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lunedì 22 gennaio 2018

Lady Bird – Sì, si fa chiamare donna uccello... cosa ridete?





Lady Bird
Regia: Greta Gerwig
Cast: Saoirse Ronan, Laurie Metcalf, Tracy Letts, Beanie Feldstein, Lucas Hedges, Timothée Chalamet, Odeya Rush, Jake McDorman, Kathryn Newton


Tutti amano la propria mamma e tutti odiano la propria mamma. In un dato periodo della vita, almeno, che specco coincide con l'adolescenza. C'è poi anche chi 'sta cosa non se la fa passare mai, come Eminem, ad esempio, ma quella è un'altra storia.

lunedì 1 gennaio 2018

Anticipation 2018





Tra le tradizioni del primo giorno dell'anno, oltre al mal di testa da hangover, almeno qui su Pensieri Cannibali c'è anche quella di dare uno sguardo a ciò che ci potrebbe attendere nel corso dei prossimi mesi. Spazio quindi a una carrellata di film, serie tv e dischi più attesi del 2018. Un elenco che lascia un po' il tempo che trova, visto che non sempre le cose su cui si ripongono le maggiori speranze si rivelano poi le migliori. Spesso semmai sono quelle più deludenti. Premesso ciò, sognare non fa mai male, o forse lo fa solo in alcune occasioni, e quindi vediamo un po' cosa ci regalerà l'anno appena iniziato.

lunedì 6 marzo 2017

Jackie (non Chan)





C'era una volta un Presidente. Il suo regno era paragonato alla Camelot di Re Artù e al suo fianco aveva la sua Ginevra. Anche se in questo caso il traditore sembrava più lui che lei. Era un presidente ricco di fascino e carisma. Uno che ammaliava le folle. Uno che con le sue parole sapeva illuminare e ispirare le persone. Un leader nato. Uno che era impegnato a difendere i diritti civili di tutti, non solo dei ricchi e privilegiati come lui. Era un Presidente che pure le sue cappelle e i suoi errori li avevi fatti. Un Presidente che avrebbe anche potuto fare di più, soltanto che non ha avuto tempo e modo di realizzare tutto quello che era nelle sue possibilità.

Di chi sto parlando?
Di Donald Trump?

No, dico. A parte il fatto che sia Presidente, ora e purtroppo non nel passato, c'è qualcosa in questa descrizione che coincide con lui e con il suo regno del terrore?

Mi sto allora riferendo a Barack Obama?

Fuochino, però no. A lui è dedicato un ottimo film Netflix, Barry (voto 7+/10). Da non confondere con la romcom Ti amo Presidente. In Barry ci viene presentato un Barack Obama giovane, ai tempi del college negli anni '80. Il ritratto di un ragazzo che era già un uomo maturo, non privo però di difetti o lati oscuri. Un biopic piuttosto originale e molto intrigante, ben interpretato dall'attore rivelazione Devon Terrell e dalla sempre più sorprendente e versatile Anya Taylor-Joy, la giovincella di The Witch, Morgan e Split che dimostra di saperci fare non solo con le pellicole a tinte thriller-horror. Una visione consigliata anche non solo ai fan accaniti (come me) di Barack "Barry" Obama.

Come al solito comunque sto divagando.
In apertura di post mi riferivo a JFK, John Fitzgerald Kennedy, cui sono state dedicate numerose pellicole, molte di esse incentrate sul suo omicidio. Una triste e misteriosa storia ampiamente nota, che però ora ci viene proposta in una versione inedita, attraverso un punto di vista differente, che non mi pare fosse stato ancora raccontato. Quello di Jacqueline Lee Bouvier Kennedy Onassis, anche nota semplicemente come...

Jackie
Regia: Pablo Larraín
Cast: Jackie Chan, Peter Sarsgaard, Greta Gerwig, Billy Crudup, Caspar Phillipson, John Hurt, John Carroll Lynch

venerdì 15 aprile 2016

Mistress America, la recensione mancata





Mistress America
(USA, Brasile 2015)
Regia: Noah Baumbach
Sceneggiatura: Noah Baumbach, Greta Gerwig
Cast: Lola Kirke, Greta Gerwig, Michael Chernus, Rebecca Naomi Jones, Matthew Shear
Genere: nouvelle indie
Se ti piace guarda anche: Frances Ha, Girls, Damsels in Distress – Ragazze allo sbando

Vi siete mai chiesti come nasce un post di Pensieri Cannibali?
Spero che abbiate cose più importanti nella vita a cui pensare, però nel caso per un istante ve lo foste domandati, vi posso rivelare in esclusiva mondiale che nascono proprio come i bambini: sono portati dalla cicogna, esatto.
No, non si trovano sotto i cavoli. Chi ve l'ha raccontata una baggianata del genere?!?

