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lunedì 21 settembre 2015

Tutti pazzi per Carey





Via dalla pazza folla
(UK, USA 2015)
Titolo originale: Far from the Madding Crowd
Regia: Thomas Vinterberg
Sceneggiatura: David Nicholls
Tratto dal romanzo: Via dalla pazza folla di Thomas Hardy
Cast: Carey Mulligan, Matthias Schoenaerts, Michael Sheen, Tom Sturridge, Juno Temple, Jessica Barden
Genere: romcom d'altri tempi
Se ti piace guarda anche: Jane Eyre, Wuthering Heights, Testament of Youth

Certo che le donne sono propri degli esseri strani. Quasi più dei francesi. Prendiamo Bathsheba Everdene, la protagonista di Via dalla pazza folla (Far from The Madding Crowd), romanzo ottecentesco di Thomas Hardy portato sul grande schermo dal danese Thomas Vinterberg con protagonista Carey Mulligan.
Già il nome Bathsheba Everdene, che razza di nome è? Quasi peggio di Katniss Everdeen...
Quello che non si capisce è come si sceglie gli uomini.

ATTENZIONE SPOILER
Il primo a chiederla in sposa è Matthias Schoenaerts. A me gli uomini non piacciono, però se uno come Matthias Schoenaerts mi chiedesse di sposarlo, farei quasi fatica a dirgli di no. Bathsheba Everdene invece lo rifiuta senza battere ciglio.

"Mi vuoi sposare, Carey?"
"Ma ci conosciamo da appena 5 minuti."
"Che ne dici di andare prima a un cinema, e poi magari sposarci?"
"Basta che non andiamo a vedere un film in costume della BBC. Non li sopporto, quelli."

sabato 2 marzo 2013

KE KARINA ANNA KARENINA

"Tranquilli raga che è finta pelliccia. Ehm, forse..."
Anna Karenina
(UK 2012)
Regia: Joe Wright
Sceneggiatura: Tom Stoppard
Tratto dal romanzo: Anna Karenina di Lev Tolstoj
Cast: Keira Knightley, Jude Law, Aaron Taylor-Johnson, Domhnall Gleeson, Alicia Vikander, Kelly MacDonald, Matthew MacFayden, Michelle Dockery, Emily Watson, Holliday Grainger, Shirley Henderson
Genere: anglo-russo
Se ti piace guarda anche: Jane Eyre, Espiazione, Orgoglio e pregiudizio, Moulin Rouge!

Oggi parliamo di Анна Каренина.
Cooosa?

Eddai, non scappate subito davanti alla prima difficoltà. Mi riferisco ad Anna Karenina, scritto così vi piace di più? Si tratta di un tomo russo realista pubblicato a fine Ottocento.
Coooooooooosa?

"Dopo avermi massacrata per A Dangerous Method ti prego, Cannibal,
sii buono."
Siete scappati di nuovo? Tornate qui, che non parliamo del libro. Parliamo della trasposizione cinematografica alla portata di tutti. O quasi. È chiaro che se uno è in serata da ridarola, questo non è il film più consigliabile. Sebbene all’inizio un paio di momenti quasi divertenti ci sono anche. Un paio di momenti in cui scappa il sorriso, non la ridarola.
Per il resto, Анна Каренина, volevo dire Anna Karenina è un drammone in costume, una vicenda che narra di intrighi romantici nell’alta società russa, cosa che raccontata così può non rappresentare il massimo dell’interesse. Infatti è così. Eppure l’infelice vita di questi ricconi russi riesce a trasformarsi in un film molto coinvolgente, oserei quasi direi trascinante. Il merito è di una messa in scena spettacolosa, con pochi esterni e diverse scene ambiante a teatro, cosa che però non lo fa apparire un film meramente teatrale e insomma non so come abbia fatto il regista. Joe Wright, come hai compiuto questa magia? Sei un fottuto genio.

