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venerdì 17 luglio 2015

Ted 2, lettera aperta a Seth MacFarlane





Ted 2
(USA 2015)
Regia: Seth MacFarlane
Sceneggiatura: Seth MacFarlane, Wellesley Wild, Alec Surkin
Cast: Mark Wahlberg, Ted, Jessica Barth, Amanda Seyfried, Morgan Freeman, Giovanni Ribisi, Sam J. Jones, John Carroll Lynch, John Slattery, Tom Brady, Jessica Szohr, Jay Leno
Genere: ripetitivo
Se ti piace guarda anche: Ted, I Griffin, The Cleveland Show, American Dad, Un milione di modi per morire nel West

Scrivo questa lettera aperta a Seth MacFarlane direttamente dalla pagina web Pensieri Cannibali, molto nota, almeno tra noi orsetti. Il motivo?
Voglio esprimere tutto il mio dissenso nei confronti dell'immagine che le sue due pellicole Ted 1 e Ted 2 danno di noi orsetti. Non siamo tutti così. Non siamo tutti dei maleducati e dei drogati. Insomma, porca puttana, nel periodo d'oro dell'ero ci facevamo, però adesso alcuni di noi sono puliti o quasi. Non è che passiamo tutto il giorno a farci dei bong cantando Maria Salvador. Di tanto in tanto ci facciamo pure di crack. Caro rimbombamico rinconglionito, se vuoi fare un film su noi orsetti, ti invito quindi a documentarti per bene, prima.

venerdì 20 febbraio 2015

SELMA, LA STRADA PER GLI OSCAR





Selma - La strada per la libertà
(USA, UK 2014)
Titolo originale: Selma
Regia: Ava DuVernay
Sceneggiatura: Paul Webb
Cast: David Oyelowo, Carmen Ejogo, Tom Wilkinson, Tim Roth, Giovanni Ribisi, Oprah Winfrey, André Holland, Tessa Thompson, Common, Trai Byers, Dylan Baker, Lorraine Toussaint, Ledisi Anibade Young, Wendell Pierce, Nigel Thatch, Cuba Gooding Jr., Alessandro Nivola
Genere: storico
Se ti piace guarda anche: The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca, Malcolm X, The Help, Il colore viola


martedì 25 novembre 2014

BASTA CON LA VIOLENZA SULLE DONNE, PICCHIATE SOLO GLI UOMINI!





Benvenuti a un appuntamento speciale con L'indignato speciale, la rubrica mia, del solo e illustre Andrea Pompirana, oggi in via eccezionale ospite sulle pagine virtuali di Pensieri Cannibali. Oggi che tra l'altro non è una giornata qualunque. È la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne.
Avete capito bene. L'eliminazione totale della violenza contro le donne. Persino quando propongono di vedere una fiction con Gabriel Garko anziché la finale dei Mondiali di Calcio.
È arrivata l'ora di dire basta alla violenza contro le donne. Non se ne può davvero più.
Vi sentite cattivi?
Ho il rimedio che fa per voi.
Contro la violenza contro le donne, sostieni anche tu la campagna “Viva la violenza contro gli uomini”.

Hai avuto una brutta giornata?
Picchia anche tu un uomo, è divertente!





E allora, cos'altro aspetti?
Grida “Stop!” alla violenza sulle donne e sostieni anche tu la campagna per la violenza contro gli uomini!

di Andrea Pompirana per PensieriCannibali.com


Ringrazio sentitamente Andrea per questo suo incredibile contributo. Passiamo ora al secondo appuntamento dedicato alla Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, la recensione cannibale del film The Gift - Il dono, che fa parte della “No More Excuses Week”, una settimana di post speciali dedicati a film che trattano il tema della violenza sulle donne cui Pensieri Cannibali partecipa insieme a tanti altri fantastici blog.
Ecco il programma completo dell'iniziativa ideata da Alessandra del sito Director's Cult.



The Gift - Il dono
(USA 2000)
Regia: Sam Raimi
Sceneggiatura: Billy Bob Thornton, Tom Epperson
Cast: Cate Blanchett, Keanu Reeves, Giovanni Ribisi, Katie Holmes, Hilary Swank, Greg Kinnear, Gary Cole, Kim Dickens, J.K. Simmons, Rosemary Harris, Michael Jeter, John Beasley
Genere: violento
Se ti piace guarda anche: Medium, Ghost Whisperer, Il sesto senso, Amabili resti

Più che un film sulla violenza contro le donne, The Gift - Il dono è l'apoteosi dei film sulla violenza contro le donne. La pellicola diretta da Sam Raimi ci offre una panoramica piuttosto esaustiva sui vari tipi di crimini contro il gentil sesso.
Che poi definirlo gentil sesso non è pur'esso un crimine?
Meglio non addentrarsi in una discussione di questo tipo. Ritiro allora subito il termine gentil sesso. L'ho usato solo per non ripetere la parola donne 50 volte. Che altro termine posso usare? Le figh... no dai, le femmine. Le femmine può andare bene?

Innanzitutto, The Gift ci propone l'esempio più classico di violenza contro le femmine: le botte da parte del marito.
Un consiglio alle donne: non sposatevi! Una buona parte dei casi di violenza avviene proprio per mano (letteralmente) dei mariti, quindi non sposatevi!
Nella pellicola, Hilary Swank si prende un sacco di botte dal marito Keanu Reeves. Il motivo?
Keanu, persi i suoi superpoteri da Eletto e mollatosi con Trinity, è fuggito in un paesino della provincia americana e s'è sposato con la Swank. Infelice della sua vita ordinaria, lontano dalle meraviglie dello splendido (o ricordo male?) mondo di Matrix, si mette a menare la povera moglie. Non contento di ciò, passa pure a prendersela con la protagonista principale della pellicola, una sensitiva interpretata da Cate Blanchett. E qui mette in atto un'altra pratica parecchio comune nei casi di violenza contro le donne: lo stalking.