domenica 19 luglio 2015

Arturo, la variante commerciale del Greta Gerwig movie





Arturo
(USA 2011)
Titolo originale: Arthur
Regia: Jason Winer
Sceneggiatura: Peter Baynham
Cast: Russell Brand, Greta Gerwig, Jennifer Garner, Helen Mirren, Nick Nolte, Luis Guzmán
Genere: englishman in New York
Se ti piace guarda anche: Non mi scaricare, In viaggio con una rock star, Il primo dei bugiardi

Questo è un post per soli stomaci forti. Se siete troppo sensibili, vi consiglio di non proseguire oltre nella lettura. Oggi vi racconterò infatti una storia tristissima, quella del povero sventurato protagonista del film Arturo. Preparate i fazzoletti.

lunedì 13 gennaio 2014

LOLA VERSUS E IL GRETA GERWIG MOVIE




In attesa di commentare i risultati (CHI HA VINTO, CHI HA VINTO?) e pure il red carpet dei Golden Globe Awards 2014, ecco un post su un film di cui a nessuno fregherà niente. A nessuno tranne ai fan di Greta Gerwig, ovviamente.

Lola Versus
(USA 2012)
Regia: Daryl Wein
Sceneggiatura: Daryl Wein, Zoe Lister Jones
Cast: Greta Gerwig, Joel Kinnaman, Zoe Lister Jones, Hamish Linklater, Bill Pullman, Debra Winger, Ebon Moss-Bachrach, Maria Dizzia, Cheyenne Jackson, Parisa Fitz-Henley
Genere: Greta Gerwig movie
Se ti piace guarda anche: Frances Ha, Damsels in Distress, Girls

Non c’è versus. Io Greta Gerwig la adoro. E più la vedo e più ne sto diventando dipendente. Ironico diventare dipendente per l’attrice più indie-pendente oggi in circolazione.
La prima volta che mi è capitata davanti è stata in The House of the Devil, mastodontico splendido horror firmato da Ti West. Lì è l’amica della protagonista, non ha un ruolo enorme però è il personaggio simpa di turno e quindi rimane impressa, ancor più della protagonista, Jocelin Donahue, che infatti da allora chi l’ha più vista?
Poi l’avevo notata in Lo stravagante mondo di Greenberg, stravagante pellicola con Ben Stiller che mi era piaciucchiata ma non mi aveva sconvolto del tutto. E poi ancora era apparsa nella romcom Amici, amanti e…, solo che lì c’era Natalie Portman e allora “Ciao!” a tutte le altre.

"Oooh, era un sacco che aspettavo il post cannibale su questo film!"
La vera folgorazione per Greta Gerwig ce l’ho avuta soltanto in seguito. Non certo nel terrificante To Rome With Love di Woody Allen, dove pure è tra le poche cose a salvarsi ancora, quanto in Damsels in Distress – Ragazze allo sbando, una commedia leggera, piacevolissima, graziata dal suo particolare personaggio. Lì Greta è Violet, una ragazza egocentrica, radical-chic e un po’ stronzetta, in cui non ho fatto troppa fatica a immedesimarmi, sarà che non mi sembra troppo lontana da una mia versione al femminile.
Se lì Greta Gerwig mi ha conquistato e con il video di “Afterlife” degli Arcade Fire diretto da Spike Jonze ha cominciato a piacermi ancora di più, il vero amore è però scattato, come di recente vi ho riportato, con Frances Ha, l’ultimo spettacolare film di Noah Baumbach. Greta e la sua Frances, una tipa indie fuori di testa ed eccentrica come mi è capitato di vedere poche altre volte, anche all’interno delle eccentriche e stravaganti figure che affollano il cinema alternativo americano recente.
In qualche modo Greta Gerwig rappresenta l’evoluzione dell’alternative girl che negli anni ’90 veniva portata sullo schermo in genere da Chloe Sevigny, attrice che ricorda molto fisiciamente. Eppure a livello di personaggi le cose sono cambiate. C’è stato il passaggio dalla it girl figa, un po’ tossica e sicura di sé molto post-grunge come la Sevigny, alle imbranate, pasticcione ma anche più simpatiche e vere indie girls di oggi, rappresentate da Greta Gerwig, così come anche da Lena Dunham della serie Girls (ripartita negli USA questa notte con la terza stagione).

Divampato il fuoco della passione per Greta Gerwig con Frances Ha, mi è venuta voglia di andarmi a recuperare qualche altra sua pellicola, visto che non riesco più a fare a meno di lei. La filmografia dell’attrice 30enne non è così sterminata, molti suoi film da noi non sono arrivati manco sottotitolati, come il suo esordio alla regia in co-abitazione con Joe Swanberg (quello dell'alcolico Drinking Buddies), Nights and Weekends, che non vedo l’ora di recuperare. La scelta è allora caduta su questo Lola Versus che in Italia ovviamente non è uscito, ma se non altro i sottotitoli li si trova facile.

