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mercoledì 3 ottobre 2012

Quello che succede a Vegas…


Vegas
(serie tv, stagione 1, episodio pilota)
Rete americana: CBS
Rete italiana: non ancora arrivata
Creata da: Greg Walker, Nicholas Pileggi
Regia puntata pilota: James Mangold
Cast: Dennis Quais, Michael Chiklis, Jason O’Mara, Taylor Handley, Carrie-Anne Moss, Aimee Garcia, James Russo, Joe Sabatino, Sonny Marinelli
Genere: d’azzardo
Se ti piace guarda anche: Luck, Le paludi della morte -Texas Killing Fields, Casinò, Quei bravi ragazzi, Justified

Quello che succede a Vegas…resta a Vegas. E speriamo se ne resti pure lì.
Non che sia una serie terribile, la new-entry Vegas. È anzi un prodotto ben realizzato e l’episodio pilota si lascia seguire senza problemi. Il problema è solo un altro: non sembrano esserci grossi motivi per proseguire a seguirla. Questione mica da poco, per un telefilm.


Incuriosito anche dal fatto che si parla spesso di riaperture di casinò in Italia, mentre addirittura la Russia cancella le tasse sul gioco, come modo per rilanciare il turismo, mi aspettavo una vicenda che potesse essere maggiormente incentrata sul gioco d’azzardo e che potesse magari svilupparsi in maniera più complessa. Una sorta di versione commerciale di Boardwalk Empire o qualcosa del genere. Fondamentalmente si tratta invece di un altro, solito, ennesimo, miliardesimo crime con episodi autoconclusivi e sviluppi orizzontali della trama che si preannunciano rari e poco interessanti anche per quanto riguarda i prossimi episodi. Una specie di CSI: Las Vegas, 60s Edition. Solo che all’epoca non c’erano ancora grosse tecniche scientifiche e allora ci si doveva affidare all’intuito dello sbirro-sceriffo Dennis Quaid. Erano proprio a posto, allora.

"Ma negli anni '60 non andavano forte i Beatles?
Perché voi vi siete vestiti da Village People?"
Le particolarità di Vegas sono due, ma non è che siano poi ‘ste grosse particolarità. La prima, come è facile intuire dal titolo, è che è ambientata a Las Vegas. Solo che c’è già stato CSI original che va avanti ormai da decenni e allora non è una grossa novità.
La seconda particolarità è che a livello temporale è ambientata negli anni ‘60. Anche questa non una grossa novità, visto che dopo Mad Men è diventata una consuetudine andare a riscoprire quel decennio in tv, con alterni risultati, si vedano gli sfortunati Pan Am (cancellato dopo una stagione) e The Playboy Club (durato appena una manciata di episodi). Se un paragone con Mad Men è del tutto improponibile, Vegas non sembra possedere nemmeno il fascino glamour delle altre due. I 60s qui rispolverati mostrano una Las Vegas in cui i primi casinò cominciavano a diventare il fulcro della futura capitale del gioco d’azzardo mondiale. Una città che si stava trasformando in un enorme Luna Park/centro commerciale ancora immerso però in un’atmosfera western. L’ambientazione è quindi l’elemento più interessante di una serie che per il resto da offrire ha davvero poco, se non come accennato i soliti sviluppi crime.

È in mezzo al territorio desertico del Nevada che, subito in una delle prime scene, viene ritrovata una ragazza morta. Se vi viene in mente Twin Peaks, scordatevelo. Quello è tutta un’altra cosa. Se vi viene in mente The Killing, pure quello è tutta un’altra cosa. Qui il caso della ragazza viene infatti risolto subito entro la fine dell’episodio, non lasciando spazio a ulteriori sviluppi, ma lasciando prevedibilmente solo spazio a un nuovo caso della settimana, come in qualunque altro crime procedural.

