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mercoledì 14 maggio 2014

BATES MOTEL, UNA SERIE SEMPRE PIU’ PSYCO




Bates Motel
(serie tv, stagione 2)

Per quanto stia diventando sempre più insopportabile, non ce la faccio a non seguire le vicende del giovane psycopatico Norman Bates. Sì, proprio quello di Psyco in versione televisiva e adolescenziale, ma non troppo adolescenziale. La prima stagione riusciva a risultare piuttosto affascinante, con il suo miscuglio di avventure da teen drama e atmosfere leggermente thriller, più che altro perché non si sapeva dove volesse andare a parare. Con la seconda stagione questa impressione si riafferma ancora più forte e la cosa comincia un po’ a stufare. Per il momento comunque non troppo, perché come ho detto non ce la faccio a non guardare cosa gli autori riserveranno al nostro teen Bates, tra omicidi, nuove fiamme e un rapporto sempre più incestuoso con la mamma MILF Norma, interpretata da una strepitosa Vera Farmiga, una che da sola tiene in piedi l’intera serie. Anche perché l’odioso Freddie Highmore c’ha ‘na faccia da schiaffi come pochi.

"Cannibal vuole prendermi a schiaffi..."
"Ueeeee'!"

Se con la prima stagione si restava un po’ nel dubbio di trovarsi di fronte a una serie potenzialmente interessante, con la seconda il dubbio svanisce. No, Bates Motel non è una grande serie, però è un buon guilty pleasure. Tra i motivi per seguirlo, oltre alle continue prove di bravura della Farmiga senior nei panni della poco normale mamma di Norman, il principale è il grande quantitativo di gnocca presente. Persino la sfigata della serie che se ne va in giro con la bombola d’ossigeno attaccata al naso Emma (Olivia Cooke) non è niente male.


A inizio stagione ritroviamo inoltre la bionda Nicola Peltz. Una così però non passa inosservata e infatti è stata subito convocata per il prossimo Transformers da Michael Bay, uno il cui (unico) talento è fare da talent scout per la topa. Nicola Peltz riuscirà a far dimenticare Rosie Huntington-Whiteley?
Sì.
Riuscirà a far dimenticare Megan Fox?
Qui la vedo già più difficile.
Essendo impegnata nelle riprese del nuovo capolavorissimo del Michael Bay Transformers 4 – L’era dell’estinzione, che spero segni l’estinzione della saga robotica, Nicola Peltz ha detto “Ciao ciao!” a Bates Motel in maniera brusca dopo un paio di episodi di questa seconda stagione.

"Ciao ciao psycopatic... volevo dire: ciao ciao Norman!"

Un guilty pleasure a sempre maggiore tasso di trash come Bates Motel non può però rinunciare alla sgnacchera ed ecco allora che hanno fatto entrare in scena Cody, l’attrice rivelazione Paloma Kwiatkowski, una tipa dal look lesbo-dark molto differente da quello di Nicola Peltz, ma pure lei parecchio fascinosa. Peccato che la fanciulla resti in città appena per una manciata di episodi e poi venga improvvisamente, e anche piuttosto ingiustificatamente, cacciata via.


A questo punto, Bates Motel si gioca un’altra carta gnocca con Kathleen Robertson, maialona già vista in Beverly Hills 90210 e Boss. Solo che compare in un ruolo minuscolo e abbastanza insignificante e ATTENZIONE SPOILER nell’ultimo episodio viene fatta fuori in maniera brutale FINE SPOILER.


Insomma, questa seconda stagione di Bates Motel si fa notare soprattutto per una cosa: è il più grande spreco di fica che si sia visto nel corso dell'ultima annata. Nonostante questo grave fatto e nonostate sia una serie che fa acqua da tutte le parti, Bates Motel il prossimo anno ci regalerà una terza attesa (?) stagione e io non potrò che seguirla. È più forte di me, non ce la faccio ad abbandonare il giovane psycopatico faccia da schiaffi Norman Bates.
(voto alla seconda stagione 5,5/10)

martedì 9 aprile 2013

PARANORMAN BATES MOTEL

Bates Motel
(serie tv, stagione 1, episodi visti finora 1-3)
Creata da: Anthony Cipriano
Cast: Freddie Highmore, Vera Farmiga, Olivia Cooke, Nicola Peltz, Max Thieriot, Nestor Carbonell, Mige Vogel, Keegan Connor Tracy, Richard Harmon
Genere: giovani psyco crescono
Se ti piace guarda anche: Psyco, American Horror Story, American Gothic

“Tutti sembrano migliori nei vecchi film. Anche i cattivi.”