"Bella la tua camicia, complimentoni!"
"Perché, tu ti credi di essere vestita tanto bene?"
In Lola Versus Greta Gerwig è Lola, una variante del suo solito personaggio. Una ragazza incasinata, naturalmente piuttosto alternative e indie, sebbene parecchio meno stramba rispetto a Frances Ha, che racconta com’è la vita dei circa 30enni più o meno hipster di oggi a New York City. Rispetto ai suoi altri film, questo è un po’ più mainstream e commerciale. Non mainstream come Arturo, di cui prima o poi avrò modo di parlare, però meno indie del solito.
Lola è una ragazza di 29 anni che si sta per sposare. Il suo boyfriend, il mitico Joel Kinnaman della serie The Killing, le fa la grande proposta e tutto per lei sembra andare per il meglio, con tanto di genitori pronti per il grande evento, tra cui un invecchiatissimo Bill Pullman. Fino a che, pochi giorni dopo, lui non si rimangia la proposta e la molla di punto in bianco.
Non vi sto spoilerando nulla, poiché tutto questo capita nella scena introduttiva. Il resto invece non ve lo dico. Lola Versus non è folgorante come Frances Ha, non è particolare come Damsels in Distress, però è una commedia indie romantica più che piacevole, non troppo indie (e questo è un difetto) e non troppo romantica (e questo è un pregio). Soprattutto, è un appuntamento immancabile per i Greta Gerwig-addicted, ovvero chiunque si sia imbattuto nella visione di Frances Ha.

Per chi avesse dei dubbi, anche qui la nostra eroina si cimenta con il ballo. Greta Gerwig e il ballo. Potrei scrivere una tesi di laurea su Greta Gerwig e il ballo. La sua Lola nel film invece dà una tesi di laurea sul silenzio. Che sarebbe bello fare una tesi di laurea sul silenzio e presentarsi il giorno della discussione facendo scena muta. Il 110 e lode sarebbe assicurato.
Dopo la Sambola di Damsels in Distress, il ballo scatenato e fulminato nel video di “Afterlife” e il ruolo della ballerina fallita Frances Ha, Greta Gerwig qui ci regala giusto un momento per uno dei suoi balli scomposti dentro a un locale. Poca roba, ma comunque un dettaglio che contribuisce a trasformare un indie movie qualunque in un “Greta Gerwig movie”, che è ormai quasi un genere a parte.
Ci sono le commedie romantiche, ci sono le pellicole indie e poi ci sono i Greta Gerwig movie. Indovinate un po’ quali preferisco?
(voto 6+/10)



venerdì 13 dicembre 2013

COTTA ADOLESCENZIALE 2013 – N. 6 GRETA GERWIG



Greta Gerwig
(USA 1983)
Genere: indie-hipster
Il suo 2013: ha interpretato e co-sceneggiato insieme al regista Noah Baumbach lo splendido indie movie Frances Ha ed è stata la straordinaria protagonista del video live di "Afterlife" degli Arcade Fire diretto da Spike Jonze.
Se ti piace lei, ti potrebbero piacere anche: Chloe Sevigny, Amy Adams, Allison Mack, Evan Rachel Wood, Kate Winslet, Lena Dunham
È in classifica: ha un irresistibile fascino impacciato e molto alternative.
Il suo discorso di ringraziamento: "Invece di un discorso di ringraziamento che non sono capace di fare, vi regalerò un balletto dei miei. Dite che non sono capace a fare manco quelli, eh?"

Dicono di lei su
tetter
Noah Baumbach @noahsebastianbach
Ma usate ancora Twitter, sfigati? Il futuro sono #Instagram e soprattutto #Tetter.


Adam Driver @adamoguidatore
@gretagerwig, sarai anche finita tra le cotte adolescenziali, ma resti sempre troppo #undateable!





lunedì 9 dicembre 2013

FRANCES HA RUBATO IL MIO CUORE




Frances Ha
(USA 2012)
Regia: Noah Baumbach
Sceneggiatura: Noah Baumbach, Greta Gerwig
Cast: Greta Gerwig, Mickey Sumner, Michael Zegen, Adam Driver, Grace Gummer, Michael Esper, Justine Lupe, Patrick Heusinger
Genere: indie
Se ti piace guarda anche: Girls, Damsels in Distress, Manhattan, Io e Annie
Uscita italiana prevista: aprile 2014 (forse)

Mi sono innamorato.
Di chi?
Mi sono innamorato di Frances Ha.
Ci sono le recensioni razionali, e poi ci sono quelle che iniziano come sopra e capite già che non lo saranno. Per niente. Tutti i film ovviamente possono essere visti in maniera più o meno soggettiva, ma questo è un caso a parte. Se alla fine della visione di Frances Ha senti le farfalle allo stomaco e vorresti che la pellicola non fosse finita, che non finisse mai e vorresti solo continuare a vedere per sempre cosa la protagonista Frances combinerà, vuol dire che il film ha funzionato. Vuol dire che ti sei innamorato.

