La trama (con parole mie): Un ragazzino con la passione per la musica se ne sta nella camera del dormitorio del suo college a strimpellare la chitarra e a cantare stonato come un ubriacone, quand'ecco che succede una tragedia. Un pazzo fa irruzione armato nel campus universitario. Tra i morti c'è anche il ragazzino stonato.
La pellicola ci racconta il modo di affrontare la perdita del figlio da parte del padre, che affoga il dispiacere nell'alcol e va a vivere su una barca nel porto di un paesino dimenticato da Dio. Fino a che un giorno entra in un bar dove si esibiscono dei musicisti locali e lui realizza: “Se quegli sfigati possono suonare e cantare in pubblico, perché non posso farlo anch'io?”.
Ogni tanto ricordo ancora di quando fui giovane.
Non è facile. È passato tanto tempo. Ma proprio tanto tanto tanto. Erano gli anni ottanta. Di quale secolo, preferisco non rivelarvelo.
Per un certo periodo, comunque, anche io sono stato giovane, per quanto sia difficile da credere. È stato un periodo durato davvero poco. Quando ai miei coetanei cadevano i denti da latte, a me cadevano quelli del giudizio. E quando ai miei coetanei spuntavano i primi peli sul pube, a me spuntavano i primi capelli bianchi.
Per un brevissimo periodo, ricordo però di essere stato giovane e la prima scena del film Rudderless me l'ha riportato alla memoria. Anche io strimpellavo la chitarra, seguendo il modello del mio mito Brus Pristi. Anche io scrivevo canzoni. Era roba profonda. Un mio brano ad esempio faceva:
Magari ti chiamerò:
“Trottolino Amoroso, Dudu dadadà”
ed il tuo nome sarà
il nome di ogni città,
di un gattino annaffiato
che miagolerà.
Poi però me l'hanno fregato e ne hanno realizzato una versione davvero splendida. Certo che avrebbero potuto almeno citarmi tra i crediti della canzone.
A proposito, la canzone della prima scena di Rudderless mi ha ricordato la mia giovinezza. Ve l'ho già detto?
Può darsi, visto che ripeto sempre le stesse cose. Tipo che Sylvester Stallone è l'attore migliore del mondo ed è anche un gran bell'uomo, me lo farei troppo, e che il wrestling è uno sport vero, non solo una pagliacciata più finta di Beautiful come credono tutti.
Dopo la prima scena, comunque, è terminato l'amarcord di quando ero giovane e mi sono ritrovato ad immedesimarmi nella figura del padre, interpretato dal Billy Crudup di Almost Famous. Perché anche io sono un padre, questo credo di non avervelo ancora detto. D'altra parte questa è una cosa che non dico mai. Ho solo una t-shirt che indosso sempre durante i miei allenamenti di pesi, quando riesco a sollevare ben 2 kg per braccio, con scritto: “Best dad in the world”. Perché io non sono un semplice padre. Io sono il padre migliore del globo e anche di tutti i tempi. Volete che vi parli di mio figlio?
Ma perché perdere tempo a parlare di lui, quando posso narrarvi di me e di quanto sono figo come padre migliore di tutti i luoghi tutti i laghi tutto il mondo?
La stessa cosa la fa il film. Una volta messo da parte il figlio, che ATTENZIONE SPOILER muore subito nei primi minuti FINE SPOILER si concentra unicamente sul padre. È lui la vera figura cardine della pellicola. Lui e il modo davvero coraggioso di affrontare il suo lutto: ruba le canzoni che aveva scritto il figlio, mette su una rock band, ha successo e si dà alla bella vita!
Non vi sembra un modo eroico di superare la perdita di un figlio?
A me sì.
