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lunedì 13 maggio 2019

La diseducazione di Cannibal Kid





I kissed a girl, and I liked it. Mi stavo baciando con una ragazza, quand'ecco che mi hanno prelevato e portato via. Senza manco fare in tempo a ribattere qualcosa. Mi sono ritrovato all'improvviso in un centro di conversione. Un centro di conversione per eterosessuali. Avevo già visto qualcosa del genere, ma solo nei film e si trattava di terapie di conversione per omosessuali. È quanto avevo assistito in Boy Erased - Vite cancellate di Joel Edgerton con lo stesso inespressivo Joel Edgerton e con Lucas Hedges, un film un po' troppo tradizionale, ruffianotto e da Oscar per i miei gusti. E a quanto pare troppo ruffianotto e non abbastanza da Oscar persino per l'Academy, che alla pellicola non ha sganciato manco mezza nomination. Nemmeno per comprimari di lusso, e qui parecchio svogliati, come Nicole Kidman e Russell Crowe.

martedì 12 giugno 2018

Tuo, Simon - Quando fai coming out, ma a nessuno frega niente perché siamo nel 2018





Tuo, Simon
Titolo originale: Love, Simon
Regia: Greg Berlanti
Cast: Nick Robinson, Katherine Langford, Alexandra Shipp, Jorge Lendeborg Jr., Jennifer Garner, Josh Duhamel, Keiynan Lonsdale, Miles Heizer, Tony Hale


Caro Simon,

ti scrivo perché ho visto il film che racconta la tua storia, che mi è piaciuto anche se alcune cose non mi hanno convinto molto, e devo dire che io sono un po' come te. Sono un ragazzo dalla vita in apparenza più o meno normale, che però nasconde un enorme segreto.
No, io non sono gay. Anche perché, andiamo, siamo nel 2018, ormai non importa più quasi a nessuno se ti piacciono gli uomini, le donne, tutt'e due o nessuno dei due. A parte al "nostro" ministro della Famiglia e Disabilità ma, d'altra parte, se l'hanno messo proprio a quel ministero lì un motivo ci sarà...

lunedì 1 febbraio 2016

Family? Ma day!





Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza
(USA 2015)
Regia: Peter Sollett
Sceneggiatura: Ron Nyswaner
Cast: Julianne Moore, Ellen Page, Michael Shannon, Steve Carell, Luke Grimes, Josh Charles, William Sadler, Gabriel Luna, Tom McGowan, Kelly Deadmon, Mina Sundwall
Genere: civile
Se ti piace guarda anche: Jenny's Wedding, Io e lei, Carol, The Danish Girl, The L Word

Ci sono film che andrebbero proiettati, e non intendo in una scuola di Cinema. Freeheld - Amore, giustizia, uguaglianza non è certo un capolavoro cinematografico e, sottoposto all'impietoso giudizio di un branco di spietati studenti universitari verrebbe facilmente massacrato. Lo si potrebbe bollare come un film “televisivo”, ma sarebbe un insulto. Un po' come usare la parola F per parlare di un omosessuale o dell'allenatore dell'Inter. Meglio quindi non farlo. Meglio dire che Freeheld è girato più o meno sui livelli di una fiction Rai. Dite che è un insulto ancora peggiore?
Avete ragione.

Freeheld potrebbe allora essere proiettato in una scuola, elementare, media o superiore che sia, e male non farebbe. I ggiovani d'oggi però sono meno bimbiminkia di quanto i media e i social network ci vogliono far credere. Bullismo e mentalità del branco sono ancora presenti, e purtroppo lo saranno probabilmente sempre. I ragazzi d'oggi stanno comunque crescendo con una mentalità più aperta rispetto alle generazioni precedenti, e ci metto dentro pure la mia, e non hanno più tutta questa paura per il “diverso”, che con questa brutta parola si intenda il gay oppure lo straniero.

Freeheld allora meriterebbe di essere proiettato soprattutto per quelle persone che si stanno recando a un Family Day.


venerdì 28 agosto 2015

Priscilla, la vagina (più o meno) del deserto





Tesorucci, sono tornata!
Vi ero mancata?
Certo che vi ero mancata, però non è mica colpa mia, eh. È da tanto che non mi facevano più scrivere, dai tempi della rece di Una nuova amica, ma quelle pazze di Pensieri Cannibali mi assegnano un lavoro solo quando c'è da parlare di qualche film ad argomento trans, chissà perché. L'occasione 'sta volta è stata offerta da Arwen Lynch del sito La fabbrica dei sogni che ha deciso, per festeggiare il suo settimo anno di attività, di organizzare una giornata speciale dedicate alla tematica LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali e Transgender). Ecco i caruccissimi blog che partecipano all'iniziativa Rainbow Day:



E indovinate allora di cosa parlerò io oggi, mie care?
Ma del film più gaio di tutti i tempi!
Dimenticatevi Dietro i candelabri. Priscilla gli fa il culo. In tutti i sensi.

domenica 7 giugno 2015

DIRTY GIRL, JUNO TEMPLE È UNA RAGAZZA (S)PORCA





Dirty Girl
(USA 2010)
Regia: Abe Sylvia
Sceneggiatura: Abe Sylvia
Cast: Juno Temple, Jeremy Dozier, Milla Jovovich, Dwight Yoakam, Mary Steenburgen, Jonathan Slavin, William H. Macy, Nicholas D’Agosto, Melissa Manchester
Genere: 80s
Se ti piace guarda anche: I ragazzi stanno bene, Easy Girl

Ragioni per vedere questo film?
Juno Temple.
Devo anche stare a scrivere un’intera recensione per convincervi a guardarlo? Non vi bastano le parole: Juno Temple?
L’avete visto Killer Joe?
Avete visto Juno Temple in Killer Joe?
Avete davvero bisogno di ulteriori parole?
E allora ve le do’: Juno Temple qui è pure una zoccola, una dirty girl, una ragazza (s)porca.
Dopo che vi ho detto ciò, non siete ancora corsi a vederlo?
Avete proprio bisogno di una recensione?
Facciamola, a questo punto, visto che siete proprio incontentabili e pure rompiscatole.

domenica 17 maggio 2015

G.B.F. - PRETTY LITTLE GAYS





G.B.F.
(USA 2013)
Regia: Darren Stein
Sceneggiatura: George Northy
Cast: Michael J. Willett, Paul Iacono, Sasha Pieterse, Andrea Bowen, Xosha Roquemore, Molly Tarlov, Derek Mio, Megan Mullally, Joanna “JoJo” Levesque, Natasha Lyonne, Evanna Lynch, Jonathan Silverman, Rebecca Gayheart, Anthony Garland
Genere: gay-friendly
Se ti piace guarda anche: Faking It - Più che amiche, In & Out, Glee, Mean Girls, Easy Girl