"Perché qui sembro uscita da un videoclip anni Ottanta?"
La vicenda principale, quella dell’amore galeotto tra Anna KareKeira Knightley, sposata con un Jude Law in brutta versione da pelatone, e il playboy Aaron Johnson, è bella, intensa e sofferta, però - ammettiamolo - è un po’ la solita storia d’amore galeotto vista e rivista in altri film in costume. E io non ho nemmeno visto così tanti film in costume.
La pellicola riesce però a riempire, se non il cuore, almeno gli occhi di bellezza, grazie alla regia enorme di Joe Wright, insieme a Steve McQueen oggi il più grande talento registico del Regno Unito, e a una realizzazione tecnica strepitosa. Io di solito non mi entusiasmo così tanto per questi aspetti, però in Anna Karenina scenografie, costumi, trucco e parrucco sono davvero sontuosi. Ci troviamo al top dei top dell’anno per quanto riguarda questi ambiti. Persino Les Misérables fa una figura misérabile al confronto.
L’altro valore aggiunto sono le musiche splendide di Dario Marianelli, classico esempio di fuga di cervelli e pure di fuga di talenti compositivi dalla nostra povera, sempre più povera italietta.

Veniamo quindi al reparto attoriale. Keira Knightley è una nota delicata: adorata da alcuni, soprattutto dal pubblico femminile, che la vede icona ideale di un certo tipo di bellezza classico, mal sopportata invece da altri, viste le sue continue smorfiette gne gne e un modo di recitare tutto suo. Io sto un po’ nel mezzo tra i due fuochi. Nelle sue ultime interpretazioni non l’ho sopportata: nella per il resto ottima commedia Cercasi amore per la fine del mondo lei non mi ha convinto, mentre in A Dangerous Method l’ho trovata addirittura agghiacciante. In altri film invece l’ho apprezzata, in particolare in quelli girati da Joe Wright, il valido Orgoglio e pregiudizio e lo stupendo Espiazione. Joe Wright, oltre a essere un fenomeno con la macchina da presa, possiamo allora considerarlo un fenomeno pure perché riesce a far recitare bene Keira, cosa che riesce a pochi registi. Rispetto a O&P e a Espiazione qui Keira è un po’ in ribasso, ma in compenso se la cava parecchio meglio che in A Dangerous Method. Accontentiamoci.

Il resto del cast se la comporta alla grande, a partire dal kick-ass Aaron Johnson, che adesso si chiama Aaron Taylor-Jonhson perché si è sposato con la regista Sam Taylor-Wood, donna di 23 anni più anziana di lui. Che uno pensa, vabbè se è una MILF come Demi Moore, ha fatto bene. Benone. E invece lei non è proprio Demi Moore. Comunque oltre ad Aaron Johnson fa un figurone anche Jude Law, uno che di solito fa il figo, mentre qui è parecchio imbruttito e ciò nonostante riesce a essere particolarmente convincente. Sorprendente pure il roscio de cavei Domhnaal Gleeson, visto finora nella saga di Harry Potter ma pure in un episodio di Black Mirror, e attenzione alla giovane svedese Alicia Vikander, quella sgnacchera di A Royal Affair, uno dei candidati all’Oscar di miglior film straniero. Sono una garanzia poi le varie comprimarie, Kelly MacDonald di Boardwalk Empire e Michelle Dockery da Downton Abbey su tutte, ed è proprio questo un problema, diciamo un problemino del film.
Si tratta di una vicenda russa, molto russa, pure troppo, eppure l’atmosfera è parecchio British. Colpa proprio dell’eccessiva bravura del cast quasi interamente britannico. Vedere questi russi che parlano un inglese fluente da perfetti baronetti è un po’ straniante. Dettaglio che potrebbe sparire nella versione doppiata in italiano. Oppure diventare ancora più straniante, dipende chi hanno scelto come doppiatori…
Questo comunque si chiama fare i precisetti, voler andare a trovare il pelo nell’uovo. Un uovo costruito in maniera sontuosa e impeccabile, cui manca giusto un pochino di calore in più per diventare un uovo cotto alla perfezione, volevo dire un film da portare con sé nel cuore. Ma d’altra parte da una vicenda russa raccontata dagli inglesi troppo calore sarebbe risultato inappropriato.
Da conservare nel cuore resta comunque soprattutto una sequenza: la scena del ballo di Keira Knightley con Aaron Johnson vale da sola la visione del film e vale anche 92 minuti di applausi. Una scena davvero Karina. Di più, una scena davvero Karenina.
(voto 7,5/10)