Frances Ha è un film sull’amore, ma non è una commedia romantica. Non è una storia d’amore tradizionale. Non è una storia d’amore etero, non è una storia d'amore lesbo e non è nemmeno tanto una storia d’amore. A pensarci bene, non è nemmeno un film proprio sull’amore amore comunemente inteso. È più una storia d’amicizia, però ciò non rende bene l’idea. Frances è innamorata della sua migliore amica Sophie, solo non in un senso sessuale, né romantico. È una persona su cui può contare, con cui ha un’intesa particolare.
Capito?
No, vero?
È una cosa difficile da spiegare, per provarci passo la parola direttamente a lei, la protagonista del film Frances:

È quella cosa quando sei con qualcuno e tu lo ami e lui lo sa e anche lui ti ama e tu lo sai. Ma sei a una festa e tutte e due state parlando con altra gente, poi guardi in fondo alla sala e i vostri sguardi si incrociano, ma non in maniera possessiva o con l’intenzione di fare sesso, ma perché quella è la tua persona in questa vita.

Non avete ancora capito?
Allora non vi resta che guardare questo film che provoca lo stesso effetto. Lo guardi e sai di amarlo. Però non è che te lo vorresti scopare. Lo ami e basta. Ami tutto di questo film.
La protagonista, per prima cosa. Greta Gerwig è la nuova fenomena del cinema indie americano, già splendida rivelazione nell’horror The House of the Devil e poi protagonista di quel sottovalutato gioiellino di Damsels in Distress. Un’attrice che si fonde in un tutt’uno con il suo personaggio, l’originalissima, folle Frances. Un’attrice, ma anche una sceneggiatrice, che qui firma a 4 mani con il regista Noah Baumbach uno degli script più freschi e frizzanti degli ultimi tempi. Nonostante tutti questi talenti, il suo vero sogno, il sogno di Greta non ha a che vedere tanto con il cinema, ma è quello di fare la ballerina, come la Frances del film. Non è che sia proprio un fenomeno come la Nina del Cigno nero, eppure ha uno stile tutto suo, molto personale, messo in mostra già nel mitico balletto della Sambola in Damsels in Distress, così come anche nel pazzesco video live agli YouTube Awards di “Afterlife” degli Arcade Fire diretto da Spike Jonze.



Come fai a non amare Greta Gerwig?
Come fai a non voler uscire con la sua “undateable” Frances?
E poi, una volta investito da quest’ondata di amore, oltre a Greta/Frances cominci ad amare anche tutto il resto. Tutto ciò che rende questo film da semplice film indie tra i tanti a Film Indie per eccellenza. E così ami anche la trama/non-trama che sembra quella di un episodio allungato di Girls, un episodio bellissimo di Girls. L’episodio definitivo di Girls.
Credo che potrei essere la voce della mia generazione, o almeno una voce di una generazione,” diceva Lena Dunham nella puntata pilota di Girls e così è stato. La sua serie tv sta già facendo scuola, anche all’interno del nuovo cinema alternative americano. Perché, vedete, Frances è uno dei personaggi più singolari mai visti su schermo, e non solo su schermo, eppure allo stesso tempo riesce pure lei a farsi simbolo universale di un’intera generazione, proprio come la Hannah/Lena Dunham di Girls. La generazione dei 20/30enni incasinati di oggi. La mia generazione. Una generazione precaria. Una generazione multitasking che si trova a fare un sacco di cose differenti senza riuscire a portarne a termine manco mezza. Una generazione fottuta. Laddove però Girls, per quanto scritto alla grandissima, dà spesso un senso di incompiutezza, qui Greta Gerwig, grazie probabilmente all’aiuto della mano ormai esperta di Noah Baumbach, riesce a trovare una quadratura, a chiudere il cerchio con un (doppio) finale splendido.

Pur partendo da uno stile hipster alla Girls, Frances Ha possiede comunque uno slang e un linguaggio tutti suoi, e percorre anche altre strade. A livello visivo, Noah Baumbach sceglie di fotografare una New York City in bianco e nero che riporta esplicitamente alla mente Manhattan di Woody Allen, il tutto però con una spruzzata profumata di Nouvelle Vague, messa in evidenza dallo stile registico, narrativo, così come anche dalle numerose splendide musiche di Georges Delerue, Jean Constantin, Antoine Duhamel e altri compositori transalpini recuperate da varie pellicole anni ’60 tra cui I quattrocento colpi, più un’aggiunta di David Bowie con “Modern Love” che non fa mai male.

Ami la colonna sonora, dunque.
Ami pure i personaggi comprimari. Magari Sophie (Mickey Sumner) non tanto, perché è così egoista ed è così cattiva nei confronti della povera Frances che le vuole tanto tanto bene. Ecco, Sophie magari è l’unica cosa del film che non ami.
Sophie, sei una bruttona!
Sì, l’ho detto.

Sophie: "Credevi forse non avrei letto quello che hai scritto su di me, maledetto d'un cannibale?"

E poi ci sono i coinquilini della nostra (nostra? della “mia”) Frances: Holly e Benji… volevo dire Lev e Benji, il primo interpretato dall’Adam Driver proveniente – guarda caso – dalla serie Girls e il secondo dal volto nuovo Michael Zegen. E ami pure loro.

