I The Knife li conoscete tutti, vero?
Nooo?
Magari dite di no, ma in realtà li avete già sentiti, in qualche modo.
La loro hit “Pass This On” passava persino in radio qualche annetto fa ed è stata usata in alcuni film come lo splendido Les Amours Imaginaires (titolo inglese Heartbeats, vedi canzone successiva) e nel meno, molto meno splendido Elles.
(aperta parentesi questa è una delle canzoni più belle del nuovo millennio chiusa parentesi)
La loro “Heartbeats” rifatta in versione acustica da Jose Gonzalez è stata poi usata in un celebre poetico spot Sony.
La cantante dei Knife, Karin Dreijer Andersson, meglio nota come Fever Ray che è anche più facile da pronunciare, nel 2009 ha pubblicato un disco solista stellare e un suo pezzo, If I Had a Hearth è ora usato come sigla della notevolissima serie tv Vikings.
La Karin ha poi prestato la sua particolare voce anche alla karina ma diciamo pure splendida "What Else Is There?" dei Royksopp.
Niente?
Non li avevate mai sentiti comunque?
Adesso potete dire di conoscerli. E adesso è arrivato anche il loro nuovo allucinante album.
Genere: psyco
Provenienza: Stoccolma, Svezia
Se ti piace ascolta anche: Fever Ray, Bjork, Zola Jesus, Crystal Castles, Grimes, Portishead, Radiohead
Quando si dice mantenere fede agli impegni presi. I misteriosi The Knife hanno intitolato il loro nuovo disco “Shaking the Habitual” e non l’hanno fatto a caso. Non sono il solito gruppo che annuncia di fare qualcosa di diverso e poi ripropone una misera rimasticatura di quanto già fatto in passato. I The Knife scuotono davvero l’abituale. Il loro disco è folle, rivoluzionario, un uragano di suoni e rumori che si abbatte su e contro tutto ciò che conoscevamo, un’evoluzione di quanto sperimentato con il precedente “Tomorrow, In a Year”, le musiche realizzate per un’opera teatrale basata, guarda caso, su L’origine della specie di Charles Darwin.
Qui dentro non c’è niente di normale, dal tribal-pop da manicomio “A Tooth for an Eye” al trip pazzesco del singolo ammazzaradio nel senso che in radio non lo sentirete mai “Full of Fire”, mentre “A Cherry on Top” sembra uscita fuori da un club del silencio lynchiano, “Without You My Life Would Be Boring” è disco-pop per flauti, “Wrap Your Arms Around Me” è la fine del mondo nel senso che quando arriverà la fine del mondo io mi aspetto un suono del genere. E questi ultimi due sono ancora tra i pezzi più accessibili di tutto il disco, rendetevi conto.
"Noi Knife abbiamo un sound davvero affilato, ahahah!" |
Ma non è finita: “Networking” è elettronica spinta oltre ogni limite, come immagino vorrebbe suonare Thom Yorke sia con i Radiohead che con gli Atoms for Peace ma è dai tempi di “Kid A” che non riesce a fare, non in maniera così estrema e libera. Discorso analogo per la successiva “Stay Out of Here”, pronta per essere suonata in qualche club sadomaso o, nell’anno 3000, anche nelle discoteche tradizionali. Suona tutto talmente strambo che il pezzo di chiusura, “Ready to Lose”, che strambo sarebbe su qualunque altro disco, con il suo stile molto Fever Ray, sembra quasi normale. Ho detto quasi. Qui infatti non ci troviamo di fronte a una raccolta di canzoni, bensì a un viaggio nell’ignoto, all’equivalente musicale di film come Enter the Void o Holy Motors.
Fin da ora è questo il candidato più autorevole al titolo di disco dell’anno. Magari non il più bello in assoluto, ma con buona probabilità il più importante e coraggioso. I The Knife non sono normali, queste non sono canzoni abituali, ascoltarle fa male e “Shaking the Habitual” è un capolavoro per malati di mente. Infatti lo adoro.
(voto 9/10)