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mercoledì 30 dicembre 2020

I migliori film del 2020 (secondo Pensieri Cannibali)

 
 
 
 
La mia classifica è più bella della vostra?
Sì e no.
 
Sì, perché questi sono i miei film preferiti del 2020, quelli che mi hanno colpito ed emozionato maggiormente, anche se nel giro di uno o due giorni potrei aver già cambiato idea su qualche posizione o su qualche titolo, quindi per me questa è la classifica più bella possibile.

No, perché nessun altro al mondo sarà del tutto d'accordo con me. C'è chi qualche film non lo avrebbe messo, chi ne avrebbe inseriti altri, chi avrebbe posizionato questa o quella pellicola più in alto o più in basso, e chi molti di questi lavori non li ha manco visti. Dal vostro punto di vista, la vostra sarà più bella della mia. Allora le classifiche sono inutili?

No. Per quanto mi riguarda la loro pubblica utilità maggiore è quella di segnalare opere degne di nota che magari agli altri sono sfuggite. Ecco i 20 film dell'anno di Pensieri Cannibali. I migliori? Non necessariamente. Più che altro 20 consigli di visione. Tutti i film presenti nella lista si possono trovare, in maniere più o meno lecite, in streaming online in italiano oppure con sottotitoli italiani. Spero che i titoli inseriti vi possano piacere parecchio o li possiate detestare parecchio. Spero solo non vi lascino indifferenti.


domenica 30 dicembre 2018

I migliori film del 2018 - Le scelte di Pensieri Cannibali





Nonostante il titolo specchietto per le allodole, qui sotto non trovate necessariamente i film migliori del 2018. Ci trovate soltanto i 20 preferiti da Pensieri Cannibali. Il bello del mondo è che ognuno ha le proprie idee e i propri gusti, quindi chi può stabilire oggettivamente cos'è migliore?

Fatta questa premessa per pararmi il culo nel caso i titoli selezionati vi facciano schifo, ecco i 20 film top del 2018 di Pensieri Cannibali, anticipati dal palmarès dei lavori vincitori del premio di pellicola cannibale dell'anno gli scorsi anni, da quando questo blog è in vita.

P.S. I film presenti in classifica sono usciti nei cinema italiani durante il 2018, oppure sono stati resi disponibili nel corso dell'anno in rete con sottotitoli in italiano.

2015 - Mommy
2016 - Perfetti sconosciuti
2017 - La La Land


La Top 20 cinematografica del 2018 di Pensieri Cannibali

lunedì 20 dicembre 2010

Sondaggio time: vota il tuo film del 2010

Ecco il primo sondaggio per i lettori del blog Pensieri Cannibali di fine anno. Vota anche tu il tuo film preferito degli ultimi 12 mesi e non vinci un bel niente, se non la soddisfazione di far vincere la tua pellicola del cuore, perché anche queste sono soddisfazioni, no? La scelta è stata ristretta a una selezione di film tra i più belli o di maggior successo o più premiati o cult personali o tutte queste cose messe insieme.

Ci sono pellicole osannate da pubblico e critica (e anche da questo blog) come “Inception” e “The Social Network”. C’è il maggiore incasso di tutti i tempi, il da me odiato “Avatar”, e il campione italiano al box-office “Benvenuti al Sud”. C’è il thriller argentino premiato con l’Oscar per il miglior film straniero “Il segreto dei suoi occhi”, il discusso vincitore del Festival di Venezia “Somewhere” firmato Sofia Coppola, il candidato italiano ai prossimi Oscar "La prima cosa bella", il trionfatore ai recenti Oscar europei “L’uomo nell’ombra” di quel Roman Polanski protagonista di un anno decisamente turbolento. In più alcuni miei cult personali come il super nerd “Scott Pilgrim vs. The World”, il toccante “Amabili resti” di Peter Jackson e il criminale “The Town” di Ben Affleck. Ciliegina sulla torta, una pellicola non (ancora?) distribuita in Italia, il greco “Kynodontas”: chi l’ha visto difficilmente l’avrà scordato.
Quindi votate votate votate (nella colonna sulla destra), potete dare più di una preferenza e c'è tempo per tutte le vacanze natalizie. I risultati li porta la Befana.

lunedì 12 aprile 2010

Ex-Factor

Il cacciatore di ex
Titolo originale: The Bounty Hunter
Regia: Andy Tennant
Cast: Gerard Butler, Jennifer Aniston, Christine Baranski, Jason Sudeikis