Qualcun altro come il mio blogger rivale avrebbe potuto incentrare l'intero post sulla breve apparizione di Selena Gomez, o sulla partecipazione del cantautore Ben Kweller, ex leader della grunge band anni novanta Radish, o di come ci sia Anton Yelchin e pure qui quel maledetto riesca a farsi una bella fighetta (Zoe Graham di Boyhood), o di come una volta abbia incontrato Felicity Huffman, che è molto più affascinante dal vivo mentre su schermo sembra sempre un mezzo cesso, o di come questo sia il film d'esordio alla regia del marito della Huffman, ovvero William H. Macy di Shameless, o di come ci sia una divertente comparsata musicale di Kate Micucci della serie tv Garfunkel & Oates, o di come la pellicola abbia una gran bella colonna sonora indie-rock, con vertice da brividi nella canzone finale.
Io invece non vi parlerò di tutte queste cose. Per me il film sono solo Billy Crudup e il suo personaggio.
Rudderless è un chiaro esempio di come si possa superare una tragedia così grande come la perdita di un figlio con dignità, forza di volontà, coraggio, che dimostra come noi padri siamo gli esseri migliori dell'intero universo.
Soprattutto quelli come me.
Soprattutto me.
MrCannibal
“Con i nostri chiar di luna
quando al cinema si va
il bambino mio fa festa
e un po' anche il suo papà
ma nel buio sul più bello
lui ti dice così:
Mi scappa la pipì... ih
mi scappa la pipì... ih
mi scappa la pipì papà
non ne posso proprio più
io la faccio qui.”
Pippo Franco - “Mi scappa la pipì” -
Lo stile di questo post vi ricorda per caso quello di un altro blogger?
Può darsi che abbia fatto come il protagonista del film Rudderless: ho fregato il lavoro di un altro, spacciandolo per mio. Ma hey, non chiametelo plagio, né tanto meno furto. Chiamatelo “omaggio”.
Cast: Jennifer Aniston, Adriana Barraza, Sam Worthington, Anna Kendrick, Felicity Huffman, William H. Macy, Chris Messina, Mamie Gummer, Britt Robertson, Lucy Punch
Genere: depresso
Se ti piace guarda anche: Rabbit Hole, Still Alice, In the Bedroom
Jennifer Aniston ha le visioni. Prende un sacco di droghe e medicinali antidepressivi e ha le visioni. E cosa vede? Vede Anna Kendrick.
Jennifer, dammi l'indirizzo del tuo pusher che le tue droghe le voglio prendere anch'io!
A dirla tutta, negli ultimi tempi vedo Anna Kendrick in continuazione pure io. E senza manco il bisogno di droghe. La vedo in qualunque film. Per lo più film mediocri, quando non addirittura pessimi.
Anna Kendrick io la adoro. Mi piace parecchio come attrice...
Parlo di serie tv, meglio specificare. Ne inizio un sacco, cerco di non perdermi un pilot, però quelle che proseguo regolarmente sono un numero molto più limato. Non sono tantissime quelle cui riesco a concedere la mia attenzione per un’intera stagione e sono ancora meno quelle che riesco a vedere fino al termine. Che a volte arriva solo dopo molti, moltissimi anni.
Il problema sarà mio, avrò un ADHD (sindrome da deficit d’attenzione e iperattività)? Oppure il problema sono le serie tv, molte serie tv almeno, che partono magari bene e poi si perdono sulla strada della ripetitività?
Forse entrambe le cose, comunque se posso elencare una miriade di serie di cui ho visto il primo episodio, di telefilm di cui ho assistito al gran finale non è che ce ne siano poi così tanti.
Evito quindi di fare una classifica dei migliori finali nella Storia delle serie tv, ma ne elenco semplicemente alcuni tra quelli che mi sono piaciuti di più.
Twin Peaks, su tutti. Senza spoilerare nulla, la malvagità e l’ambiguità fatti finale di serie tv.
"Col cazzo che sposo quella bacchettona frigida di Bree Van de Camp!"
I Soprano non li ho mai seguiti più di tanto, però quel finale lì così sospeso, non lo definirei geniale, ma se non altro è parecchio spiazzante e inaspettato. Cosa più che positiva.
"Mizzega, ma manco un piatto di spaghetti c'hanno, sul menù?
Ci spiace, ma in queste condizioni la serie non può più proseguire."
