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lunedì 30 luglio 2012

Best app ever

Io non sono uno app-assionato di app.
Non gioco a quei giochini tipo Farmville e se siete tra le 150 persone che mi hanno mandato una richiesta per giocarci, sappiate che l’ho gentilmente rifiutata con un dito medio.
Non ho nemmeno l’iPhone. Per dire quanto sono fuori dal giro delle app.
Però adesso su Facebook (ma anche su Google play) c’è una nuova app che è - oh mio Dio - ‘na figata!
Si chiama SongPop ed è un giochino stile Sarabanda, il programma con Enrico Papi e l’Uomo Gatto.
Solo che qui le canzoni sono le canzoni vere, non delle melodie suonate malaccio da una banda di bambini col flauto.
Cosa si può fare? Si possono sfidare gli amici oppure degli sconosciuti e ci si può cimentare in vari generi (io per esempio sono forte in indie rock, alternative 90s e hit recenti, ma sono una scarpa in reggae, metal e canzoni italiane), e più si va avanti e più si conquistano monete (virtuali) con cui comprare bonus e altri generi musicali e altre amenità varie e il mio miglior punteggio finora è 21.453 (provate a fare di meglio!) e se volete sfidarmi potete trovarmi sotto il nome marcogoi (tuttoattaccato) e insomma ne sto diventando dipendente e app-assionato e qualcuno mi aiuti devo smettere devo uscire dal tunnel è peggio di una droga adesso non finisco nemmeno il post perché devo andare a giocare a SongPop subito

martedì 15 marzo 2011

Chatta con me

I segreti della mente - Chatroom
(UK 2010)
Regia: Hideo Nakata
Cast: Aaron Johnson, Imogen Poots, Matthew Bear, Hannah Murray, Daniel Kaluuya, Megan Dodds, Nicholas Gleaves, Ophelia Lovibond
Genere: thriller online
Se ti piace guarda anche: Chain Letter, Dread, L’onda, 4.3.2.1

Trama semiseria
Cinque tipi si incontrano in una chat chiamata Chelsea Teens! (ovvero gli adolescenti del quartiere londinese di Chelsea, nessun riferimento invece alle escort dei calciatori del Chelsea), e diventano amiconi in rete. Si scatenano in una tipica commedia teen alla American Pie o si smaciullano per divertimento come nel più classico degli horror? In verità nessuna delle due, anche se siamo più dalle parti della seconda opzione, visto che il protagonista cercherà di spingere gentilmente i suoi nuovi amichetti verso il sucidio. Ce la farà in questo suo nobile intento?

Recensione cannibale
Le nuove tecnologie sono una gran ficata, c’hanno cambiato la vita e hanno rivoluzionato il mondo (ve le immaginate le rivoluzioni nel Nord Africa senza social network e dunque senza un Mark Zuckerberg?). Le nuove tecnologie hanno però dato anche vita a un mostro, un nuovo e pericoloso sottogenere cinematografico: il thriller horror online. Tra le pellicole che hanno iniziato il genere, oltre al solito rivoluzionario Tron, spinto però più sul versante fantascientifico, ci sono stati il pessimo Il tagliaerbe tratto da Stephen King e l’interessante The Net – Intrappolata nella rete con Sandrona Bullock, ma da lì in poi negli ultimi anni siamo stati travolti da tutta una serie di film e più che altro filmetti che ci mettevano in allerta sui pericoli della rete, quasi che il cinema fosse spaventato da Internet e volesse provare a farcelo sembrare un posto oscuro e pericoloso. Ma a parte le migliaia, forse milioni, di fan scatenate di Twilight che circolano, la rete non è poi così minacciosa. Non più di certi quartieri di Torino o Milano (o aggiungi città a tua scelta) di notte.