Post pubblicato anche su L'OraBlù, accompagnato da un poster particolarmente splendido realizzato da C(h)erotto.




sabato 16 febbraio 2013

A Mc ROYAL AFFAIR DELUXE

A Royal Affair
(Danimarca, Svezia, Repubblica Ceca 2012)
Titolo originale: En kongelig affære
Regia: Nikolaj Arcel
Cast: Alicia Vikander, Mikkel Boe Følsgaard, Mads Mikkelsen, Trine Dyrholm, David Dencik, Cyron Melville, Laura Bro, Harriet Walter
Genere: storico
Se ti piace guarda anche: Anna Karenina, La duchessa, Marie Antoinette
Uscita italiana: ?

C’è del marcio in Danimarca.
“E chissenefrega?” sbotterà qualche solito contestatore, irato.
Invece oggi ce ne frega, ok? Perché l’ha detto Shakespeare. E perché l’ha detto pure Alessia Carmicino sul suo blog. E poi perché è l’argomento di oggi su Pensieri Cannibali, giusto per spezzare la mononota monotonia sanremese.

Il vincitore di Sanremo Giovani Antonio Maggio
A Royal Affair è un film storico danese su una pagina importante nella storia della Danimarca, nel passaggio dal Medioevo all’Illuminismo.
“E chissenefrega?” continuerà a ripetere il solito contestatore, più qualcun altro che passava di lì e si è aggiunto nel frattempo al coro di proteste.
Avete ragione. Avete tutte le ragioni del mondo. Però c’è qualcosa in Danimarca di interessante. Altrimenti perché il Bardo in persona avrebbe ambientato lì una delle sue opere più celebri?
“Per caso?” ribatterà sempre il gruppo di manifestanti qui sopra.
Forse sì, o forse oltre a esserci del marcio, in Danimarca c’è qualcosa di inspiegabilmente fascinoso. Come il cinema di Lars Von Trier, Thomas Vinterberg e Nicolas Winding Refn. Come questo bel film in costume candidato ai prossimi Oscar tra le migliori pellicole straniere. Nomination meritata? Sì, ci può stare. Anche se l’assenza del candidato francese Quasi amici resta inspiegabile quasi quanto i testi di Kekko dei Modà.

"Ma perché pure io mi sono ridotto a stare sul divano a guardare Sanremo?"
A Royal Affair è una pellicola più storica che in costume. Oddio, i fan delle pellicole in costume credo lo adoreranno, ci andranno in brodo di giuggiole, perché comunque non mancano gli ingredienti delle pellicole in costume classiche, su tutti un amore un po’ tormentato e qualche conflitto in alta società. A regalare ulteriore spessore al film è però appunto la sua dimensione storica, oltre che politica e sociale.
A Royal Affair è ambientato a fine ‘700, in un’epoca in cui l’Europa era pronta a fare il grande salto dall’età buia del Medioevo alla luce dell’Illuminismo. Un passaggio cui l’Italia sta lavorando ancora oggi, anno 2013. Un contesto storico ben costruito, che forse avrebbe meritato ulteriore approfondimento e che fa da sfondo alle vicende dei protagonisti. Fondamentalmente un triangolo.
Umana, vampiro e licantropo?
No. Questa volta no. Qui si tratta del re di Danimarca, della sua affascinante sposa e del braccio destro del re, un illuminato illuminista tedesco.
Piccolo dettaglio: il re di Danimarca (interpretato da un ottimo Mikkel Boe Følsgaard) è uno un po’ fuori di testa, uno sciroccato, uno sbroccato, uno che va in giro a spassarsela alla grande e mette dei gran cornoni in testa alla moglie. E così lei che deve fare? Si trova un amante, che è Mads Mikkelsen, il One Eye del da me dormito alla grande Valhalla Rising e di recente protagonista pure de Il sospetto. A quanto pare in Danimarca non si gira un film senza il Mads Man Mikkelsen, che qui non è Mad ma è anzi quello che conduce quel pazzo di re sulla retta via. Quella dell’Illuminismo e del governo a favore dei contadini e del popolo. Quello che porta il re a cacciare via il governo dei parrucconi. Quello che avremmo bisogno noi come premier. Ma è chiedere troppo. Da noi siamo ancora in pieno Medioevo, altroché illuminismo.