E ancora, ami la regia non invasiva ma funzionale al racconto di Noah Baumbach, uno che già aveva fatto cose niente male come Il calamaro e la balena e Lo stravagante mondo di Greenberg, pellicole che però lasciavano un po' con l’amaro in bocca e che erano un filino deprimenti. Frances Ha invece no. Nonostante la sua forte componente intellettualoide e sfacciatamente radical-chic, è una visione leggera come un palloncino che si libra in volo e che non puoi fare a meno di continuare a seguire con lo sguardo, fino a che non scompare all’orizzonte. Quando ciò accade, ti prende una sensazione triste ma allo stesso tempo buffa, che ti lascia con un sorriso ebete stampato in faccia. È questo che ti fa l’amore. È questo che ti fa Frances Ha. Tutto qua.
(voto 9/10)



sabato 19 gennaio 2013

STUDENTESSE DEL DAMS STRESSATE O DAMSELS IN DISTRESS

Damsels in Distress - Ragazze allo sbando
(USA 2011)
Regia: Whit Stillman
Sceneggiatura: Whit Stillman
Cast: Greta Gerwig, Analeigh Tipton, Megalyn Echikunwoke, Carrie MacLemore, Adam Brody, Ryan Metcalf, Hugo Becker, Jermaine Crawford, Caitlin Fitzgerald, Aubrey Plaza, Nick Blaemire, Billy Magnussen, Alia Shawkat, Zach Woods
Genere: college movie atipico
Se ti piace guarda anche: Girls, The Last Days of Disco, Bunheads, Ragazze a Beverly Hills

La donzelletta oggi non vien dalla campagna, vien dal college. Non ci sono più i sabati del villagio de ‘na vorta, di leopardiana memoria. I tempi sono cambiati e su questo Whit Stillman riflette nel suo nuovo film, il primo dopo una lunga pausa terrencemalickiana durata più di dieci anni, dal 1998 di quello splendido The Last Days of Disco, un cult cannibale assoluto.
Le donzelle in pericolo, le damsels in distress del titolo originale, in realtà non è che siano così in pericolo. Come nella sua pellicola precedente, le ragazze sono forti e determinate, mentre i personaggi maschili appaiono decisamente con meno palle. Il titolo originale assume quindi una valenza ironica, rasa al suolo dal sottotitolo messo del tutto a caso in Italia: Ragazze allo sbando… ma perché? Un sottotitolo del genere la fa apparire come una pellicola anni ’90 su ragazze tossiche e ribelli, tutte sesso, droga e rock’n’roll. Così non è. È tutto l’opposto, semmai.
Le 4 donzelle protagoniste sono delle tipe fissate con l’igiene personale e i profumi. Un buon profumo può cambiarti la vita. Di sesso si parla sì ma non viene mostrato e credo questo sia l’unico college movie senza manco una scena di sesso (robe Disney a parte, ma non so se la Disney ha mai fatto un college movie). Droga niente, rock’n’roll non parliamone. Persino di party ce n’è uno giusto a inizio visione, poi bom.
Quello di Stillman è quindi un college movie del tutto particolare e inoltre, per chi avesse dubbi in proposito, nonostante il titolo l’università in cui è ambientato il film non è il Dams, bensì un college americano che sembra uscito da una canzone dei Vampire Weekend, più che dalla realtà.

"Ecco, così attireremo molti più teenager emo!"
A capeggiare queste mean girls sui generis c’è Violet (Greta Gerwig), che è una tipa difficile da inquadrare: è paranoica, ha manie di controllo su ogni cosa che le succede intorno ed è sempre pronta a criticare tutto e tutti. È una tipa antipatica, fondamentalmente. Avevo quasi dimenticato perché avevo adorato The Last Days of Disco, perché anche lì, come qui, tutti i personaggi sono antipatici.
A me stanno simpatiche le persone antipatiche: Mourinho, Sgarbi, Bret Easton Ellis, Lars Von Trier... Quelli che dicono ciò che pensano, non importa quanto impopolare, politically incorrect o spregevole ciò possa risultare. Anzi, tanto meglio se ciò che dicono risulta impopolare. I film di Whit Stillman sono pieni di personaggi spregevoli, magari meno sopra le righe rispetto ai nomoni sopra citati, ma anche qui non troviamo troppi piacioni e tipi simpa. Credo sia anche per questo che il cinema di Whit Stillman rimarrà sempre per pochi, perché non vuole proprio piacere. Si impegna a non piacere.
A dei personaggi sull’antipatico andante si contrappongono comunque atmosfere decisamente piacevoli, da pellicola nouvelle vague d’altri tempi. Damsels in Distress è quindi un college movie, ma il più atipico dei college movie. I personaggi non sono per nulla teen. Siamo più dalle parti di una sofisticata commedia newyorkese a metà strada tra Woody Allen e la serie tv Girls, al limite di un Ragazze a Beverly Hills meno glamour. Ci sono momenti esilaranti, ma siamo ben lontani dalla goliardia di Porky’s o American Pie. Su tutti, la vetta comica viene raggiunta dal personaggio di Thor (Billy Magnussen), un tizio che non sa distinguere… i colori.