Per godersi in pieno una serie come Bates Motel bisogna riuscire a fare una cosa, una cosa che il protagonista Norman Bates non riesce a fare. Dissociare e distinguere le cose. Se lui fa fatica a separare se stesso e i suoi pensieri da quelli della madre, noi invece dobbiamo separare Bates Motel la serie da Psyco il film. Difficile, ma necessario.
Ho visto la puntata pilota di Bates Motel il giorno dopo che mi sono rivisto Psyco di Alfred Hitchcock. Errore da non commettere. L’operazione dissociazione non ha funzionato. Il ricordo della leggendaria pellicola era ancora troppo fresco. Non sono quindi riuscito a evitare un paragone tra film e telefilm, paragone impietoso a favore naturalmente del capolavoro hitchcockiano.

"Sono Forrest, Forrest Gump... volevo dire Norman, Norman Bates."
L’idea di realizzare un prequel ai giorni nostri e in versione teen di Psyco incentrata sul giovane Norman Bates è sembrata lì per lì eccessiva persino a me, conclamato fan del genere teen e dell'attualità. La prima scena della serie gioca anche con l’ambiguità dell’ambientazione temporale. La madre di Norman guida infatti una vecchia Mercedes e Norman è vestito come un perfetto giovane, ma degli anni ’50. Nella scena successiva il mistero è risolto: Norman si infila le cuffiette dell’iPhone e scopriamo quindi che la serie è ambientata nel presente. Ma allora perché cazzo si veste così?
Subito dopo avviene l’inverosimile: Norman che sembra uscito da un istituto psichiatrico d'altri tempi viene caricato in auto dalle stafighe del liceo. Certo, come no? Neanche in una serie della The CW avrebbero osato tanto…
La serie però negli USA non va in onda su The CW bensì su A&E (mentre in Italia per ora non va in onda e basta). A&E è un network americano che in passato si era segnalato più che altro per produzioni in costume, mentre negli ultimi tempi sembra volersi dedicare a serie che puntano soprattutto sul realismo. Il motto del canale infatti è: Real Life Drama. Peccato che questo Bates Motel non parta proprio in maniera iperrealistica…

ATTENZIONE SPOILER
Un’altra scena dell’episodio pilota in cui si gioca un po’ troppo sulla sospensione dell’incredulità dello spettatore la troviamo più tardi. Dopo che Norman e la madre hanno fatto fuori un tizio che la stava stuprando (oh, da qualche parte il ragazzo doveva pur cominciare), nascondono il cadavere in una delle stanze del motel. Sulla porta della camera ci sono degli schizzi di sangue e il corpo in decomposizione è stato messo dentro la vasca da bagno, ma gli sbirri sveglissimi in ricognizione non si accorgono di niente. Uno dei poliziotti va persino a fare la pipì in bagno, possibile che non senta una leggerissima sospetta puzza di morto?

Tralasciando questi aspetti, il ricordo dello Psyco originale durante la visione della puntata pilota era ancora troppo forte. Qualche momento interessante è pure sbucato fuori comunque, come l’uso di un pezzo dei Radiohead durante un party adolescenziale. Le note di “The Tourist”, il numero di chiusura del capolavorissimo Ok Computer, regalano la sensazione di trovarsi in una serie che non vuole essere una scontata versione teen di Psyco, bensì qualcosa di diverso. Cosa di preciso, dalle prime puntate è ancora difficile capirlo. Eppure con gli episodi successivi il ricordo del film di Alfred Hitchcock via via si fa da parte e lascia la voglia di scoprire le avventure di questo giovane Norman Bates. Uno psycho in erba che ricorda anche un certo Dexter Morgan.
Nei suoi panni troviamo Freddie Highmore, che uno dice: “Chiii? Il bimbetto di Neverland? Ma per favore…” e invece il ragazzetto è convincente nella parte. Dopotutto anche l’interprete dello Psyco originale, Anthony Perkins, era stato ingaggiato da Hitch proprio per il suo volto rassicurante, visto prima di allora non in thriller, bensì in pellicole sentimentali.