A Gerard Butler, dopo le battaglie di Sparta in “300” e i combattimenti di “Gamer”, questa volta tocca un gioco ancor più divertente: rincorrere Jennifer Aniston. Da sempre la mia “Friends” preferita, ancora sto a chiedermi come mai Brad Pitt l’abbia mollata per quella invasata adotta-bambini di una Angelina Jolie. Va bene essere basterds, però così mi sembra troppo. Ma sto divagando.
Dunque, Brad Pitt era sposato con quella gran figa di Jennifer Aniston. Ah, no. In questo film Gerard Butler era sposato con quella gran figa di Jennifer Aniston, qui in versione giornalista a caccia della verità su una vicenda complicata. Come se i giornalisti nell’anno 2010 fossero ancora delle figure mitiche e idealizzate il cui compito è ricercare la verità. Beh, forse negli USA è ancora così. In Italia possiamo solo guardare a tali personaggi come se fossero usciti da un film di fantascienza. Ma sto divagando, ancora.
Jennifer Aniston deve andare in galera perché non si è presentata a un’udienza. E anche qui a noi italiani appare tutto così fantascientifico, visto che basterebbe una leggina sul legittimo impedimento per far crollare l’intera trama del film. Un’altra divagazione? Eh basta!
Ok, torno a concentrarmi sul film. Gerard Butler di lavoro fa il cacciatore di taglie e il compito affidatogli è quello di andare a pescare la fuggitiva Jennifer Aniston e portarla dritta in gattabuia. Si da il caso che la signorina Aniston sia però anche la ex signora Pitt. Pardon, la ex signora Butler. Quindi, riassumendo: Gerard Butler in un sol colpo si intasca dei soldi per il lavoro e allo stesso tempo ha l’occasione di spedire al fresco l’ex moglie. Quando si dice due piccioni con una fava. Espressione, tra l’altro, che io ho sempre odiato.
Se ho divagato nel corso di questa sorta di recensione, è perché comunque di questa pellicolina non c’è poi molto da dire. Trama principale pseudo-romantica prevedibile, trama secondaria con qualche inserto thriller addirittura ridicola, personaggi di contorno inutili. Però c’è una cosa che funziona alla grande: la coppia glamour Aniston/Butler tiene in piedi da sola l’intero ambaradan. Sono loro a rendere simpatico un film del tutto mediocre.
Un dubbio però continua ad assalirmi ancora più forte dopo averla vista qui. Come diavolo ha fatto Brad Pitt a lasciare Jennifer Aniston?
(voto 5/6)

Potete vedere il film al cinema, oppure in download/streaming QUI

giovedì 8 aprile 2010

Reality killer

Killer Movie
Regia: Jeff Fisher
Cast: Paul Wesley, Kaley Cuoco, Gloria Votsis, Torrey DeVitto, Jason London, Leighton Meester, Robert Buckley, Nestor Carbonell

“Scream” ha segnato il cinema horror degli anni Novanta, con il suo mix tra paura e ironia. Poi sono arrivate altre mode: il modello giapponese alla “The Ring”, quindi i torture-movie vari, tra “Saw” e “Hostel”.
Questo “Killer Movie” snobba le tendenze recenti e guarda decisamente al passato di “Scream”, con un folle serial-killer mascherato e incappucciato, una lunga sequenza di morti ammazzati, ma anche purtroppo con un senso dello humour meno marcato. Per rendere il tutto comunque attuale, si è fatta la furbata di aggiungere la tematica dei reality-show. Ma quello che doveva partire come un noioso programma su una squadra di hockey liceale nella remota provincia americana, ben presto si trasforma in un gioco al massacro... Che è poi ciò che ognuno di noi spera di vedere quando (più o meno per sbaglio) finisce su un canale che trasmette un reality.

Il cast della pellicola è di matrice telefilmica. C’è il bel tenebroso di “The Vampire Diaries” Paul Wesley, la stra-mega-gnocca di “Big Bang Theory” e “8 semplici regole” Kaley Cuoco, un paio di tizi da “One Tree Hill”, Nestor Carbonell ovvero Richard Alpert di "Lost", e Leighton Meester, la Blair Waldorf di “Gossip Girl” (vi consiglio però di non affezionarvi troppo al suo personaggio…).
Per chi come me si diverte con horror-adolescenziali un po’ scemotti, “Killer Movie” è una visione non imprescindibile, ma comunque piacevole e in grado di creare una certa (seppur minima) tensione. Tutti gli altri, sono certo, troveranno modi migliori per ammazzare un’oraemezza. Preferibilmente non guardando un reality-show.
(voto 6)