Voi ce l’avete un G.B.F., ovvero un Gay Best Friend, un miglior amico gay?
Nooo?
OH-MIO-DIO, ma siete troppo out! Cosa aspettate a trovarvene uno?
È proprio quanto fanno le tre reginette di popolarità protagoniste di G.B.F., una pellicola ca-ri-nis-si-mis-si-ma e molto gay-friendly che presenta un cast molto tv-series-friendly. Le tre queen bitches sono infatti: la bionda Sasha Pieterse, meglio nota come la morta/non morta Alison di Pretty Little Liars, la rossa Andrea Bowen che era la figlia di Susan in Desperate Housewives, e poi la nera Xosha Roquemore, che è comparsa in alcune puntate della sitcom The Mindy Project.

venerdì 8 maggio 2015

UN MAMMO PER AMICA





Una nuova amica
(Francia 2014)
Titolo originale: Une nouvelle amie
Regia: François Ozon
Sceneggiatura: François Ozon
Tratto dal romanzo: The New Girlfriend di Ruth Rendell
Cast: Romain Duris, Romain Duris, Anaïs Demoustier, Isild Le Besco, Raphaël Personnaz, François Ozon
Genere: transitorio
Se ti piace guarda anche: Transparent, La pelle che abito, Mrs. Doubtfire

Ciao care, come va oggi?
Io sto di-vi-na-men-te. Sono andata a farmi una manicure, che levati. Adesso mi odierete tutte stronzette perché ho delle mani che sono un in-can-to.
E ora mi sento un po' di Katy Perry e sputtaneggio alla grande ballando in camera mia con solo gli slippini indosso. You're hot then you're cold, you're yes then you're no, you're asganaway then what's american boys. Perché mi sento Katy? Perché oggi mi sono voluta coccolare: mi sono presa una pausa dal lavoro e mi sono vista un bel film. No, non uno di quei film che si guardano in compagnia del vibratore, sciocchine. Un film film. Un film serio. A tratti fa ridere, ma serio. Il film si chiama Una nuova amica e dentro c'è un canzone di Katy Perry. A-do-ro Katy e le sue canzoni nei film sono sempre perfette. Calzano come un paio di Louboutin nei miei piedini di fata. L'avete visto Un sapore di ruggine e ossa?
No?
Ma non li vedete i film francesi?
Cosa siete, dei bruti? Dei selvaggi che guardano solo Fast & Furious e le partita della Giuventus?
Lì in Un sapore di ruggine e ossa suonavano “Firework”: belliiiiiiiiiiiiiiissima “Firework”!!! ❤
L'hanno messa pure in The Interview: divertentiiiiiiiiiiiiissimo The Interview!!! XD
Qui in questo nuovo film che mi son vista, Una nuova amica, mettono invece “Hot N Cold”, quindi balliamo, puttanelle!
Forza dai, twerkate con quei sederi!
Sputtaneggiamo, ah yeah!

giovedì 23 aprile 2015

PRIDE, ORGOGLIOSO DI NON ESSERE CINEOMOFOBO





Pride
(UK, Francia 2014)
Regia: Matthew Warchus
Sceneggiatura: Stephen Beresford
Cast: Ben Schnetzer, George MacKay, Joseph Gilgun, Faye Marsay, Andrew Scott, Dominic West, Paddy Considine, Jessica Gunning, Imelda Staunton, Bill Nighy, Kyle Rees, Jessie Cave, Karina Fernandez, Russell Tovey
Genere: battagliero
Se ti piace guarda anche: Grazie, signora Thatcher, Full Monty, Billy Elliot, Sunshine on Leith

Oggi faccio coming out: mi piacciono i gay.
Non è che mi piacciono nel senso che vorrei prendergli il sedere. E non mi piacciono nemmeno tutti. Mi piacciono quelli che hanno il coraggio di battersi per i loro diritti, di mostrare ciò che sono, di gridarlo a gran voce, non importa quali possano essere le conseguenze. E mi piacciono anche le pellicole a tematica gay.
Faccio un altro coming out e dico una cosa che mai avrei immaginato di dire: mi piacciono i minatori. I minatori inglesi anni '80, quelli che hanno scioperato contro la Thatcher. Su di lei non devo certo fare coming out. Ho sempre detto che non mi piace e continuo a ripeterlo anche ora che quella strega è morta.

sabato 11 aprile 2015

LOVE IS STRANGE, CHIAMATE STRANAMORE PLEASE





I toni dell'amore - Love Is Strange
(USA, Francia, Brasile, Grecia 2014)
Titolo originale: Love Is Strange
Regia: Ira Sachs
Sceneggiatura: Ira Sachs, Mauricio Zacharias
Cast: John Lithgow, Alfred Molina, Marisa Tomei, Charlie Tahan, Cheyenne Jackson, Christina Kirk, Eric Tabach
Genere: strano
Se ti piace guarda anche: Looking, Girls, Dietro i candelabri

Ve lo ricordate Stranamore?
Io non me ne perdevo una puntata. All'epoca in cui andava forte, che faceva tipo 10 milioni di spettatori o qualcosa del genere, ero un bambinetto e lo guardavo insieme ai miei genitori. Allora non sapevo nemmeno che la sigla fosse un pezzo dei Beatles. Pensavo fosse un jingle realizzato apposta per il programma. Che volete? Avevo 12 anni o giù di lì. Nel corso del programma c'era spazio per storie d'amore di tutti i tipi, ma non credo abbiano mai parlato di una relazione gay. Non nelle prime storiche stagioni. D'altra parte Alberto Castagna, pace all'anima sua, era abbastanza un bigottone. Nelle stagioni più recenti, quelle con la Folliero, magari l'argomento è stato trattato e in tal caso i protagonisti di Love Is Strange avrebbero potuto contattare il programma per farsi aiutare.

venerdì 6 giugno 2014

THE NORMAL HEART, UN CUORE MICA TANTO NORMALE




The Normal Heart
(USA 2014)
Regia: Ryan Murphy
Sceneggiatura: Larry Kramer
Ispirato all’opera teatrale: The Normal Heart di Larry Kramer
Cast: Mark Ruffalo, Matt Bomer, Julia Roberts, Taylor Kitsch, Jim Parsons, Alfred Molina, Jonathan Groff, Joe Mantello, Stephen Spinella, Adam B. Shapiro, Denis O’Hare, Finn Wittrock, Rob Tunstall, Corey Stoll
Genere: gay
Se ti piace guarda anche: Dallas Buyers Club, Milk, Dietro i candelabri, Looking

Pensate alla cosa più gay che avete mai visto.
Vi si ripropongono davanti agli occhi gli abiti e l’arredamento di casa Liberace in Dietro i candelabri?
State pensando a una maratona di episodi delle serie tv Looking e Queer as Folk?
O a Valerio Scanu con i boccoli biondi alla Lady Oscar?
O magari proprio a Lady Oscar?
O vi viene per caso in mente la guida galattica alle boy band di Pensieri Cannibali?
In ogni caso prendete tutte queste cose insieme, moltiplicatele per mille e non sarete andati nemmeno vicini alla cosa più gay che ho visto io: la prima scena di The Normal Heart.
I primi 5 minuti del nuovo film tv della HBO The Normal Heart sono quanto di più omosessuale si possa immaginare. Lo dico in senso positivo. Guardando i personaggi della pellicola che se la spassano mi è venuto il rimpianto di non essere un gay all’inizio degli anni Ottanta, quegli anni di rivoluzione sessuale in cui tutti scopavano con tutti liberamente, senza legami e senza problemi.
Perché mi piace la figa? Perché???
È una maledizione! Sarei potuto essere così felice, come gay e in particolare come gay all’inizio degli anni Ottanta.