Annalisa si prepara alla finale di Sanremo.
I pregi maggiori del film stanno nel raccontare bene una vicenda che potrebbe risultare interessante anche per quelli che a inizio post gridavano: “E chissenefrega?”. Da un punto di vista cinematografico, la pellicola è inoltre molto ben fatta. Il regista Nikolaj Arcel ci regala qualche lampo di accecante bellezza, ma più che altro dirige con la diligenza del buon padre di famiglia, quindi al momento non è ancora possibile avvicinarlo alla sacra triade danese Von Trier - Vinterberg - Refn. Chissà, magari in futuro…
Nel cast, oltre al Mads Mikkelsen e al mad Mikkel Boe Følsgaard, si segnala la protagonista femminile, la svedese Alicia Vikander, vista pure in Anna Karenina. Una che è bella, una che è bona, una che è brava, una specializzata in film in costume ma che un domani potrebbe diventare una star del cinema tutto.

Non splendido come Rebelle, non urtante quanto Amour, non avventuroso quanto Kon-Tiki, non coinvolgente quanto No, eppure un buon film, assolutamente degno della nomination agli Oscar. Perché?
Perché c’è del marcio in Danimarca. Ma, finché è così gustoso, ce lo assaporiamo volentieri.
(voto 7/10)


lunedì 30 aprile 2012

Robert Pattinson - Storia di un puttano in saldo

"Con sto sguardo vi trombo tutte, vi trombo!"
Bel Ami - Storia di un seduttore
(UK, Francia, Italia 2012)
Titolo originale: Bel Ami
Regia: Declan Donnellan, Nick Ormerod
Cast: Robert Pattinson, Uma Thurman, Christina Ricci, Kristin Scott Thomas, Colm Meaney, Holliday Grainger, Natalia Tena, Pip Torrens
Genere: in costume scostumato
Se ti piace guarda anche: Albert Nobbs, Come l’acqua per gli elefanti, A Dangerous Method

In Bel Ami non ci sono vampiri.


E fu così che la sala si svuotò.

Robert Pattinson ha una carriera, e soprattutto una vita, anche all’infuori di Twilight?
Può riuscire a crearsi un futuro cinematograficamente credibile, cancellandosi di dosso l’etichetta di teen-idol Dash, che più bianco non si può?
Farcela può farcela. In tanti prima di lui ci sono riusciti, vedi il DiCaprio passato dalle magliette delle teenagers ai tempi del Taitanic al cinema d’autore grazie a Scorsese. E forse capiterà anche a Pattinson con il suo prossimo Cosmopolis, diretto da David Cronenberg. Sperando di non trovarci di fronte a una nuova ciofeca alla A Dangerous Method.
Per il momento però il Pattinson deve ancora attendere, visto che l’etichetta tuailaids ce l’ha ancora ben attaccata addosso e questo Bel Ami non fa certo nulla per scollargliela. Nemmeno un pochino. Oltre a essere artisticamente una porcheria, il film, almeno in Italia, è stato un bel floppone, con appena 1 milione di euro incassati nonostante l’uscita in numerose sale.
I motivi del flop?
"Ma che du' cojoni sto film! Almeno Twilight faceva ride..."
In Bel Ami non ci sono vampiri.


