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martedì 12 luglio 2011

Il più grande spettacolo dopo Amber Heard

The Beautiful Ordinary - Remember the Daze
(USA 2007)
Regia: Jess Manafort
Cast: Amber Heard, Alexa Vega, Leighton Meester, Lyndsy Fonseca, Charles Chen, Shahine Hezell, John Robinson, Melonie Diaz, Katrina Begin, Stella Maeve, Aaron Himelstein, Chris Marquette, Sean Marquette, Michael Walsh, Robert X. Golphin, Caroline Dollar, Moira Kelly, Brie Larson
Genere: teen
Se ti piace guarda anche: Skins, Kids, Friday Night Lights, Il giardino delle vergini suicide

L’infanzia è fatta di magia,
ma l’adolescenza è fatta di mistero
è il momento in cui il mondo si avvicina improvvisamente
i colori diventano più vivaci
e le regole sembrano fatte per essere distrutte.

Trama semiseria
1999. 24 ore nella vita di un gruppo di adolescenti americani all'ultimo giorno di scuola del penultimo anno di liceo. Solita cittadina di provincia, solito intreccio di sesso, droga, storielle d'amore, solito ordinary film? Non proprio...

Avete notato il poster di Kurt Cobain, oppure solo qualcos'altro?
Recensione cannibale
Lo so, lo so. Ultimamente vi sto proponendo un sacco di film con Amber Heard: And soon the darkness, Drive Angry 3D, The Ward - Il reparto, The Informers e ora questo The Beautiful Ordinary... qualcuno di voi ha qualcosa da ridire in contrario? Ditelo subito che nel caso ho giusto un paio di scagnozzi che potrebbero sistemarvi, oppure tacete per sempre.
Questo The Beautiful Ordinary è un film teen apparentemente come tanti, ma in realtà ha un tocco leggero, delicato, anche poetico che riesce a distinguerlo da molti altri "colleghi" adolescenti. La regista esordiente Jess Manafort non cerca infatti la morbosità, lo scandalo, l'estremo. I ragazzi e le ragazze del suo film bevono, si drogano, fanno sesso promiscuo, non gliene frega un cazzo della scuola, però il tutto viene mostrato senza l'appiccicoso voyeurismo di uno speciale di Studio Aperto, senza il finto gggiovanilismo di un Federico Moccia, senza esagerare negli intrecci gossip di molte serie drama americane (qualcuno ha detto Gossip Girl o One Tree Hill?). Siamo più vicini al telefilm Skins (versione britannica), o dalle parti di un Larry Clark ma con protagonisti meno violenti e disadattati e il tutto girato con un tocco femminile che ricorda vagamente Sofia Coppola. Non proprio a quei livelli, però considerando che la regista è un’esordiente classe 1982 e suo padre non è uno dei grandi del cinema, di strada può ancora farne. Anche perché la sua leggerezza e la sua ordinarietà in mezzo a un cinema (e a un mondo) in costante ricerca di scandali sembrano qualcosa di davvero straordinario.

Niente male il cast pieno di giovani talenti: oltre a una Amber Heard in grado sempre non di bucare ma di letteralmente sfondare lo schermo, ci sono anche Lyndsy Fonseca (Kick-Ass e The Ward con la stessa Amber), Leighton Meester (la Blair del sopracitato Gossip Girl qui in versione blonde), Alexa Vega (bambina di Sky Kids che cresce bene), John Robinson (il biondino di Elephant qui in versione dark), i divertenti Aaron Himelstein, Chris Marquette e Michael Walsh (tutti dalla serie Joan of Arcadia) e la mitica Brie Larson (United States of Tara, Scott Pilgrim). Insomma, questo film è un po' l'equivalente cinematografico del vivaio del Barcellona.

A livello personale, a farmi affezionare ancora di più a questo film senza grandi ambizioni, ma dai risultati al di sopra delle aspettative, è anche l'ambientazione a fine anni '90, che è proprio il periodo in cui anch'io facevo il liceo, e una colonna sonora in cui spiccano gruppi troooppo ma troooppo 90s e quindi cazzo, figata! come Fun Lovin’ Criminals, Sneaker Pimps e Third Eye Blind. Anche se a regalare all'atmosfera un tocco magico e a tratti quasi onirico ci pensano soprattutto le musiche di Dustin O'Halloran, uno dei compositori di musica classica "moderna" migliori in circolazione. La scena finale un po’ Donnie Darko style scorre poi sulle note di Morning Life dei Feeder, una di quelle canzoni talmente belle da riuscire a rendere il ricordo, anzi il retro gusto del film ancora più piacevole.


Non una visione fondamentale o necessaria per cambiare i destini del mondo o del cinema, piuttosto “solo” un piccolo film intimo e personale, in un certo senso spensierato eppure non scemo, riassumbile nello slogan (questo sì un po' scemo) lanciato da uno dei suoi protagonisti: "Smoke. Drink. Don't think."
(voto 7)

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