Il film non è (ancora) uscito in Italia, forse nemmeno arriverà mai. Però lo potete vedere/scaricare in inglese con sottotitoli in italiano QUI.

mercoledì 7 aprile 2010

CSI: Oxford

Oxford Murders – Teorema di un delitto
Regia: Álex De la Iglesia
Cast: Elijah Wood, John Hurt, Leonor Watling, Julie Cox

Proposto in una recente nottata di Italia 1, “Oxford Murders” è un thriller del 2008 affascinante e decisamente sottovalutato, considerando come si distingua per intelligenza da molti altri film appartenenti allo stesso filone.
L’aspetto più interessante è l’ambientazione nella cittadina universitaria inglese che emana un fortissimo profumo di cultura e allontana la pellicola dalle solite location delle anologhe produzioni hollywoodiane. A contribuire all’europizzazione del tutto ci pensa anche la regia dello spagnolo Álex De la Iglesia.

Lo studentello genietto Elijah “Frodo” Wood forma un duetto affiatato con un John Hurt (stranamente somigliante a Gandalf) nella parte del vecchio professore sapientone che se la tira un po’ troppo (alla Dr. House). Niente hobbit e gollum, per Elijah. Stavolta gli va decisamente meglio, visto che appena arrivato a Oxford dagli States viene coinvolto in un triangolo amoroso tra una mediterranea tettona mora e una bionda psicopatica con gli occhi fuori dalle orbite. I risvolti sessuali ci riportano dalle parti dei thriller anni 90 con Michael Douglas, senza arrivare comunque alla morbosità di un “Basic Instinct”.
Tra “CSI” (ma senza le parti scientifiche), “Il codice Da Vinci” (ma senza la tematica religiosa) e “Sherlock Holmes” (ma senza tutte quelle noiose scene d’azione), un thrillerone ben congegnato, con musiche avvolgenti e un’atmosfera particolare che gli fornisce un valore aggiunto. Perché non succede solo a Garlasco. Anche a Oxford si ammazza. E lo si fa con grande intelligenza.
(voto 7)

martedì 6 aprile 2010

Alto voltaggio

Crank: High Voltage
Regia: Mark Neveldine & Brian Taylor
Cast: Jason Statham, Amy Smart, Dwight Yoakam, Bai Ling, Corey Haim, David Carradine, Clifton Collins Jr., Geri Halliwell

Per chi si fosse giustamente assentato dai Pensieri Cannibali per le vacanze pasquali, riassumo le puntate precedenti del blog dicendo che mi sono fissato negli ultimi tempi con due registi/sceneggiatori a mio parere geniali: Mark Neveldine & Brian Taylor. Autori dell'otimmo “Gamer”, attualmente nelle sale, hanno esordio con un action movie pazzesco, divertentissimo e figoso come pochi altri film negli ultimi anni: “Crank”. A gennaio di quest’anno è uscito in Italia, direttamente per il mercato DVD, anche il seguito di questo loro capolavoro. E Crank 2 non delude.
Il protagonista Jason Statham sembrava aver fatto una brutta fine al termine della prima pellicola, ma al cinema, si sa, i miracoli succedono e quindi rieccolo in (quasi) splendida forma, più assatanato di prima e alla costante ricerca di adrenalina ed elettricità che possano dare una scossa al suo cuore malconcio.
Ci troviamo come di fronte a un episodio 2 di una serie tv, o a un upgrade di un videogame stile “Grand Theft Auto” o “Driver”. Il ritmo rimane indiavolato, le situazioni si fanno ancora più assurde ed estreme rispetto al primo capitolo. Il divertimento è ancora una volta assicurato.

Particolare curioso: ci sono un paio di camei di personaggi musicali. Uno è Chester Bennington dei Linkin Park, comparso anche nel precedente “Crank”, e a sorpresa l’ex Spice Girls Geri Halliwell, che in un flashback veste i panni della madre del protagonista. E la colonna sonora è stata composta da Mike Patton dei Faith No More.

