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martedì 6 febbraio 2024

Perfect Days, ma accompagnato dalle canzoni di Sanremo





Perfect Days

Perfect Days di Wim Wenders è uno splendido film, splendido perché è uno di quei rari film che poi ti fanno vedere la vita con occhi differenti, con una splendida colonna sonora, che comprende Lou Reed (vuoi fare una pellicola intitolata Perfect Days senza la sua “Perfect Day”?), Velvet Underground, Patti Smith, The Animals, Otis Redding, Rolling Stones, Kinks, Van Morrison e Nina Simone.

Visto che siamo entrati nei perfect days della settimana santa sanremese, la mia mente ha mischiato un po' le cose e mi sono reimmaginato il film con una colonna sonora composta da canzoni delle passate edizioni del Festival di Sanremo. Perché?

Perché evidentemente non ho proprio niente di meglio da fare. E poi perché è una pellicola con una colonna sonora persino troppo perfect, quindi dovevo rovinarla un po'.


Con le mani, con le mani, con le mani
Ciao ciao
La Rappresentante di Lista, "Ciao ciao" (Sanremo 2022)

sabato 25 luglio 2020

Oooh, Chiwawa




Chiwawa
Titolo originale: Chiwawa-chan
Regia: Ken Ninomiya
Cast: Shiori Yoshida, Mugi Kadowaki, Ryo Narita, Tina Tamashiro, Nijirô Murakami, Kotone Furukawa, Tadanobu Asano, Chiaki Kuriyama, Honoka Matsumoto, Taiko Katono


Chiwawa non è un cane. Chiwawa è una persona. Una ragazza. Una ragazza giapponese. Una Instagram star. Perché si chiama così?
Chiedetelo a lei, vi dirà che è perché fin da bambina è piccolina, è alta come Mr. Bean e somiglia appunto a un Chiwawa. Che poi non mi risulta che Mr. Bean sia particolarmente basso, ma questo andatelo a dirlo a lei. Oops... non potete. Perché?

mercoledì 27 aprile 2016

The Forest Gump





"Jon Snow è vivo o morto?
Secondo me è X."
The Forest
(USA 2016)
Regia: Jason Zada
Sceneggiatura: Nick Antosca, Sarah Cornwell, Ben Ketai
Cast: Natalie Dormer, Natalie Dormer, Taylor Kinney, Eoin Macken, Yukiyoshi Ozawa, Noriko Sakura
Genere: Usj-horror
Se ti piace guarda anche: The Grudge, Ringu, Lost in Translation, Il fascino indiscreto dell'amore

Volete un motivo per un guardare l'horror The Forest?
C'è Natalie Dormer, la Margaery Tyrell di Game of Thrones, anche nota per aver baciato “per sbaglio” (certo, come no?) Jennifer Lawrence durante la presentazione dell'ultimo capitolo di Hunger Games.

martedì 17 novembre 2015

Il fascino indiscreto del Giappone





Il fascino indiscreto dell'amore
(Belgio, Francia, Canada 2014)
Titolo originale: Tokyo Fiancée
Regia: Stefan Liberski
Sceneggiatura: Stefan Liberski
Tratto dal romanzo: Né di Eva né di Adamo di Amélie Nothomb
Cast: Pauline Etienne, Taichi Inoue, Julie LeBreton, Alice de Lencquesaing, Akimi Ota, Hiroki Kageyama, Tokio Yokoi, Hiromi Asai
Genere: yatta!
Se ti piace guarda anche: Lost in Translation, Girls

Amélie è una ragazza belga che sogna di essere giapponese.
Prima di farla internare in un manicomio, aspettate un attimo. Per caso voi non avete mai desiderato di essere di un altro paese?
Io sono cresciuto con i film americani, con la musica britannica e con un radical-chicchismo molto francese e quindi sì, mi è capitato spesso di sognare di non essere italiano. Quando sono all'estero, mi rendo però conto la mia natura viene fuori in maniera prepotente. Ad esempio quando in Belgio ho visto della gente fare la coda in maniera precisa e ordinata fuori da un panettiere, o per salire su un autobus, manco fossero all'Expo, mi sono chiesto: “Ma questi sono scemi, o sono dei robot?”.
Per quanto ci sono un sacco di cose dell'Italia che non mi piacciono, in primis la musica, sono italiano e non credo di poter far niente per cambiare questa situazione. Così come non può farci niente Amélie. Sogna di essere giapponese, ma non potrà mai esserlo per davvero, visto che è una belga radical-chic senza speranza.