Questo Ch@troom si prospetta quindi come la solita americanata horror sulle nuove tecnologie? La risposta è un no, sebbene con riserve. Dietro la macchina da presa del film innanzitutto ritroviamo il giapponese Hideo Nakata, non parente dell’ex calciatore di Perugia, Roma e Parma bensì il regista dell’originale e imitatissimo Ringu (l’horror più copiato degli ultimi 10 e passa anni?). La pellicola evita quindi il pericolo sia con il tocco del regista nipponico  sia grazie alla produzione inglese, con riprese in quel di Londra. La prima ora di visione viaggia poi su coordinate distanti dal solito film di paura, andando a cercare più che altro una rappresentazione realistica del mondo giovanile di oggi. Nakata ci mostra infatti i protagonisti unendo la loro vita nel mondo reale con quella nel mondo virtuale della rete. La fusione tra i due piani è ben realizzata e il film sembra andare in una direzione inconsueta. L’incontro tra i protagonisti, 3 ragazzi e 2 ragazze che si conoscono per la prima volta grazie a una chatroom, ricorda poi vagamente i Misfits della mitica serie tv, peccato che al film manchi lo stesso marcato senso dell’umorismo.

La pellicola procede dunque nella prima parte in maniera molto interessante, con una riflessione sui rapporti e le amicizie che si possono instaurare in un luogo virtuale, quale può essere anche un blog come questi dannati Pensieri Cannibali, e sugli effetti e le ricadute che possono poi avere anche nella vita reale, con una commistione tra online e offline che ormai è diventata per un sacco di persone, noi blogger compresi, sempre più totale.
Peccato che nell’ultima mezz’ora il film prenda i binari piuttosto prevedibili del thriller (senza sfociare in quelli dell’horror, come da Nakata ci si potrebbe aspettare) e il film perde una buona parte delle sue buone intenzioni iniziali. Un buon decollo insomma, ma un atterraggio così così. Al ché io mi chiedo: ma perché certe storie devono per forza andare a parare sempre e comunque nel thriller? Lo so che è la via più facile per portare una vicenda alle sue estreme conseguenze, però non si potrebbe azzardare un’altra via più inaspettata e magari sorprendente?

Buona la colonna sonora, anche se purtroppo relegata più che altro a un suono di sottofondo, e niente male il cast british della pellicola, capitanato da un Aaron Johnson ormai sempre più lanciato dopo l’anti-eroe sfigato di Kick-Ass, il giovane Lennon di Nowhere Boy e il balletto nel video di “Uberlin” dei R.E.M.; il giovane idolo qui si può scatenare finalmente in una parte da cattivo ragazzo e va detto che il ruolo gli è molto congeniale. Sebbene a breve lo vedremo ancora in Kick-Ass 2 come buono, che il suo futuro sia da villain? Lo spero.
Bene anche Imogen Poots, biondina già notata accanto a Jesse Eisenberg e Michael Douglas nell’ottimo e sottovalutato Solitary Man e il timido personaggio interpretato da Matthew Beard. Meno sviluppati e dunque costretti al ruolo di riempitivi gli altri due personaggi, un tipo di 17 anni che teme di essere un pedofilo perché gli piace una bimbetta di 11 anni, e una disadattata interpretata da Hannah Murray, già tra le protagoniste delle prime due indimenticabili stagioni di Skins in cui era Cassie, una delle più tipe fulminate nell’intera storia delle serie televisive.

Presentato nella sezione Un Certain Regard a Cannes 2010, lanciato con una certa indifferenza in Gran Bretagna, il film dovrebbe uscire in Giappone (nonostante quello che sapete...) questo weekend mentre in Italia non è previsto ma, se mai arriverà, probabilmente filerà dritto in home-video. Non un capolavoro, certo, piuttosto un film attuale che prova a dire qualcosa sul mondo di oggi. Una grande ambizione, non del tutto riuscita, per una pellicola che si lascia guardare e lascia aperta qualche riflessione sulle nostre vite sia al di qua che al di là dello schermo di un pc.
(voto 6,5)

giovedì 13 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 2 The Social Network

The Social Network
(USA)
Regia: David Fincher
Cast: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Rooney Mara, Brenda Song, Armie Hammer, Joshua Pence, Rashida Jones, Max Minghella
Genere: biopic moderno
Se ti piace guarda anche: Le regole dell’attrazione, Fight Club, Wall Street – Il denaro non dorme mai, A beautiful mind