Particolare inquietante: in ruoli minori ci sono David Carradine, il Bill di “Kill Bill”, e Corey Haim, teen-idol degli anni ’80, entrambi scomparsi recentemente.
(voto 8)

lunedì 5 aprile 2010

Crank (is better than crack)

Crank
Regia: Mark Neveldine & Brian Taylor
Cast: Jason Statham, Amy Smart, Jose Pablo Cantillo, Efren Ramirez, Dwight Yoakam

Rimasto piacevolmente colpito dall’irruenza citazionista e adrenalinica di “Gamer”, sono andato subito a recuperarmi il film che ha lanciato la coppia di registi/sceneggiatori Neveldine & Taylor. “Crank”, del 2006, è il film action definitivo. Probabilmente la cosa più figa, anfetaminica e gasante che il genere abbia prodotto nell’ultimo decennio. Ora posso affermare senza troppi dubbi che Neveldine & Taylor sono i miei nuovi idoli assoluti.

Il film parte da un pretesto mooolto alla “Speed”. In quel caso era un autobus che non poteva viaggiare sotto la soglia delle 50 miglia orarie, pena l’esplosione di una bomba piazzata da un maniaco terrorista. In “Crank”, a causa di una droga cinese sintetica iniettatagli in vena, è il cuore del protagonista Jason Statham (il nuovo Bruce Willis) a non poter assolutamente rallentare, pena l’esplosione dello stesso… cuore.
Quindi il nostro eroe si vede “costretto” ad alimentare la propria adrenalina sfuggendo alla polizia e cacciandosi nelle avventure più rischiose, oltre ad esempio a mettersi a scopare in pubblico e ad assumere dosi ingenti di Red Bull, epinefrina, cocaina & droghe varie.

Se “Gamer” va spedito ai 300 all’ora, questo è un film che mette la freccia di sorpasso anche su "Lola corre" e "Fast & Furious", viaggiando ai mille orari senza mai arrestare la sua folle corsa fino alla fine. Sboccato, con una colonna sonora grandiosa che frulla dentro di tutto, ricco di battutaccie divertentissime, di trovate strepitose al limite della cattiveria e della malattia mentale, di invenzioni registiche portentose, “Crank” ridefinisce l’action e i confini della figosità cinematografica. Per gli amanti del genere, una visione obbligata. Ma io azzarderei a mettere questo film anche nel filone del cinema d’autore. Perché è vero che Neveldine & Taylor prendono spunto più che altro da una cultura “bassa” che attinge al mondo di videogame, videoclip, fumetti & iper-violenza, però hanno uno stile e una personalità così definita da contraddistinguersi con stile dal resto del cinema in circolazione. Un cult totale.
Fatevi di crank.
(voto 8,5)

sabato 3 aprile 2010

Gamer over

Gamer
Regia: Mark Neveldine & Brian Taylor
Cast: Gerard Butler, Michael C. Hall, Amber Valletta, Kyra Sedgwick, Alison Lohman, Logan Lerman, Ludacris, John Leguizamo, Milo Ventimiglia

Ogni tanto un bel filmone d’azione ci vuole.
“Gamer” inizia proprio come il trailer, sulle note di “Sweet Dreams” versione Marilyn Manson. Veniamo subito immersi dentro una sorta di fantascientifico action con una di quelle strampalate trame alla Schwarzenegger. Solo che stavolta il protagonista è Gerard Butler, il Leonida di “300”. Augh! Augh! Augh!

Lo stile registico abbatte però ogni ricordo del passato per farsi totalmente moderno e innovativo. Solitamente odio quando il cinema si fa da parte per lasciare posto a un’estetica da videogame, mi vengono in mente “Avatar”, “Io sono leggenda” o “Costantine”. In questo caso invece un’estetica di questo tipo ha senso perché la storia parla proprio di un videogame live in cui dei veri carcerati si ammazzano tra di loro comandati da giocatori comodamente seduti in casa propria.
I due registi/sceneggiatori Neveldine & Taylor, gli stessi dell’adrenalinico cult “Crank”, sono probabilmente cresciuti a base di videogames, film dei Wachowski e videoclip anni ’90 e hanno un talento visivo impressionante, che mi ricorda Jonas Akerlund (il director di “Spun” e degli ultimi video di Lady Gaga) e per la violenza anche un giovane Tarantino.

Le citazioni e i riferimenti al mondo di Second Life e dei videogiochi, tanto quelli iper-moderni quanto quelli vintage anni '80, sono stati inseriti dai due con cognizione di causa e si capisce che non sono dei mestieranti ingaggiati da qualche produttore per far felice un pubblico di teenagers. I due hanno fatto un film dove hanno inserito tutto il loro mondo e probabilmente si sono divertiti un mondo a realizzarlo.