Lost? La puntata finale di Lost secondo me è stata una puntatona, nel complesso. Peccato ci siano stati quei 10 minuti spiritual-new-age ambientati in Chiesa evitabilissimi che hanno lasciato me (e credo non solo me) parecchio perplesso. L’ultima inquadratura comunque è stata la chiusa perfetta per le 6 memorabili stagioni dello show, quindi alla fin fine è stata una bella fine.
Il finale di Buffy? Epico, divertente e toccante al punto giusto. Niente male.
"Quando c'è da prendere lo scuolabus, Cannibal è sempre in ritardo. Che famo? Lo aspettiamo?"
Dawson’s Creek? Un po’ forzata la morte della povera Jen, giusto per inserire un momento strappalacrime, però la scelta finale di Pacey da parte di Joey, con Dawson Spielberg che si dedica invece a una serie tv, è stata la chiusa perfetta di uno dei triangoloni amorosi più tormentati di sempre.
"Perché proprio io? Non potevano far morire quella scassapalle di Joey?"
Il finale di Friends si è rivelato rassicurante e prevedibile, però da una comedy non è che si potesse pretendere qualcosa di differente.
"Ammettilo, Jennifer: volevi Angelina Jolie come guest-star solo per farla morire, vero?"
24 si è concluso in maniera ottima, anche se forse il miglior finale in assoluto è stato quello della stagione 4, con la finta morte di Jack Bauer.
"Finito 24, prego solo di non finire in qualche assurda serie new-age..."
E il finale di Six Feet Under? Secondo alcuni è la miglior conclusione di sempre, però io non l’ho ancora vista. Prima o poi la recupererò, giurin giurello…
Anche se, almeno per gli americani, uno dei migliori e più sorprendenti finali in assoluto è stato quello della sitcom Bravo Dick (Newhart), in cui il protagonista si sveglia a fianco della moglie che aveva nella precedente serie, Bob Newhart Show, scoprendo in questo modo che tutta la seconda serie è stata… un sogno.
Tutta questa introduzione per giungere a parlare di una serie storica appena arrivata alla sua conclusione…
Desperate Housewives
(serie tv, stagioni 1-8)
Rete americana: ABC
Reti italiane: Fox Life, Rai 2, Rai 3
Creata da: Marc Cherry
Cast: Teri Hatcher, Felicity Huffman, Marcia Cross, Eva Longoria, Nicollette Sheridan, Brenda Strong, James Denton, Doug Savant, Ricardo Antonio Chavira, Andrea Bowen, Shawn Pyfrom, Kyle MacLachlan, Jesse Metcalfe, Kathryn Joosten, Mark Moses, Dana Delany, Vanessa Williams, Joy Lauren, Cody Kasch, Richard Burgi, Steven Culp, Alfre Woodard, Rachel G. Fox, Neal McDonough, Drea de Matteo, Mehcad Brooks, Lyndsy Fonseca, Roger Bart, Brian Austin Green, John Slattery, Gale Harold, Nathan Fillion, Dougray Scott, Josh Henderson
Genere: la misteriosa vita nei sobborghi
Se ti piace guarda anche: Pretty Little Liars, Suburgatory, GCB, Lipstick Jungle, Parenthood, Melrose Place, American Beauty, Cougar Town
"Sì, lo confesso: ho fatto sesso con Cannibal Kid."
In attesa dell’imminente finale di Dr. House, previsto per domani 21 maggio, è arrivata la conclusione delle Desperate Housewives.
Nel 2004 si apriva la Golden Age dei telefilm americani, con l’arrivo di Lost, Desperate, House e Grey’s Anatomy. Se l’ultimo va ancora avanti, bene o male, gli altri sono ormai arrivati, o stanno per giungere, a conclusione, chiudendo un ciclo, una maniera di raccontare che ha segnato la tv e non solo la tv. C’è infatti chi sostiene che i serial nell’ultimo decennio abbiano (quasi) preso il posto del romanzo a livello di importanza nel saper raccontare il mondo di oggi. Opinione mica tanto campata per aria.
