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lunedì 2 novembre 2015

Les Deludants





Les Revenants
(serie tv, stagione 2)
Rete francese: Canal +
Rete italiana: Sky Atlantic
Creata da: Fabrice Gobert
Cast: Céline Sallette, Clotilde Hesme, Ana Girardot, Swann Nambotin, Frédéric Pierrot, Anne Consigny, Yara Pilartz, Jenna Thiam, Michaël Abiteboul, Guillaume Gouix, Grégory Gadebois, Pierre Perrier, Laurent Lucas, Ernst Umhauer
Genere: (noia) mortale
Se ti piace guarda anche: Quelli che ritornano, The Returned, The Leftovers, Resurrection

Avete presente quella ragazza di cui eravate innamorati ai tempi del liceo? Dico liceo, ma se avete fatto le magistrali o ragioneria o un istituto professionale va bene lo stesso, non sentitevi esclusi. Parlo della più bella della scuola. Quella per cui tutti sbavavano, ma di cui voi avevate già visto il potenziale prima degli altri. Quella per cui valeva la pena sorbirsi cinque infinite ore di lezioni su cose inutili come latino o fisica o trigonometria - che ancora adesso non ho capito cosa sia -, soltanto per poterla vedere passare nei corridoi per cinque secondi.
Ecco, può capitare che quella ragazza così bella ai tempi del liceo, poi la rivedi per strada, qualche anno dopo, e ti chiedi: “Ma è proprio lei?”. E non è più così bella. È invecchiata, si è lasciata andare, si è inchiattita, e non è più la più bella del reame. È una tipa a malapena così così e tutte le certezze che avevi nel mondo cominciano a vacillare. Ti domandi se all'epoca non l'avessi magari sopravvalutata. Se non l'avessi idealizzata e in realtà, vista in maniera obiettiva, non era poi tutto 'sto granché già allora.

Qualcosa del genere m'è capitato adesso con la serie tv francese Les Revenants. La serie più bella qui su Pensieri Cannibali del 2013. Dopo un'attesa di 3 anni (in patria avevano cominciato a trasmetterla a fine 2012), ecco che sono arrivati i nuovi episodi. Il tanto sospirato ritorno dei “ritornati” dopo la prima folgorante stagione. E come sono?

venerdì 31 ottobre 2014

LES REVENANTS, IL FILM NON LA SERIE TV





Les revenants – Quelli che ritornano
(Francia 2004)
Titolo originale: Les revenants
Titolo internazionale: They Came Back
Regia: Robin Campillo
Sceneggiatura: Robin Campillo, Brigitte Tijou
Cast: Géraldine Pailhas, Jonathan Zaccaï, Frédéric Pierrot, Victor Garrivier, Catherine Samie, Djemel Barek, Marie Matheron
Genere: resuscitato
Se ti piace guarda anche: Les Revenants (la serie), Lasciami entrare, Eva

Les revenants è la dimostrazione di come il mezzo cinematografico e quello televisivo funzionino in maniera parecchio differente. Ed è anche la dimostrazione di come certe idee abbiano bisogno di tempo, di mezzi e a volte anche solo del momento giusto per crescere e svilupparsi in qualcosa di davvero interessante ed efficace. Ma procediamo con ordine.

La serie televisiva Les revenants, incoronata serie top del 2013 dal qui presente blog Pensieri Cannibali, è uno splendore, uno dei gioiellini più preziosi visti negli ultimi tempi, considerando anche il cinema. Proprio a un film questa serie è ispirata: Quelli che ritornano (Les revenants) del 2004. Com’è questo film?
Fa schifo!
Okay, sono stato il solito esagerato. Non fa schifo schifo, però è una palla allucinante. L’unica cosa buona è lo spunto di partenza, che poi è l'idea alla base anche della serie: i morti ritornano in vita. Così, all’improvviso. Un po' zombie e un po' fantasmi. Non tutti i morti rinascono, solo alcuni. Non si capisce bene con quale criterio. “Mistero!” come direbbe Enrico Ruggeri con la sua voce odiosa profonda.
Per il resto, Les revenants si sviluppa come una pellicola corale in cui i personaggi sono troppo abbozzati e nessuno è particolarmente interessante. La vicenda si concentra allora su come il governo francese faccia fronte alla situazione. E chissenefrega del governo francese?