venerdì 26 settembre 2014

OH MY GOD!ZILLA





Godzilla
(USA, Giappone 2014)
Regia: Gareth Edwards
Sceneggiatura: Max Borenstein
Cast: Bryan Cranston, Juliette Binoche, Aaron Taylor-Johnson, Elizabeth Olsen, Ken Watanabe, David Strathairn, Sally Hawkins, Godzilla
Genere: mostruoso
Se ti piace guarda anche: Transformers, Pacific Rim, gli altri film su Godzilla

Un cantante non è un grande cantante senza grandi canzoni. Pensate ad Adele. Immaginate se dovesse interpretare dei brani scritti da Kekko dei Modà. Altroché Grammy. Vincerebbe una testata.
Lo stesso vale al cinema. Un attore non è un grande attore senza un grande personaggio da interpretare. Vedi Bryan Cranston nei panni di Walt White nella pluripremiata e pluritelegattata serie Breaking Bad e pensi che quell’uomo potrebbe fare di tutto. Quell’uomo si merita tutti gli Emmy ed Oscar del mondo. Quell’uomo è un attore fenomenale.
Poi vedi Bryan Cranston in Godzilla e pensi…
Va beh, ma quand’è che inizia Better Call Saul, lo spin-off di Breaking Bad?

Non che sia degna di un Razzie Award, però l’interpretazione di Bryan Cranston in Godzilla è decisamente anonima. Sembra un attore come tanti. E l’interprete di Walt White – Walt White, cazzo! – non può apparire solo come uno tra tanti.
Con quel parrucchino in testa a metà strada tra Nicolas Cage e Antonio Conte poi non si può vedere!


Sono partito da Cranston, ma il discorso può benissimo essere esteso all’intera pellicola. Pellicola?
Diciamo una rottura di balle durata due ore che parte con ritmi lenti e i soliti drammi famigliari che vorrebbero essere toccanti ma sanno solo di già visto e fino a qua sarebbe ancora una noia tollerabile. Nella seconda parte il film si trasforma invece nel classico action catastrofico, con scene tra Jurassic Park dei poveri (si fa per dire, visto che il budget della pellicola è di $160 milioni) e un film a caso di Michael Bay, giusto un po’ meno concitato e tamarro.
In mezzo a personaggi umani stereotipati e a creature mostruose (che poi il Godzilla del titolo compare meno degli altri due kaiju del kazzo), non sono riuscito a trovare un solo anche vago motivo per provare interesse nei confronti del film. Colpa mia?
Può darsi. O magari è colpa di un’industria che appiattisce tutto e produce una serie di prodotti per il grande pubblico uno uguale all’altro.

Sono partito da Godzilla, ma il discorso può benissimo essere esteso all’intera Hollywood. I grandi studios stanno attenti a ciò che accade intorno a loro. Seguono le pellicole indie, le serie tv più cool in circolazione, quello che capita nei Festival. Seguono tutto e cannibalizzano tutto. Prendono l’attore più fenomenale del piccolo schermo degli ultimi anni, Bryan Cranston, e lo mettono insieme a un paio tra i giovani più promettenti visti sul grande schermo di recente, il Kick-Ass Aaron Taylor-Johnson e la Elizabeth Olsen fenomenale di La fuga di Martha e Silent House. In più, a dirigere il tutto ci mettono Gareth Edwards, uno che con il suo film d’esordio Monsters aveva raccolto un sacco di elogi, assolutamente meritati.

"OOOH, quanto ce l'ha grosso, quel Godzilla...
ehm volevo dire, quanto è grosso, quel Godzilla!"

"OOOH, ce l'ha più grosso di Rocco Siffredi...
ehm volevo dire che è più grosso dei mostri di Pacific Rim!"

