Cast: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Lorelei Linklater, Steven Chester Prince, Libby Villari, Marco Perella, Nick Krause, Sam Dillon, Zoe Graham, Maximilian McNamara, Taylor Weaver, Jessi Mechler
Genere: la vita in diretta
Se ti piace guarda anche: Prima dell'alba, Prima del tramonto, Before Midnight, La vita è un sogno, Forrest Gump
Questo post è stato scritto nell'arco di 12 anni
2002
Strumento usato: diario
Caro diario, oggi sono andato con gli amici a vedere la prima parte di Boyhood, il film che il regista Richard Linklater girerà in un arco temporale di 12 anni, al Cinema Politeama. Dicono che presto verrà chiuso. A Casale Monferrato non resterà più alcun cinema, visto che pure il Moderno e il Vittoria hanno ormai calato il sipario. Al loro posto pare verrà inaugurato un multisala. So già che non sarà più lo stesso. Le cose cambiano e dobbiamo farcene una ragione. Tanto può cambiare il posto in cui guardiamo un film e le persone con cui lo vediamo, ma un grande film resta un grande film.
Sì, ma questo Boyhood sarà davvero un grande film?
La prima cosa che si può notare è che un film... normale. Credo di non aver mai visto un film tanto normale. Nel senso che sembra raccontare la vita di noi, di tutti noi persone (più o meno) normali che scriviamo su di voi diari (più o meno) normali, senza da un lato puntare a grosse scene madri o a facili espedienti hollywoodiani e dall'altro nemmeno a proporre una fredda visione documentaristica. Boyhood non sembra solo un film. Boyhood sembra la vita nel suo svolgersi.
Un uomo sposato con Phoebe di Friends (quella di gatto rognoso bel gattone puzzi come un caprone) si trasferisce in una casa in campagna per scrivere il suo secondo romanzo. L’uomo è del tutto pazzo. Perché? Non tanto perché è sposato con Lisa Kudrow (o forse anche per quello), ma più che altro perché ha un amico immaginario: un supereroe interpretato da Ryan Reynolds, uno che la sua pazzia l’ha fatta divorziando da Scarlett Johansson. Ma questa è un’altra storia. Tornando al protagonista del film, a spezzare la sua routine segnata da un pesante blocco dello scrittore ci penserà Emma Stone, in grado di dare una bella scossa al film e anche alla vita del pazzo. Che poi allora così pazzo non era…
Recensione cannibale
Jeff Daniels aveva fatto lo scemo (o era il più scemo?) accanto a Jim Carrey in Scemo e più scemo, dopodiché si è dato ad alcune pellicole molto radical-chic indipendenti americane, roba da Sundance Film Festival, per essere chiari. In maniera simile a quanto successo ne Il calamaro e la balena, anche questa volta il buon vecchio Daniels non Jack ma Jeff è uno scrittore alle prese con una crisi esistenziale, oltre che con un blocco dello scrittore. Non so quale delle due cose sia peggio, forse la seconda. Il suo matrimonio con Lisa Kudrow non va infatti certo a gonfie vele e lui approfitta dell’occasione per scrivere il suo secondo romanzo (dopo il flop totale del primo) andando a vivere in isolamento in una casa di campagna. Visto che è da solo, le cose non precipitano nell’horror come in Shining, ma neanche procedono molto bene visto che continua a scrivere la prima frase del libro e non riesce ad andare avanti. L’unica “persona” con cui parla è poi un supereroe che ha come amico immaginario fin dall’infanzia con le fattezze di Ryan Reynolds biondo ossigenato. E per immaginarti una roba del genere devi proprio essere psicopatico.
A spezzare la monotonia di tutto ciò irrompe l’uragano Emma Stone, dopo Easy A e Benvenuti a Zombieland travolgente come suo solito. Inizialmente la recluta come babysitter, solo che Jeff Daniels non ha alcun figlio... Nonostante la grossa differenza d’età, tra i due nascerà una bella amicizia, oppure qualcosa di più? Il film per fortuna non è così prevedibile come potrebbe sembrare.
Paper Man è un film very intellectual indie, come sintetizza perfettamente Frank Manila, ricorda altre pellicole sulla crisi di mezza età (però siamo dalle parti più di Greenberg con Ben Stiller che da quelle di American Beauty), e in più c’è qualche intermezzo vagamente fumettistico (non troppo, comunque) grazie al supereroe interpretato da Ryan Reynolds. La vera arma in più del film è che sa conquistare con la sua dolcezza e innocenza, andando nella parte finale in direzioni non così ovvie. Pur non raggiungendo livelli di eccellenza, Paper Man ha dunque il merito di volare più in alto della soglia del “carino” per diventare un’esperienza in grado di lasciare con qualche riflessione esistenziale. Ma soprattutto Emma Stone sembra davvero incapace di fare film meno che belli.
(voto 6,5)
Venendo al titolo leggermente forzato del post, c’è il sasso (emma Stone), c’è la carta (Paper man), ma le forbici non le ho proprio trovate sorry…
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