Questo per quanto riguarda i primi 5 minuti di film, poi entra in scena il dramma ed essere gay negli anni Ottanta non appare più soltanto nei suoi risvolti tutti rose e fiori. In scena compare ciò che all’inizio di quel decennio veniva chiamato “il cancro dei gay” e successivamente diventerà noto come AIDS.
AIDS?
Hey, Pensieri Cannibali si sta per occupare di un argomento serio?


La pellicola va a indagare in una pagina parecchio oscura e misteriosa, quella dell’origine del virus. Nel 1981 cominciano i casi inspiegabili di morti all’interno della comunità omosessuale e nessuno capisce il perché o il per come la malattia si diffonda. La dottoressa sulla sedia a rotelle Julia Roberts suggerisce loro a questo punto di evitare orge e sesso promiscuo, ma viene vista come una repressa sessuale e in pochi le danno ascolto. Negli anni successivi si cerca di capirne di più, solo che il governo degli Stati Uniti non fa nulla per studiare la malattia. Sembra quasi un complotto per eliminare tutti i gay dalla faccia della Terra e l’amministrazione del conservatore bigotto yuppie repubblicano Ronald Reagan comincerà a interessarsi al problema soltanto quando a essere colpiti dal virus saranno pure uomini e donne eterosessuali.

La vicenda raccontata in The Normal Heart a grandi linee è questa ed è parecchio interessante anche e soprattutto per chi come me è nato nel 1982 ed è cresciuto con la consapevolezza che l’AIDS c’era e basta, senza sapere come ha cominciato a diffondersi. Al di là della ricostruzione storica, medica e pure politica, in cui il film si avvicina alle parti di Milk di Gus Van Sant, la carta vincente di questa bella pellicola tv HBO, che come Dietro i candelabri non ha nulla da invidiare alle produzioni per il grande schermo, è il suo cuore. Il suo normal heart. In più momenti la pellicola sa emozionare e lo fa per merito di una serie di interpretazioni magistrali di attori in stato di grazia che riescono a dare vita a dei personaggi pieni di vita (la ripetizione è voluta, bitches!).

"The streets of Philadelphia...
Ah, come? Siamo a New York?"
Una nota di merito particolare va a Mark Ruffalo, protagonista principale che porta sullo schermo Ned Weeks, uno scrittore che si batte in maniera molto sentita per sensibilizzare un’opinione pubblica e un governo cui del problema dell’AIDS pare non fregare un tubo. Mark Ruffalo che una decina d’anni fa appariva ovunque, dal cinema d’autore (Se mi lasci ti cancello, In the Cut) alle commedie romantiche (Se solo fosse vero, 30 anni in un secondo) ai thrilleroni (Collateral, Zodiac) e sembrava destinato a diventare una delle più grandi star che Hollywood avesse mai avuto e poi invece, come accade a un sacco di attori, non è mai esploso del tutto. Questo ruolo televisivo molto intenso (in alcune scene forse persino troppo) potrebbe rappresentare una svolta per la sua carriera, così come per quella di Taylor Kitsch che fa dimenticare i dimenticabili ruoli da macho in flopponi come John Carter e Battleship per tirare fuori un inaspettato e molto credibile ruolo da gay. Bravissimi poi anche attori noti soprattutto al pubblico delle serie tv come Jim Parsons, lo Sheldon Cooper di Big Bang Theory, e Matt Bomer, il bellone di White Collar che qui dà tutto se stesso, con una trasformazione fisica degna di Christian Bale.

In mezzo a tanti lui c’è poi una lei, la divina Juliona Roberts che, dopo la pazzesca interpretazione ne I segreti di Osage County, giganteggia un’altra volta. Che le è successo?
Probabilmente ha cominciato a prendere le stesse droghe di Matthew McConaughey, visto i due che sono passati dal titolo di reuccio e reginetta delle commediole romantiche al diventare un attore come Dio comanda e un'attrice della Madonna.

"Già sono tutti gay, in più sono su una sedia a rotelle e poi mi hanno pure imbruttita.
Le mie probabilità di chiavare in questo film le vedo un po' bassine..."

"Per favore, aiutatelo:
ha appena scoperto che Sex & the City non andrà mai più in onda!"
E perché invece tanti attori, soprattutto negli ultimi tempi, si stanno cimentando in pellicole a tematica gay?
Chiamatelo "effetto Brokeback Mountain". Quel film ha rappresentato una svolta a Hollywood, facendo poi avvicinare attori dalla forte identità etero come Michael Douglas e Matt Damon e in questo caso Mark Ruffalo e Taylor Kitsch a parti omo.

A firmare la regia c’ha pensato uno che nella tematica gay c’ha sempre sguazzato e che qui ha avuto il modo di metterci dentro se stesso al 100%. Sto parlando di Ryan Murphy, l’autore delle serie Nip/Tuck, American Horror Story, Glee, Popular e The New Normal, che come regista firma la sua opera più personale e riuscita, dopo i poco convincenti Correndo con le forbici in mano e Mangia prega ama. Il suo stile mi ricorda un po’ quello di Gabriele Muccino e, prima di considerarlo un insulto, preciso che sembra una versione gay del Muccino migliore, quello dei primi tempi, quello delle sue pellicole italiane, prima che si sputtanasse a Hollywood con una serie di lavori uno più terrificante dell’altro. Come quel Muccino, il Muccino quando era magro, Murphy utilizza riprese vorticose, tiene alto e concitato il ritmo per quasi tutte le oltre 2 ore di durata, spinge i suoi attori sempre al limite del melodramma, a tratti in maniera eccessiva, ma sempre intensa. The Normal Heart è proprio così: intenso, super gaio, esagerato, troppo lungo e con al suo interno troppi temi e troppi personaggi, eppure allo stesso tempo non si fa mancare l’elemento più importante in grado di fare da collante al tutto. Un cuore normale? No, un cuore eccezionale.
(voto 7,5/10)

domenica 1 giugno 2014

TOM A’ LA FERME, E STATTE UN PO’ FERM




Tom à la ferme
(Canada, Francia 2013)
Regia: Xavier Dolan
Sceneggiatura: Xavier Dolan
Ispirato all’opera teatrale: Tom à la ferme di Michel Marc Bouchard
Cast: Xavier Dolan, Pierre-Yves Cardinal, Lise Roy, Evelyne Brochu, Manuel Tadros, Caleb Landry Jones
Genere: country-gay
Se ti piace guarda anche: J'ai tué ma mère, Les amours imaginaires, Laurence Anyways, La vita di Adele, Il ragazzo di campagna

Ognuno ha le proprie personali fantasie sessuali. Più o meno perverse, più o meno deviate. Io principalmente ne ho paio: una mi vede impegnato con una giovane (ma comunque maggiorenne, precisiamo) studentessa vestita da collegiala maiala, l’altra con una MILF con look da professorina snob, con tanto di occhialetti da vista, non perché le servano per davvero, ma perché fanno hipster. A livello psicanalitico, da ciò anche senza essere Freud si può capire che ho un rapporto alquanto malato e irrisolto con la scuola.