Hollywood fa così. Prende i grandi talenti del cinema “piccolo”, il cinema indie, e li fa giocare in serie A. Una serie A a livello di budget, di incassi e di visibilità che corrisponde però a una serie Z in termini di qualità. C’è da chiedersi perché prendere dei talenti del genere per trasformarli poi in dei mestieranti qualunque. Tanto vale a questo punto assumere direttamente un Michael Bay, che sai già che è scarso e il risultato (ai botteghini) te lo porta a casa comunque. Invece no. Per colpa di Hollywood, il Gareth Edwards sorprendente di Monsters al suo secondo film è già diventato l’ombra di se stesso.
Come, e ancora peggio, quanto capitato di recente ad altri promettenti giovani registi, il cui portafogli sarà anche stato profumatamente riempito, ma cui contemporaneamente è stata svuotata del tutto la creatività. Penso a Marc Webb, che all’esordio mi aveva folgorato con lo scoppiettante e delizioso (500) giorni insieme e poi se n’è andato a dirigere gli spenti e poco amazing reboot di Spider-Man. E penso a Neill Blomkamp, autore di una delle migliori pellicole sci-fi recenti, District 9, subito dopo chiamato a fare una banale marketta commerciale per il divo Matt Damon con il banale Elysium.

Tutti registi esordienti scoppiettanti. Tutti già scoppiati al secondo film. A Garreth Edwards è andata ancora peggio rispetto ai colleghi. Ha diretto senza personalità il classico blockbuster di cassetta. Peccato che le cassette ormai siano estinte e sarebbe bello se pure i mostri alla Godzilla lo fossero.
Quello che purtroppo non è estinto è il cinemone mostruoso dei mostroni giganti, dei Transformers, dei Pacific Rim e dei Godzilla. Purtroppo, a quanto pare è questo quello che vuole la ggente. È questo che vuole Hollywood. Solo, non è quello che voglio io.
(voto 3/10)

lunedì 15 settembre 2014

SI ALZA IL VENTO, SI ABBASSA IL SIPARIO SUL CINEMA DI HAYAO MIYAZAKI





Si alza il vento
(Giappone 2013)
Titolo originale: Kaze tachinu
Regia: Hayao Miyazaki
Sceneggiatura: Hayao Miyazaki
Genere: biopic
Se ti piace guarda anche: Porco Rosso, Una tomba per le lucciole

La prima cosa che mi ha colpito la prima volta che ho visto un film di Hayao Miyazaki, La città incantata, è stata il vento. Non le apparizioni di spiriti, maiali, simpatici animaletti o inquietanti tizi mascherati. Il vento. Sono rimasto impressionato da quanto quello creato dal maestro degli anime, il cosiddetto Walt Disney giapponese, fosse un mondo vivo, in cui tutto era in movimento. In cui il vento era il principale motore di questo movim-vento.
Mi sembra allora una chiusura naturale del cerchio che l'ultimo film nella carriera di Hayao Miyazaki veda come protagonista fin dal titolo il vento. Il vento che porta le persone a muoversi. Il vento che porta le persone a creare, a volersi spingere oltre ogni limite. Il vento che fa sognare di volare.

Il controverso protagonista dell'opera finale del leader dello studio Ghibli è Jirō Horikoshi, che è questo qui.


Ma è anche questo qui.


Si alza il vento, film tratto dal manga omonimo creato dallo stesso Miyazaki e a sua volta ispirato al romanzo anch'esso omonimo di Tatsuo Hori, racconta infatti di un personaggio realmente esistito, per la prima volta nella storia dello Studio Ghibli. Jirō Horikoshi è stato un grande ingegnere aeronautico che tra le altre cose ha progettato i caccia Mitsubishi A6M Zero usati dai giapponesi durante la seconda guerra mondiale.
Ma come? Un cartone animato dedicato a un uomo che ha creato degli strumenti di morte?
Ebbene sì. Prima di pensare che la pellicola sia in qualche modo una celebrazione del male o della guerra, aspettate però di vederla. La delicata questione non è nascosta, ma viene affrontata, nelle solite maniere delicate, da Miyazaki. Nonostante l'ambiguità del suo lavoro, è impossibile non adorare questo Jirō Horikoshi disegnato dal maestro giapponese. Uno che, anche se è un personaggio maschile, possiede l'innocenza delle giovani protagoniste di molti film dello studio. Progetterà anche delle macchine belliche, ma in lui non c'è manco un briciolo di cattiveria. È il tipico personaggio Ghibli. Come poterlo detestare?