Leonida a parte, il resto del cast è molto telefilmico. Il cattivone di turno, una sorta di Steve Jobs/Bill Gates impazzito, è un Dexter (al secolo Michael C. Hall) in ottima forma e in una scena si dimostra anche un valido ballerino. Nelle vesti di una scoppiata conduttrice televisiva alla Simona Ventura (ma leggermente meno insopportabile) c’è invece Kyra Sedgwick di “The Closer”. Fanno capolino anche il rapper Ludacris, Percy Jackson in persona e Alison Lohman che molti ricorderanno in “Big Fish” e in “Drag me to hell”.
Il film ha una storia poco credibile ma che offre comunque qualche spunto di riflessione non del tutto scontato. Soprattutto, viaggia ai 300 (stavolta Sparta non c’entra) orari, è una giostra colorata e frenetica che gira senza fermarsi e a qualcuno farà venire la nausea. Io, pur non essendo un patito assoluto del genere, mi sono esaltato alla grande.
(voto 7,5)

Potete vedere il film nei cinema, oppure in streaming/download QUI

giovedì 1 aprile 2010

Le concert

TU: “Sono andato a vedere Il concerto.”
AMICO: “Interessante, di chi?”
TU: “Intendo che ho visto Il concerto.”
AMICO: “Oook. E io intendevo chiederti di che cazzo di gruppo era il concerto che hai visto…”
TU: “Il film: “Il concerto”.”
AMICO: “Beheello. Ti sei visto un concerto in DVD. Eccitante! Quasi come essere lì dal vivo. No, aspetta. Non dirmelo che potrei non reggere l’emozione: hai anche pogato in salotto?”
TU: “Ma non hai capito. Ho visto il film “Il concerto”, Le concert.”
AMICO: “Uh, bello. Adesso fai il figo con le lingue. Sai che ti dico? Mi hai stufato. Bonsoir.”

Ecco, se vedete Il concerto, intendo il film “Il concerto”, non ditelo a nessuno. Vi risparmiate lunghe inutili conversazioni esplicative. Che poi, tra l’altro, secondo me non è nemmeno tutto questo gran film come molti sostengono.

Il concerto
Titolo originale: Le concert
Regia: Radu Mihaileanu
Cast: Aleksei Guskov, Mélanie Laurent, Dmitri Nazarov, Valeriy Barinov, Miou-Miou

Non sopporto i film ruffiani, tanto meno quelli pieni di stereotipi. Ne “Il concerto” i russi sono rappresentati fondamentalmente come: Comunismo, vodka, imprenditori russi alla Abramovič e musica classica di Tchaikovsky. Adesso, non conosco bene la situazione della Russia attuale, ma credo sia ben diversa dalla idealizzata raffigurazione qui proposta. Un po’ come quando noi italiani veniamo rappresentati solo attraverso pizza, pasta, sole, mafia e musica lirica. E capita spesso. Molto spesso. Le cose poi nella realtà sono un tantino differenti.

Il film comunque non ha probabilmente grandi pretese di realismo, essendo per lo più giocata sui toni della commedia grottesca.
La vicenda parte da uno spunto classico: un grande direttore d’orchestra che non sale su un palco da 30 anni ha la grande occasione per fare la sua rentrée trionfale, addirittura in quel di Parigi. Per farlo ha però bisogno di reclutare un gruppo di scapestrati strumentisti ebrei russi pure loro fuori dal giro da parecchio tempo. Anche qui è una parata di cliché che segue la struttura di film di grande successo come “Full Monty”, ma anche “Dodgeball” o “Armageddon”.

Nella seconda parte il registro si fa un attimo più drammatico, con l’inserimento di un altro tema decisamente scontato: gli strambi russi scelgono infatti di essere accompagnati dalla più grande violinista francese, che allo stesso tempo è anche una ragazza orfana che non ha mai conosciuto i genitori. Chi saranno mai questi genitori?
Qui almeno entra la nota più intonata di tutta la sinfonia: Mélanie Laurent, già splendida Shosanna nei “Bastardi senza gloria” di Tarantino. È su di lei che si regge sia l’orchestra, che l’intera seconda parte del film, visto che il resto del cast è composto da personaggi macchiette interpretati da attori poco convincenti.