"Ballo meglio di Ryan di The O.C.? Non è che sia 'sto gran complimento..."
Punto di forza principale del film sono i dialoghi, fenomenali e imprevedibili, tra Grindhouse - A prova di morte di Quentin Tarantino e il telefilm Bunheads. Niente male anche il cast, con una serie di serie candidate al titolo di reginetta della scena indiependente americana: da Greta Gerwig, possibile nuova Chloe Sevigny (che non a caso svettava in The Last Days of Disco) ad Analeigh Tipton, già rivelazione di Crazy, Stupid, Love., , fino alla fenomenale Aubrey Plaza, vista in Safety Not Guaranteed, Scott Pilgrim e in Parks and Recreation, qui nel ruolo di un’aspirante suicida piccolo, ma in grado di lasciare comunque il segno. E poi c'è pure Adam Brody, ex mitico Seth Cohen di The O.C., la cui carriera cinematografica non è (ancora) decollata ma che di recente abbiamo avvistato pure in Cercasi amore per la fine del mondo.

"Hey guarda, un asino che vola!"
"No caro, lo so che te li confondi sempre, ma è solo Cannibal Kid su un aereo."
Per il resto, la scrittura di Whit Stillman ripercorre in maniera piuttosto fedele quella del precedente The Last Days of Disco, come se dieci e passa anni non fossero per lui passati. Laddove là si ripercorrevano gli anni di declino della musica disco, a inizio anni ’80, qui ci fa assistere alla decadenza della gioventù contemporanea americana. Una specie di declino dell’impero romano ai giorni nostri, considerando come le confraternite del campus in cui la pellicola è ambientata sono fissati proprio con l’immaginario romano, benché i toga party di Animal House siano ricordi lontani.
Meglio ancora, questo è un film sul declino della decadenza. Damsels in Distress è un’altra perla di commedia più anti-romantica che romantica, leggera, leggerissima al punto da sembrare inconsistente e invece alla fine sa piazzare un paio di riflessioni interessanti. Prima di gettarsi pure qui in un finale danzereccio, a passo di Sambola. Perché alla fine quelli di Whit Stillman non sono commedie né drammoni, sono musical. Solo che, al posto delle canzoni, ci sono le parole.
(voto 7+/10)




martedì 23 ottobre 2012

Li mortacci tua, Woody Alien!

"Roberto, come la chiamate qui in Italia una terrible actress?"
"La chiamiamo Mastronardi, maestro."
To Rome With Love
(USA, Italia, Spagna 2012)
Regia: Woody Allen
Cast: Woody Allen, Roberto Benigni, Jesse Eisenberg, Greta Gerwig, Alec Baldwin, Ellen Page, Alison Pill, Flavio Parenti, Alessandro Tiberi, Alessandra Mastronardi, Penelope Cruz, Riccardo Scamarcio, Antonio Albanese, Judy Davis, Fabio Armiliato, Monica Nappo, Ornella Muti, Carol Alt, Vinicio Marchioni
Genere: ao’
Se ti piace guarda anche: Vac(c)anze di Natale vari, I Cesaroni

Dopo l’ottimo Midnight in Paris, non volevo credere alle voci negative riguardo al nuovo film di Woody Allen ambientato in Rome. Infatti le voci negative si sbagliavano. Oh, se si sbagliavano.
La verità è che è molto ma molto peggio. Ma molto.

"Woody, se te becco te faccio 'na faccia così!"
Una prima cosa non proprio positiva da rilevare su quest’ultima ennesima fatica alleniana riguarda gli stereotipi su Roma e sull’Italia. Ma su di quelli si è espresso già molto chiaramente Carlo Verdone, uno il cui ultimo film Posti in piedi in Paradiso non sarà un granché, ma al confronto di ‘sta roba è un Fellini. Ecco cos’ha detto:

"Il film di Woody Allen sulla mia città? Non fa per niente ridere, anzi, fa piagne: è un'opera assolutamente inutile, mostra una capitale che non esiste, magari esistesse, e che secondo me non è mai esistita. Non sta né il cielo né in terra: punto. Un'operazione solo turistica, la sua: si voleva fare una vacanza e basta. […] Mi dispiace dirlo di Woody, ma è così: la sua ultima fatica è un presepe finto, in cui non ha fatto altro che giocare coi luoghi comuni. È una Roma vista con gli occhi degli americani, che quando viaggiano sperano di trovarla così: gente bonacciona, un po' sguaiata, i monumenti, se mangia bbene... Roma invece è una città piena di problemi, che amo tantissimo, che mi sta a cuore, ma è diventata impossibile."