Com’è possibile che una pellicola tanto mediocre abbia dato origine a un prodotto televisivo tanto meraviglioso?
Il bello della serie tv è che prende l’idea di partenza del film e la sviluppa in maniera differente, concentrandosi di più sui personaggi, sulle questioni umane, sui rapporti tra vivi e “resuscitati”. Tutto questo nel film c’è solo in minima parte e lo spunto geniale viene campato via malamente.
Il confronto a livello qualitativo tra cinema e serie tv, a ulteriore testimonianza se ce ne fosse bisogno che le seconde ormai non hanno più niente da invidiare al primo, è impietoso, ma non è una prima assoluta. Era già capitato ad esempio anche con Buffy.

Buffy – L’ammazzavampiri è un filmetto del 1992 con protagonista una Kristy Swanson che non funziona per niente, al contrario dell’iconica Sarah Michelle Gellar che riporterà lo stesso personaggio su piccolo schermo, ed è una robina a metà strada tra horror fantasy trash ancora immerso negli anni ’80 e teen story da primi anni ’90 un po’ alla Beverly Hills 90210, non a caso il protagonista maschile era Luke “Dylan” Perry.


Imparando dagli errori di quella pellicola, lo sceneggiatore Joss Whedon ha poi dato vita a un universo incredibile che ha originato una delle serie più originali e meglio scritte degli ultimi anni. Com’è possibile ciò? In questo caso l’autore era addirittura lo stesso. Eppure certe cose su un media non funzionano, mentre su un altro vanno alla grande. A volte è pure questione di tempismo. Nel 1992 il mondo non era ancora pronto per una storia tra un vampiro e una teen, mentre a fine anni ’90 la serie ha aperto la strada a tutto un filone poi sputtanato utilizzato dalle saghe di Twilight, The Vampire Diaries e True Blood. C’è anche da notare come la scrittura del Whedon sia cresciuta parecchio nel frattempo. La scelta della protagonista ha poi contribuito in maniera determinante alla riuscita della serie, così come i vari personaggi nerd di contorno, i nuovi cattivoni, la cura nella colonna sonora e tanti altri piccoli dettagli che hanno reso Buffy un cult televisivo laddove il film si era rivelato un floppone totale.

Qualcosa del genere è capitato anche con Les revenants. In questo caso l’autore è differente: Fabrice Gobert ha preso spunto dalla pellicola del 2004 di Robin Campillo, ha tenuto gli elementi più interessanti e poi c’ha messo dentro molto altro. Anche solo la scelta di affidare la musica ai post-rockers scozzesi Mogwai ad esempio è fondamentale: i loro brani incantati ed evocativi creano un’atmosfera unica, assente nel film. E “una musica può fare, cambiare nininni o nananna,” come canticchiava Max Gazzè. Riuscite ad esempio a immaginare Twin Peaks senza “quelle” musiche di Angelo Badalamenti? Avrebbe reso la metà. Lo stesso vale in questo caso e i paragoni con Twin Peaks tra l’altro non sono finiti. L’atmosfera angosciante della creatura di David Lynch è qui ben presente, dove con qui intendo la serie tv, non il film. Così come in Twin Peaks, che tornerà con una terza inaspettata stagione nel 2016, anche in Les revenants – il telefilm ritroviamo poi un racconto corale e nel corso dei vari episodi c’è tempo e spazio per svilupparli tutti al meglio, cosa che invece nella pellicola non avviene per niente. Inoltre, gli attori della pellicola sono tutti parecchio anonimi, a parte il buon Frédéric Pierrot che infatti ritornerà pure nella serie tv, sebbene con un differente personaggio.