"Non ci capisco una mazza di tarocchi...
Mi sa che è meglio se mi do' al poker."

Pensate sia finita qui?
No, Keanu Reeves in questo film è davvero perfido e se la cava tra l'altro bene a fare del male, quindi è un peccato che nelle pellicole gli diano spesso ruoli positivi o da eroe (causa Sindrome da Post Matrix). La sua vera vocazione è fare il villain. Il suo passo successivo è infatti addirittura quello di accusare la sensitiva Cate Blanchett di essere una figlia di Satana. Un esempio moderno di quella che in tempi antichi era stata una delle forme più bastarde e stupide di violenza contro le donne in assoluto: la caccia alle streghe. Uno può pensare che siano solo storie da film dell'orrore, o da modeste serie tv come Salem, ma in realtà la caccia alle streghe c'è stata per davvero, ed è pure durata svariati secoli. O almeno così dice Wikipedia e quindi la prendo per Verità Assoluta.


ATTENZIONE SPOILER
Quando nella cittadina di The Gift una fanciulla sparisce nel nulla, i sospetti si concentrano quindi tutti su di lui, Keanu. Tanto più che il corpo della giovane donna, che tra l'altro è Katie Holmes all'epoca in pieno periodo Dawson's Creek, viene ritrovato proprio nel laghetto di sua proprietà. Keanu Reeves finisce così in galera. Chissà perché? Sembrava un così bravo ragazzo...
Ma sarà davvero lui l'assassino di Katie Holmes, o dietro c'è qualcos'altro? Ad esempio Dawson e Pacey che, a forza di contendersela, hanno finito per farle del male? O forse è stato Tom Cruise, arrivato dal futuro per impedire alla Holmes di sposarlo e di venire a conoscenza di qualche misterioso segreto di Scientology?


Non vi anticipo ciò che succede nel film, ma vi posso dire che la risoluzione della parte thriller è piuttosto scontata. Non tanto per gli appassionati di gialli, quanto per gli spettatori di Studio Aperto. Nella maggior parte dei casi di cronaca, l'assassino è infatti lo stesso della pellicola.
Non intendo l'attore in particolare, ma la categoria che rappresenta in generale.

Oltre a una trama thriller scontata e ben poco coinvolgente, il film The Gift ci fa dono di una serie di personaggi piuttosto stereotipati e ritratti con una certa superficialità. Il pur notevole cast non può fare molto per migliorare la situazione. Così come il Sam Raimi era pre-Spider-Man non riesce a rendere le cose più interessanti, inserendo qua e là qualche momento visionario e paranormale ben poco convincente. Nonostante non abbia manco una quindicina d'anni, The Gift appare oggi un thrillerino superato, che sembra una puntata brutta di Medium o Ghost Whisperer. Se a ciò aggiungiamo dei ritmi parecchio dilatati e sonnacchiosi, il film è consigliato giusto a chi soffre di insonnia. Visto in quello stato a metà strada tra sonno e veglia, The Gift può assumere un suo certo fascino. Altrimenti lasciate perdere e dedicatevi al nuovo passatempo consigliato qui sopra dal saggio Andrea Pompirana: la violenza contro gli uomini!
(voto 5/10)

martedì 21 ottobre 2014

UN MILIONE DI MODI PER RIDERE DEL WEST





Un milione di modi per morire nel West
(USA 2014)
Titolo originale: A Million Ways to Die in the West
Regia: Seth MacFarlane
Sceneggiatura: Seth MacFarlane, Alec Sulkin, Wellesley Wild
Cast: Seth MacFarlane, Charlize Theron, Amanda Seyfried, Liam Neeson, Giovanni Ribisi, Sarah Silverman, Neil Patrick Harris, Christopher Hagen
Genere: comedy western
Se ti piace guarda anche: Ritorno al futuro – Parte III, Django Unchained, Rango, Ted, I Griffin

Il West è stato un periodo davvero, davvero, davvero di merda. Lo penso io, ma lo pensa anche Seth MacFarlane. Perché mi si faccia digerire un film western occorrono allora dei grandi uomini. Il primo è stato Michael J. Fox alias Marty McFly in Ritorno al futuro – Parte III. Il capitolo inferiore della saga, però pur sempre un più che rispettabile sequel di un sequel. Il secondo è stato Quentin Tarantino, con quello che a oggi è il mio western preferito, ovvero Django Unchained. Il terzo è ora appunto il papà dei Griffin, Peter Griffi... pardon intendevo Seth MacFarlane. Se vogliamo ce n’è stato anche un quarto, Jim Jarmusch con il suo Dead Man, ma quello è un film talmente strambo e fuori da ogni genere che non mi sento neanche di classificarlo tra i western.

Seth MacFarlane attraverso la sua nuova opera Un milione di modi per morire nel West rappresenta bene il mio pensiero (cannibale) nei confronti di quel periodo storico. Tutti a lamentarsi che c’è crisi, che l’Italia è 'nammerda, che la vita di oggi è un disastro, ma non è vero. Vivere nel selvaggio West americano sì che era uno schifo. Oltre al fatto che il massimo del divertimento all’epoca era fare una scazzottata al saloon che, a meno che non ti chiami come il mio blogger rivale Mr. James Ford, non è proprio il top dei top, se arrivavi a 35 anni ancora vivo potevi considerarti molto fortunato. In quel periodo era infatti parecchio facile morire in qualunque momento e nella maniera più tragica e assurda immaginabile. Si può realizzare un film spassoso su un periodo tanto deprimente già per i bianchi, figuriamoci per indiani e neri?