L’autore del film di cui andiamo a occuparci oggi ha invece una fantasia sessuale differente dalle mie. Se vogliamo anche questa abbastanza un classico: fare sesso in campagna, con un contadino/a. Nel caso di Xavier Dolan, regista, sceneggiatore e protagonista di Tom à la ferme contadino con la O, visto che lui è gay, o se non altro bisex, o se non altro questo è ciò che emerge da tutti i suoi film che sono molto concentrati su questa tematica. Tutti i suoi film? Perché, quanti ne ha fatti?
Nonostante sia un ragazzo di appena 25 anni, il giovane Xavier è già arrivato al suo quinto film da regista. Ci sono l’acerbo esordio J'ai tué ma mère, lo splendido Les amours imaginaires, a oggi il suo film che preferisco, e l’ambizioso quanto solo parzialmente riuscito Laurence Anyways. Il qui presente Tom à la ferme è la sua opera quarta, mentre all’ultimo Festival di Cannes è stata presentata la sua quinta pellicola, Mommy, che tra l’altro si è portata a casa il premio della giuria e ha raccolto un sacco di lodi.

"Forse è vero che somiglio a Favino. Se solo sapessi chi diavolo è..."
Tanto per fare un confronto, Terrence Malick ad esempio aveva 60 anni suonati quando è arrivato a girare il suo film numero 5. Xavier Dolan a 25 invece è già un veterano del grande schermo e con questo suo penultimo film prosegue nella sua personale ricerca, sia cinematografica che sessuale. L’attore/regista/sceneggiatura canadese in Tom à la ferme vive un'avventura opposta rispetto al Renato Pozzetto de Il ragazzo di campagna: è un ragazzo di città (Montreal) che finisce in un paesino di campagna, per la precisione nella cascina della famiglia del suo compagno appena deceduto. La mamma del suo compagno defunto, un'odiosa vecchina bigotta, naturalmente non sapeva che il figlio era gaio e il fratello, un contadino macho, ci tiene che continui a non saperlo. Attraverso questi tre personaggi (cui si aggiunge a un certo punto la splendida Evelyne Brochu dalla serie Orphan Black) si sviluppa un particolare dramma da camera dall’impianto molto teatrale, non a caso è ispirato proprio a un’opera per il palcoscenico, con l'aggiunta di inaspettati inserti thriller.
La componente di maggiore tensione del film è quella che si sviluppa tra il protagonista Xavier Dolan, che per l’occasione sfoggia un capello platino che lo fa sembrare il cantante degli ormai defunti pure loro My Chemical Romance quando si era fatto biondo, e il contadino macho Pierre-Yves Cardinal, fisicamente una specie di versione canadese di Pierfrancesco Favino, che forse poi così macho non è. È qui che l’autore dà vita alla sua fantasia erotica di ragazzo gay alle prese con un prestante contadino etero.
Xavier Dolan, nelle pause tra un film e l’altro, giocherà mica troppo a FarmVille?


"Chissà se qui in Canada la Menabrea ce l'hanno?"
Il giovane regista/attore/sceneggiatore mette ancora una volta in scena il suo cinema, giocato sulla tematica della confusione sessuale, senza però spingere il pedale sulla trasgressione come fa ad esempio un Gregg Araki. Anche questa volta ci propone qualche momento poetico, come la straordinaria scena del tango, senza eguagliare i vertici di Les amours imaginaires, ma allo stesso tempo senza eccedere nel minutaggio come fatto dal precedente film fiume Laurence Anyways e senza esagerare nel melodramma come nel debutto J'ai tué ma mère. Xavier Dolan è un giovane autore che ha una sua precisa cifra stilistica e tematica e questo pare un grande punto di forza, così come al momento il suo (unico) limite. Tom à la ferme sembra allora il classico film di passaggio. Un’avventura in campagna piacevole, con diversi momenti degni di nota, ma non del tutto compiuta. Una parentesi transitoria, in attesa che Xavier Dolan faccia ritorno in città, sulle splendide note di “Going to a Town” di Rufus Wainwright, una delle mie canzoni preferite di tutti i tempi, e ci regali una nuova pagina del suo cinema. Del suo cinema e della sua vita in continuo movimento, che l'ha portato ora a Mommy, il suo ultimo film applauditissimo a Cannes, che potrebbe – chissà – essere il suo capolavoro definitivo. Almeno della prima parte della sua giovane ma già ricca carriera.
(voto 7+/10)

venerdì 2 maggio 2014

LO SCONOSCIUTO DEL LAGO, CHE FILM DEL CAZZO




Lo sconosciuto del lago
(Francia 2013)
Titolo originale: L’inconnu du lac
Regia: Alain Guiraudie
Sceneggiatura: Alain Guiraudie
Cast: Pierre Deladonchamps, Christophe Paou, Patrick d'Assumçao, Jérôme Chappatte, Mathieu Vervisch, Gilbert Traina, Emmanuel Daumas
Genere: porno-noir gay
Se ti piace guarda anche: Shame, La vita di Adele, Basic Instinct

Lo sconosciuto del lago è un film del cazzo.
No, che avete capito? Non pensate subito male. Questo non è l’inizio di una stroncatura secca della pellicola che ha vinto il premio alla regia nella sezione Un certain regard al Festival di Cannes 2013 ed è stato giudicato il film dell’anno dalla prestigiosa rivista francese Cahiers du cinéma. Lo sconosciuto nel lago è un film del cazzo nel senso che è un film pieno di cazzi. Mai visti così tanti cazzi in una volta sola in vita mia. Nemmeno quando da ragazzino giocavo a calcio. Poi ho smesso. Per prima cosa, perché non ero un fenomeno e quindi quando ho appeso le scarpette al chiodo non è stata certo una grande perdita per lo sport mondiale. Per seconda cosa, perché il calcio a un certo punto ha cominciato un po’ a stufarmi. Per terza cosa, perché il fatto di fare la doccia tutti insieme non è che mi abbia mai messo troppo a mio agio. Sarò strano io, o sarò pudìco io, però fare la doccia con degli altri uomini non è proprio il mio ideale di divertimento.
Ai personaggi de Lo sconosciuto del lago invece piace un sacco andare in giro nudi, con il bigolo tranquillamente di fuori. I personaggi del film, va detto, sono gay, quindi ci può anche stare che si divertano così. O forse no. Anche se fossi gay, credo che comunque sarei imbarazzato a girare in una spiaggia per nudisti gay senza un costume preferibilmente rosa addosso.