Desperate Housewives ha presentato un gruppo di 4 protagoniste parecchio in antitesi con molti personaggi femminili presentati finora, come le 4 zoccole di Sex & the City, e pure uno stile di vita lontano dalle luci di New York City e più vicino alla normalità della provincia americana. Una normalità comunque relativa e più apparente che reale. Dietro al muretto perfetto di famiglie che sembrano uscite dal Mulino Bianco si possono infatti celare i segreti più sporchi, come già American Beauty ci raccontava. Dietro alla facciata di realismo, in cui gran parte della White America (e non solo) borghese può ritrovarsi, si nasconde una serie in cui si fa sentire forte anche una componente soap, con intrighi sentimentali e famigliari sempre più pazzeschi e improbabili, e una componente mystery dal notevole fascino. Come in un Twin Peaks ambientato dentro il video “Black Hole Sun” dei Soundgarden, ma presentato sotto forma di telenovela.
"Vostro Onore, pure io l'ho fatto..."
Una buona parte della riuscita della serie è dovuto alle 4 protagoniste storiche, mentre le altre sciacquette che sono venute dopo tipo Vanessa Willams o Dana Delany mi rifiuto di considerarle delle desperate vere e proprie. Al massimo posso accettare quello zoccolone di Edie Britt (Nicollette Sheridan), la quinta desperate onoraria.
La mia preferita è sempre stata la rossa Bree Van de Kamp (Marcia Cross), uno dei personaggi televisivi (e non solo) migliori degli ultimi anni: una repubblicana conservatrice bigotta vecchio stampo, maniaca della perfezione, una casalinga impeccabile tutta casa & Chiesa che via via rivelerà una personalità sfaccettata e – omioddio! – imperfetta. Spassosa poi la pasticciona Susan Mayer (Teri Hatcher), tranquillizzante Lynette Scavo (Felicity Huffman), muy caliente e pure esilarante nella sua bastardaggine Gabrielle Solis (la Eva Longoria), all’inizio modella superficiale ed adultera, poi (pur)troppo addolcitasi nelle ultime stagioni.
La serie c’ha regalato comunque anche qualche personaggio maschile interessante. Meno approfondito rispetto alle protagoniste, ma comunque in grado di regalare una discreta galleria di “desperate househusbands” assortiti, dall’inquietante Paul Young (Mark Moses), allo spassoso Carlos Solis (Ricardo Antonio Chavira), dall’ossessionato farmacista George (Roger Bart), al più casalingo di tutti, Tom Scavo (Doug Savant), più un paio di personaggi che sembrano usciti da una fantasia erotica femminile come Mike l’idraulico (James Denton) e John il giardiniere (Jesse Metcalfe). Attenzione: questi personaggi nella vita reale non esistono, così come le porno-conigliette si trovano solo nella Playboy Mansion. Menzione d’onore anche per Kyle MacLachlan, l’indimenticato agente Dale Cooper di Twin Peaks, qui nelle vesti di nuovo marito di Bree e ovviamente pure lui con la sua buona dose di misteri annessi.
"Oddio, e noi che pensavamo di essere le uniche nel suo cuore..."
Da una parte le Desperate Housewives si sono rivelate un vero e proprio fenomeno sociale, con milioni di spettatori (soprattutto negli Usa), le protagoniste trasformate in modelli esistenziali e una serie di cloni in formato reality-show con le varie serie di The Real Housewives: The Real Housewives of Orange County, The Real Housewives of Atlanta, The Real Housewives of New Jersey… manca solo The Real Housewives of Abbiategrasso e poi le han fatte tutte.
Dall’altra parte, da un punto di vista più strettamente televisivo, Desperate Housewives è stato un gran miscuglio di generi piuttosto rivoluzionario e in grado di essere, almeno per la prima stagione, uno show di livello davvero notevole. Poi via via c’è stato il progressivo declino, ha perso mordente e ironia e le puntate hanno ripetuto in maniera stanca gli spunti e le idee di partenza.