Se non ti chiami Mr. James Ford bensì Seth MacFarlane, la risposta è sì. Il geniale creatore de I Griffin, American Dad! e The Cleveland Show torna al cinema con il suo secondo film da regista e sceneggiatore dopo l’esilarante Ted e ancora una volta non delude. Dico subito che non mi è piaciuto allo stesso modo del precedente, dopo tutto si tratta pur sempre di un comedy western, genere ibrido che ha generato porcherie assolute come Wild Wild West, però anche in questa occasione ho riso dal primo all’ultimo istante, o quasi.
Dal film non aspettatevi innovazioni o rivoluzioni. Lo stile MacFarlane è sempre lo stesso, tanto che in alcuni punti sembra di trovarsi dentro a una puntata dei Griffin con un'ambientazione da vecchio West e poi, così come Ted rileggeva a suo modo il genere romcom, lo stesso accade qui con il western. I punti di riferimento, più che i classici del genere, sembrano proprio i film che nominavo in apertura. Un pizzico di Django Unchained per il tocco post-moderno e l’ironia, e soprattutto Ritorno al futuro 3. Non a caso entrambe le pellicole sono citate esplicitamente in un paio di scene chicca di cui non vi svelo di più.

Il punto forte non sta comunque nella revisione del genere western, né in una trama che non si distingue certo per originalità. Così così anche la scelta del cast. Seth MacFarlane si è qui auto assegnato il primo ruolo da attore protagonista della sua carriera e, per essere un esordiente o quasi (prima era apparso giusto in L’acchiappadenti e Comic Movie), se la cava in maniera decente, senza però convincere del tutto. In certi momenti, più che recitare per il cinema sembra stia facendo uno dei suoi monologhi da cabarettista, come alla notte degli Oscar 2013. Charlize Theron poi, dopo avermi esaltato in Young Adult, è tornata a lasciarmi freddo. Splendida donna, eh, però troppo glaciale e non troppo adatta alla commedia.

"La vita nel West faceva cacare, ma se non altro i cappelli erano cool.
Soprattutto se indossati da me. Modestamente, eh."

Più azzeccati i personaggi negativi del film, con Amanda Seyfried e Neil Patrick Harris che riescono a essere perfettamente odiabili. Che sia un merito o un demerito?

"Cannibal voleva insultarci o farci un complimento?"
"Penso che moriremo senza scoprirlo."
"E qui nel West è una cosa che accadrà molto in fretta..."

Ancora più odioso è Liam Neeson, uno degli attori più detestati in assoluto qui dalle parti di Pensieri Cannibali. È stata allora un’autentica goduria vederlo smerdato in un paio di occasioni!

"Me la pagherai cara prima o poi, Cannibal the Kid!"

Molto simpatica invece la coppia formata da Giovanni Ribisi e dalla comica Sarah Silverman in versione prostituta, anche se il migliore in assoluto è il padre del personaggio di Seth MacFarlane interpretato dal cattivissimo Christopher Hagen.

"Non c'è nessun Cannibal qui.
Vattene via dalla mia proprietà, dannato Neeson!"

A mancare è però un personaggio mitico come il mitico orsetto Ted, o scene cult come quelle del precedente film macfarsesco. Non mancano invece le battute esilaranti e una piacevolezza di fondo in grado di farsi apprezzare anche da chi, come me o come il protagonista della pellicola, in mezzo alla polvere, alle sparatorie e alle scazzottate è a suo agio come un pesce fuor d’acqua. E allora abbasso il western e viva Seth MacFarlane!
(voto 6,5/10)

venerdì 1 marzo 2013

OPPAN GANGNAM SQUAD

Hey yo followers what up?
fuori le tette se siete delle pin-up
oggi ho visto un film per soli duri
un film che spacca i culi
lo Scarface della nostra generation
ascoltate qui non one nation one station
prendetemi pure per i fondelli
ché io vi mando Balotelli
del nuovo cinema criminale è lo status quo
ve lo presento, bro, questo è Gangster Squad

BOOM

Hey, un momento… cos’è questo rumore?
Oddio, stanno sparando. Stanno sparando alla mia casa. Tutti giù. Tutta la mia crew, tutti i miei fra, state giù! Sono quelli della gang rivale, quelli di Pensieri Cannibali. Sì, devono essere loro che vogliono vendicarsi perché su Facebook ho lanciato delle accuse pesanti sulla loro pagina. Roba tipo: “Noi siamo troppo i meglio e voi fate pena. E poi lo dico: di cinema non ne capite proprio un acciderbolina di niente!”.
Ora mi sa che vogliono vendetta. Vogliono sangue. Maledetti cannibali, continuano a sparare. O forse è una bomba?

BOOM

Ehm… come non detto. Mi sono sbagliato. Non erano spari. Erano solo dei ragazzini fuori che facevano saltare dei mini ciccioli. Che strizza!
Comunque come dicevo nel mio freestyle, secondo me Gangster Squad è un capolavoro, è troppo il meglio, voto 100 su 10, però adesso per par condicio beccatevi la recensione della mia crew rivale. Quella dei Pensieri Cannibali. Secondo loro il film non è così fenomenale. Però che ne capiscono loro?
Proprio un acciderbolina di niente!