Quando dopo un’ora e mezzo si arriva all’esibizione, il ritmo sale e la musica finalmente assume un ruolo da protagonista, ecco che arrivano una serie di trovate al limite del kitsch a rovinare tutto: l’organizzatore della banda si rivolge a Dio affinché il gruppo di ex musicisti ubriaconi si decida a suonare decentemente senza nemmeno aver fatto una prova dopo 30 anni che non prendevano in mano uno strumento. E natualmente viene ascoltato. Quindi, rapito dalla bellezza della musica, lo scorbutico direttore del teatro bacia il suo assistente con una trovata degna di un film dei Vanzina. Ma non basta: c’è anche un inutile spiegone finale che “rivela” i veri genitori della violinista. Inutile perché lo spettatore sapeva già tutto da almeno un'ora.

Mentre pubblico & critica si alzano in piedi ad applaudire questo film, io me ne sto in un angolino della platea con le braccia conserte. Che cali il sipario.
(voto 5)

lunedì 29 marzo 2010

A girl named London

London
Regia: Hunter Richards
Cast: Chris Evans, Jessica Biel, Jason Statham, Isla Fischer, Joy Bryant, Kelli Garner

Ambientato nonostante il titolo a New York, questo film del 2005 segue la folle nottata coca & delirio di un tizio (Chris Evans dei Fantastici 4) che a una festa si ritrova con la ex di nome London (ecco spiegato il titolo, a interpretarla è Jessica Biel) e di cui è ancora innamorato. Per evitare di incontrarla, si chiude in bagno a spararsi piste di coca & a sparare discorsi deliranti insieme a un tizio appena conosciuto, un certo Bateman. Uno che pure lui non ha tutte le rotelle a posto. Non bastasse l'ambientazione tipica del suo mondo patinato/drogato, il riferimento ai romanzi di Bret Easton Ellis si palesa nominalmente con questo richiamo al Patrick Bateman di “American Psycho” e allo Sean Bateman de “Le regole dell’attrazione”.
I dialoghi allucinati e la miriade di flashback portano poi vagamente in direzione Tarantino versus Trainspotting, e allora sembra una pellicola fatta apposta da/per me.
Un film fuori di testa che seppure non del tutto focalizzato e senza realizzare in pieno la genialità degli altissimi modelli di riferimento cui si ispira, è diventato subito un mio piccolo cult personale.
(voto 7,5)

Uscito in sordina e ignorato da pubblico & critica, potete recuperarlo in DVD oppure vederlo in streaming QUI.

martedì 16 marzo 2010

Legion (ovvero un altro film che causerà la fine del mondo)

Legion
Regia: Scott Stewart
Cast: Paul Bettany, Lucas Black, Dennis Quaid, Adrianne Palicki (“Friday Night Lights”), Willa Holland (O.C.), Kate Walsh (Grey’s Anatomy, Private Practice)

Trama: un gruppo di tipici losers assediati in una tavola calda in mezzo al nulla del deserto americano si trova a dover fare i conti con una cosa da niente. Giusto una imminente fine del mondo, in mezzo ad angeli mandati da Dio per sterminare l’intera umanità e un angelo ribelle che proverà a salvarla. Merita davvero di essere salvata, questa umanità giunta al capolinea? È questo l’atroce dilemma che il film prova (o forse no) a risolvere.

Premetto immediatamente che questo film è una porcata assoluta. Tolto subito il dente cariato, passiamo alle note (relativamente) positive: se non lo si piglia troppo sul serio e si passa oltre il ridicolo discorso spiritual-religioso, ci si trova davanti a un horror-zombie-style-movie quasi quasi divertente. Non male al proposito la scena con una vecchina che improvvisamente sclera di brutto.
Ok, fine delle note positive.
Ah no, dimenticavo: c’è anche qualche volto telefilmico che rende la visione più piacevole e c'è anche il sempre simpatico Dennis Quaid. Per quanto riguarda Paul Bettany, beh lui era un bravo attore ("Dogville", “A beautiful mind”, “Il destino di un cavaliere”). Solo che dopo aver fatto “Il codice Da Vinci” rischia seriamente di rimanere intrappolato per sempre nella trappola di questi pericolosi/assurdi ruoli da “santone”.