"In questo casinò non si vince nulla, devo arrestarvi per truffa."
"Ma la colpa non è nostra, è solo passato da queste parti un certo O'Mara..."
A non costituire un motivo di attrattiva nei confronti di questa neonata serie contribuiscono poi personaggi anonimi e attori poco eccezionali.
Innanzitutto, una serie che sfoggia come protagonista Dennis Quaid parte già menomata. Non so cosa sia successo, a Dennis Quaid. Un grande interprete non lo è mai stato. Quello no. Però negli ultimi anni sta dando davvero il peggio di sé, apparendo in qualunque filmaccio e con interpretazioni da mettersi le mani tra i capelli; cito solo i suoi film arrivati negli ultimi tempi come Che cosa aspettarsi quando si aspetta, Beneath the Darkness, Legion e il remake di Footloose. Tra un Mad Men che sfoggia un Jon Hamm e un Boardwalk Empire che vanta uno Steve Buscemi, questo Vegas con un agghiacciante Dennis Quaid in versione solito sceriffo vecchio stile fa davvero una figura pessima. E questo lo si capisce già dopo pochi istanti di visione.
Se poi, nella parte del fratello, gli affianchiamo pure Jason O’Mara, le cose si mettono davvero male. Jason O’Mara, per chi non lo sapesse, porta infatti più sfiga di un certo cantante di canzoni dai testi raffinati come Bella stronza e Vaffanculo che preferisco non nominare nemmeno altrimenti  mi esplode il sito. Che serie ha fatto, O’Mara?
In Justice, chiusa dopo una stagione.
Life on Mars, durata una stagione.
Terra Nova, (giustamente) bandita dal piccolo schermo dopo… una stagione.
Quanto pensate durerà allora questa Vegas?

"Tranquilli. raga. Con me nel cast, questa serie
è destinata a durare anni. Forse decenni!"
Un po’ meglio vanno le cose con il resto del cast, ma non è che ci vada molto. Michael “La cosa” Chiklis dopo l’inguardabile No Ordinary Family ci riprova pure lui in tv, con un ruolo da villain che sembra riportarlo dalle parti di The Shield, però in versione italoammericana. Carrie-Anne Moss, la Trinity di Matrix, è brava ma ha una parte piuttosto anonima ed è del tutto sprecata, e poi come ggiovane della serie c’è Taylor Handley, già pazzo psicopatico in The O.C., qui in una parte da scapestrato playboy che appare stereotipata ma che potrebbe farlo diventare il personaggio “simpa” della serie.
Molto professionale la realizzazione tecnica, con la regia del pilota firmata dal buon mestierante James Mangold, uno che tra Walk the Line - Quando l’amore brucia l’anima e Quel treno per Yuma di atmosfere country-western se ne intende, mentre la sceneggiatura è co-firmata da Nicholas Pileggi, già autore degli script (tratti pure da suoi stessi libri) per gli scorsesiani Quei bravi ragazzi e Casinò. Uno che insomma di gioco d’azzardo + criminalità se ne intende.

Vegas si preannuncia allora come una serie guardicchiabile se proprio non ci fosse niente di meglio in circolazione. Ma visto che di serie strepitose o quanto meno parecchio interessanti in giro ce n’è sono a bizzeffe, perché perdere tempo a puntare i propri soldi su un telefilm con protagonista Dennis Quaid?
Non c’è alcuna ragione. Nada de nada nel Nevada.
(voto 5,5/10)

domenica 12 febbraio 2012

Luck: fortunato sì, chi arriva al traguardo sveglio

Luck
(serie tv, stagione 1, episodi 1 e 2)
Rete americana: HBO
Rete italiana: non ancora arrivata
Creato da: David Milch
Cast: Dustin Hoffman, Jason Gedrick, Ian Hart, Richard Kind, Kevin Dunn, Dennis Farina, Ritchie Coster, Jill Hennessy, Nick Nolte, Chantal Sutherland, Kerry Condon
Genere: scommesse
Se ti piace guarda anche: Seabiscuit, Febbre da cavallo, Deadwood

Fate il vostro gioco. Cosa preferite? Puntare al casinò? Le corse di cavalli?
Bingo.
Non intendevo Bingo il gioco. Intendevo “Bingo” se le corse di cavalli sono il vostro affare, siete i benvenuti in Luck. Se invece dei cavalli e soprattutto delle corse di cavalli non ve ne può fregare di meno, galoppate pure al largo.