"Che minchia guaddi?"
Gangster Squad
(USA 2013)
Regia: Ruben Fleischer
Sceneggiatura: Will Beall
Tratto dal romanzo: Tales From the Gangster Squad di Paul Lieberman
Cast: Josh Brolin, Ryan Gosling, Sean Penn, Emma Stone, Mireille Enos, Nick Nolte, Anthony Mackie, Michael Pena, Robert Patrick, Giovanni Ribisi, Ambyr Childers, Michael Bacall, Evan Jones, Troy Garity
Genere: gangsta
Se ti piace guarda anche: L.A. Confidential, Scarface, Gli intoccabili, American Gangster, Dick Tracy, Sin City

1949, Los Angeles, la città è controllata dal boss Mickey Cohen. Per fermarlo il sindaco mette su una speciale e segreta task force, una squad che agisce con ogni mezzo lecito e soprattutto non lecito per fermare il delinquente. Diventando a sua volta una Gangster Squad.

Uh, bello! Un noir in piena regola. Un romanzo criminale di quelli old style, con un cast di prim’ordine, due giovani divi come Ryan Gosling ed Emma Stone, garanzie come Josh Brolin e Sean Penn, un regista lanciato, e una vicenda ispirata alla figura di un criminale esistito per davvero e che di nome fa proprio Mickey Cohen. Eppure in giro non se ne parla bene. Negli USA è uscito in sordina ed è stato parecchio snobbato dal pubblico e preso poco in considerazione dalla critica. Com’è possibile?

"Ahahah, Sean così conciato sei più divertente del Nongio."
Presto detto. Gangster Squad non è un film brutto, bensì rientra in una categoria peggiore, più infima ancora: quella delle pellicole inutili. Gangster Squad è un film gangsta molto tradizionale, senza alcun tratto distintivo in grado di farlo emergere tra le altre numerosissime pellicole analoghe già prodotte in passato. L’unica particolarità sta nel fatto che qui il Bene agisce con gli stessi mezzi del Male, ma alla fine non è che sia poi tutta ‘sta grossa novità. Soprattutto considerando come i Buoni rimangano comunque sempre distinti in maniera netta dai Cattivi. O meglio dal Cattivo, il cattivone Sean Penn. Per renderlo più somigliante al vero Mickey Cohen, hanno applicato sulla faccia del povero Penn un trucco che fa spavento, ma non nel senso che fa paura. Non fa brutto, è brutto e basta, ai livelli di quelli di J. Edgar o quasi. Sean Penn così truccato sembra il Nongiovane quando fa il mafioso nei Soliti Idioti. Rendetevi conto che prendere sul serio un personaggio del genere non è quindi visivamente facile. Se a ciò aggiungiamo che questo Mickey Cohen/Sean Penn ancor più che proiettili spara una serie di battute assurde, di cui alcune per carità pure divertenti, il risultato è quello di cadere presto nel ridicolo. Sean Penn è un cattivo di una cattiveria talmente eccessiva da risultare cartoonesca. Anche la sua violenza appare parecchio inverosimile e fumettosa. Al confronto di altri film del genere o anche di una serie come Boardwalk Empire, ad esempio, Gangster Squad sembra quindi la versione Rai Yoyo di una storia criminale.

"Ma chettibevi, Josh? Un appletini? Tu sì che sei un duro!"
Possiamo allora cercare di vedere la pellicola come una specie di revisione in chiave fumettistica ma più che altro videogammara del noir tradizionale, però la componente più giocosa e divertente è troppo limitata. Il film si lascia vedere, perché Ryan Gosling ed Emma Stone sono sempre un bello spettacolo per gli occhi, sebbene la loro intesa sia lontana da quella sfoggiata in Crazy, Stupid, Love., e perché a livello visivo le ambientazioni sono ben realizzate e c’è una buona cura tecnica dietro. Anche i livelli di ritmo, per quanto mai trascinanti, risultano piuttosto elevati e la pellicola ha il pregio se non altro di non annoiare. Da qui ad avvicinarsi alle pietre miliare del genere, di strada però ne passa parecchia.

L.A. Confidential era un esercizio di stile, ma che stile. Giocava con gli stereotipi del noir, ma lo faceva con classe. Gangster Squad invece con gli stereotipi non ci gioca, li subisce e finisce per risultare un film senza una grossa personalità. Il regista Ruben Fleischer evidentemente ha fatto il passo più lungo della gamba, tanto per parlare attraverso stereotipi come fa la pellicola. Dopo due commedie frizzanti come Benvenuti a Zombieland e 30 Minutes or Less, il giovane e comunque ancora promettente regista 34enne ha tentato di realizzare un film più serio. Obiettivo non centrato e a questo punto spero che per i suoi prossimi lavori ritorni a sfoggiare la sua anima più cazzona e torni a tinte più leggere, giacché il noir non gli si addice..

"Pensi ancora che sia ridicolo, Cannibal?"
Quanto agli attori, è raro vedere un cast del genere così sprecato. Ryan Gosling in questo film è troppo ciaciarun, parla troppo. Lui sarebbe più efficace come attore muto. Dovrebbero fargli fare una pellicola alla The Artist. Vincerebbe l’Oscar.
Emma Stone, o anche per dirla con un francesismo usato da Sean Penn: “quella splendida passera rossa”, è una belle femme ma è poco fatale. I panni di moderna Easy Girl le si addicono, mentre per un ruolo in noir pure lei non mi sembra del tutto a suo agio. Più a suo agio appaiono allora Josh Brolin, comunque pure lui piuttosto spento, e Mireille Enos presa in prestito dalla serie The Killing, mentre Nick Nolte non è mai apparso tanto vecchio, Giovanni Ribisi non è mai apparso così poco psicopatico e Sean Penn come anticipato offre ahinoi la sua interpretazione più ridicola di sempre. Tutta colpa del trucco?