Grazie alle profezie Maya e a un clima socio-politico mondiale da baratro imminente, il tema dell’apocalisse sembra più che mai tornato di moda (vedi anche “Codice Genesi”). Ce la facciamo però a fare un film sull'argomento che non sia una stronzata assoluta o vogliamo far finire il mondo a forza di pellicole del genere?
(voto 5,5)

Potete scaricarlo/vederlo in streaming QUI

lunedì 1 marzo 2010

Il libro di Denzel

Codice: Genesi (2010)
Titolo originale: The Book of Eli
Regia: Albert e Allen Hughes
Cast: Denzel Washington, Mila Kunis, Gary Oldman, Jennifer Beals, Tom Waits

I fratelli Hughes tornano alla regia dopo una lunga assenza, da quel “From Hell – La vera storia di Jack lo squartatore” (2001) diventato ormai un classico dei Bellissimi di Rete4, ma che non mi ha mai convinto un granché. Impressione simile pure per questo "Codice: Genesi". Western post-apocalittico dal ritmo lento e sornione, il film si gioca la carta rischiosa della chiave biblica. Quasi inutile aggiungere che le intenzioni volano ben più in alto del risultato finale, nonostante la riflessione sul potere che un libro come La Bibbia ha sul mondo rappresenti un buon spunto di riflessione.
Denzel Washington all’inizio sembra essersi willysmitthizzato, con una scena gratuita sotto la doccia che ricorda quella di “Io, robot”. Con il prosieguo della pellicola il suo personaggio acquista per fortuna una maggiore introspezione (molto vagamente alla “Ghost Dog”) e il film, pur senza eccellere, riesce perlomeno ad evitare il rischio di trasformarsi in un videogamone alla “Io sono leggenda”*.
L’altra nota positiva del cast arriva da Mila Kunis, splendida attrice di genesi ucraina vista in “Non mi scaricare”, “Max Payne” e soprattutto nel divertente telefilm cult “That 70’s Show”. È lei la luce che illumina l’atmosfera grigia del film. Gary Oldman nella solita parte da cattivone affibiatagli risulta invece piuttosto insopportabile.
Tra le cose migliori del film: una citazione di Johnny Cash, un personaggio che fischietta "Cockeye's song" di Morricone, il pezzo “How can you mend a broken heart” cantato da Al Green nella soundtrack e una simpatica scena con due vecchietti cannibali che nella loro casa in mezzo al nulla si ascoltano tranquillamente il classico della disco-music “Ring my bell” di Anita Ward.

“Codice: Genesi” rientra dunque nel filone apocalittico che sta prendendo sempre più piede. Sarà che tra terromoti, tsunami, Bertolaso, guerre, l’Impero Americano in decadenza e profezie Maya varie, l’impressione che tutto possa finire e il mondo così come lo conosciamo cambiare radicalmente si sta facendo largo nella nostra mente e soprattutto nella mente degli sceneggiatori hollywoodiani. Nel genere, pur superando agevolmente “Io sono leggenda”, sono sicuramente più riusciti il rassegnato “The Road” (che forse non verrà mai distribuito in Italia) e lo spassoso “Benvenuti a Zombieland” (uscirà a giugno). A breve arriva anche “Legion” e, subito dopo i consigli per gli acquisti, una nuova apocalisse ci aspetta. Restate sintonizzati.
(voto 5.5)

*Will Smith potrebbe gentilmente smetterla di fare film con IO nel titolo?


martedì 26 gennaio 2010

EVITAR

"Avatar" è un capolavoro. Il più grande incasso di tutti i tempi. Il futuro del cinema. Farà incetta di Oscar e sarà usato come pietra di paragone per le generazioni future.
Questo per il mondo.

Per me, "Avatar" è una boiata pazzesca.

Don't believe the hype. "Avatar" NON è il futuro del cinema. Potremmo considerarlo innovativo solo se fossimo stati ibernati come il protagonista Jake Sully e non avessimo visto neanche un film negli ultimi 20 anni. "Avatar" rappresenta un modo di fare cinema vecchio, superato, potremmo dire morto non fosse che al grande pubblico evidentemente questo tipo di cinema piace. E' innegabile, visto il successo galactico e i record di incassi che continua a battere. Anche a causa di qualche esercente ladro che ha fatto lievitare all'inverosimile il costo del biglietto.

Peccato che nel corso degli ultimi 11 anni occupati per la sua produzione, James Cameron non abbia trovato più di 15 minuti di tempo per provare a scrivere anche una sceneggiatura magari meno trita e ritrita. Personaggi (personaggi??) inesistenti, interpretati da attori inespressivi (Sam Worthington chi cazzo è e cosa mi rappresenta?) e da Na'vi ancor più inespressivi. Come se la lezione del Gollum de "Il signore degli anelli" non fosse servita niente. Perchè diavolo dovrei appassionarmi alle avventure di questi puffi giganti?