"Ciao Woody, vuoi che reciti nel tuo prossimo film? Eh, come no!
Le cose che ho detto su To Rome With Love?
Ma no. Sai com'è, noi romani stiamo sempre a scherzà..."
E questa questione l’ha espressa bene il Carletto. Se a ciò aggiungiamo personaggi che si chiamano Michelangelo e Leonardo, ma purtroppo mancano Donatello e Raffaello altrimenti si poteva anche fare una reunion delle Tartarughe Ninja, più qualche marchettona marchionnara della 500 e le note di “Nel blu dipinto di blu” sparate subito subito sui titoli di testa, la cartolina dell’Italia idealizzata è bell’e che servita.
Se vogliamo, anche il precedente di Allen Midnight in Paris era ricchissimo di stereotipi, su Parigi e sull’età dell’oro degli anni ’20, e su Parigi negli anni ’20. Però il film funzionava. Era una splendida fiaba e allo stesso tempo una riflessione nostalgica su come il passato sembri sempre meglio del presente. Vero anche questo: il vecchio Allen era meglio di quello nuovo.
Quello nuovo di To Rome With Love non se pò vedé.

"Penelope, la prossima scena me la fai un po' più Ruby Rubacuori, ok?"
Non c’è comunque da disperare troppo. In fondo, dopo il modestissimo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, a sorpresa è tornato in grande spolvero in quel di Parigi. In fondo, Woody Allen è fatto così. Di film ne gira tanti, troppi, alcuni sono belli, altri meno, qualcuno come questo è davvero brutto. Certo, un tonfo imbarazzante del genere non l’aveva mai fatto, almeno non tra le sue pellicole che ho visto (una piccola percentuale, visto che come ho detto ne gira davvero troppi), però chissà che con il suo ritorno negli USA per il suo prossimo progetto ancora senza titolo non ritrovi l’ispirazione perduta.

Gli stereotipi danno fastidio sempre, quando ci vanno a toccare in prima persona in quanto italiani sono ancora più fastidiosi e posso capire l’ulteriore disappunto dei romani come Verdone. Ma quali sono gli altri problemi del film? La questione fondamentale è che al di là della cornice idealizzata, stereotipata ecc., è proprio il film una fetecchiona. La sceneggiatura è imbarazzante. Mette insieme una serie di storielle degne di un cinepanettone. O di una barzelletta. E a tratti, To Rome With Love somiglia persino a una puntata dei Cesaroni, e pure di quelle scritte male. Ammesso e non concesso ne esistano di scritte bene. Siamo talmente dalle parti della fiction di Canale 5 che mi sono stupito di non vedere arrivare Matteo Branciamore da un momento all’altro a cantare “Sai cosa c’è…” poi non so più come va avanti. Che volete? Non sono mica un fan dei Cesaroni come Wudy Aia.
Non ci sarà Branciamore, almeno quello, ma le musiche utilizzate sono penose e fanno molto film di Pierino. Senza offesa per i film di Pierino.

"Alessandro, perché tutti mi chiamano cagna maledetta? Sai che vuol dire?"
"Chi io? Non ne ho la più pallida idea..."
Dicevamo comunque delle storielle messe insieme alla buona. La più agghiacciante, e chissà perché non ne sono stupito, è quella che vede come protagonisti gli attori italiani. Dai citati Cesaroni, ecco a voi Alessandra Mastronardi. Se Carla Bruni nel precedente Midnight in Paris era stata molto tagliata nel montaggio finale e compariva giusto per pochi secondi, riuscendo comunque a rimediare una figura barbina, qui la Cesarona ce la dobbiamo sorbire a lungo. E com’è la sua intepretazione? Terribbbile.
Con lei c’è anche Alessandro Tiberi che si vede che ha studiato la recitazione alleniana e ne propone una versione/imitazione italiana accettabile. Ebbravo lo stagista di Boris!
Parecchio spento Antonio Albanese, del tutto fuori parte come latin lover e super divo del cinema italiano, mentre convince Riccardo Scamarcio, che nella sua fugace apparizione arriva, tromba la bernarda della mastronarda e va via. Così si fa!
"Adoro il tuo social network, Mark. Ci passerei tutto il giorno..."
"Come devo ripetertelo che non sono Zuckeberg? Comunque ti addo agli amici!"
Nell’episodio compare inoltre la spagnola Penelope Cruz, ennesima “dea dell’amore” alleniana. Diciamo solo che la spagnola ha offerto prove migliori in film migliori.

La storiella (relativamente) più interessante e meglio recitata è invece quella con Mark Zuckerberg Jesse Eisenberg e Greta Gerwig. Lei gli presenta una sua amica attrice, Ellen Page, dicendogli che tutti gli uomini finiscono per innamorarsi di lei e anche lui naturalmente finirà per… innamorarsi di lei. D’altra parte, Ellen Page è la cosa migliore di questo film e il suo personaggio, per quanto anch’esso tratteggiato con enorme leggerezza, è l’unico raggio di sole in una Roma che qui appare cinematograficamente molto nuvolosa. Il personaggio “off” di un buon Alec Baldwin invece no, quello è davvero odioso. Una sorta di grillo parlante non richiesto che rompe le balle a Zuckerberg Eisenberg, alla Page e soprattutto allo spettatore.