E la sala si svuotò. Di nuovo.

Non ci sono vampiri, ma allora che ce sta, in questo Bel Ami di ‘sta cippa?
La storia si basa sull’omonimo libto di Guy de Maupassant, un romanzone classico ambientato nella Parigi di fine ‘800. Spiacenti, fan del Pattinson: non è ambientata a Forks. Il protagonista Georges Duroy non è un vampiro e non è nemmeno un licantropo e non ha manco un mezzo potere soprannaturale. È un giovane affascinante che ha combatutto in Algeria un paio d’anni per l’esercito francese, tutto qui, e ora rientrato in patria si arrampica. Cioè, fa l’arrampicatore sociale. Ad aiutarlo nella sua scalata sui gradini dell’alta società parigina ci pensano le donne. Sono loro infatti a controllare i destini della città, mica i loro mariti, e saranno loro ad aiutare il Georges ce l’ho sempre duro Duroy a diventare ricco e potente. Perché lo fanno? Perché il Pattinson le attrae come teenager emo in calore.
Possiamo definirlo arrampicatore sociale, oppure in altri termini possiamo dire che fa il puttano? Sì, in pratica fa il mantenuto. Figata.
Perché lui sì e noi no?
Perché lui è Robert Pattinson. Ma che gli fa, alle donne? Che gli fa?

"Con tutto il rispetto per Guy de Maupassant,
ma il libro del Cannibal è molto più interessante!"
C’è una scena con Pattinson col culetto ignudo che si inchiappetta una prostituta che manderà in solluchero tutte le sue fans e un po’ in tutto il film il corpo di Pattinson è trattato come di solito vengono trattati i corpi delle attrici donne. Come meri oggetti sessuali. Pattinson in questo film è un po’ come Sharon Stone in Basic Instinct.
Senza la scena dell’accavallamento di gambe, grazie a Dio!
La rivincita del femminismo, o solo la mercificazione del Pattinson?

Fondamentalmente questa roba che dovrebbe essere una grande storia di discesa negli abissi dell’avidità umana, finisce per somigliare a una versione in costume di Gossip Girl. Pattinson troieggia alla grande e passa da un letto all’altro. Da Christina Ricci a Uma Thurman fino a Kristin Scott Thomas. Una serie di scene di sesso iper patinato vicine a quelle di Breaking Dawn. Fate voi quanto sexy possano essere…


"Wow, Christina, hai le tette più grosse di Kristen Stewart!"
"Embè, grazie al cazzo, chiunque... pure tu!"
Se come seduttore il potere del Pattinson funziona, eccome, come attore invece come se la cava?
Nella prima parte regge il personaggio ancora discretamente bene. Quando la situazione si fa drammatica, quando entrano in gioco le scenone urlate manco Muccino fosse passato in cabina di regia e quando il suo personaggio sprofonda nel suo lato più oscuro, anche la recitazione del Pattinson sprofonda e si fa drammatica. Ma non intendo in senso positivo. Complici dialoghi non proprio memorabili e situazioni da raffinata soap-opera in costume, girata con stile di poco superiore alle fiction italiane, Pattinson non convince. È lui stesso il primo a non credere nella sua intepretazione. E anche Christina, Uma e Kristin fanno poco meglio di lui.
Fino a che c’è da fare il piacione, gli riesce anche. Quando si tratta di fare il serio e il melodrammatico, non ci siamo. Sarà per Cosmopolis...
Ma anche lì, care fan del Pattinson, sembra che non ci siano vampiri.


