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mercoledì 8 febbraio 2012

Faust o leali o le corna

Faust
(Russia 2011)
Regia: Aleksandr Sokurov
Cast: Johannes Zeiler, Anton Adasinsky, Isolda Dychauk, Georg Friedrich
Genere: satanico
Se ti piace guarda anche: L’avvocato del diavolo, Il piccolo diavolo, Antichrist

Faust. Un filmone importante, pesante, una di quelle visioni da affrontare con cautela. Così dicevano.
Il film vincitore del Leone d’Oro all’ultimo Festival di Venezia sembrava dovesse essere visto o come un mattonazzo russo di quelli assurdi oppure come un capolavoro assoluto.
A me, e lo sapete, piace celebrare un film che mi è piaciuto fino all’esaltazione mistica. Qualcuno ha detto Il cigno nero?
E allo stesso tempo mi piace massacrare quelli che detesto. Qualcun altro ha menzionato Avatar?
Eppure qui purtroppo mi trovo a una via di mezzo.
Faust non mi è sembrato certo un capolavoro. Ma nemmeno lontanamente. Chi ci ha visto chissà quali significati e risvolti filosofici mi sa che dovrebbe farsi un po’ meno canne… Scherzo! Continuate pure con le droghe, ma almeno poi evitate di guardare e soprattutto celebrare dei film russi.
Questo film è pieno di citazioni bibliche e filosofeggianti tra Kant e Platone, pieno di parole buttate lì giù a casaccio più che non con reale senno, però di grandi e abissali verità sull’uomo io qui dentro non ne ho viste. Non almeno alcuna che non fosse già stata mostrata nelle varie altre interpretazioni di questo racconto popolare tedesco, a partire da quella di Johann Wolfgang von Goethe cui questa pellicola si ispira liberamente.

"Un film russo da 2 ore e passa? Nun gliela posso fa'..."
Se non è un capolavoro, allora è quella che Fantozzi avrebbe bollato con facilità: “Una cagata pazzesca”?
Non proprio, anche se una cagatina più stitica che pazzesca a tratti lo è anche.
Faust però non mi è sembrato nemmeno una visione così pesante. Certo, non si può parlare proprio di cinema di intrattenimento, ma una volta passata giusto quella mezzora/oretta iniziale a cercare di raccapezzarsi all’interno della storia, il film fila anche. Non come un Frecciarossa, magari, ma più come un Intercity in mezzo alla neve. Con le sue 6 ore buone di ritardo, però fila.
Più che essere narrativo, Faust è infatti cinema del vagare, del viaggiare, cinema in movimento come pietre miliari come Apocalypse Now, La dolce vita, Il posto delle fragole, The Tree of Life, o come la Divina commedia, tanto per uscire dall’ambito strettamente cinematografico. Questo è l’aspetto più affascinante della pellicola.
Però Faust viaggia, ma non arriva da nessuna parte o, se c’arriva, si vede che io sono sceso a qualche fermata prima.
Sokurov ha il suo stile, la sua visione del mondo, ma non ha la capacità espressiva dei Coppola, Fellini, Bergman, Malick citati o la poetica di un Alighieri. E anche se i giurati di qualche Festival cinematografico proveranno a dissuadervi del contrario, non fidatevi: i fuoriclasse sono altri.

L’altro aspetto curioso della pellicola è la parte visiva. Sokurov usa lenti deformanti, una fotografia dai colori stranianti, utilizza per lo più un’estetica del brutto e del deforme per mostrarci la discesa del Faust nell’apatia e nel male, insieme al suo compare, un Virgilio satanico.
Mentre c’è chi ha proposto nomi come Thomas Mann, Christopher Marlowe o Friedrich Wilhelm Murnau tra i modelli di ispirazione per il Faust del regista russo, a me sembra abbia invece scopiazzato, pardon si sia ispirato, più che altro al video “The Beautiful People” di Marilyn Manson, con la regista Floria Sigismondi che si diletta in maniera molto più efficace, incisiva e concisa nella rappresentazione del freak e del satanico. Utilizzando un gusto visivo non lontano da quello che Sokurov avrebbe proposto 12 anni dopo nella sua (pseudo) intellettualoide insalata russa.


"Ma tu saresti Satana?"
"Eh, la maschera di Marilyn Manson era finita!"
Altra parentesi più o meno metal: la creazione dell’homunculus di Wagner, l’assistente tardo del Faust, mi ha ricordato un episodio di Todd and the Book of Pure Evil, nuovo telefilm trash horror metal niente male. Chiusa parentesi più o meno metal.

Se il Faust protagonista sembra un Ralph Fiennes (e detto da me non è un complimento) con il nasone (e questo non è un complimento detto da nessuno), Sokurov ci regala una figura del Demonio singolare, rappresentandolo in una maniera non certo affascinante o accattivante. Presente Al Pacino ne L’avvocato del Diavolo? Scordatevelo pure. Questo è l’opposto: ha un corpo deforme e pieno di rotoli di grassi di quelli che, abbello Satana mio, ma tu hai bisogno di una liposuzione immediata e se vuoi ti prenoto l’appuntamento col chirurgo oggi stesso, ché così non puoi proprio andare in giro!
Parli del diavolo e spuntano le corna. Ma non qui. Questo è un povero diavolo, è proprio il caso di dirlo, cui manco hanno disegnato le corna e che ci regala giusto qualche momento trash e poco altro. E io che pensavo di trovarmi di fronte a un film rigido e serioso. Invece no. Una nota tutto sommato positiva questa, sebbene in alcuni momenti ho avuto l’impressione di assistere più a una versione massimoboldiana del Faust, più che a un capolavorone da Leone d’Oro.
Il Satana tentatore (ma dove?) del film è interpretato da Anton Adasinsky, che è anche un cantante. O meglio, non è un attore professionista, e questo lo si nota ampiamente, però certo che pure come vocalist fa parecchio pena. Ascoltate un po’ qui…