Il difetto maggiore del film però è probabilmente un altro ancora: non ha un vero fascino retrò. Degli anni ’50 (o per essere precisi della fine degli anni ’40) ci sono gli abiti, le pettinature, le Cadillac. A mancare è il profumo. Non c’è l’odore, degli anni ’50. O di fine anni ’40, Signori Precisetti. La cosa migliore, e più 40s/50s di tutto il film, sono allora i bei titoli di coda disegnati. Troppo poco, troppo tardi.
Gangster Squad, un film per finti duri
un film che non spacca i culi.
(voto 5,5/10)



giovedì 15 novembre 2012

Teddy Raspon

"Non è quello che può sembrare. Anzi, sì..."
Ted
(USA 2012)
Regia: Seth MacFarlane
Cast: Mark Wahlberg, Ted, Mila Kunis, Giovanni Ribisi, Aedin Mincks, Joel McHale, Jessica Barth, Bill Smitrovich, Bretton Manley, Sam J. Jones, Tom Skerritt, Norah Jones, Laura Vandervoort, Robert Wu, Jessica Stroup, Melissa Ordway, Ted Danson, Ryan Reynolds
Genere: pu-pazzo
Se ti piace guarda anche: Wilfred, I Griffin, Big, Mamma, ho perso l’aereo

Ted è un film d’autore.
Sono scemo? Sì, ma non è questo il punto.
Volendo, anche i film dei Vanzina possono essere considerati film d’autore. Ciò non implica automaticamente un’etichetta di qualità. Indica solo che tali pellicole sono accomunate da una precisa cifra stilistica. Da una comune visione del mondo. Che poi tale visione coincida, nel caso dei Vanzina, a una visione ancora più triste della vera italietta degli ultimi 30 anni è un dettaglio che in questa sede non ci interessa.
Ted è un film d’autore poiché fotografa alla perfezione lo stile Seth MacFarlane. Roba non da poco, soprattutto per un esordiente totale in campo cinematografico.

"Le didascalie di Cannibal non saranno mai
divertenti quanto le mie battute, ahah!"
Seth MacFarlane, per quei due o tre disgrazieti che non lo sapessero, è il “papà” dei Griffin. I suoi detrattori a questo punto potranno dire che si è limitato a scopiazzare Matt Groening e i Simpson e chiudere lì la questione, ma le cose non stanno così. Sarebbe come dire che ogni pop band venuta dopo i Beatles si sia limitata a riproporre sotto un’altra veste il suono dei Fab Four e…
mmm ok, forse un pochino le cose stanno così.
Partendo da uno spunto simile a quello dei Simpson (che pure già si erano ispirati un bel po’ ai Flintstones), Seth "Genio" MacFarlane ha portato la rappresentazione della tipica famiglia americana su un altro livello di cinismo, ironia e cattiveria. E poi, se i Simpson delle prime stagioni rimangono insuperabili a livello di storie, mentre un’altra serie loro cugina come South Park è il top come satira del mondo in cui viviamo, a livello di pure e semplici risate “ignoranti” i Griffin vincono a mani basse contro tutti gli altri cartoon presenti, passati e (forse) futuri.

Lo stile MacFarlane è poi proseguito nelle sue altre serie a cartoni American Dad! (che a dirla tutta non mi ha mai entusiasmato molto) e The Cleveland Show, spinoff dei Griffin decisamente niente male. E lo stile MacFarlane si è propagato ora anche al cinema, con questo Ted che contiene al suo interno tutti i suoi principali elementi caratteristici.
Dopo il cane Brian dei Griffin, il pesce rosso Klaus Heissler di American Dad! e Tim l’orso di The Cleveland Show, ecco arrivare l’orsetto di pezza Ted. Il tenero orsetto di pezza Ted. Tenero, almeno finché è un piccoletto. Crescendo, passerà dall’essere un orsetto di pezza all’essere un pezzo di m….
No, scherzo. È un orsetto cazzaro, più che un vero villain come il malefico Lotso di Toy Story 3.

"Ciao bei bambini...
morirete tutti!"

A Ted non manca of course nemmeno il tipico humour MacFarlane, che qualcuno può trovare volgare e troppo eccessivo, io lo trovo semplicemente geniale ed esilarante. Un misto tra non-sense, citazionismo pop schizofrenico e momenti di demenzialità totale.
Perché mi fa tanto ridere, il suo umorismo?
Non si può spiegare perché una cosa è divertente. O lo è, o non lo è. Seth MacFarlane è divertente. E Ted è uno spasso totale. Fine della storia.
Anzi, no. Non ho ancora finito.

"Questo va proprio buttato giù in un Flash!"
Altro elemento MacFarlandiano presente sono le musichette da commedia anni ’50 che conferiscono al tutto un’aria leggera, d’altri tempi, e regalano un’atmosfera tipicamente politically correct, mentre ogni volta che i personaggi aprono bocca esce una frase politically incorrect. Ted è giocato alla grande proprio su questo contrasto: da una parte, racconta una fiaba dai toni magici, in cui nel mondo così come lo conosciamo accade all’improvviso un evento inspiegabile. Come in Big con Tom Hanks (chiaramente ispirato al nostro Da grande con Renato Pozzetto) o in Mamma, ho perso l’aereo. Un desiderio diventa realtà, per magia. In questo caso, un bambino che desidera ciò che ogni bambino più desidera, oltre all’esilio di Justin Bieber dalla faccia della Terra: che il suo orsetto diventi vivo.
Mettendola diversamente: Ted è la storia di Pinocchio raccontata dopo che Pinocchio, volevo dire Ted, è stato nel Paese dei balocchi troppo a lungo ed è diventato un cazzaro tossico.