Attenzione però anche al resto del cast: Max Thieriot, visto anche in House at the End of the Street, My Soul to Take e The Family Tree, è il fratello rebel rebel di Norman, mentre la gnocchetta di turno è Nicola Peltz, una con un visino che sa tanto di nuova Kirsten Dunst. Eh sì. Sarà inoltre la protagonista femminile di Transformers 4. Difficilmente sarà un filmone, ma probabilmente le regalerà una notorietà internazionale pazzesca.

Norman Bates con il suo fascino da psycopatico d’altri tempi è conteso tra lei e un’altra tizia, interpretata da Olivia Cooke, una ragazza malata di fibrosi cistica che se ne va in giro con delle cannucce al naso. Chi sceglierà tra le due? La figa o la freak? Se state storcendo il naso, pensate però che da Dawson’s Creek in poi non c’è una serie che non proponga (almeno) un triangolo sentimentale. E non fate tanto i fichi voi che non è solo una roba per telefilm adolescenziali, ma anche in Lost era presente.

"Hey raga, le cannucce al naso questa stagione sono troppo cool!
No, eh? Mi prenderete a botte lo stesso, vero?"
Il rapporto cardine della serie è però naturalmente quello tra Norman e la madre. Quello che porterà il fanciullo a diventare lo psyco che conosciamo. La madre di Norman, Norma, è interpretata dall’ottima Vera Farmiga, già in film come The Departed, Source Code, Orphan e Tra le nuvole, nonché vera sorella maggiore di Taissa Farmiga che era la ragazzina della stagione 1 di American Horror Story e tornerà pure nella terza stagione, American Horror Story: Coven.
Con AHS, Bates Motel ha in comune un’atmosfera malsana. Non si tratta di una serie horror vera e propria. Non è nemmeno un thriller come Psyco. Nemmeno vira del tutto verso il poliziesco crime alla Dexter. E nemmeno è una serie teen. È un po’ di ognuna di queste cose insieme e allo stesso tempo non ne è nessuna. Bates Motel per ora è una serie intrigante alla ricerca di una propria identità, proprio come il suo poco normal protagonista. Il tempo per scoprirla ci sarà, la serie è infatti già stata rinnovata per una seconda stagione, e noi non potremo fare che guardare. Dallo spioncino, come farebbe lo stesso Bates o come farebbe quel guardone di Hitchcock.
(voto 7+/10)


giovedì 15 marzo 2012

L’arte di chiavarsela

Hip hipster hurrah!
Hip hipster hurrah!
Chi o cosa è un hipster?
Spesso, le immagini possono valere più di mille parole…




Comunque, se proprio necessitate di una spiegazione a parole, Wikipedia può correre in vostro aiuto:
“Hipster è un termine nato negli anni quaranta negli Stati Uniti per descrivere gli appassionati di jazz e in particolare di bebop. Si trattava in genere di ragazzi bianchi della classe media, che emulavano lo stile di vita dei jazzisti afroamericani. […] Norman Mailer descrisse gli hipster come esistenzialisti americani, che vivevano la loro vita circondati dalla morte - annientati dalla guerra atomica o strangolati dal conformismo sociale - e che decidevano di «divorziare dalla società, vivere senza radici e intraprendere un misterioso viaggio negli eversivi imperativi dell'io»
L'autore Frank Tirro, nel suo libro Jazz: a History (1977), definisce in questo modo gli hipster degli anni quaranta:
«Per l'hipster, Charlie Parker era il modello di riferimento. L'hipster è un uomo sotterraneo, è durante la seconda guerra mondiale ciò che il dadaismo è stato per la prima. È amorale, anarchico, gentile e civilizzato al punto da essere decadente. Si trova sempre dieci passi avanti rispetto agli altri grazie alla sua coscienza. Conosce l'ipocrisia della burocrazia e l'odio implicito nelle religioni, quindi che valori gli restano a parte attraversare l'esistenza evitando il dolore, controllando le emozioni e mostrandosi cool? Egli cerca qualcosa che trascenda tutte queste sciocchezze e la trova nel jazz.»”