Les revenants allora è la dimostrazione di tante cose, di come le serie tv quando ci si mettono sanno infilare la freccia di sorpasso sulle pellicole cinematografiche, o di come un’idea per quanto ottima e geniale da sola non basta per realizzare un prodotto degno di interesse. Ed è anche la dimostrazione di come da un film di merda, o per essere più buoni diciamo da una merdina di film, possa nascere una serie grandiosa. Davvero splendida. Se non l’avete ancora fatto, recuperatevi allora Les revenants – La serie e lasciate perdere questa soporifera pellicola, che rischia solo di farvi cadere in un sonno eterno. Da cui manco i Revenants riuscirebbero a svegliarsi.
(voto 5/10)



Questo film sui morti che ritornano in vita è il quinto appuntamento della Halloweek di Pensieri Cannibali, dopo le puntate dedicate a:



Inoltre questo post, tanto per non farsi mancare niente, partecipa pure allo speciale “Ghosts of Halloween”. Una giornata e soprattutto una nottata in cui noi blogger cinematografici vi parliamo di film su fantasmi, presenze e spiriti vari per celebrare degnamente Halloween.

domenica 19 gennaio 2014

GIOVANE E SGUALDRINELLA




Giovane e bella
(Francia 2013)
Titolo originale: Jeune & Jolie
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Cast: Marine Vacth, Géraldine Paillhas, Frédéric Pierrot, Lucas Prisor, Johan Leysen, Serge Hefez, Fantin Navat, Nathalie Richard, Djedje Apali, Charlotte Rampling
Genere: alla puttanesca
Se ti piace guarda anche: Io ballo da sola, Sleeping Beauty, Nella casa

Sì può fare una pellicola su una baby-prostituta evitando sia di sparare giudizi moralistici che di scadere nella cronaca alla Studio Aperto?
Sì, se a farla sono in Francia.
La pellicola inizia con le tettine giovani e belle di Marine Vacth. E già il film ci piace.
Poi Marine Vacth si masturba in camera sua. E il film ci piace ancora di più.
Tempo pochi altri minuti di pellicola e Marine Vacth perde la verginità. E il film ci piace in maniera incredibile.
E poi Marine Vacth si mette a fare la escort a pagamento. E il film è in odore di capolavoro.

Scherzi a parte, di cosa parla Giovane e bella l’avrete già capito. Di una ragazza giovane (17 anni) e bella (diciamo anche figa) che compie quel fatidico passo che la trasforma in donna.
La prostituzione?
No, la perdita della verginità. Una volta presa confidenza con il sesso, la giovane e bella Isabelle ci prende gusto e si mette come detto a fare la professione più vecchia del mondo.
Quella del ladro?
No, questa volta stavo parlando proprio della prostituzione. Insomma, volete stare più attenti e attente mentre leggete, invece di mandare messaggini erotici?

La nostra Isabelle, che potrebbe essere pure la vostra Isabelle per appena 300 euri, si mette così a fare sesso con un sacco di uomini, per lo più anziani. Tra i suoi clienti c’è ad esempio un vecchietto che sembra il tipo con i capelli bianchi di Mad Men, mentre un altro somiglia a un inquietante incrocio tra Bersani e Berlusconi. Le capita in pratica di tutto, ma ormai non può più tirarsi indietro, perché “puttana una volta, puttana per sempre”. Oppure no? Oppure anche lei a un certo punto la smetterà di fare la vita e cambierà, magari per amore, come in Pretty Woman o in American Gigolo?