Ted non è quindi solo una commedia sboccata e goliardica. Certo, ci regala una serie di momenti esilaranti, come la scena in discoteca stile La febbre del sabato sera, degna del miglior Leslie Nielsen o del miglior Charlie Sheen. E ancora l’apparizione già cult di Flash Gordon. E ancora una serie di battute da ROTFL, più una serie di citazioni esilaranti, da Susan Boyle a Taylor Lautner fino al mitico Tom Skerritt. E insomma, tutto e intendo TUTTO in Ted fa morire dal ridere. (Specifico però che ho visto il film in lingua originale e non oso nemmeno immaginare i modi in cui la versione italiana abbia potuto martoriare diverse battute e gag di difficile traduzione e quindi nella versione italiana NON TUTTO potrebbe essere altrettanto divertente).

"Hey, di solito sono gli uomini ad avere bisogno del ghiaccio quando mi vedono!
E non sulla fronte..."
Però il film non è solo questo. Non è solo risate da farsi venire il mal di pancia come non mi capitava per un film da… Hot Shots, forse? La sceneggiatura preparata da Seth MacFarlane è perfetta sotto ogni punto di vista. C’è l’amicizia profonda tra Mark Wahlberg e l’orsetto Ted. C’è la parte sentimentale, mai troppo smielata. E qui entra in gioco pure la sgnacchera, visto che il film non si fa mancare niente nemmeno sotto questo punto di vista. Innanzitutto, svetta Mila Kunis su tutto e su tutti, grandiosa e gnoccolosa. Poi ci sono anche Laura Vendervoort, vista nelle serie Smallville e V, Jessica Stroup di 90210, più qualche altra zoccola dal nome tipico da white trash girl come Brandy, Heather, Shanine, Briana, Amber, Sabrina, Melody, Dekota, Ciara, Bamby, Crystal, Samantha, Autumn, Ruby, Taylor, Tara, Tammy, Beck o qualcosa che finisce con Lynn.

Magia, amicizia, amore, figa, ma c’è pure una componente (molto) lievemente thriller, con Giovanni Ribisi che è un cattivo da silenzio degli innocenti comedy.
Frullati dentro Ted ci sono inoltre tutti gli elementi tipici della commediona americana non solo sentimentale, ma pure quella per famiglie. C’è persino la tipica scena in cui Mark Wahlberg canta (tra l’altro a un concerto di Norah Jones!) per riconquistare il cuore della sua amata.
Eppure, tutti questi elementi sono rivisitati dalla visione folle ed esilarante di MacFarlane. Così ad esempio la “serenata” di Mark Wahlberg (a mio avviso non del tutto convincente come protagonista) si trasforma in rissa, le scene romantiche sono annientate da qualche commento sulle scoregge, e anche nei momenti più drammatici la battuta sdrammatizzante salta fuori, boing boing.
"Quell'orsetto è più arrapante di Magic Mike!"
Il tutto senza trasformare la pellicola in una semplice parodia della commedia classica, ma prendendo il modello della commedia classica e stravolgendolo grazie a una dose massiccia di umorismo caustico. E, se vogliamo, nell’antropoformismo di Ted c’è dentro anche un pizzico di Spike Jonze, più sul goliardico andante.

Una magia, dunque. Ted realizza un mio desiderio. No, non quello di Justin Bieber esiliato dalla faccia della Terra. Quello di vedere una commedia che fa ridere dall’inizio alla fine no stop, con varie trovate una più geniale dell’altra al suo interno, e allo stesso tempo sa presentare una storia che, pur priva di grossi elementi di novità, è raccontata bene. Era tanto difficile? Ci voleva proprio qualcuno proveniente dalla tv per realizzarla?
Evidentemente sì.
Seth MacFarlane, ti amo. E lo dico come te lo direbbe l’orsetto idolesco Ted, anche se suona un po’ gay…
(voto 8/10)


giovedì 2 agosto 2012

La band del Contraband

Contraband
(USA 2012)
Regia: Baltasar Kormákur
Cast: Mark Wahlberg, Ben Foster, Kate Beckinsale, Giovanni Ribisi, Lukas Haas, J.K. Simmons, Diego Luna, Robert Wahlberg, Adrian Martinez, Caleb Landry Jones
Genere: scopiazzato
Se ti piace guarda anche: Fast & Furious, The Italian Job, Ocean’s Eleven, Tower Heist - Colpo ad alto livello



"Certo che quel Cannibal ne scrive di minki**e sul suo blog!
Potremmo fargli causa."
"Mark, ti ricordo che siamo dei criminali con la fedina non proprio pulita..."
Contraband sembra un film contrabbandato. Come i soldi falsi smerciati da Mark Wahlberg. Una copia di qualcos’altro, ben fatta e tutto, che resta pur sempre una copia.
Copia di cosa? Bah, di qualunque altro film con un gruppo di criminali alle prese con un colpaccio di quelli assurdi e impossibili da realizzare. Almeno per i criminali comuni mortali. Non proprio un “heist movie”, un film su una rapina, però siamo lì. Da qualche parte tra Ocean’s Eleven, ma senza lo stesso livello di glamourosità, e Fast & Furious, ma senza lo stesso livello di tamarraggine. Contraband è una sorta di ibrido di vari film action, senza nessuna specificità che riesca a distinguerlo e a salvarlo dalla mediocrità e dalla dimenticabilità immediata.
Per il resto, se proprio si hanno basse pretese, il suo porco lavoro di intrattenimento lo fa anche. O quasi. Ha una storia prevedibile e banale, lieto finalone esagerato e del tutto improbabile compreso. Dei personaggi e delle situazioni stereotipate già viste in migliaia, che dico?, forse milioni di altri film. Una seriosità di fondo che si apre a poche concessioni umoristiche, come invece capita nelle più divertenti pellicole del genere. E questa è una grave pecca. Eppure il suo porco dovere di farsi guardare, giusto con qualche sbadiglio qua e là eppure nemmeno troppi, lo assolve.
Il suo difetto maggiore è però l’assoluta mancanza di personalità. Un qualcosa, una scena, un personaggio, che lo distingua dalle centinaia di produzioni americane medie che escono ogni anno e che te lo faccia ricordare in maniera positiva. Invece niente. Niente di niente.