Avete di nuovo lasciato la sala-ala-ala-ala  ala  alaaa   alaaaaaa?
(voto 4,5/10)


martedì 11 ottobre 2011

Jane in a bottle

Jane Eyre
(UK, USA 2011)
Regia: Cary Fukunaga
Cast: Mia Wasikowska, Michael Fassbender, Judi Dench, Jamie Bell, Sally Hawkins, Imogen Poots, Craig Roberts, Valentina Cervi, Holliday Grainger, Tamzin Merchant
Genere: vittoriano
Se ti piace guarda anche: Bright Star, La duchessa, Orgoglio e pregiudizio

Trama semiseria
Jane Eyre, rimasta orfana, può scegliere se venira data in affidamento alla nonna e diventare la giovane streghetta protagonista di The Secret Circle oppure andare a stare con la ziastra che al confronto Crudelia de Mon è una cara persona. Sceglie la seconda. La ziastra le vuole talmente bene che la manda in un istituto dove il primo giorno la mettono in punizione e dicono a tutte le altre bambine che se mai parleranno con lei finiranno a condurre la rubrica “Salviamo le forme” di Studio Aperto per tutta la vita. Uscita da questo simpatico istituto, la nostra Jane diventa un’insegnante privata per una bambina che parla solo francese e scoprirà poi…
che il padre della bambina è Sarkozy e sua madre è Carlà?

Recensione cannibale
Beata ignoranza.
C’è chi sostiene che la felicità consista nell’ignoranza del vero. Un certo Leopardi, ad esempio. Forse ha ragione. Ad esempio se ignori che la Gelmini è l’attuale Ministro dell’istruzione, sei più felice. Oppure se ignori che un pianeta sta per colpire la Terra, è più improbabile tu sia depresso rispetto a uno che lo sa. Ma su quest’ultimo punto torneremo in occasione di Melancholia. Fatto sta che forse ha ragione Leopardi. Meglio non saperle, le cose.
Tutto questo per dire che io, dall’alto della mia ignoranza sulle opere delle Brontë sisters (che per gli altri ignoranti come me in ascolto non sono una nuova cool band al femminile, ah yeah, ma delle sorelle scrittrici dell’Ottocento) non conoscevo Jane Eyre. O meglio, la conoscevo di nome ma non conoscevo la sua storia, non avendo letto il romanzo della Charlotte Brontë e non avendo mai visto nessuna delle miliardi di trasposizioni per il cinema e la tv realizzate fino ad oggi. No, nemmeno quella di Zeffirelli con la mia adorata Charlotte Gainsbourg, sulla quale pure in questo caso torneramo sempre in occasione di Melancholia.
Tutto quest’altro per dire che mi è piaciuta, questa nuova versione cinematografica di Jane Eyre prodotta dalla BBC, e magari a chi ha ben presente la storia sembrerà una versione non eccezionale. Io però non so dire se possa rientrare tra i migliori o peggiori adattamenti del romanzo, né so quali elementi qui presenti siano più originali rispetto alle altre versioni e quali elementi siano stati tralasciati. Quindi in pratica questa pseudo recensione è del tutto inutile.

Quello che posso dire dal basso del mio personale ignorante punto di vista è quanto ho apprezzato di più: i due attori riescono a rapire lo sguardo, conducendoci al cuore della vicenda. Lei, Jane Eyre, è Mia Wasikowska (ora sui nostri schermi anche con L'amore che resta di Gus Van Sant), l’attrice australiana di origini polacche (sempre sia tu lodata, Wikipedia libera) il cui cognome viene ormai usato come scioglilingua nelle principali accademie di dizione del mondo. A parte quelle dell’Est Europa, perché vabbé lì immagino non lo trovino così complesso da pronunciare. Lui, Mr. Rochester, è Michael Fassbender, attore tedesco naturalizzato irlandese (sempre e always thank you, free Wikipedia), coppa Volpi all’ultimo Festival di Venezia per il film Shame. Vergogna. No, non è una vergogna che abbia vinto, volevo solo dire che “shame” in italiano significa “vergogna”. Il film invece non l’ho ancora visto (altra ignoranza), ma considerata la solita bravuta dell’interprete di certo il premio non è stato una vergogna.
La cosa più affascinante del film è proprio la tensione sessuale sottesa che all’improvviso si sprigiona tra le due anime in pena. Questa è una frase che forse alla Brontë sarebbe piaciuta. Eh sì, bambini, avete letto bene, ho detto: tensione sessuale. Siete arrossiti come Jane al primo incontro con il macho Rochester? Lui, il Fassbender, fin dall’inizio ha infatti lo sguardo (vedi foto a destra) di chi pensa: “Puoi provare a resistermi, piccola, ma tanto te trombo!”. Lei, la Wasikowska, ha invece lo sguardo peccaminoso (vedi foto sopra) di quella che pensa: “Faccio finta di resisterti, ma al terzo appuntamento te la smollo.”
E così la coppia di protagonisti funziona alla grande, anche perché al di là della tensione sessuale, sono due signori attori, tra i più lanciati del panorama attuale.