"L'inconnu du lac??? Ma secondo te che è, un film sardo?"
Lo sconosciuto del lago non è comunque un film sull’andare in giro nudi e non è un film solo sulla comunità omosessuale. È un film che rappresenta un microcosmo ben definito e preciso. Non tutti i gay frequentano spiagge per nudisti gay e vanno a scopare in giro per boschi con degli uomini sconosciuti, così come non tutti gli uomini etero frequentano spiagge per nudisti etero e vanno a scopare in giro per boschi con delle donne sconosciute. C’è qualcosa di universale, in questo film. Qualcosa in cui tutti si possono riconoscere, qualunque siano le proprie tendenze e abitudini sessuali. Questo elemento universale è la solitudine fra noi, questo siiilenzio dentro me, è l'inquietuuudine di vivere la vita senza teee.

In un film in cui tutti si scopano tutti, tutti masturbano tutti, tutti spompinano tutti, tutti eiaculano su tutti, il grande tema è, paradossalmente ma non troppo, la solitudine. Nonostante, o forse proprio a causa di questa frenetica e continua attività sessuale, ogni uomo resta un’isola, checché ne dicano Bon Jovi o in About a Boy. (Prima di accusarmi di omofobia, leggete bene: ho scritto checché, non checche).

Lo sconosciuto del lago parte come una pellicola parecchio riuscita nel fotografare un determinato ambiente, un preciso contesto sociale, quello di un gruppo di uomini che cercano una compagnia maschile facile. Nel farlo, un plauso va fatto al regista e sceneggiatore Alain Guiraudie per essere riuscito a evitare i classici stereotipi sull’omosessualità. Nessun personaggio, nemmeno il tipo che si masturba guardando gli altri che trombano nel bosco, è una macchietta. C’è solo da tremare al pensiero di cosa sarebbe potuto uscire con una tematica del genere se fosse stata una produzione italiana. In Francia invece è possibile girare un film come questo senza cadere/scadere nel ridicolo o nei soliti cliché.

Al di là della forte componente (omo)sessuale presente, e mostrata in maniera esplicita stile La vita di Adele, giusto con il cetriolo al posto della patata (oddio, sto cadendo nei soliti ridicoli cliché), questa è una pellicola che a un tratto vira verso il thriller noir. Non lo fa però così, tanto per fare. Un sacco di film, un sacco di storie in generale, quando non sanno dove andare a parare ci mettono dentro una componente gialla, un bell’omicidio, e così il problema su cosa far capitare è risolto. In questo caso non è invece un espediente inserito in maniera gratuita, bensì una parte fondamentale per far evolvere il discorso fondamentale della pellicola. Quale discorso?
L’ho già detto. Io ooodio Laura Pausini, se proprio mi tocca citarla un motivo ci sarà. Lo sconosciuto del lago parla di solitudine. Certo, ci si può far distrarre dalla componente gialla, dai cazzi, dalle seghe, dagli inchiappettamenti. Questi sono tutti aspetti molto forti del film, cui è difficile rimanere indifferenti. Quello che racconta davvero la pellicola è però altro: la ricerca di un contatto umano che ci faccia sentire meno soli al mondo, anche se ciò comporta stare vicini a un pericoloso pazzo assassino. Allo stesso tempo, è anche la storia di una morbosa attrazione nei confronti del lato oscuro. Un po’ come in Basic Instinct, solo con un sacco di cazzi al posto della fica di Sharon Stone (uff, sto scadendo di nuovo nei cliché, scusate). E solo girato non con uno stile da mediocre thrillerino americano soft-porno, ma con la classe del grande cinema d’autore francese. Qualcuno storcerà il naso di fronte al finale, così aperto e sospeso, in apparenza, ma in realtà chiusura perfetta sulla solitudine tra noi, questo siiilenzio dentro me, è l’inquietudine di vivere la vita senza te, ti prego aspettami, amoooooore mio…

Ok, adesso la smetto di cantare canzoni del cazzo e vado a mostrare il bigolo al lago.
(voto 8/10)

venerdì 18 aprile 2014

TUTTO SUA MADRE, MA SENSUALITA’ A CORTE NON C’ENTRA (QUASI) NULLA




Tutto sua madre
(Francia, Belgio 2013)
Titolo originale: Les garçons et Guillaume, à table!
Regia: Guillaume Gallienne
Sceneggiatura: Guillaume Gallienne
Cast: Guillaume Gallienne, Guillaume Gallienne, André Marcon, Françoise Fabian, Nanou Garcia, Götz Otto, Diane Kruger, Reda Kateb, Clémence Thioly
Genere: etero
Se ti piace guarda anche: Tutto su mia madre, J'ai tué ma mère, Correndo con le forbici in mano, Mine vaganti

La mia reazione alla fine della visione di Tutto sua madre:
“E sta cazzata ai César, gli Oscar del cinema francese, avrebbe battuto La vita di Adele? Davvero? Ce n'est pas possible!”.

Riavvolgiamo il nastro. Facciamo un passo indietro. Facciamo più passi indietro.

Tutto sua madre è il “classico” film sulla confusione sessuale. Un genere in cui si sono specializzati negli anni registi come lo spagnolo Pedro Almodovar e il “nostro” Ferzan Ozpetek, così come più di recente il giovane fenomeno del cinema canadese Xavier Dolan, e pure negli Stati Uniti un esempio di cinema del genere l’ha realizzato Ryan Murphy con il suo non troppo riuscito Correndo con le forbici in mano. Tutto il mondo che fa questi film e la Francia, la raffinata e chic Francia, non combina niente?
A porre rimedio a questa lacuna ci pensa ora Guillaume Gallienne con Tutto sua madre, pellicola tratta da un suo stesso spettacolo/monologo teatrale. L’impianto teatrale è evidente nel film. Non si cerca manco di nasconderlo, visto che lo stesso protagonista parla da un palco. Capisco che le intenzioni dell'autore siano quelle, però il cinema per quanto mi riguarda è qualcosa di differente da uno spettacolo e questo Tutto sua madre non riesce mai a smarcarsi dalla sua ispirazione teatrale. Se non per una singola, bella sequenza cinematografica, quella in cui il protagonista annega in piscina. Fine. Per il resto, il film è troppo poco cinema e troppo tanto teatro per i miei gusti. Già solo per questo motivo, premiare Tutto sua madre con ben 5 premi César (miglior film, attore protagonista, sceneggiatura non originale, montaggio e opera prima) mi sembra un tantinello esagerato, soprattutto considerando il ben di Dio di cui dispone il cinema transalpino attuale.
Questo sarebbe il miglior film francese dell'anno? Ce n'est pas possible!