A livello di tematica affrontata, Miyazaki ritorna qui a volare dalle parti di Porco rosso, solo che in questo caso non c'è più la parte soprannaturale. Questo è il film più realistico dell'animatore e regista giapponese, forse anche il più personale, visto che è facile immaginare un parallelo tra la carriera di Jirō Horikoshi nella progettazione di aerei e quella di Hayao Miyazaki nella progettazione di poesie animate. Se a questo punto vi immaginate che sia una pellicola ultra realista e priva di fantasia, sbagliate di grosso. Non c'è la componente fantasy, ma la creatività di Miyazaki vola sempre a livelli altissimi. Merito soprattutto delle scene oniriche, i momenti più notevoli di questa sua ultimissima opera, che viaggiano a metà strada tra un Fellini animato e un Lynch non inquietante.
Nel corso delle due ore di visione qualche scena scivola via lenta, soprattutto quelle legate alle questioni più strettamente aeronautiche e lavorative del personaggio. Per fortuna però in questo biopic animato l'attenzione non si sofferma troppo sulle questioni tecniche o belliche, per puntare tutto sull'umanità. A fare centro è la storia d'amore raccontata, o meglio sussurrata in maniera molto timida, molto giapponese.



La love story tra Jirō e la dolce Nahoko Satomi attraversa l'intera durata del film e alla fine arriva a colpire al cuore in maniera gentile. Il cinema del regista giapponese è proprio così. Grazie alle musiche sempre splendide del suo collaboratore abituale Joe Hisaishi, grazie alle animazioni incredibilmente naturali e calde dei disegni de 'na vorta lontani dalla computer grafica attuale, grazie a personaggi riservati che poco a poco si rivelano davanti ai nostri occhi, grazie a una maniera di raccontare tanto dolce quanto efficace, i film di Miyazaki sono stati e saranno sempre una brezza piacevole. Un colpo di vento che ti accarezza la faccia, ti scompiglia i capelli e ti ricorda di vivere.
Arigato, maestro Miyazaki, domo arigato.
(voto 8/10)

venerdì 20 giugno 2014

BRASILE 2014 – IL MONDIALE CANNIBALE, GIORNATA 9





Ieri c’è stata la seconda (ingiusta) sconfitta dell’Inghilterra. A quei cattivoni che hanno esultato dicendo che il team è già fuori dai Mondiali vorrei dire che no, non è vero: l’England ha ancora lo 0,000000000001% di probabilità di qualificarsi agli ottavi di finale, quindi non mettete in giro notizie false!
Mentre ancora piango l’eliminaz… ehm, la sconfitta dell’Inghilterra, ecco i fumetto-commenti alle tre partite che si sono disputate ieri, compresa la seconda vittoria della Colombia ormai qualificata al turno successivo e l’appassionante 0 – 0 tra Giappone e Grecia.

GRUPPO C
Colombia – Costa D’Avorio 2 – 1



GRUPPO C
Giappone – Grecia 0 – 0



GRUPPO D
Uruguay – Inghilterra 2 – 1





Inghilterra, perché perdi sempre?
Peeerché?
Ma passiamo a un argomento più allegro, si spera. Le partite di oggi.

GRUPPO E
Ore 21:00
Svizzera – Francia
Pronostico cannibale: 0 – 2

GRUPPO E
Ore 00:00
Honduras – Ecuador
Pronostico cannibale: 1 – 3

GRUPPO D
Ore 18:00
Italia – Costa Rica

Visto che dei primi due match ce ne importa tanto quanto dei prossimi impegni cinematografico/televisivi di Paolo Ruffini, concentriamoci su Italia – Costa Rica.
Mario Balotelli pare bello carico per la partita.


Ma anche l’allenatore colombiano della Costa Rica Jorge Luis Pinto sembra avere le idee chiare.


Chi avrà la meglio?
Lo scopriremo tra poco. E, se le cose andranno bene all'Italia, a Super Mario toccherà farsi la Regina...


sabato 12 aprile 2014

WHY DON’T YOU PLAY IN HELL? – SEMPRE SIA LODATO IL DIO DEL CINEMA




Why Don’t You Play in Hell?
(Giappone 2013)
Titolo originale: Jigoku de naze warui
Regia: Shion Sono
Sceneggiatura: Shion Sono
Cast: Hiroki Hasegawa, Gen Hoshino, Akihiro Kitamura, Jun Kunimura, Fumi Nikaidô, Tak Sakaguchi, Tomochika, Shin'ichi Tsutsumi
Genere: cinefollia
Se ti piace guarda anche: Kill Bill, gli altri film di Shion Sono



Il Dio del Cinema agisce per vie misteriose.
Sia lodato il Dio del Cinema!


Questo in pratica è il credo del protagonista del nuovo film del regista genio giapponese Shion Sono, Why Don't You Play in Hell?
Hirata, questo è il nome del protagonista della pellicola, è quello qui sotto.