"Ma io pensavo fosse una serie sulle cavalle, le belle cavallone intendo..."
"Invece ti abbiam fregato, Dustin. E ormai il contratto l'hai firmato!"
Luck è la nuova serie di HBO con protagonista Dustin Hoffman.
Oooooooh
tutti a gridare di stupore. Tutti a parlare di capolavoro imprescindibile. Di nuova pietra miliare nella storia della tv senza mai nemmeno averne visto un solo istante.
Io però ho un dubbio: qualcuno ricorda forse quando Dustin Hoffman ha fatto l’ultimo film decente?
A qualcuno devo per caso rinfrescare tutte le merdate di film che Dustin Hoffman ha fatto di recente?
Mi presenti i tuoi?, Vi presento i nostri, Mr. Magorium in cui trascinava con sé nel baratro persino la sola e unica Natalie Portman?
Diciamolo, è tipo dal 1991, anno del mitico Hook - Capitan Uncino, che Dustin Hoffman non fa un film davvero degno di essere ricordato. E diciamo pure che è dagli anni ‘60/’70 che Hoffman vive di rendita, non solo economica ma anche a livello artistico. Ché poi a dirla tutta ma proprio tutta è un attore che a me, personalmente, non è mai piaciuto. Il suo film che preferisco è Il laureato, ma forse con un altro attore protagonista al suo posto sarebbe stato ancora meglio. Chi può dirlo?

Chiuso il capitolo Hoffman che mi avrà fatto guadagnare l’odio di tutti coloro che lo ritengono uno dei più grandi attori viventi (ma ne siete davvero convinti? Really?), andiamo al secondo capitolo di questo romanzo breve: HBO.
Luck, l’abbiamo detto, è una produzione HBO, noto e rispettato network americano, sinonimo di tv di grande qualità. Su questo nulla da dire, ha sempre realizzato ottimi prodotti. Ha anche aperto qualche inarrestabile piaga sociale, come Sex and the City, ma in generale ha realizzato serie, film e film tv di notevole qualità? Assolutamente sì. Spesso però anche un tantinello sopravvalutati. I Soprano? Sopravvalutatissimi. Boardwalk Empire? Splendidamente realizzato ma pure una palla allucinante. Six Feet Under? Bello eh, però un filino macabro da seguire con costanza per tutte le stagioni. Big Love? Il manuale di come partire dall’intrigante idea di un uomo poligamo e realizzare una delle serie più noiose di sempre. Band of Brothers e The Pacific? E chi c’ha mai avuto voglia di vederle, quelle?
Insomma, HBO fa serie che seguo, e con piacere, come Game of Thrones e True Blood, però difficilmente qualcuna che rientri davvero tra le mie preferite in assoluto.
Per quelle c’è già la AMC, quella che io chiamo anche “La versione figa di HBO”, casa di serie capolavoro come Mad Men e Breaking Bad.

"Sì, siamo più espressivi del cavallo di War Horse, però non è che ci va tanto..."
Okay, questo giusto per dare subito una mazzata a due mostri sacri come Dustin Hoffman ed HBO. Così ho la coscienza a posto.
Passiamo ora al terzo capitolo, quello fortunato (sì, solo nel titolo), del post: Luck.
A proposito di talenti bolliti, non bastasse Dustin Hoffman, eccone degli altri: la sigla dello show è Splitting the Atom dei Massive Attack. Grandissimi Massive Attack: sì, ‘na vorta pure loro. Questo pezzo è invece tratto dal loro ultimo deludentissimo album, quindi complimentoni per la scelta!
Gli altri attori? C’è l’invecchiato Nick Nolte che, nonostante la nomination ai prossimi Oscar per Warrior, a me continua a non convincere e c’è pure Jill Hennessy, qualche anno fa protagonista di Crossing Jordan, una serie che non m’ha mai attirato manco per sbaglio.