Al di là del suo impianto teatrale, un’altra cosa che non ho apprezzato del film è la sua comicità. Per essere una commedia, non mi ha fatto granché ridere. Da adoratore del cinema francese, devo ammettere di apprezzare soprattutto le loro pellicole drammatiche, ma di recente ho imparato ad avvicinarmi e, ebbene sì, a divertirmi con l’umorismo francese, non sempre facile da cogliere, non sempre esplosivo, però in grado di regalare delle soddisfazioni, almeno se si ha una certa pazienza. Quello dei francesi è un tipo di comicità molto radical-chic, si prenda ad esempio Quando meno te lo aspetti, talvolta talmente sottile da essere quasi impercettibile. Difficilmente un film francese fa pisciare sotto dalle risate, però le migliori commedie dei cugini qualche sorriso lo sanno regalare comunque, basta vedere Quasi amici. Nonostante tutte queste considerazioni, Tutto sua madre non mi è parso arrivare manco al minimo sindacale di una commedia francese scarsa. Alcune scene pseudo comiche appaiono solo ridicole e basta. Durante le sequenze alle terme dedicate a massaggi e clisteri mi è persino sembrato di intravedere Massimo Boldi, più che il celebrato Guillaume Gallienne. Questo sarebbe il vincitore del César come miglior attore francese dell’anno? Ce n'est pas possible!

Il terzo aspetto che non mi ha entusiasmato è come viene affrontata la componente omosessuale.
ATTENZIONE SPOILER
L’intero film è costruito intorno al fatto che il protagonista è palesemente gay. Sembra quasi un Woody Allen gay. E invece… no. Al termine scopriamo che non è gay.
Il finale non è che sia così sorprendente, visto che i segnali nel corso della pellicola ci sono e sono ben evidenti. L’amore per le donne del protagonista traspare chiaro ad esempio nella scena in piscina e quando guarda le chiappe crucche di Diane Kruger. La conclusione non arriva quindi così inaspettata, ma se non altro il film ha il pregio, uno dei suoi pochi, di presentare una visione della sessualità fuori da ogni stereotipo. Questo è un bene. Peccato che la chiusura, con tanto di “spiegone” finale di quelli che io non reggo, porti a un matrimonio eterosessuale. Un film a tematica omosex che si chiude con delle nozze etero? Ce n'est pas possible!

Infine, oltre all’identità sessuale, l’altra grande tematica presente nella pellicola è quella del rapporto tra il protagonista e la madre, entrambi personaggi interpretati dallo stesso Guillaume Gallienne, paradossalmente più convincente nei panni di sua mamma che di se stesso. Anche in questo caso, niente di così sconvolgente od originale. Niente che vada al di là di una relazione un po’ troppo identificativa e malata, vicina a quella di Norman Bates per Norma in Psyco, così come in un qualunque episodio della serie Bates Motel, solo in versione meno psyco-criminale. O vicina anche a una puntata di Sensualità a corte. A tratti sembra proprio di essere lì, in mezzo a un battibecco tra Jean Claude e Madre, solo molto meno divertente. Roba che, al massimo, a essere generosi si potrebbe meritare un Telegatto, se solo ci fosse ancora, non certo il César di migliore film dell’anno davanti allo stupendo La vita di Adele.
Parbleu, miei adorati francesi, come avete potuto farmi questo?
Ce n'est pas possible!
(voto 5/10)

martedì 18 febbraio 2014

OUTING – FILM PER SBAGLIO




Outing – Fidanzati per sbaglio
(Italia 2013)
Regia: Matteo Vicino
Sceneggiatura: Matteo Vicino
Cast: Nicolas Vaporidis, Andrea Bosca, Giulia Michelini, Massimo Ghini, Riccardo Leonelli, Claudia Potenza, Mia Benedetta, Lorenzo Zurzolo
Genere: diverso (dal cinema)
Se ti piace guarda anche: Io vi dichiaro marito e... marito, Diverso da chi?, Mine vaganti

Ci sono due modi diversi per vedere Outing – Fidanzati per sbaglio:
1) Da un punto di vista omosessuale, difficilmente si può considerare una pellicola offensiva, non quanto le passate dichiarazioni di Mr. Mulino Bianco Guido Barilla o le leggi anti-gay di Putin ad esempio, ma solo parecchio superficiale e scontata nei confronti del mondo gay.
2) Da un punto di vista eterosessuale, c’è da vergognarsi per come viene rappresentato il mondo gay. Sullo stesso tema e con una trama simile, una coppia di amici che si fingono una coppia di fatto, al confronto persino Io vi dichiaro marito e... marito con Adam Sandler appare come un impegnato ritratto sociologico.


Ci sono altri due modi diversi per vedere Outing – Fidanzati per sbaglio:
1) A livello cinematografico, Outing è un film innovativo, rivoluzionario, che non segue le logiche cinematografiche tradizionali e prova a inventarne di nuove. Come?
Grazie a un montaggio del tutto casuale, grazie a una recitazione talmente improvvisata da andare oltre il neorealismo, grazie a soluzioni registiche folli da chi si cimenta con una macchina da presa per la prima volta nella sua vita e si diverte come un bambino nel farlo. Magari chi guarda si diverte un po’ meno.
2) A livello cinematografico, Outing è un disastro totale. L’amatorialità spacciata per un film vero e proprio. Al regista Matteo Vicino d’ora in poi non dovrebbe essere permesso di stare vicino a una macchina da presa a una distanza inferiore ai 500 metri. I protagonisti Nicolas Vaporidis, Andrea Bosca e Giulia Michelini andrebbero radiati dall’ordine degli attori, se ne esistesse uno. In più come guest-star c'è pure la fashion blogger Chiara Ferragni di The Blonde Salad ed è forse la migliore del cast. Credo di aver detto tutto.
Anzi no. La sceneggiatura, firmata dallo stesso Vicino, affronta con coraggio tematiche difficili come omosessualità, corruzione della classe politica, meritocrazia e disoccupazione giovanile. Ci va davvero coraggio ad affrontarle in una maniera tanto innocua, ingenua, stereotipata e banale.

"Secondo Cannibal recito meglio io di Nicolas Vaporidis. Beh, in effetti..."

E infine, se si fa lo sbaglio di vedere Outing – Fidanzati per sbaglio, si può interpretare la conclusione in due maniere diverse:
1) Il finale è geniale. La versione gay dei colpi di scena conclusivi di film come I soliti sospetti e Il sesto senso.
2) Il finale è il finale più ridicolo visto dai tempi di quello de La passione di Cristo di Mel Gibson. Anche se di recente pure quello de The Counselor – Il procuratore non ha scherzato mica…


Ci sono insomma modi diversi per vedere Outing – Fidanzati per sbaglio, ma c’è un solo modo per giudicarlo...
(voto 0/10)
"Ma sta zitto Cannibal, che questo film è un capolavoro!"