Trama semiseria
Uno studente nerd antipatico e arrogante di Harvard litiga con la tipa che stava con lui non si sa bene per quale ragione e lei finalmente lo molla. Lui allora si sfoga sul suo blog e diventa il paladino in rete degli uomini scaricati a malo modo. Ah, no, questa forse è un’altra storia.
Non contento di scatenarsi sul blog, lo studente nerd organizza anche una bataglia in rete tra studentesse fiche: un’idea che inspiegabilmente non era mai venuta in mente a nessuno e che crea talmente tanti accessi da mandare in tilt la rete di Harvard. Poi due gemelli idioti hanno l'intuizione di aprire un social network e lo studente, utilizzando il metodo Zucchero, prende in “prestito” l’idea e crea un sito su cui magari siete online ora. Quello studente nerd si chiama Mark Zuckerberg, ha fondato Facebook e in questo momento probabilmente vi sta spiando.

Pregi: è il film che meglio incarna lo spirito dei nostri tempi, che questo sia un bene o un male decidetelo voi. Raramente (diciamo mai?) una pellicola è riuscita ad analizzare tanto bene non un periodo distante, bensì il presente, prendendo la storia del fenomeno sociale degli ultimi anni e del suo creatore e riuscendo a parlare più in generale della società di oggi nel suo complesso.
Difetti: si può incontrare qualche difficoltà a immedesimarsi in personaggi chi più chi meno tutti piuttosto negativi. Ma se si scava dentro se stessi, chi può dire di essere davvero buono? Ratzinger, abbassa ‘sta ca**o di mano che con quella faccia lì non ti crede nessuno. E Silvio, per favore, non mettertici pure tu…

Personaggio cult: Mark Zuckerberg, con il suo genio, e anche i suoi molti difetti, il vero anti-eroe dei nostri tempi
Scena cult: la molto simbolica gara di canottaggio e soprattutto il refresh finale
Canzone cult: la grandiosa colonna sonora di Trent Reznor & Atticus Ross. E “Power” di Kanye West nel trailer perché “no one man should have all that power”.

Leggi la mia RECENSIONE

martedì 28 dicembre 2010

Album 2010 - n. 24 Trent Reznor and Atticus Ross "The Social Network"

Trent Reznor and Atticus Ross "The Social Network"
Genere: soundtrack
Provenienza: Hollywood, USA
In classifica perché: è la colonna sonora dell'anno, elettronica, minimale, sottilmente inquietante. E funziona bene anche come ascolto senza immagini.
Se ti piace ascolta anche: Nine Inch Nails, How to Destroy Angels, Clint Mansell, Tomandandy
Pezzo cult: "Hand Covers Bruise", con le sue essenziali note di piano che si incollano in testa



martedì 21 dicembre 2010

Le meglio serie tv 2010 - n. 16 South Park

South Park
(stagione 14)
Rete americana: Comedy Central
Reti italiane: Mtv, Comedy Central
Creata da: Matt Stone e Trey Parker

Genere: corrosivo
Perché è in classifica: dopo 14 stagioni è ancora lo sguardo più satirico, senza freni e paradossalmente realistico sulla società attuale
Se ti piace guarda anche: I Griffin, The Cleveland Show

In pillole: attraverso un gruppo di bambini di una cittadina del Colorado passano tutti gli eventi della pop culture e della storia contemporanea, nel cartoon più politically scorrect della… storia contemporanea.

Pregi: un sacco di episodi memorabili quest’anno su Facebook, Inception, Jersey Shore, Tiger Woods, Justin Bieber e sui programmi di cucina ormai diventati un surrogato del sesso. Lo speciale episodio numero 200 che rappresentava Maometto vestito con un costume da orso gigante di peluche (!) ha causato persino seri allarmi terroristici, tanto che nella seconda parte della puntata il personaggio è comparso coperto dalla scritta “Censored”.
Difetti: giusto un paio di puntate meno divertenti del solito
Personaggio cult: in questa 14a stagione è Randy Marsh, il padre di Stan, che si fa venire un cancro ai testicoli soltanto per poter fumare marijuana legalmente e si masturba guardando i programmi di cucina in stile “Cotto e mangiato”.