Oggi la parola “hipster” ha però assunto dei connotati differenti, come sempre Wikipedia docet:
“Il termine è stato riattualizzato negli anni novanta e duemila e ora designa giovani sulla ventina, di classe medio-alta, istruiti e abitanti dei grandi centri urbani, che si interessano alla cultura alternativa - “non mainstream” - come l'indie rock, l'elettronica, i film d'autore e le tendenze culturali emergenti. Si professano ottimi conoscitori della lingua inglese e amano appropriarsi dei codici delle generazioni precedenti, ammantandosi di un caratteristico stile rétro. Si servono in negozi di abiti usati (infatti rigettano l'attitudine “ignorante e incolta” del consumatore medio), mangiano preferibilmente cibo biologico, meglio se coltivato localmente, sono vegetariani o vegani, preferiscono bere birra locale (o prodotta in proprio) e amano girare in bicicletta. Spesso lavorano nel mondo dell'arte, della musica e della moda, e rifiutano i canoni estetici della cultura statunitense e anche la sessualità predefinita. Non vogliono essere catalogati e eludono l'attualità. Le uniche religioni che tutti gli hipster riconoscono come tali sono i pantaloni attillati e i Wayfarer.
Il termine è utilizzato in maniera contradditoria, rendendo difficile l'identificazione di una cultura precisa, perché essa è un mix di stili ed è in costante mutazione. La peculiarità degli hipster, infatti, è la volontà di essere “inclassificabili”. Professano come loro valori il pensiero indipendente, la controcultura, la politica progressista, la creatività, l'intelligenza e l'ironia, ma si tratta più che altro di una posa piuttosto che di una reale attitudine.”

E ancora:
“Gli hipster sono quelli che sogghignano quando dici che ti piacciono i Coldplay. Sono quelli che indossano t-shirt con citazioni tratte da film di cui non hai mai sentito parlare e sono gli unici negli Stati Uniti a pensare ancora che la Pabst Blue Ribbon sia un'ottima birra. Indossano cappelli da cowboy o baschi e tutto in loro è attentamente costruito per darti l'idea che non lo sia.” (dal Time del luglio 2009)

FINE del copia/incolla da Wikipedia, promesso!

Detto - o meglio riportato - tutto questo, io sto ancora cercando di capire se posso rientrare nella categoria hipster o no. Per alcuni aspetti sì, per altri meno. Ma in quanto genere inclassificabile, quasi chiunque alla fine della fiera può essere considerato un hipster.
Sì, anche tu che odi la parola hipster.
E sì, pure tu che non pensavi saresti stato mai considerato un hipster. Proprio tu potresti essere ancora più hipster di chi si crede hipster. Perché cosa c’è di più hipster del non considerarsi hipster?
Ho creato tutta quest’introduzione lunghissima che fa molto hipster per parlare di un film di cui in realtà non ci sarebbe poi molto da dire, se non che è un filmetto hipster con un protagonista molto hipster.


Scazzo, raga?
L’arte di cavarsela
(USA 2010)
Titolo originale: The Art of Getting By
Regia: Gavin Wiesen
Cast: Freddie Highmore, Emma Roberts, Michael Angarano, Elizabeth Reaser, Alicia Silverstone, Sam Robards, Blair Underwood, Rita Wilson
Genere: hipster
Se ti piace guarda anche: Fa’ la cosa sbagliata, Igby Goes Down, Roger Dodger, L’amore che resta, The Good Girl, Tadpole

Vi siete mai chiesti perché da Il giovane Holden non è mai stato tratto un film?
Io sì. Roba da pensarci intere giornate o giù di lì.
Per prima cosa è uno di quei romanzi talmente letterari che portati sullo schermo non renderebbero allo stesso modo. Una cosa che però veniva detta ad esempio anche di American Psycho o del Signore degli anelli, ma alla fine le loro trasposizioni cinematografiche si sono rivelata piuttosto riuscite. Se il Signore degli anelli ha fatto il pieno di incassi, Oscar e consensi, nel caso di American Psycho la pur valida Mary Harron non ha reso tutta la stessa inquietante ambiguità e forza delle parole di B.E. Ellis, ma il suo tentativo non è stato comunque affatto disprezzabile.
Insomma, l’antifilmabilità di un romanzo non ha mai fermato nessuno dal realizzare un adattamento filmico.
Se il più grande romanzo americano del ‘900 non è diventato una pellicola, è allora probabilmente dovuto all’ostracismo di J.D. Salinger nei confronti del cinema, come si evince con facilità fin dalla primissima pagina dello stesso Giovane Holden: “Se c’è una cosa che odio sono i film. Non me li nominate nemmeno.”
"Ma secondo te Cannibal è hipster oppure no?"
In seguito alla morte del grande autore, sembra però essersi aperta la caccia ai diritti da parte delle varie multinazionali cinematografiche. Il Romanzo per eccellenza diventerà presto un film?