Per chiudere con qualcosa di realmente bello e vero sul tema dell'omosessualità, vi lascio con l'emozionante discorso-coming out che l'attrice Ellen Page ha tenuto lo scorso San Valentino.

mercoledì 11 dicembre 2013

MAN OF THE YEAR 2013 – N. 8 MICHAEL DOUGLAS



Michael Douglas
(USA 1944)
Genere: evergreen
Il suo 2013: dopo aver sconfitto il cancro, ha offerto una delle performance recitative dell'anno, e della sua vita, nei panni del pianista gay Liberace nel biopic Dietro i candelabri - Behind the Candelabra.
Se ti piace lui, ti potrebbero piacere anche: Martin Sheen, Alec Baldwin
È in classifica: perché ha saputo rivelare un inaspettato e gaio talento con un personaggio ben lontano dai suoi soliti ruoli da sciupafemmine.
Il suo discorso di ringraziamento: "Ti ringrazio tantissimo, cara fanciulla cannibale. Oops, mi sa che non sono ancora riuscito a uscire dal personaggio di Liberace..."

Dicono di lui su
cinguettator
Catherine Zeta Jones @CatherineZJones
Una volta parlava solo della vagina di @sharonstone, dopo #Liberace solo di #Sex&TheCity e @ladygaga. Ridatemi mio marito, per favore!


domenica 10 novembre 2013

GLI AMANTI PASSEGGERI, L’AEREO PIU’ GAIO DEL MONDO




Gli amanti passeggeri
(Spagna 2013)
Titolo originale: Los amantes pasajeros
Regia: Pedro Almodóvar
Sceneggiatura: Pedro Almodóvar
Cast: Javier Cámara, Carlos Areces, Raúl Arévalo, Lola Dueñas, Cecilia Roth, Antonio de la Torre, Hugo Silva, José María Yazpik, Blanca Suárez, Paz Vega, Miguel Ángel Silvestre, Laya Martí
Genere: volatile
Se ti piace guarda anche: L’aereo più pazzo del mondo, To Rome with Love, Selvaggi

Signori e signore, allacciate le cinture di sicurezza e preparatevi a un viaggio tranquillo, più o meno…
L’aereo della Peninsula partito da Madrid e diretto in Messico ha infatti un’avaria per colpa di quei furboni di Antonio Banderas & Penelope Cruz e deve cercare di fare un atterraggio di emergenza.
Questa a grandi linee è la semplice, anche un po’ sempliciotta, trama del nuovo film di Pedro Almodovar, che con Gli amanti passeggeri torna al suo primo amore. Gli uomini?
No, cioè sì anche, ma non è quello che intendevo. Il regista spagnolo dopo l’involontariamente ridicolo La pelle che abita torna alla commedia, con un film che vorrebbe essere volontariamente divertente, ma alla fine fa ridere meno del suo precedente.

"Ormai sono a disposizione per qualunque lavoro. Basta che non mi fate recitare..."
Il decollo è subito da brividi: c’è una scenetta per nulla divertente con Antonio Banderas e Penelope Cruz, doppiati tra l’altro in maniera terrificante. Si finisce quasi per rimpiangere le pubblicità del Mulino Bianco con Banderas. Sottolineo il quasi. Tra l’altro, il Signor Barilla lo saprà che il bell’Antonio è l’attore feticcio di un regista gay?
Dopo questa scenetta iniziale indegna, il volo prende leggermente quota, senza però mai decollare per davvero. C’è qualche momento divertente, soprattutto le scene più gay e più alcoliche, e ancor di più le scene gay-alcoliche, per il resto si finisce narcotizzati come i passeggeri della classe turistica, drogati per evitare che sull’aereo si scateni il panico.
Anche agli amanti passeggeri della classe Business vengono date droghe + alcool, e inoltre gli scatenati hostess… pardon steward, tutti e 3 gay, ce la mettono tutta per intrattenere gli spettator… pardon i passeggeri. I 3 inscenano un numero di ballo sulle note della hit disco gay “I’m So Excited” delle Pointer Sisters, in quella che è la scena più memorabile della pellicola, non a caso usata anche nel trailer. Una sequenza così divertente e riuscita che viene quasi da pensare che Almodovar abbia girato l’intera pellicola soltanto per realizzarla, visto che il resto del volo non è che offra chissà quali altre trovate geniali o spassose.



Così così anche il cast, in cui se la cavano Cecilia Roth e i tre steward, mentre gli altri non è che siano proprio dei fenomeni della recitazione, a partire dalla nuova sosia di Belen Rodriguez, Blanca Suárez.

"Pronto, Belen sei tu?"

"Per la milionesima volta no, non sono quella puta!"

"Certo, come no Belen..."

Gli amanti passeggeri è un volo… volevo dire un film kitsch, tremendamente kitsch, pure troppo, persino per gli standard almodovariani. Questa volta il trash non si eleva però a sublime come capitava con i suoi lavori migliori, su tutti Tutto su mia madre, e resta semplice spazzatura, un po' come succede anche all'ultimo disco di Lady Gaga. Il kitsch rimane kitsch e gli amanti passeggeri di Almodovar, tra dialoghi imbarazzanti e siparietti erotico-sentimentali ridicoli, volano basso dalle parti di una commedia dei Vanzina, solo girata meglio. E neanche troppo meglio. A tratti si ride, a tratti no, ma già dopo pochi minuti dal decollo non si vede l’ora che il volo finisca, si arrivi a destinazione e si possa passare a un altro aereo… volevo dire a un altro film.
Signori e signore, ora potete slacciarvi le cinture di sicurezza, alzarvi dal vostro posto e passare a un’altra destinazion… volevo dire a un altro post.
(voto 5/10)

"Ooh, i post cannibali sono così gay! Staremmo a leggerli per ore..."

Post pubblicato anche su L'OraBlù, con tanto di nuovo minimal poster creato da C[h]erotto.



mercoledì 19 giugno 2013

BEHIND THE CANDELABRA, LA RECENSIONE POCO GAY


Dietro i candelabri - Behind the Candelabra
(USA 2013)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Richard LaGravenese
Tratto dal libro: Behind the Candelabra: My Life With Liberace di Scott Thorson e Alex Thorleifson
Cast: Michael Douglas, Matt Damon, Rob Lowe, Scott Bakula, David Koechner, Dan Aykroyd, Garrett M. Brown, Nicky Katt, Boyd Holbrook
Genere: gaypic
Se ti piace guarda anche: Velvet Goldmine, Milk, Larry Flynt - Oltre lo scandalo

Behind the Candelabra è un film gay, molto gay, talmente gay che in questo post cercherò di battere il Gaynness World Record per il maggior uso della parola gay in un post solo. Pronti? Via.

Liberace mentre cercava di nascondere di essere gay.
Behind the Candelabra è il biopic gay sulla storia gay della vita gay del pianista gay Liberace, all’anagrafe Władziu Valentino Liberace, un nome già di suo parecchio gay, visto che lo stilista Valentino è notoriamente gay e l’attore Rodolfo Valentino era anch’esso gay, quindi la sua gayezzitudine era già scritta nel suo nome.