Un'immagine dal film?
No, una foto dalle vacanze al mare di Marine Vacth.
A raccontare una storia così rischiosa è il prolifico Francois Ozon, uno che se non gira 12 film al secondo non è contento. Oltre che prolifico quanto e più di Woody Allen, Ozon è pure un regista guardone, come Hitchcock e De Palma, ed è pure un regista sporcaccione, come Quentin Tarantino, i nomi sopra citati e… praticamente il 99% dei registi mondiali, a parte il puritano Spielberg.
Il tema del voyeurismo, già ben presente nel suo precedente film Nella casa, ritorna qui con prepotenza. Ozon ci mostra come il sesso sia vissuto, almeno dai personaggi del suo film, non come qualcosa di personale e magari sentimentale, ma più come un qualcosa da guardare dal di fuori, e su questo credo che anche Don Jon potrebbe essere d’accordo. Il patrigno (l’ottimo Frédéric Pierrot dell’imperdibile serie tv Les Revenants) becca nuda Isabelle sotto la doccia, il fratellino la “spia” con un binocolo e la guarda da dietro alla porta mentre si tocca e no, anche se potrebbe sembrare non siamo in una commedia sexy all’italiana degli anni ‘70/’80 con Lino Banfi. Qui siamo in una pellicola francese tres chic girata con estrema classe e raffinatezza. Il voyeurismo è talmente onnipresente che persino la protagonista mentre perde la verginità si vede dall’esterno. È sempre un guardare da fuori, senza mai essere coinvolti in prima persona.

"Certo che tua figlia è proprio una gran zoccola!"
"Te la faresti, vero?"
"Chi? Iooo? Ma figuriamoci! Non me la farei mai... con te in casa. Non dovevi
uscire, tesoro?"
A rendere in maniera tanto viva una ragazza così poco viva a livello emotivo ci pensa la strepitosa quasi esordiente Marine Vacth, un volto (e un corpo) di quelli folgoranti che speriamo di rivedere ancora impiegati a dovere. E quest’ultima affermazione non voleva avere sottintesi sessuali. Non solo, almeno.
A intrigare, oltre alla pruriginosa vicenda, oltre alla meravigliosa protagonista, oltre alla splendida e variegata colonna sonora capace di spaziare da Françoise Hardy a M83 e Crystal Castles, è anche lo svolgimento di Ozon. Uno che i temi li sa proprio scrivere per benino, come aveva già dimostrato Nella casa. La pellicola ha uno sviluppo nient’affatto che banale e il finale evita brillantemente il pericolo di finire nella moccianata, come per un istante la visione di un ponte con i lucchetti aveva fatto temere. Ma non abbiate paura. Non siamo in Italia e dietro alla pellicola non c’è Moccia. Qui siamo in Francia e alla regia/sceneggiatura c’è un autore che non si sta rivelando per niente un buco nell’acqua, figuriamoci nell’Ozon.
Ora vi lascio. Faccio un salto sul sito Rencontrez & Vous che c’ho 300 euri da investire per bene.
(voto 7,5/10)



mercoledì 5 giugno 2013

TUTTI PAZZI PER CHI BATTE (A MACCHINA)


Tutti pazzi per Rose
(Francia 2012)
Titolo originale: Populaire
Regia: Régis Roinsard
Sceneggiatura: Régis Roinsard, Daniel Presley, Romain Compingt
Cast: Déborah François, Romain Duris, Bérénice Bejo, Frédéric Pierrot, Shaun Benson, Miou-Miou, Caroline Tillette, Mélanie Bernier
Genere: retrò
Se ti piace guarda anche: Abbasso l’amore, We Want Sex, Scoop

"Hey fanciulla, cosa fai nella vita?"
"Batto."
"Mooolto piacere di conoscerti!"
Tutti pazzi per Rose parla di una gara per segretarie a chi batte a macchina più veloce. Raccontato così, mi rendo conto non sia lo spunto di partenza più entusiasmante del mondo per una pellicola. Attira giusto un pochino più di quelli là, i guarda-uccelli, gli appassionati di bird-watching di Un anno da leoni, ma per il resto è un’idea non troppo appealing. La cosa importante di una storia non è però tanto cosa racconta, ma come lo racconta. Holly & Benji non era appassionante perché parlava di calcio. Spesso e volentieri pellicole e serie sul pallone fanno pena. Holly & Benji era figo per quei suoi campi lunghi (e non intendo nell’accezione cinematografica del termine), per quei primi piani (e qui intendo nell’accezione cinematografica del termine) alla Sergio Leone, per quelle partite che potevano andare avanti per delle settimane, altroché 90 minuti.