La serie di Marc Cherry ha comunque lasciato la sua impronta notevole ed elegante nella storia della tv recente e ha rappresentato un modello di riferimento per diversi show venuti dopo, come i sobborghi diventati protagonisti del divertente Suburgatory (lo dice il titolo stesso), come le Pretty Little Liars, sorta di variante adolescenziale delle desperados, così come la variante texana GCB, la variante MILFone di Cougar Town, la variante fattona di Weeds, etc.
"Ma, tra tutti, proprio con quel Cucciolo eroico dovevi farlo?"
"È successo una sola volta, Carlos, e non è nemmeno stato un granché..."
ATTENZIONE SPOILER
Dopo tutta questa ulteriore lunga premessa, veniamo al finale. Innanzitutto devo premettere (aaancora?) che le Desperate Housewives avevo ormai smesso di seguirle regolarmente da parecchio tempo, credo di essermi perso da qualche parte sulla strada della quinta stagione.
Comunque, pur essendo incentrata su una trama orizzontale forte, è una di quelle serie che puoi anche smettere di guardare per un po’, che poi ti ritrovi lo stesso. Cambiano i misteri, c’è qualche new-entry nel cast, ma fondamentalmente i meccanismi narrativi sono gli stessi e quindi riuscire a immergersi di nuovo nei sobborghi per il doppio episodio conclusivo è impresa semplice.
Peccato non sia stato un finalone così fenomenale.
"Sono l'unica a non averlo fatto con Cannibal? Basta, mi ammazzo!"
Tra il matrimonio di un personaggio di nessun interesse come quello di Vanessa Williams, la prevedibile reunion di Lynette con Tom, una Gabrielle ormai trasformatasi nella sua variante buonista, il parto della figlia di Susan con tanto di solita scenetta della rottura improvvisa delle acque, una Bree scagionata dall’ennesimo omicidio capitato in quel di Wisteria Lane, il finale ha regalato poche emozioni.
La chiusa con il riassuntone finale delle vite future delle housewives è sembrato campato lì così, in maniera affrettata, mentre la scena con i vari morti della serie è stato il momentone new-age stile finale di Lost. E pure in questo caso se ne poteva fare a meno.
Visto che in un buon finale di serie che si rispetti qualcuno deve morire per forza, qui hanno scelto di non sacrificare nessuna delle housewives, ma di far morire la simpatica vecchina Karen McCluskey (Kathryn Joosten), una che è un miracolo fosse rimasta viva per tutte le 7 stagioni precedenti. E non a caso il momento della sua morte sulle note di “Wonderful! Wonderful!” di Johnny Mathis è stato il momento più toccante e genuinamente bello del gran finale. Anche se più che un gran finale, si è rivelato un finale disperato. Non poteva essere altrimenti.
Stato a Montecarlo per 3 giorni. Ufficialmente per lavoro. C’è della brava gente che sgobba in miniera e delle teste di cazzo come me che se ne vanno a Montecarlo. Il bello è che poi ho anche il coraggio di lamentarmi: eh non c’è lavoro, eh il mondo è ingiusto, eh Berlusconi…
Motivo visita: il Television Festival di Monte Carlo 2011. Pronti, via: alla mia prima intervista live e alla mia prima domanda faccio subito una gaffe. D’altra parte gaffe è una parola francese (almeno se le mie limitatissime conoscenze di francese non mi ingannano) e poi io sono famigerato per questo genere di cose. Sono con Jason Priestley, l’ex Brandon di Beverly Hills 90210 ora protagonista della nuova interessante serie Call Me Fitz, e gli chiedo quali siano gli attori che l’hanno ispirato a intraprendere la professione; lui mi risponde Daniel Day-Lewis, poi va nel panico e non gli viene in mente nessun altro nome, così io per aiutarlo lo invito a pensare a “when you were young”. Quindi in un colpo solo ho citato i Killers e mi sono anche reso conto di avergli dato del vecchio. Un lapsus comprensibile visto che io con Beverly Hills ci sono cresciuto e quindi per me è cose se lui fosse sempre esistito, una sorta di fratellone maggiore.