Nonostante il suo portamento gay, la sua parlata gay, la sua camminata gay, le sue parrucche gay, nonostante uno sfoggio di abiti gay da far impallidire Lady Gaga, nota icona gay, Liberace in vita nascose sempre il fatto di essere gay. Arrivò persino a denunciare i giornalisti che gli avevano dato del gay andando a vincere la causa gay. Fu per questo che, almeno in vita, lui non è mai stato più di tanto un’icona gay.

La grande contraddizione che è stata la sua vita, tra un’immagine vistosamente gay e l’esigenza di non essere considerato solo un pianista gay, è al centro della pellicola biopic supergay girata da Steven Soderbergh, al suo secondo lavoro degno di nota dell'anno dopo l'ottimo thriller Effetti collaterali. Steven Soderbergh non mi risulta sia gay, però secondo Wikipedia ha un fratello dichiaratamente gay e inoltre sospetto che, dopo aver girato Magic Mike con tutti quei bei maschioni, possa essere diventato gay anche lui.
Il gaypic è intitolato Behind the Candelabra, un titolo che, nonostante sembri un titolo gay, in realtà non è gay più di tanto. Il candelabro non nasconde allusioni sessuali ma è solo un oggetto simbolo del personaggio, che si esibiva con un candelabro sopra il pianoforte… mmm, una cosa un pochino gay forse lo era. La pellicola non è arrivata nei cinema, colpa forse dell’ostruzionismo anti-gay dei produttori hollywoodiani gay che come Liberace preferiscono non venire allo scoperto dicendo di essere gay e preferiscono quindi non distribuire film troppo gay nelle sale etero.

Una scena gay del film.
Che uomo era Liberace, a parte un uomo gay?
La prima cosa che salta all’occhio nel film è… sì, il suo essere gay. Si può stare a esaltare le sue doti pianistiche sopraffine, la sua capacità di coinvolgere il pubblico con l’utilizzo soltanto di un pianoforte, roba mica da tutti, ma ciò che appare subito nella sua evidenza è che era gay. E la gente all’epoca, tra gli anni Cinquanta in cui cominciò a farsi conoscere e gli anni Settanta in cui si concentra la pellicola, non sapeva che era gay, o semplicemente faceva finta di non vedere quanto gay fosse.
L’apparizione di Liberace in scena è folgorante. Super vistoso, super appariscente, super gay, con indosso pellicce bianche che lo rendevano visibile fin dalla Luna, almeno dal gay side of the Moon. La sua capacità gay di ammiccare al pubblico sia etero che gay e la sua voglia di essere sempre sotto i riflettori come una prima donna lo rendevano un divo gay perfetto. Peccato che lui non volesse essere conosciuto per il suo essere gay. Nonostante questa contraddizione, Liberace ha comunque vissuto alla grande il suo essere gay nella sua splendida casa, decorata con un gusto sopraffino che solo i gay possiedono, dove giovincelli gay gironzolavano a tutte le ore del giorno e della notte, tenuti a bada dal suo onnipresente cameriere, maggiordomo e tuttofare ovviamente gay.

Una scena ancora più gay del film.
Fino all’arrivo del grande amore gay della sua vita gay: il giovane fanciullo gay, anzi bisex Scott Thorson, autore del libro memoriale a cui la pellicola è ispirata. Behind the Candelabra non è solo un biopic sull’esistenza gay dietro il candelabro del grande Liberace, ma è anche una grande storia d’amore, naturalmente gay, tra il pianista gay e Scott Thorson. Amore in senso romantico è persino limitativo, visto che Liberace per Scott era non solo compagno, non solo amante, ma anche migliore amico e pure padre. A dimostrazione di come l’amore gay possa essere più grande e totale di quello etero. A volte ci rifletto e penso che mi piacerebbe essere gay. Non fosse per il piccolo dettaglio che non provo attrazione sessuale gay nei confronti degli uomini, non sarebbe male essere gay. Non per perpetuare i soliti stereotipi gay, ma i gay hanno dei gusti fantastici. La casa di Liberace mostrata nel film come accennato è forse la casa più spettacolare che io abbia mai visto, nella realtà così come nelle pellicole gay o non gay. C’ha persino le colonne romane! Cosa c’è di più stiloso, e di più gay, di ciò?

Matt Damon a torso nudo per la gioia del pubblico gay.
Non ho ancora nominato gli attori protagonisti? Ma sono proprio gay!
Matt Damon ha la parte di Scott Thorson, aspirante veterinario che ha un cane che si chiama Cannibal (che nome gay!) e che un giorno va a vedere uno spettacolo gay di Liberace. Nel dietro le quinte dello show tra i due scattano le scintille gay. Liberace viene folgorato da questo aitante maschione gay, anzi no, come ho già detto è bisex. Matt Damon in questo ruolo se la cava, ma personalmente avrei preso un attore più giovane e gay, visto che lui è troppo poco gay per fare la parte del gay barra bisex e soprattutto è un po’ vecchiotto: Thorson quando ha conosciuto Liberace era appena 18enne, quindi, benché Damon sfoggi un fisico notevole, e lo dico come apprezzamento non gay, e benché abbia fatto uso di una parrucca gay per apparire un ragazzetto gay, un attore più giovane e possibilmente più gay sarebbe risultato più azzeccato.
Spettacolare, davvero spet-ta-co-la-re è invece un impagabile Rob Lowe nella parte del chirurgo plastico cui faranno ampio ricorso i due protagonisti gay, e a sua volta super rifatto pure lui. E forse gay anche lui, ma non ne sono sicuro.


Il vero Liberace in uno scatto poco gay.
Le luci della ribalta gay sono però tutte sul protagonista gay. Un Michael Douglas mai così gay e mai così bravo come forse dai tempi del mitico Gordon Gekko di Wall Street. La sua performance gay è davvero fenomenale, riesce a rendere alla grande tutto l’essere gay di Liberace, ma senza apparire come una macchietta gay o una parodia dei gay, anche se, a tratti, a dirla tutta oltre che al vero Liberace somiglia pure a Lord Micidial della serie tv di Maccio Capatonda Mario. Michael Douglas, noto tombeur de femmes, in questo film insomma non recita la parte di un gay. Michael Douglas in questo film è gay.

Come già capitato con Magic Mike, anche in questo caso Sodergay con la sua patinatissima regia gay ha realizzato un film più convincente nella prima parte, quella più brillante e dai toni da commedia, rispetto alla seconda maggiormente drammatica, ma ha comunque sfornato una pellicola pronta per essere un nuovo cult gay, nonché il più grande biopic su un personaggio gay mai realizzato. Milk di Gay Van Sant permettendo. Se siete gay, lo adoregayrete. Se non siete gay, diventerete gay, almeno per le due ore della sua durata gay.
(voto alla gayosità 10/10
voto al film 7+/10)

Recensione firmata da Marco Gay di Peni Cannibali, blog notoriamente gay.

E con quest’ultimo gay ho battuto il Gaynness World Record per il maggiore uso della parola gay in un post solo. Hurray!
Anzi, hurgay!



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