Nella media anche il cast: Mark Wahlberg negli USA come action hero (e non solo) funziona alla grande e anche questo film ha conquistato cifre davvero niente male, tipo oltre 60$ milioni a fronte di una spesa di $25 milioni. Meno bene gli vanno le cose all’estero e l’uscita da noi nel mezzo del deserto estivo lo conferma. Per quanto mi riguarda, a parte l’intenso ruolo del padre nel mio preferito Amabili resti, il Marky Mark fattosi attore non mi ha mai convinto molto, anche se lo attendo con grande curiosità alla prova della commedia con Ted, super campione di incassi a sorpresa dell’estate americana.


"Che bevi?"
"Red Bull, non vorrei addormentarmi prima della fine del film..."
Ah sì, dimenticavo: anche in The Departed se la cavava parecchio bene.

Nei panni della sua moglie, in un ruolo però parecchio anonimo, troviamo Kate Beckinsale. Per lei il discorso è analogo a quello su Wahlberg. Amo un suo unico film, in questo caso The Last Days of Disco, mentre per il resto mi ha lasciato sempre parecchio indifferente. Il fatto che il suo ruolo più celebre sia quello nella (pessima) saga vampiresca di Underworld, di certo non aiuta. Il fatto che l’altro suo grande successo sia Pearl Harbor, nemmeno questo depone a suo favore. Peccato, perché è una bella topolona e pure come attrice sembra possede un notevole potenziale non espresso.
Non c’è due senza il tre, dice il detto. Perché un detto che non dice nulla, che detto sarebbe?


"Cannibal, smettila di rompermi le palle solo perché ero in Avatar!"
Il terzo personaggio centrale del film è quello interpretato da Ben Foster. Altro attore quasi sempre sprecatissimo. Nel suo caso, la sua performance che ho preferito è quella in Oltre le regole - The Messenger, poi si è presentato in un sacco di produzioni impresentabili (robe come Professione assassino o Pandorum). Un attore che sembra essere rimasto incasellato all’interno del genere d’azione, quando meriterebbe di recitare in cose più interessanti di queste pellicole medie.

Stesso discorso si potrebbe fare anche per il resto del cast, con nomi come Lukas Haas e Giovanni Ribisi, attori che negli anni ’90 sembrava dovessero spaccare il mondo e poi si sono progressivamente persi per strada.


"Ecco a voi la cintura più trendy, e costosa, dell'estate!"
Contraband allora è un film bello?
Manco lontanamente.
Contraband è un film brutto?
No. Però ha una enorme pecca. Contraband non sembra un film contrabbandato. Contraband è proprio un film contrabbandato. Come delle banconote false.
(voto 5/10)

P.S. Lo so, anche questa recensione sembra un prodotto di contrabbando però, che ve devo dì?, il film non mi ha certo ispirato una particolare originalità…

martedì 1 maggio 2012

Dopo la passione di Cristo, la passione del giornalista

"Forse mi conviene mettere su gli occhiali da sole. Forse..."
Oggi è il Primo Maggio. Festa del lavoro o anche Festa dei lavoratori. Lo sapevate già, eh? Non posso mica sempre inventarmi cose nuove. Sì, potrei dire che oggi è il giorno di Natale, ma ciò mi farebbe apparire solo psicopatico, più che originale.
In occasione di questa festa, allora, Pensieri Cannibali dedicata un post speciale al lavoro più bello del mondo.
Il pornodivo?
L’imprenditore pedofilo?
Il politico imprenditore pedofilo?
Il ballerino di Amici che si piomba Belen?
No, no, no e ancora no.
Il mestiere più bello del mondo è… il giornalista.
‘Azzo ridete? Non ho detto il più remunerativo.
E non ho detto nemmeno il più rispettabile, se come giornalista consideriamo l’inviato a Londra di Studio Aperto che ogni giorno deve pescare una notizia contro Murdoch se no lo fustigano pubblicamente.
Mi riferisco a un mestiere che, se fatto con passione, può essere molto soddisfacente.
No, eh?
Vabbè, era solo una scusa per parlare oggi del seguente film. Perché in fondo è anche questo ciò che fanno i giornalisti: scovano collegamenti inesistenti tra le notizie (e a volte sono inesistenti pure le stesse notizie).
E a (s)proposito di lavoro, giornalismo e collegamenti inesistenti, vi segnalo i miei nuovi pezzi per Ed è subito serial e per Wait! Music. Tenete d'occhio questi due siti, mi raccomando!