I biglietti per la Juve eran finiti, nè?
Se il cast non è di quelli che mi facciano ribollire il sangue nelle vene e battere forte il cuore per l’emozione, il problema vero della serie è comunque soprattutto il tema affrontato.
Riuscite a immaginare qualcosa di meno affascinante delle corse di cavalli?
A me vengono in mente giusto una serata al karaoke o Enrico Brignano che tenta di far ridere. E poche altre cose. Una serata al karaoke CON Enrico Brignano, ad esempio, e poi le corse di tartarughe, forse. Che pure queste ultime potrebbero magari anche avere il loro fascino, chissà? Chi ha mai visto una corsa di tartarughe?
A livello personale dunque l’unico elemento di interesse nei confronti di questa serie è dato dalla regia, nell’episodio pilota, di Michael Mann. Grande Michael Mann, ma pure lui per quanto non sia bollito del tutto, è da Collateral che non fa davvero un film fenomenale. Ammettiamolo candidamente.

"Punto tutto sulla vittoria di
Pensieri Cannibali nella prossima Blog War!"
Nella miriade di personaggi che la serie creata da David Milch (già autore di Deadwood) presenta ce ne fosse poi uno decente, ce ne fosse. Tra Dustin Hoffman che è il solito re del gioco d’azzardo appena uscito di galera e pronto a ritornare in sella e un branco di “scommetitomani” che si giocano tutto alle corse, più qualche addestratore di cavalli corrotto, c’hanno messo dentro persino il tizio balbuziente interpretato dal caratterista  Richard Kind che vorrebbe magari replicare con un Emmy l’Oscar vinto rubato da Colin Firth con Il discorso furto del re. Peccato che nessuno di questa miriade di personaggi sia un minimo interessante. Dico un minimo...

Le musiche invece non sarebbero affatto male, peccato che siano inserite in maniera del tutto casuale, vanno a coprire i dialoghi e soprattutto non c’azzeccano una mazza con le ambientazioni della serie. Sono inserite proprio alla cazzo di cane. “Me and the Devil” di Gil-Scott Heron ad esempio è un pezzo che adoro, ma è stato messo in una scena in cui non c’entra niente ed è sfumata a malo modo. Dimostrazione lampante di come in colonna sonora non basti avere delle belle canzoni, ma si debba anche sapere come usarle.
N.C.S. = Non Ci Siamo.
Fa fa strano vedere uno come Mann combinare un pastrocchio del genere, considerando l’unione fenomenale di musica + immagini realizzata ad esempio in Collateral, o anche nel più vecchiotto Manhunter - Frammenti di un omicidio, con una “In-a-Godd-Da-Vida” degli Iron Butterfly usata magistralmente per creare inquietudine.

Nonostante una valida regia di Mann, comunque lontano miglia dai tempi d’oro, e una realizzazione tecnicamente impeccabile, i dialoghi tra i meno interessanti sentiti EVER e la tematica delle scommesse di cavalli BORING fanno di Luck uno degli episodi pilota meno APPEALING nella storia della HBO. E forse nella storia della tv americana tutta.
Se siete fan di Dustin Hoffman, di HBO e di corse di cavalli, state comunque certi che questa sarà la vostra serie dell’anno. Per quanto mi riguarda, io invece preferisco giocare a poker, mentre insieme ai cavalli di Luck non credo correrò a lungo. Questo noioso (ma per fortuna mai quanto War Horse) puledro nelle sue gambe potrebbe anche possedere del potenziale, va bene, ma certo che nemmeno alla seconda puntata le cose migliorano. E allora, che fare? Mi sa che gli concederò ancora uno o due giri, pardon puntate, di fiducia. Ma poi basta…
(voto 5/10)

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