"Hey, Billy Elliot, mai pensato di iscriverti al Glee club?"
"Hey, Alice, vuoi che mi tolga i pantaloni e ti mostri il paese delle meraviglie?"
A funzionare meno, ma ricordo ancora che non conoscendo l’opera originale non so se ciò sia amputabile al romanzo o a questa versione, è invece il contorno. Gli altri personaggi rimangono per forza di cose minori, dalla perfida zia Sally Hawkins (la grande Sally Hawkins, qui convincente nella parte della stronza), al cugino Craig Roberts (il mitico protagonista del mitico Submarine, dove pure lì c'era anche la Hawkins), dall’aspirante provolone Jamie Bell (proprio il ballerino gay Billy Elliot; come, non era gay? stupidi stereotipi!) alla governante Judi Dench. Ma ad essere sacrificato è soprattutto il personaggio della pazza Bertha Mason, interpretata dalla “nostra” Valentina Cervi (anche in versione cantante in soundtrack con la sua versione del traditional Ada), che avrebbe meritato un maggiore approfondimento in grado di regalare alla pellicola un ulteriore gothic touch e invece si ritaglia appena una misera scena.

Se la fotografia è di ottimo livello e ci (o almeno mi) riporta alla mente le atmosfere sospese di Bright Star, manca però una forte impronta registica come quella di Jane Campion, ma comunque Cary Fukunaga, qui alla sua seconda opera dopo l’acclamato Sin Nombre (che pure questo, continuo ad ammettere la mia ignoranza, non ho visto), dimostra di possedere un buon occhio e uno sguardo attento.
La colonna sonora dell’altro “nostro” Dario Marianelli (premio Oscar per Espiazione) è azzeccata e conferma, manco ne avessimo bisogno, la teoria della fuga dei cervelli. E qui ritorniamo alla questione di partenza. Se, ad esempio, ignorassimo di vivere in un paese in cui il talento viene considerato come la Peste, saremmo più felici?
Penso di sì.
E allora beata ignoranza.
(voto 7/10)

P.S. Confesso che il finale ha (quasi) sciolto il mio freddo cuore.

domenica 3 aprile 2011

Quando m’han detto "film in costume" immaginavo delle tipe in bikini

La duchessa
(UK, Francia, Italia 2008)
Titolo originale: The Duchess
Regia: Saul Dibb
Cast: Keira Knightley, Ralph Fiennes, Hayley Atwell, Dominic Cooper, Charlotte Rampling
Genere: storico
Se ti piace guarda anche: Marie Antoinette, Elizabeth, L’altra donna del re

“Un uomo o è libero oppure non lo è. Il concetto di libertà è un assoluto. Del resto non si può essere moderatamente morti, o moderatamente amati o moderatamente liberi. Dev’essere una cosa o l’altra.”
Georgiana Cavendish