Per quanto non esista (finora) un adattamento ufficiale, Il giovane Holden ha vissuto sul grande schermo attraverso una moltitudine di personaggi a lui più o meno ispirati. Tra gli altri posso citare Igy Goes Down, Un giorno questo dolore ti sarà utile, Tadpole, Jake Gyllenhaal in The Good Girl, Chapter 27 (con l’assassino di John Lennon ossessionato oltre che dal Beatle pure dal romanzo di Salinger), se vogliamo anche una buona fetta del cinema di Wes Anderson, più Roger Dodger e Il calamaro e la balena, entrambi con Jesse Eisenberg. Se si facesse davvero una pellicola sul giovane Holden, il candidato numero uno per la parte per me sarebbe lui: Jesse Eisenberg.

"E' tutto il giorno che ci penso e ho concluso: Cannibal è più pirlster che hipster!"
A queste pellicole più o meno salingeriane, si aggiunge ora questo L’arte di cavarsela. Il protagonista è un tipo molto hipster, in più o meno tutti i vari sensi che nell’intro al post abbiamo visto. George è infatti un teenager apatico a cui non frega niente di seguire i dettami della società, di andare bene a scuola per poter entrare in un buon college, ottenere un lavoro ben pagato e condurre una decente quanto ordinaria vita borghese. George vorrebbe di più, ma non sa nemmeno lui cosa. Ok, ho descritto un teenager tipico, più che uno atipico. In più lui sembra vagamente interessato al mondo dell’arte per via della sua passione per la pittura e per via di un suo nuovo (unico?) amico. Anche se la cosa che (giustamente) sembra attirare di più la sua attenzione è una ragazza, Emma Roberts, figlia di Eric Roberts nonché nipotina di Julia Roberts, che si è già segnalata in altri film ad alto potenziale hipster come 5 giorni fuori e l’horror hipster Scream 4.
Tra loro inizia un rapporto di amicizia barra amore barra un misto tra le due cose e tutto il film è un po’ così: confuso su quale direzione prendere.

"Saremo noi vecchi, ma anche dopo questo "illuminante" post
non l'abbiamo mica capito cus'è  'sto hipster... Una malattia o un virus?"
Come il protagonista, il poco convincente Freddie Highmore (già bimbo piagnucolone di Neverland), rimane eternamente al bivio, incapace di scegliere. Sarebbe potuto essere un film più comico, se si fosse tentata la strada di una maggiore ironia. Sarebbe potuto essere un film più drammatico e toccante, se come in L’amore che resta si fosse giocata la carta della malattia terminale di qualcuno dei personaggi. Sarebbe potuto essere un film più estremo, se ci si fosse diretti sulla via del sesso droga e rock’n’roll. Invece di sesso ce n’è pochino, di droga giusto un accenno e di rock’n’roll manco a parlarne. Appena una manciata di pezzi indie.
Sprecata poi la presenza in un minuscolo ruolo di Alicia Silverstone, lei sì vera hipster ante litteram ai tempi dei video degli Aerosmith e del cult Ragazze a Beverly Hills, e presente in questo film con look nerd e occhialini molto... yes, hipster!
L’arte di cavarsela finisce per rimanere nel limbo di quelle pellicole troppo deboli per risultare cult e allo stesso tempo troppo deboli pure per dare fastidio, e risulta più che altro un’occasione persa per realizzare il film manifesto hipster degli Anni Zero.
Il giovane Holden l’avrebbe odiato. Così come tutti i film. Non nominateglieli nemmeno.
(voto 6-/10)

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