lunedì 20 dicembre 2010

Man of the year 2010 - n. 4 Mark Zuckerberg

Mark Zuckerberg
Genere: autistico
Provenienza: Harvard
Età: 26
Nel 2010: amministratore delegato del sempre più potente Facebook, uomo dell’anno per Time, protagonista al cinema di “The Social Network”
Nel 2011: ancora più ricco e potente
Perché è in classifica: Stronzo? Forse. Genio? Sicuramente

Mark Zuckerberg è presente in classifica in una duplice veste. Da una parte c’è Mark Zuckerberg il fondatore (diciamo co-fondatore) di Facebook, un mezzo cui tutti noi, nostro malgrado, dobbiamo fare i conti ormai nella quotidianità; anche chi non è presente sul network, scegliendo di non iscriversi attua una presa di posizione precisa. Si può stare a discutere intere giornate sul fatto che Facebook sia un bene o un male per la società, se distrugge le nostre vite, se è solo una gran perdita di tempo. Come la stampa, la televisione, il telefono o qualunque altro media però è un mezzo neutro e il suo utilizzo dipende unicamente da noi. Se ci lamentiamo perché i contenuti sono stupidi, basta solo trovarsi degli altri amici, reali o virtuali che siano, e non solo bimbiminkia che pubblicano link sui Tokio Hotel o gente che scrive cose interessantissime come: “Roman sta avendo una giornata ok e ha comprato una Coca Zero alla macchinetta.” Chi caaaa**o se ne frega? [citazione dal film “Easy A”].
Checché se ne pensi, Facebook ha comunque avvicinato le persone più improbabili a Internet, anche chi non avresti mai immaginato si sarebbe messo a usare un computer in vita sua l’ha invece fatto. Praticamente ha scollato il culo delle persone dal divano in fronte alla tv per sbatterle su una sedia davanti al pc. Grazie tante, Mark Zuckerberg.


Ma il genietto di Harvard quest’anno è diventato anche un personaggio cinematografico, uno dei più interessanti visti sul grande schermo negli ultimi anni. Difficile stabilire se Zuckerberg sia descritto fedelmente o meno nel protagonista di “The Social Network” interpretato da Jesse Eisenberg; a un livello narrativo e cinematografico però il suo personaggio è favoloso: finalmente un nerd per nulla simpatico, né una vittima dei bulli, bensì un ragazzino animato da una genialità quasi autistica e dalla voglia di riscatto, di farcela, di essere fico. I soldi non sono il motore delle sue azioni, tanto meno l’amore come capita nei racconti tradizionali. A muovere Zuckerberg in “The Social Network” vi è un’avidità diversa da quella del Gordon Gekko degli anni ’80, figlia dei nostri tempi, la volontà di una rivincita non tanto nel mondo reale e nelle relazioni con le altre persone, ma in quello virtuale dei computer e della stima da parte della rete.
Mark Zuckerberg (quello del film, almeno) è antipatico, feroce, un vampiro delle emozioni perfetto per raccontare la società di oggi. Se come persona si può trovare di certo un amico migliore di lui, come personaggio cinematografico è davvero difficile chiedere di meglio.


lunedì 15 novembre 2010

Faccia da libro. Un post su Facebook, The Social Network e Mark Zuckerberg

Mark Zuckerberg ha creato Facebook ad Harvard. Mark Zuckerberg ha creato il mondo così come lo conosciamo oggi. Mark Zuckerberg è Dio? Mark Zuckerberg è il demonio. Mark Zuckerberg è un genio. Mark Zuckerberg è uno stronzo. Mark Zuckerberg non è uno stronzo, cerca solo ostinatamente di esserlo. Mark Zuckerberg in realtà non esiste, è un’allucinazione collettiva della comunità di Facebook.