"Smettila di chiamarmi Luca Argentero, tipa di The Artist."
Tutti pazzi per Rose non è figo quanto Holly & Benji, sia chiaro. Per chi come me è cresciuto insieme a loro, quasi niente nella vita si sarebbe poi rivelato entusiasmante quanto Holly & Benji, se non giusto poche cose come il sesso e i film di Quentin Tarantino. Tutti pazzi per Rose riesce però a essere un film avvincente, nonostante la sfida su chi batte a macchina da scrivere in maniera più rapida non sia sulla carta una di quelle gare su cui giocarsi lo stipendio in sala scommesse. Come ci riesce? Potere del cinema francese, che continua a regalare soddisfazioni anche nel campo delle commedie.
Una parte del fascino emanato da questa pellicola troppo carina caruccia sono l’ambientazione e le atmosfere. La vicenda si svolge nel 1958 e i toni sono proprio quelli da comedy romantica del periodo 50s/60s, quelle con Audrey Hepburn, quelle belle romcom de 'na vorta che oggi così non se ne fanno più, non se ne fanno. Molto piacevoli anche le musiche di accompagnamento, tra cui svetta il “Cha cha cha della segretaria” in versione francese, che poi è uguale alla versione italiana, mentre il tema musicale principale fa sorridere perché ricorda molto da vicino quello della pubblicità del Beltè, più buono non ce n’è… sì, proprio quello.

"Merci beaucoup pour les compliments, garçon cannibales. Salutations de 1958."
Il punto di forza principale della pellicola è però la protagonista. Rose Pamphyle è una ragazza cui non interessa sposare il più gallo del paese e decide di andare in città in cerca di fortuna. Da lì partirà la sua carriera come segreteria e poi, dietro l’incoraggiamento del suo datore di lavoro, visto che l’unica cosa in cui è brava è battere (a macchina), comincerà una carriera da velocista nella battitura (a macchina). Una storia di emancipazione femminile non troppo distante dal britannico We Want Sex, ma l’attenzione in questo caso è più spostata sulla competizione agonistica, più tesa di quanto si potrebbe immaginare e con tanto di allenamenti alla Rocky, e sui risvolti sentimentali della storia.
Poteva mancare la storiona d’amore? Eh no, dai. Ve l’ho detto che è una romcom. Il film viaggia comunque su binari spediti e non percorre sentieri troppo melensi. Merito come detto della protagonista, interpretata dalla sempre più brava (e bella) Déborah François, attrice de L’enfant e del notevole Le premier jour du reste de ta vie. Una tipa dolce e tosta allo stesso tempo che mi ha ricordato, non so bene perché, sarà per la sua determinazione, le protagoniste dei film dello Studio Ghibli come la streghetta Kiki o la piccola Arrietty.

Ottimo anche il resto del cast, con Romain Duris (Il truffacuori, L’appartamento spagnolo, Tutti i battiti del mio cuore) che sembra una versione francese e capace a recitare di Luca Argentero, più Bérénice Bejo (The Artist), appena premiata come migliore attrice all’ultimo Festival di Cannes per Le passé di Asghar Farhadi, e Frédéric Pierrot dalla super consigliata serie tv francese Les Revenants.
Bravi, bravissimi loro, piacevolissima e adorabilissima la pellicola, però il titolo italiano di questo Populaire per una volta è azzeccato: alla fine della visione, si rimane Tutti pazzi per Rose. E tutti pazzi per Déborah François.
(voto 6,5/10)

Recensione pubblicata anche su The Movie Shelter.


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