“Caos, noia, confusione: il mondo sta andando in rovina,” si dice nel film. Ed è una cosa vera anche per la stessa rappresentazione del Sukamelov Sukatevelov Sokurov, troppo caotica e confusa, talmente piena di parole e temi (ma priva di grandi idee) che alla fine il rischio è quello di non dare un grande peso ad alcuno. Il diavolo sta nei dettagli, ma qui i dettagli non sono poi così tanto curati. Abbiamo detto di caos e confusione; quanto alla noia, il film poteva rivelarsi un mattonazzo peggiore, ma di certo non è nemmeno una visione di quelle da farti gridare: “Yuppie! Quanto mi sto entusiasmando a guardare questo film!”.

"Sapevo di avere una bella vagina, ma non pensavo valesse un Leone d'Oro..."
Se il film ci mette un pochino a ingranare veramente, diciamo appena un’ora e mezza, quando lo fa si illumina d’immenso per pochi istanti, nell’unica scena davvero notevole del film, quella del primo piano appunto illuminato del volto della tipa bionda, la bella lavanderina che lava i fazzoletti per i poveretti della città. Fai un salto, fanne un altro, fai la giravolta, falla un'altra volta, guarda in su guarda in giù, dai un bacio a chi vuoi tu.

Perché il punto del film è chiaro. Macché opera filosofica. Macché Leone d’Oro. Macchè capolavoro. “È tutto un imbroglio, menzogna, illusione,” come viene detto nella pellicola stessa. Faust è solo un film a tratti parecchio trash su un uomo di mezza età che brama la fica giovane. Niente di più, niente di meno. E questo è anche il suo pregio maggiore.
Se qualcuno vorrà fare l’intellettuale con voi e vi citerà chissà quale filosofo come sommo riferimento del Faust di Sokurov, non state a dargli troppo retta. Perché è inutile cercare chissà quali interpretazioni, questo film gira intorno a una cosa sola e soltanto: la figa.
(voto 6/10)

Sul vendere la propria anima comunque avevano detto già tutto e in maniera molto più poetica i Simpson, in uno degli episodi migliori della loro ultraventennale storia: Bart si vende l’anima (Bart Sells His Soul).
Quello sì un capolavoro da Leone d’Oro.

domenica 11 settembre 2011

Ostregheta!

Michael Fassbender con la Coppa delle Coppe
Breve commento sul Festival di Venezia, premettendo che non ero presente, non ho visto i film in Concorso, non ho visto sfilare Keira Knightley sul red carpet (questa è la cosa che rimpiango di più) e quindi il mio breve commento non vale praticamente una mazza.
Comunque...
Il presidente di giuria Darren Aronofsky, o meglio il Genio Darren Aronofsky, Leone d’Oro al radical-chicchismo, ha confermato la sua natura di gran figlio di buona donna ignorando totalmente i film più applauditi e i favoriti della vigilia. Niente per gli americani. Niente per Cronenberg, Friedkin, Polanski, Clooney (ma almeno quest'ultimo si rifarà probabilmente agli Oscar). Niente nemmeno per Kate Winslet.
In compenso ha consegnato il Leone d’Oro al russo Aleksander Sokurov per il suo Faust, una di quelle pellicole monumentali che si preannuncia come un mattonazzo pazzesco, dunque un film che paradossalmente potrebbe essere amato dal mio blogger nemesi Mr. Ford. Chi è il radical-chic, adesso, chi?
Aronofsky dall’alto della sua magnanimità ha però pensato anche al cinema italiano, con il premio speciale della giuria assegnato a Crialese e al suo Terraferma.
Per quanto mi riguardo sono felice, ricordando sempre che non ho visto i film quindi parlo così a vanvera (ma se qualcuno il prossimo anno volesse farmi avere gli accrediti stampa non disdegnerei), per la coppa Volpi di miglior attore a Michael Fassbender, la cui grandezza è stata finalmente riconosciuta, e per i premi andati al greco Lanthimos, già autore dello spettacoloso quanto agghiacciante Kynodontas e ora vincitore della miglior sceneggiatura per Alpis, al Wuthering Heights (Cime tempestose) di Andrea Arnold (la regista di Fish Tank) e ai giovani attori del nuovo film del fenomeno giapponese Sion Sono.
Ma visto che il mio commento alla cieca wale quel che wale e cioè pressappoco quanto una canzone dei Dari, meglio far parlare l’elenco ufficiale dei premi.

- Leone d'oro: Faust di Aleksandr Sokurov
- Leone d'argento miglior regia: Cai Shangjun per Ren shan ren hai
- Premio Speciale della giuria: Terraferma di Emanuele Crialese
- Coppa Volpi migliore attrice: Deanie Yip per Tao Jie (A Simple Life)
- Coppa Volpi miglior attore: Michael Fassbender per Shame
- Leone del Futuro - Premio Venezia Luigi De Laurentiis: La-Bas - Educazione criminale di Guido Lombardi
- Osella migliore sceneggiatura: Efthymis Filippou e Yorgos Lanthimos per Alpis
- Osella miglior contributo tecnico: Robbie Ryan per la fotografia di Wuthering Heights
- Premio Marcello Mastroianni giovane attore/attrice emergente: i protagonisti di Himizu, Shòta Sometani e Fumi Nikaido
- Premio Orizzonti per il miglior lungometraggio: Kotoko di Shinya Tsukamoto
- Gran Premio Speciale della Giuria della Sezione Orizzonti: Whores' glory di Michael Glawogger
- Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio: In attesa dell'Avvento di Felice D'Agostino e Arturo Lavorato
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