Facebook è il più popolare e diffuso social network del mondo. Facebook ha più di 500 milioni utenti. Facebook fa parte della vita di tutti noi, anche di quelli che non sono iscritti. Facebook è geniale. Facebook è una cagata pazzesca. Facebook può rovinare delle vite. Come per ogni altro media, l’uso che facciamo di Facebook dipende solo da noi: può essere usato per scrivere quante volte al giorno vado al cesso oppure come fondamentale mezzo per sviluppare e mantenere contatti, per cercare amicizia amore lavoro, per condividere cose belle e cose brutte, per informare. Facebook non è bello. Facebook non è brutto. Facebook siamo noi.

The Social Network è il film che parla di una delle persone che più hanno cambiato i nostri tempi. The Social Network è il film che meglio di ogni altro parla dell’epoca in cui viviamo. The Social Network è il film fondamentale di quest’anno, di questo decennio, di questo secolo.


The Social Network
(USA 2010)
Regia: David Fincher
Cast: Jesse Eisenberg, Andrew Garfield, Justin Timberlake, Rooney Mara, Brenda Song, Armie Hammer, Joshua Pence, Rashida Jones, Max Minghella
Genere: modern biopic
Links: IMDb, mymovies
Se ti piace guarda anche: Le regole dell’attrazione, Fight Club, Wall Street – Il denaro non dorme mai, A beautiful mind

Se voi foste gli inventori di Facebook, avreste inventato Facebook

Com’è nato il sito più visitato del mondo (dopo Google), nonché il più grande fenomeno sociale dai tempi dell’invenzione della parola? A ricostruire una delle invenzioni che, bene o male, più hanno segnato l’ultimo decennio e probabilmente anche quelli a venire ci pensa il buon David Fincher. Dopo “Il curioso caso di Benjamin Button”, un curioso caso di film riuscito solo a metà che però l’ha fatto entrare nel gotha di Hollywood con tanto di mare di nomination agli Oscar, finalmente Fincher ritorna a fare un film epocale e così come “Fight Club” con il suo nichilismo e il suo anti-capitalismo parlava perfettamente degli anni 90, questo “The Social Network” riesce a farlo di questi cazzo di anni Zero. Tra l’altro la rappresentazione del modo in cui Facebook si diffonde è simile a quella dei Fight Club in giro per il mondo.

“The Social Network” è uno di quei rari film in cui tutti gli aspetti funzionano e si incastrano alla perfezione: fotografia curatissima e in pieno Fincher-style, un college dall’atmosfera vicina a quella del sottovalutato “Le regole dell’attrazione”, dialoghi brillanti, scoppiettanti, eccellenti, una storia che ricostruisce i veri eventi della nascita di Facebook romanzati con una tensione costante, quasi ci trovassimo in un thriller, i piani temporali che si alternano con una naturalezza impressionante, le musiche tese, inquietanti e magnifiche di Atticus Ross e Trent Reznor (Mr. Nine Inch Nails), e poi lui: il personaggio di Mark Zuckerberg, tra i più sfaccettati e complessi visti negli ultimi tempi, roba da competere con il formidabile Don Draper della serie tv “Mad Men”.


Il Mark Zuckerberg interpretato da Jesse Eisenberg possiede diversi aspetti che personalmente apprezzo molto: intelligenza impressionante, capacità di guardare oltre le semplici cose e vedere il quadro completo, ribellione contro le regole e i figli di papà (come i due canoisti battuti sul filo di lana in una delle scene più simboliche del film), incuranza per i soldi. E poi quell’illuminazione, quello scarto che solo i geni veri hanno.
Altri aspetti della sua personalità sono invece decisamente più discutibili e lo portano a comportarsi spesso come una insopportabile testa di cazzo che arriva ad abbandonare il suo migliore, nonché unico amico. Sì, un aspetto ben evidenziato dalla pellicola è proprio il contrasto stridente tra l’uomo che ha creato il più grande fenomeno sociale del millennio e la sua immensa solitudine. Altro paradosso è come sia stato un nerd totale a contribuire alla snerdizzazione di internet.