Hirata è un ragazzo che fa il regista, o almeno ci prova, ed è a capo di una improvvisata troupe cinematografica chiamata Fuck Bombers, composta, oltre che da lui, anche da un esperto in carrellate, da una tipa fissata con le riprese a mano e da un attore che dovrebbe essere il Bruce Lee giapponese.


Hirata prega il Dio del Cinema affinché un giorno gli faccia avere l'opportunità di girare un grande film. Qualcosa che resti nella Storia.
Passano gli anni e non succede niente. Fino a che...
Fino a che il suo destino non si incrocerà con quello di Muto, un boss della yakuza, la mafia giapponese, che vuole girare una pellicola per far diventare sua figlia Mitsuko una star cinematografica, almeno agli occhi della moglie che sta per uscire di prigione. E' così che Hirata avrà l'opportunità di girare il grande film che tanto desiderava fare. Il Dio del Cinema agisce per vie davvero misteriose, ve l'ho detto.
La trama vi sembra un po' troppo incasinata?
Così è e in effetti il film è un casino. Ma un bel casino. Un gran bel casino che, per quanto incasinato, è piuttosto comprensibile in tutti i suoi passaggi o, se non altro, appare di più semplice comprensione rispetto ad altri deliri-figate firmati dal regista Shion Sono in passato, come lo spassoso fantasioso j-horror Ekusute - Hair Extensions, il pugno allo stomaco Cold Fish o il soft-porno Guilty of Romance. I suoi altri lavori ancora mi mancano ma li sto recuperando poco a poco, anche perché la visione di un film di Shion Sono (oppure si scrive Sion Sono senza h, chissà chissà?) è sempre un'esperienza strepitosa, che va gustata al momento giusto.
Il suo prossimo lavoro che voglio recuperare è la sua personale visione del Giappone post-tsunami Himizu, film in cui c'è la sua nuova attrice musa Fumi Nikaidô, qui in Why Don't You Play in Hell interprete di Mitsuko, proprio la ragazza che innesca i vari meccanismi che portano alla realizzazione del film nel film.
Tra l'altro, che figa è, Fumi Nikaidô?


Se mai dovesse capitarvi l'occasione di baciarla, state però attenti, che può rivelarsi un'esperienza pericolosa...


Pericolo o meno, come non innamorarsi di lei, guardando Why Don't You Play in Hell??


Perché è comparso Spank?
Perché in alcuni momenti di questo nuovo film di Shion Sono sembra di assistere a un episodio di Hello Spank girato da Quentin Tarantino, ecco perché. Lampi continui di trovate geniali e inaspettate illuminano la pellicola dall'inizio alla fine, senza soste. Una cosa che non capita spesso di vedere. Un sacco di film propongono il loro meglio all'inizio, si giocano subito tutte le loro idee migliori, per poi finire con il fiatone. In Why Don't You Play in Hell? questo non succede. Dopo averci impressionato con una serie di invenzioni registiche continue, dopo averci fatto ridere con momenti di comicità tipicamente giapponese quasi da anime, dopo aver fatto scorrere fiumi di sangue, dopo averci presentato un sacco di personaggi che sembrano non avere niente a che fare tra loro, nella seconda parte del film Shion Sono mette ordine al caos, seppure a modo suo, e riesce a dare una coerenza all'insieme.
Why Don't You Play in Hell è un crescendo di follia e genialità che esplode in un gran finale tutto da non perdere. Tutto da vedere, respirando a pieni polmoni questa boccata d'aria fresca di cinema anarchico, eppure con una sua precisa struttura. Nonostante sia un divertissement comedy-action e l'attitudine cazzara la faccia da padrona, Why Don't You Play in Hell? è anche un sincero e appassionato atto d'amore nei confronti della Settima Arte. Un vero e proprio sacrificio sull'altare dedicato al Dio del Cinema.
Sia lodato il Dio del Cinema!


(voto 8/10)

domenica 24 novembre 2013

WOLF CHILDREN – BRUTTI FIGLI DI UN’UMANA




Wolf Children – Ame e Yuki i bambini lupo
(Giappone 2012)
Titolo originale: Okami kodomo no ame to yuki
Regia: Mamoru Hosoda
Sceneggiatura: Mamoru Hosoda, Satoko Okudera
Cast: Hana, Uomo lupo, Yuki, Ame, Souhei
Genere: licantropo
Se ti piace guarda anche: Arrietty, Licantropia Evolution

Ho un segreto che non posso rivelare a nessuno.
No, è inutile insistere, non posso dirvelo. Ho promesso di non raccontarlo proprio a nessuno nessuno. Ho promesso e…
Se promessa infrangerai, saranno guai.
Se promessa infrangerai, saranno guai.
Se promessa infrangerai, saranno guai.
Se promessa infrangerai, saranno guai.
Se promessa infrangerai, saranno guai.