Questa è un'immagine da quello
scassone del mio cellulare. E si vede...
Continuando tra gli idoli adolescenziali ho avuto modo di intervistare anche Melissa Joan Hart, meglio conosciuta come Sabrina vita da strega (che ho scoperto andare in onda ancora adesso la sera su Raitre) e ora nella nuova sitcom americana Melissa & Joey. È lei la più diva di tutte/tutti quelli che ho incontrato, visto che arriva in ritardo e sembra tirarsela un po’. È super magra, super bionda platinata splendente e super gnocca. In realtà poi si scioglie e non se la tira nemmeno molto, anzi si dimostra parecchio alla mano e mi mostra la foto dei figlioletti usata come salvaschermo del suo iPhone.Carini eh, però io avrei preferito mi mostrasse qualcos’altro, magari le tette. Sarà per la prossima volta…
Altro teen idol incontrato è stato Gregory Smith, l’Ephram Brown di Everwood ora nel poliziesco Rookie Blue, il più simpatico e friendly e quello con cui mi sono trovato meglio, sarà che è un mio quasi coetaneo. Se in Everwood era un bravo ragazzo, nella realtà lo è ancora di più. Io ho provato a tirar fuori il suo lato malvagio, parlando della sua interpretazione da super-cattivo in Hobo with a Shotgun - è rimasto stupito che l’abbia visto! - ma lui dice che quello è un ruolo del tutto lontano da com’è fatto lui. Un po’ di cattiveria in più non gli guasterebbe, comunque è un grande.
Meno famous ma splendida è la british indie (nel senso di origini indiane) Archie Panjabi, detective bisex cazzutissima nella serie The Good Wife, un ruolo molto distante da com’è lei visto che parla con un filo di voce e mi è apparsa molto fragile e delicata.
Il titolo di Miss Montecarlo personale lo consegno però - nonostante la concorrenza altissima, visto che la città pullula di fighe & Ferrari - a Emilia Clarke della nuova grandiosa serie fantasy Game of Thrones. Se sul piccolo schermo è bionda, live è in versione mora quasi irriconoscibile, ma comunque ha un paio di occhi davvero magnetici (e anche un paio di qualcos’altro davvero magnetico…). Purtroppo lei ho avuto modo di seguirla solo in conference e non sono riuscito a intervistarla di persona. Con altri due membri del cast di Game of Thrones ho comunque avuto il mio momento da “almost famous” scambiando due chiacchiere insieme a Sean Bean (uno che ha fatto anche Boromir ne Il Signore degli anelli!) e Mark Addy (il re nella serie nonché cicciobombo di Full Monty): il primo si fumava una sigaretta normale, il secondo si è rollato del tabacco in una cartina (solo tabacco, ho notato, anche perché erano ancora tipo le 11 del mattino).
Poi ho incrociato Felicity Huffman che mi ha sorriso e dal vivo è molto più MILF che in Desperate Housewives: molto glamour e tirata, non sarà Eva Longoria ma è un gran bel donnino!
Di passaggio ho beccato anche Thomas Gibson, quello che una volta era Greg in Dharma e Greg e ora fa Criminal Minds: a vederlo sembra uno zombie. Che è successo a quest’uomo? È davvero pallido e inquietante, ma spero solo abbia avuto una brutta nottata.
Per le ladies in ascolto ho anche incrociato Matthew Grey Gubler, molto acclamato dalle fans nonostante (o forse proprio per quello) in Criminal Minds sia un nerd ai limiti dell’autismo, e Jesse Williams, il Dottor Begliocchi tra gli ultimi ingressi di Grey’s Anatomy, che ha rivelato un passato da prof. di liceo che sembra gli manchi molto starà meditando di lasciare la recitazione per tornare a insegnare?
Ci sono poi state altre cose, altri volti, altri incontri, altri personaggi fantastici non solo tra gli attori ma anche all’interno del gruppo molto variegato di giornalisti internazionali e poi l’ho già detto che era pieno di figa?
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