Breve storia di Internet per dummies
Negli anni ’90 la rete era un luogo solo per nerd, geek, smanettoni e maniaci dell’informatica.
Qualche tempo dopo sono entrati nella rete i pornomani e i maniaci delle prime rudimentali chat in cui tutti, nascosti dietro i loro anonimi nickname, insultavano tutti gli altri.
Poi è arrivato Napster e sono entrati dentro tutti gli appassionati di musica al motto di “Perché pagare 40mila lire per un cd, quando posso avere tutti quelli che voglio gratis?”.
Quindi hanno cominciato a usarlo anche gli altri più tecnologicamente aperti, attirati da chat (stavolta senza più troppi insulti) e primi social network, anche questi dedicati però ad appassionati di musica o ad emo in cerca di visibilità.
Ma è solo con Facebook che tutti, anche tuo nonno, sono entrati nella grande rete. Se Google è lo strumento universalmente più utilizzato, Facebook è la ragione per cui un sacco di gente si è messa a stare davanti a uno schermo che non fosse quello televisivo ed è il sito su cui un sacco di gente passa una buona parte del suo tempo libero. Il merito della vera democratizzazione di Internet? Vi piaccia o meno è proprio di quel nerd di un Mark Zuckerberg.

Lo spunto geniale di Facebook è stato infatti quello di passare da una socialità in rete volta alla conoscenza di sconosciuti attraverso nickname e alter-ego fittizi a sapere cosa stanno facendo i tuoi amici veri, la gente reale del tuo ambito, le fighette che potresti conoscere nella vita di tutti i giorni, con tanto di nome, cognome e faccia, senza maschere o coperture; all’inizio solo nella esclusiva rete di studenti di Harvard, quindi nelle altre università, poi nel mondo intero. È questo che la gente voleva da Internet ed è questo che Zuckerberg gli (ci) ha dato. La rete grazie a lui si è trasformata da un luogo virtuale a un luogo reale. Non un surrogato dell’esistenza, ma un’estenzione delle nostre vite vere.

Ma torniamo a “The Social Network”, parentesi attori: qui ci troviamo davanti al presente e futuro del nuovo cinema americano. Jesse Eisenberg ancora una volta vesta i panni del nerd a lui congeniali (come negli ottimi “Adventureland”, “Benvenuti a Zombieland”, “Solitary Man”, “Il calamaro e la balena”, “Roger Dodger”), ma stavolta non è il solito simpatico sfigato per cui fare il tifo bensì il Mark Zuckerberg Dio della rete di cui sopra.
Andrew Garfield interpreta invece l’uomo nell’ombra, il co-fondatore di Facebook inchiappettato da Zuckerberg. Per chi ha già visto all’opera quest’attore nell’interessante “Leoni per agnelli” di Robert Redford la sua bravura non sarà una sorpresa e per tutti gli altri sarà presto una big big star, visto che è stato scelto come prossimo Peter Parker nel nuovo Spider-Man targato Marc Webb (il regista del mio altro cult personale “500 giorni insieme”).

Justin Timberlake è un attore formidabile, lo dico per quei due o tre che ancora memori dei tempi negli ‘N Sync avessero qualche dubbio in proposito. Nessuna posa da popstar quindi, Justin diventa Sean Parker, co-fondatore insieme al genietto Shawn Fanning di Napster, il programma che ha cambiato il mondo della musica, il concetto di condivisione e affossato le case discografiche in un sol colpo. Ed è lui che diventerà per qualche tempo il nuovo amichetto di Mark.
Nel ruolo della ex di Zuckerberg da cui parte tutto (perché quasi tutte le canzoni, i film e le invenzioni più geniali partono da una delusione amorosa) c’è invece Rooney Mara, già incolpevole protagonista dell’ultimo mediocre “Nightmare” e pure lei con un futuro da star davanti; tornerà infatti a lavorare con David Fincher nel remake americano di “Uomini che odiano le donne” dove interpreterà uno dei ruoli femminili più cazzuti di tutti i tempi: quello di Lisbeth Salander.

“The Social Network” è quindi uno di quei film che sembrano usciti dritti dai miei sogni, una di quelle sceneggiature che verranno prese a modello dal cinema futuro e che svecchiano di brutto il genere biografico, un “Quarto potere” di oggi, una di quelle storie che vanno conosciute per capire il mondo in cui stiamo, una di quelle pellicole in grado di parlare della nostra epoca con tutte le sue contraddizioni e il suo protagonista Mark Zuckerberg è il perfetto simbolo di come si possa essere una superstar di Internet ma avere zero richieste d’amicizia nella vita reale.

