come regista Charlie Kaufman per ora è “solo” promettente, come sceneggiatore è un mostro, capace di mettere in scena tutto se stesso e pure il dramma che è la vita di ognuno. Perché nessuna persona al mondo è una comparsa. Tutti sono protagonisti.
Una Michelle Williams straordinariamente brava, persino per i suoi livelli solitamente straordinari.
Una come al solito pure lei grande Samantha Morton che, per una di quelle trovate genialate kaufmanianate, vive dentro una casa incendiata.
Una Catherine Keener artista celebrata dai circoli radical-chic berlinesi.
Philip Seymour Hoffman. Uno nessuno e centomila. I personaggi che lo interpretano a teatro in un’opera che non ha un inizio né una fine, né l’intenzione di andare mai per davvero in scena. Perché il palcoscenico è la vita stessa.
Con questo film-labirinto-sudoku, Charlie Kaufman è riuscito a mettere in scena non un momento della vita, bensì tutta la vita. La vita di tutti. Senza nemmeno farci uscire dalla sua mente.
Cecereccece cecereccece cè, Gusttavo Kaufman.
(voto 8+/10)

(Il film, evidentemente considerato troppo complesso e geniale per il pubblico italiano, da noi non è mai uscito. Lo trovate in rete sottotitolato, nei soliti posti.)


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com