Trama semiseria
La storia della duchessa del Devonshire Georgiana Cavendish, uno di quei nomi alla Valeriana & Katiana di Uomini & donne solo che per fortuna siamo alla fine del Settecento e quei mostri Maria de Filippi non li aveva ancora partoriti. Anzi, non era ancora nata la televisione e, pensate, nemmeno Mediaset. Comunque non è che fossero tempi molto belli pure allora, perlomeno se non eri un uomo e perlomeno se non eri almeno un duca.
La giovane & cool duchessa Georgiana/Keira Knightley si sposa infatti con quello stronzo di Ralph Fiennes e lui la tradisce in ogni occasione possibile persino inculandosi delle scimmie. Ok, forse quest’ultimo dettaglio me lo sono inventato scrivendo in pericolosa fase post-alcolica, però la povera Georgiana viene usata davvero soltanto per dargli un figlio maschio. Peccato che prima arrivi una femmina, poi un’altra femmina, quindi una femmina illegittima e l’erede maschio tardi a nascere… Quando infine arriverà lo chiameranno Claudiano?

Recensione cannibale
Con i film in costume ho un rapporto conflittuale, anzi diciamo non sono proprio il mio genere. Il mio pollice va su quando ci sono dei lavori in grado di innovare e rinnovare la tradizione come la Marie Antoinette con tanto di Converse e colonna sonora new-wave partorita dai sogni di Sofia Coppola (e dai miei), mentre per quanto riguarda il resto preferisco starmene seduto in un angolino a guardare distaccato e impaurito. A questa Duchessa ho comunque voluto concedere una possibilità, vuoi per Keira Knightley, vuoi per un trailer che mi ha convinto o per il post di Silvia aspirante personaggio austeniano, vuoi ancora per Keira Knightley. E sì, fondamentalmente se l’ho visto penso sia stato per Keira Knightley.

La Duchessa presenta una vicenda non molto dissimile da Marie Antoinette e comunque dalla maggior parte dei film in costume ambientati a fine ‘700, se vogliamo dirla a tutta, o almeno così immagino visto che non è che ne abbia visti molti, epperò è in grado di farsi apprezzare anche da un anti-storico come me per la grande eleganza e cura formale; non a caso nel 2009 è stato premiato con l’Oscar per i migliori costumi e ha avuto una nomina pure per la miglior scenografia. Un film visivamente molto curato non solo nei dettagli delle ambientazioni e dei costumi, ma anche nella fotografia e nella bellezza delle immagini. O forse è solo un’impressione dovuta al fascino emanato da Keira Knightley in ogni singola scena.
Il suo marito cinematografico è invece quell’odioso di Ralph Fiennes in un ruolo odioso per cui è quindi perfetto. Fiennes è un attore di quelli che non capisco, fatta eccezione per Strange Days, l’unica occasione in cui l’ho trovato ottimo. Per il resto mi risulta davvero insopportabile, anche se peggio ancora è suo fratello Joseph Fiennes, un attore che ha il dono di rovinare ogni cosa che tocca, ultima in ordine di tempo la serie FlashForward: lanciata come nuovo “Lost”, con lui come protagonista le buone intenzioni si sono ben presto volatilizzate.

Tornando al film in costume, nella seconda parte della Duchessa affiora un filo di noia, ma può benissimo essere colpa mia più che del film di per sé, visto che comunque faccio fatica a coinvolgermi totalmente in vicende e personaggi così lontani nel tempo (per quanto nella protagonista compaiano parecchi barlumi di modernità), ma soprattutto faccio fatica a non trovare ridicole quelle parrucche che persino un trans si vergognerebbe a mettere.
Nel complesso un’ottima pellicola storica, con alcuni momenti parecchio intensi, diretta con talento dal promettente Saul Dibb e interpretata alla stra-grande da Keira Knightley. Ma questo ormai è un fatto praticamente scontato.
Comunque avrà anche ricevuto l’Oscar per i migliori costumi, ma a Keira non hanno fatto indossare nemmeno un bikini... Stiamo scherzando?
(voto 7-)

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