Non il film sulla “Facebook generation”, come qualche campagna di marketing ha provato a venderlo, né tantomeno un film rivolto a chi passa le ore sui social network, bensì qualcos’altro: il film manifesto della nostra epoca.
(voto 10)
quando ce vo’ ce vo’

Condividi questo post su Facebook o Mark Zuckerberg ti verrà a prendere nel sonno.

venerdì 12 novembre 2010

L'uomo con meno amici al mondo

Tom Anderson è l’uomo con più amici al mondo (circa 12milioni). Il creatore di MySpace è infatti il primo friend che vi accoglie quando vi iscrivete al suo social network ed è quindi amico di tutti.
Mark Zuckerberg invece no. Mark Zuckerberg col cavolo che è lì a darvi un caldo benvenuto. Anzi, se pure andate sul suo profilo non potete nemmeno fargli richiesta d’amicizia. Quando vi iscrivete a Facebook quindi siete soli. Soli come lui nella vita reale.


Oggi esce nelle sale italiane “The Social Network”, il nuovo film capolavoro di David Fincher che racconta di Mark Zuckerberg e di come è nato Facebook e di come bene o male ha cambiato le nostre vite e di come ha fottuto il suo amico e co-creatore Eduardo Saverin.
Potete leggere la mia recensione su oneCinema, ma un’altra ancora più approfondita e ricca apparirà presto qui sui Pensieri Cannibali.
Nel frattempo andate a vedere “The Social Network”, scaricatelo, guardatelo in streaming (tra i commenti c’è scritto dove) sia in italiano che in lingua originale con sottotitoli, condividetelo su Facebook. Perché? Perché se c’è un film da non perdere quest’anno, è questo.

mercoledì 13 ottobre 2010

Reality Fiction

Reality Fiction
(Italia, Cile, Serbia 2010)
Regia: Bruno Vespa
Cast: Mario Sepulveda, i parenti di Sarah Scazzi, lo Shrek di Avetrana, Federica Sciarelli, Tiziano Ferro, Michele Santoro, Mauro Masi, un teppista serbo incappucciato, Ignazio La Russa, Will Smith
Genere: horror
In onda: su reti Rai e Mediaset unificate

Cos’è reality? Cos’è fiction?
Ormai non riesco più a distinguerlo.
Il reality-show più estremo del mondo sta volgendo al termine. I minatori cileni escono uno ad uno dal tugurio, quest’anno più oscuro e tetro del solito, sotto lo sguardo vigile delle telecamere e davanti a una folla in delirio come dopo un gol di Zamorano. Mario Sepulveda esce esultando come un qualunque concorrente sulla passerella del Grande Fratello: è lui il vincitore morale di questa edizione, così almeno dice Studio Aperto.
I minatori concorrenti escono tutti indossando degli stilosi occhiali da sole. La ragione ufficiale è quella di proteggere gli occhi affinché tornino ad abituarsi alla luce solare dopo 60 giorni di buio (che potrebbe diventare il titolo per il sequel del film 30 giorni di buio). Ma c’è anche chi ipotizza sia una scelta dovuta a ragioni di sponsor: pare infatti che i minatori debbano indossarli per rispettare il contratto firmato in esclusiva con Gucci.
Tutto il globo sta seguendo l’evento e, visto il clamoroso successo del format cileno, anche negli altri paesi si stanno pensando a degli adattamenti locali. Simona Ventura e Alessia Marcuzzi si stanno già combattendo la conduzione dell’edizione italiana. Maria de Filippi, Mara Maionchi e Tiziano Ferro, che da quando ha fatto coming out è diventato così cool (ho detto cool, non cul) saranno i giudici che sceglieranno i concorrenti. Non si è ancora decisa invece la sede in cui si svolgerà il nuovo elettrizzante reality; pare infatti che nel nostro paese di luoghi di lavoro con un tasso di sicurezza vicino allo zero ce ne siano un sacco e quindi la concorrenza è davvero altissima.
Nell’adattamento hollywoodiano della storia vedremo invece Will Smith costruire a mani nude, da solo, un tunnel nella terra che porterà eroicamente in salvo tutti gli altri minatori, mentre lui morirà appena prima di terminare l’impresa. Per il resto del cast si fa il nome di diversi attori messicani, visto che gli attori cileni chi li conosce? e poi tanto i latini per Hollywood sono tutti uguali. Vedremo allora Gael Garcia Bernal, il protagonista di Machete Danny Trejo e Salma Hayek che dovrebbe interpretare la moglie sgnacchera dell’eroe Will Smith.

