(USA, Spagna 2010)
Titolo originale: You Will Meet a Tall Dark Stranger
Titolo originale: You Will Meet a Tall Dark Stranger
Regia: Woody Allen
Cast: Anthony Hopkins, Naomi Watts, Josh Brolin, Gemma Jones, Freida Pinto, Lucy Punch, Antonio Banderas, Roger Ashton-Griffiths, Ewen Bremner, Anna Friel
Genere: Woody Aia
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Non sono un fan di Woody Allen. Mi piace il suo sense of humor e trovo alcuni suoi film validi, tra gli ultimi soprattutto “Sogni e delitti” e “Vicky Cristina Barcelona”, mentre “Match Point” è una buona pellicola ma nonostante Scarlett mi sembra troooppo sopravvalutato. Nessuno dei suoi film ha comunque mai raggiunto il mio cuore.
Una delle ragioni per cui non sono suo fan è che preferisco i registi meno prolifici, quelli come Tarantino Kubrick Lynch, per non dire quelli come Terrence Malick che fanno un film ogni 100 anni, anche perché se fai un film all’anno è difficile che siano tutti capolavori. Clint Eastwood ci prova ad altissimi livelli ma nemmeno lui fa sempre centro pieno, pur andandoci clamorosamente vicino.
Un altro motivo è che non mi piacciono i gusti musicali di Woody: per ogni suo film sceglie queste musiche classiche o jazz o musica da ascensore da sbadiglio senza la minima sorpresa. E per me la soundtrack è un buon 50% di una pellicola.
Terzo motivo: i suoi film e i suoi personaggi, con giusto qualche variante (ultimamente la città), sono tutti uguali e io adoro invece chi sa rischiare, sbandare su territori imprevisti e magari anche sbagliare. Non a caso le sue pellicole che ho preferito sono quelle in cui ha cercato di prendere qualche strada di periferia diversa dal suo solito. E poi, ammettiamolo, con la macchina da presa non è certo un virtuoso.

Naomi Watts è come al solito eccelsa, Josh Brolin si conferma uno dei migliori in circolazione (tranne quando fa “Jonah Hex”), Anthony Hopkins è in forma come non lo vedevo da parecchio, la “millionaire” Freida Pinto è una visione celestiale, mentre Lucy Punch è la classica prostituta alleniana, niente di più niente di meno, e si segnala più che altro per la fastidiosa voce del doppiaggio italiano (spero che la sua originale sia meno da tappi nelle orecchie). Bravo anche Banderas.
In mezzo a vicende e personaggi di scarso appeal, la cosa più irritante è però il finale: ok, Woody Allen vuole sottolinearci come la vita altro non sia altro che una successione di casualità ed eventi senza senso, il ché probabilmente è anche vero. Il cinema, così come la letteratura o l’arte in genere, dovrebbe però aiutarci a dare un minimo di spiegazione, o perlomeno un punto di vista sulle vicende che racconta, altrimenti che differenza c’è tra un film come questo e un reality-show che si limita a filmare la vita e basta? La differenza è il livello di recitazione altissimo, certo, e il fatto che i personaggi sono culturalmente più elevati del tamarro da Grande Fratello medio. E il rischio è anche quello di sembrare la puntata pilota di una serie tv che non verrà mai girata perché a nessuno interessa seguire gli sviluppi futuri di questi personaggi volutamente sospesi e incompleti.
La sensazione quindi è che a questo giro Woody Allen abbia fatto un film tanto per fare, come se fosse obbligato per contratto a fare il suo cinepanettone per intellettuali annuale. È ancora bravo a raccontare, Woody, solo che sembra rimasto senza niente da dire.
(voto 5)