AAAAAAH!
Aiuto!
Non ce la faccio più a tenere questo segreto tutto per me.
Non mi interessa se promessa infrangerò, nei guai sarò.
Devo dirlo a qualcuno: mi sto per trasformare in un…

Blogger lupo!
Ecco svelato il mio segreto.






Uh, oh… ma che cacchio. Sono ritornato un blogger umano.
Vabbè, prima della prossima trasformazione ne approfitto per parlarvi di Wolf Children, il film che racconta di come i miei genitori si sono incontrati e di come hanno cresciuto me e mia sorella Yuki. Troppo fuori, quella Yuki. Simpatica e tutto, però anche troppo fuori.
Comunque, mentre stava seguendo una interessantissima lezione universitaria, mia mamma ha notato un tizio che le sembrava un po’ particolare. Si trattava di un uomo lupo, o, se preferite, di un ficantropo, un lupo a cui piace la fi... la compagnia delle donne. Quella stramba di mia mamma è rimasta incuriosita da codesto uomo lupo, stupita forse dal fatto che non rimanesse costantemente a torso nudo come i licantropi di Twilight e Teen Wolf. Un lupo mannaro vestito, pensate un po’ che roba dell’altro mondo. Dopodiché, mamma e papà hanno cominciato a baciarsi.
E… AAAH, aiuto!
Mi sto trasformando di nuovo!








Eccomi di nuovo qui. Un comune blogger umano. O quasi umano AUUUUUUUUUUU!
Dopo che i nostri genitori si sono in qualche modo accoppiati e una volta che siamo nati noi due pupi mannari, mio papà chissà perché è sparito nel nulla. Un giorno ha detto a nostra madre che usciva a prendere le sigarette e 10 chili di carne al sangue, ma poi non è mai più tornato. La mamma c’ha così cresciuti tutta sola soletta, però direi che ha fatto un buon lavoro. Insomma, c’ha educati a comportarci come delle persone normali AUUUUUUUUUUUUU!
ARF ARF ARF!
Au-au AUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!

Sì, beh, più o meno normali, e io le sono particolarmente grato perché, anche se ha provato a educarci da umani, c’ha sempre lasciato la scelta di poter essere ciò che preferivamo. Un po’ come nelle famiglie con un genitore bianco e uno nero, in cui si deve decidere se essere degli stilosi hip-hoppari yo, oppure degli sfigatelli bianchi che si ascoltano Taylor Swift tutto il giorno. Cosa avremo deciso noi?
Non ve lo dico, vi lascio il piacere di scoprirlo guardando Wolf Children, un film molto bello, nonostante qualche lungaggine tipo nostra madre impegnata a coltivare la terra che è una cosa che non interessa a nessuno e nonostante qualche personaggio avrebbe meritato un maggiore approfondimento, tipo il vecchino che ci dà una mano o il primo fidanzatino di quella giovane zoccoletta di mia sorella. Un film molto bello, in ogni caso, che racconta con delicatezza e originalità una storia dai contorni fantasy in una maniera molto lontana dai soliti fantasy e più vicina al cinema Ghibli di Hayao Miyazaki, sebbene il regista sia Mamoru Hosoda, quello dello spassoso Summer Wars. La storia di me, di mia sorella, di mia mamma e di quel maledetto di nostro padre che c’ha abbandonati. Spero proprio abbia fatto una brutta fine, tipo morto ammazzato o, ancora peggio, l’abbiano chiamato a recitare nella saga di Twilight.
(voto 7,5/10)



giovedì 6 giugno 2013

PERFECT BLUE, LA RECENSIONE FUMETTOSA


Perfect Blue
(Giappone 1997)
Regia: Satoshi Kon
Sceneggiatura: Sadayuki Murai
Tratta dal romanzo: Perfect Blue di Yoshikazu Takeuchi
Genere: sdoppiamento della personalità
Se ti piace guarda anche: Il cigno nero, Possession, Paprika, Akira
















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