È intanto in fase di preparazione anche una fiction già contesa da Rai e Mediaset ispirata all’omicidio di Sarah Scazzi. Per la parte della conduttrice di Chi l’ha visto che annuncia in diretta alla madre il ritrovamento del cadavere della figlia sono in corsa la conduttrice stessa e Isabella Ferrari. Quest’ultima reclama dalle pagine di Tv Sorrisi & Canzoni: “Sarei una Federica Sciarelli molto più credibile di lei.”
E intanto una donna rumena è stata aggredita nella metro di Roma e se ne parla solo perché c’era una telecamera a riprendere il tutto. E intanto un gruppo di nazionalisti serbi capitanato da un energumeno che sembra il Malamadre del film Cella 211 in versione cicciobomba incappucciato mette a soqquadro Genova e l’opposizione chiede le dimissioni di Maroni il quale si difende dicendo: “Abbiamo evitato una strage”. E intanto Michele Santoro viene sospeso per dieci giorni dalla Rai perché ha mandato il (direttore) Generale Mauro Masi affanbicchiere (urca, che insulto!).

Però nessuna sanzione viene data a Bruno Vespa che a Porta a Porta fa la pietosa telecronaca del filmino matrimoniale con l’orco Shrek di Avetrana che porta all’altare la figlia, come se volesse significare chissà cosa (vedi qui, a partire dal minuto 57) e invece è solo “una cazzata”, come ha detto in diretta il fratello della vittima. Nessuna sanzione per Augusto Minzolini e il suo TG1 che viola palesemente ogni norma di par condicio e libera informazione. Nessun richiamo alla Sciarelli che manda in onda lo show della morte in diretta, né viene posta alcuna limitazione alla tv del dolore e dell’orrore. Una ragazzina muore ma the show must go on, con tutti i famigliari, gli amici, i conoscenti, gli opinionisti, gli sciacalli shaka laka laka, gli innocenti e i colpevoli che non vedono l’ora di sfilare davanti alle telecamere. Il dolore non è più privato. Le sentenze non avvengono più nei tribunali. I giornalisti a seconda delle occasioni sono diventati entertainer, detective o criminali. La televisione è diventata la verità assoluta.

E i militari in Afghanistan stanno come d'autunno sugli alberi le foglie e La Russa cosa fa? Li manda a casa? Certo che no. Dotiamo gli aerei di bombe, così magari i nostri non sono più al sicuro, ma almeno possiamo fare più danni ai cattivi. Che se fosse la battuta di Bruce Willis in un film ci ammazzeremmo tutti dal ridere, ma se a dirla è il ministro della Difesta ad assere ammazzati finiscono i soldatini. Ma tanto lui è a casa con i pop-corn a "godersi lo show", come l'ha invitato a fare lo zio di uno degli alpini morti.

Tutto è reality. Tutto è fiction. Il rischio è quello di non riuscire a distinguere tra le due cose, anche perché un confine ormai non esiste più. Ma il rischio maggiore è quello di essere investiti da talmente tanta informazione di merda da diventare insensibili a qualunque notizia.

Parafrasando Christopher McCandless, il ragazzo che ha ispirato Into The Wild (anche questo un caso di fiction che si mischia alla verità), che diceva “La felicità è reale solo quando è condivisa”, mi viene da dire che “La realtà è felice solo quando è condivisa.” Sì, su Facebook.

(clicca sotto per condivere questo post su Facebook)
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