Le metafore politiche sono di una scontatezza imbarazzante. E a fare un film anti-Bush arriva un tantinello tardi. Michael Moore, Green Day, Pearl Jam e parecchi altri hanno fatto di molto meglio in proposito, anni fa. Se Cameron invece di baloccarsi con gli effetti speciali avesse dato uno sguardo a "The Village", "Il nastro bianco" o "Dogville" forse avrebbe potuto imparare un paio di cosette su come si fa un film politico in maniera più sottile. Ecco: io mi sono divertito più con le 3 ore di "Dogville" di Lars Von Trier senza un solo effetto speciale, anzi senza nemmeno una scenografia, che con questo cine-videogame. "Dogville" è un film davvero cattivo nei confronti dell'America e con un perfido ma godurioso epilogo. Altrochè la spiritual-menata politically-correct dell'atroce lieto fine avatariano.

Più che nel futuro di Pandora, Cameron pare rimasto intrappolato in un cinema anni 80/90 che saccheggia alla grande. Il protagonista sulla sedia a rotelle, la storia dei fratelli e la questione genetica ricordano malaccio "Gattaca" (quello sì un capolavoro vero del cinema di fantascienza), gli avatar sono chiaramente ripresi da "Matrix" (quello sì innovativo e bello visivamente), la vicenda dell'infiltrato che poco per volta si fa conquistare da un altro stile di vita è ripreso da "Point Break" (diretto da Kahtryn Bigelow, guarda caso ex moglie di Cameron) e da altre decine di pellicole.
Tutto il resto della trama dei simil-indiani Na'vi arriva da "Balla coi lupi" e "Porcahontas", più qualche influenza dal mondo degli elfi de "Il signore degli anelli", soliti rimandi a "Guerre stellari" e "Alien" più effetti WOW alla "Jurassic Park". Solo che laddove Spielberg sapeva costruire qualche scena di alta tensione quasi horror, Cameron annoia con inseguimenti e corse a perdifiato. Si balocca a vagare per il mondo fantasy di Pandora con la macchina da presa quasi quanto Tornatore per le strade di Bagheria nell'altrettanto inconcludente "Baarìa". Altra mega-minchiata per cui qualcuno ha scomodato la parola "capolavoro".
Naturalmente non ci si fa mancare nemmeno il discorso d'incitamento pre-bellico che da "Il gladiatore" in poi è diventato un must irrinunciabile per ogni film epico che si rispetti, e quindi una infinita soporifera scenona di guerra.

Alle nefandezze avatariane possiamo aggiungere un retro gusto spiritual-religioso insopportabile, le fastidiose musiche new-age composte da James Horner (l'uomo che già dobbiamo maledire per "My heart will go on"). Ecco: il paragone col "Titanic", il precedente film di Cameron. Non sono un fan ma, che diamine!, al confronto con questo passa per un capolavorissimo. Almeno lì la storia d'amore grazie a due grandi attori come Leo & Kate portava la pellicola su un piano superiore. Vedere questi due cosi blu privi di alcuna espressione (umana o non) che si accoppiano direi che non si può definire altrettanto coinvolgente.

Rispetto ai soliti kolossal manca poi il personaggio simpatico. C'è sempre un personaggio simpatico. Almeno uno, Cristo Santo. In "Avatar" no. Ci sono i buoni, che come ho già detto hanno una faccia talmente zombie che mi è impossibile fare il tifo o provare una qualsiasi emozione per loro, e ci sono i cattivi. Che però sono talmente cattivi (nel senso più stereotipato del termine) da risultare persino meno umani dei puffi giganti.
Potete venirmi a dire: ci sono gli effetti speciali, la tecnica. E io vi dico che anche i Sonohra sono tecnicamente bravi a suonare la chitarra. Ciò non toglie che li spedirei su Pandora a calci nel culo.

Spero che in molti, terminato il rimbambimento collettivo da Avatar-mania giustificabile tanto quanto la psicosi da febbre suina, apriranno gli occhi e si chiederanno: "Sì, ma cosa resta DAVVERO di questo film? C'è una scena memorabile? Una frase da tenere?" E poi, magari, si domanderanno: "C'è qui dentro un solo dialogo che non sia del tutto ridicolo? Un'emozione che sia più profonda di una puntata del Grande Fratello? Un'idea una che non sia scopiazzata e realizzata meglio altrove? C'è qui dentro del Cinema?"

"Avatar" non è un film in 3-D. E' il film più monodimensionale oggi in circolazione. Se volete una storia e dei personaggi in vero 3-D, lasciate perdere gli occhialini e andate a vedere "Tra le nuvole" con Giorgione Clooney. "Avatar" lo potete tranquillamente evitar.
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