"Ma perché ho girato questo film?"
The Rum Diary - Cronache di una passione
(USA 2011)
Regia: Bruce Robinson
Cast: Johnny Depp, Amber Heard, Aaron Eckhart, Giovanni Ribisi, Michael Rispoli, Richard Jenkins, Bill Smitrovich, Amaury Nolasco, Marshall Bell
Genere: annacquato
Se ti piace guarda anche: Paura e delirio a Las Vegas, Zodiac, Chico & Rita

Se avete qualche dubbio sul fatto che quello del giornalista possa essere il mestiere più bello del mondo, guardatevi questo film e ve ne convincerete. Di certo non è il film più bello del mondo, però Johnny Depp se la spassa alla grande: beve tutto il giorno, va ai party, entra in contatto con i potenti di turno, si fa Amber Heard. Devo aggiungere altro?
Detto così, sembra una figata, e lui probabilmente se l’è spassata alla grande nel girarlo. Noi a vederlo, un po’ meno…

"Ora ricordo il perché: per farmi Amber Heard!"
Johnny Depp torna a interpretare una pellicola tratta da un romanzo del giornalista e scrittore Hunter S. Thompson, dopo Paura e delirio a Las Vegas. Il film di Terry Gilliam può suscitare impressioni del tutto diverse nello stesso spettatore:
- Se lo guardi da lucido, è una cazzata pazzesca.
- Se lo guardi da fatto, è una figata pazzesca.
- Se lo guardi da strafatto, beh, è il trip definitivo.
Adesso che vi ho citato quel film, toglietevelo subito dalla mente. The Rum Diary infatti è più rassicurante e, in qualunque stato fisico e/o mentale lo si guardi, resta sempre un film loffio.
Ma si può trarre un film loffio da un romanzo cult di uno dei giornalisti e autori più fuori e "gonzi" di sempre?
Evidentemente si può. Soprattutto quando decidi di aprire la pellicola sulle note di Volare nella versione Dean Martin.
Cos’è? L’ultimo di Woody Allen?
Anche se da una simile intro potrebbe sembrare, il film non è ambientato in Italia bensì a Porto Rico. Nel caliente Porto Rico. Non esattamente il posto più indicato per lavorare in maniera professionale e per restare sobri. Paul Kemp, l’alter-ego di Hunter S. Thompson intepretato da Johnny Depp, a smettere di bere non ci prova nemmeno. A parole dice che ha intenzione di farlo, ma i suoi occhi (rossi) raccontano un’altra storia.
Quale storia?

"Amber, quando hai capito di essere lesbica?"
"Facile: la prima volta che mi sono guardata allo specchio."
Questo film non racconta nessuna storia. Si limita a seguire il protagonista nelle sue peregrinazioni. Detto così ci potrebbe anche stare bene, più che bene. Un sacco di film splendidi non raccontano niente, eppure finiscono per raccontare tutto. Peccato che il regista Bruce Robinson segua il protagonista da lontano, senza mai farcelo vivere. Questo personaggio ci piace o non ci piace? Ci sta simpatico? Dobbiamo fare il tifo per lui? Boh, la pellicola si mantiene sempre troppo distante per farcelo capire con chiarezza.
Bruce Robinson era assente dalla regia da una ventina d'anni, da Gli occhi del delitto con Uma Thurman del 1992, e fondamentalmente non è che sentissimo granché la sua mancanza. Il suo stile è molto classicheggiante, per essere gentili e non dire piatto. La forza della scrittura di Hunter S. Thompson sta proprio in un forte stile, quello ricreato alla perfezione dall’altrettanto allucinato Terry Gilliam, mentre qui lo beviamo annacquato in una forma priva di spunti e di idee. L’unico momento “visionario” è quello del trip da droga vissuto dal protagonista insieme all’amico con la lingua che si allunga, ma è giusto una scena una e tra l’altro appare slegata da tutto il resto.

"Me lo rinfaccerai ancora a lungo che ero in Avatar?"
"Almeno per tutta la vita, come minimo."
Non male invece il cast. Johnny Depp va avanti in modalità pilota automatico. Questa non verrà certo ricordata come una delle sue interpretazioni più brillanti, però se non altro sembra ritornato su livelli decenti dopo le sue agghiaccianti performance negli ancor più agghiaccianti The Tourist e Alice in Wonderland: qualcuno, vi prego, mi dica che la Deliranza in realtà non è mai esistita e me la sono solo immaginata durante un trip da LSD.
Quindi c'è il sempre valido e (quasi) sempre sottoutilizzato Aaron Eckhart e in un piccolo ruolo c’è pure Giovanni Ribisi. Giovanni Ribisi, it boy negli anni ’90, che fine aveva fatto? Boh. Ah sì, aveva avuto una piccola parte in Avatar, ma pure quello come la Deliranza desidererei cancellarlo dalla memoria.
E poi, have you heard? C’è Amber Heard. Compare in maniera molto misteriosa come una sirena e altrettanto misteriosamente a un certo punto sparisce dalla scena. È lei il vero motore della vicenda, se in questo film c’è una vicenda principale. Peccato sia sfruttata davvero poco, troppo poco.

Anche il rum tanto sbandierato nel titolo, non è che giochi poi tutto questo ruolo centrale. Il film si adagia su ritmi sonnacchiosi, in perfetto stile Porto Rico poco fico e con poca musica, zero ritmo, finendo paradossalmente per essere una pellicola fredda invece che caliente come ci si poteva aspettare dall’ambientazione o come l’ingannevole trailer lascerebbe supporre. Per respirare di più l’odore del sesso (come direbbe Figabue Ligabue) e i ritmi latinoamericani, vi consiglio allora Chico & Rita, che pur essendo una pellicola d’animazione è molto più hot e sexy di questo rum on the rocks.
Vediamo Johnny Depp bere in più di un’occasione, eppure non sentiamo mai l’odore dell’alcool. Come effetto alcolico, The Rum Diary non provoca l’eccitazione di quando si comincia a bere. Provoca piuttosto l’intontimento delle ore successive, e verso la fine pure un cerchio alla testa da hangover. Un film con i ritmi da pennichella pomeridiana, anziché da venerdì sera alcolico. Più che di rum, un film che sa di birra. Birra analcolica.
(voto 5,5/10)

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