"Va bene, Alec, ti taggo insieme a me!"

"Alec, eddaje! Vuoi essere taggato pure qua?"

"Woody sta guardando dall'altra parte? Io allora mi do' alla fuga!"
La storiella di Roberto Benigni è quella nelle intenzioni più “profonda”. Una riflessione su come oggi si possa diventare famosi per niente. Qualcuno ha detto Paris Hilton?
Bella l’idea, che forse sarebbe stata più efficace per un cortometraggio, realizzazione stancante, con un Benigni che per un paio di minuti fa anche ridere, subito dopo stufa. Che poi, il tema della celebrità è una costante in tutte le vicende, peccato sia trattato in una maniera davvero superficiale e non dice fondamentalmente niente di nuovo sull’argomento.

"Bravo Cannibal. Sul post non siamo molto d'accordo,
però sulla Mastronardi come darti torto?"
Un’altra storiella di questo puzzle di ispirazione boccaccesca (il titolo iniziale del film era Bop Decameron) vede impegnato lo stesso Woody Allen, di rientro davanti alla macchina da presa, ed è l’unico che azzecca 1 battuta 1 in tutto il film, quando va dai genitori del fidanzato della figlia, che hanno una ditta di onoranze funebri, e dice: “Abbiamo seguito il primo carro funebre e l’abbiamo trovata”. Per il resto, come detto dal bianco rosso Verdone, più che ridere se piagne.
Al di là di questo unico momento ilare della pellicola, la storiella è di quelle talmente ridicole da poter risultare geniali, se solo fossero affidate a uno Spike Jonze o a un Michel Gondry, non a questo spento Woody Allen. Il padre del futuro marito di sua figlia (una sprecatissima Alison Pill) è un tipo che sotto la doccia, e solo sotto la doccia, si rivela un cantante lirico alla Pavarotti, Caruso o Bocelli. Tanto per non farci mancare pure questo stereotipo italiota. E così Allen lo incoraggia a esibirsi a teatro… sotto la doccia.
Uno spunto grottesco potenzialmente interessante che si risolve, come tutto il resto del film, in farsa. Anche se a me è sembrata più che altro una tragedia.

Non so se gliel’hanno gridato a Roma, nel caso rimedio io:
ah Wood Alien, ma vedi di andare a pijartelo 'nder cu..
(voto 3/10)

mercoledì 15 giugno 2011

Amici, amanti di Natalie Portman benvenuti in questo blog e… malvenuti ai nemici

Per celebrare la neo maternità di Natalie Portman, che ha appena dato alla luce un maschietto (congrats!), ecco la rece di una sua pellicola a caso…

Amici, amanti e…
(USA 2011)
Titolo originale: No Strings Attached
Regia: Ivan Reitman
Cast: Natalie Portman, Ashton Kutcher, Kevin Kline, Greta Gerwig, Lake Bell, Ophelia Lovibond, Olivia Thirlby, Jake Johnson, Ludacris, Mindy Kaling, Cary Elwes, Ben Lawson
Genere: commedia romantica
Se ti piace guarda anche: 40 giorni e 40 notti, Amore a mille… miglia, La dura verità

Dopo l’estenuante prova fisica e mentale di un filmone come Il cigno nero, Natalie Portman ha deciso di darsi al relax don’t do it when you wanna come, intepretando e pure producendo questa commediola leggera come una piuma ma in grado di fare il suo sporco dovere, ovvero: intrattenere. A livello umoristico le cose non vanno così alla grande, visto che le battute giocano su qualche volgarità assortita, ma senza raggiungere la violenza demenza di un South Park, e limitandosi a restare ancorata su qualche commento a sfondo sessuale. Almeno una trovata geniale comunque c’è: la compilation per le mestruazioni con “Bleeding love” di Leona Lewis architettata da un Ashton Kutcher (quasi) più sveglio del solito per Natalie.

Il bamboccione marito di Demi Moore non brilla certo per le sue doti interpretative, comunque la sua faccia impassibile a ogni cosa (persino alla visione di Natalie nuda!) per una commedia come questa è anche accettabile. Chi vola invece come al solito sopra tutti è Naturalmente Natalie Portman, ancora in forma Black Swan e in grado di sorprendere pure in veste comica con una serie di faccette e gag fenomenali. La Port(WonderWo)Man ci regala poi un’ottima scena di sesso, sebbene non certo ai livelli di quella in accoppiata saffica con Mila Kunis, e la sua faccia da orgasmo dopo quella del pianto a dirotto sembra essere diventata una sua nuova specialità.


Tra le altre cose (più o meno) interessanti del film c’è il rapporto (seppure molto stereotipato e abbozzato) tra padre (Kevin Kline, in discreta forma comica) e figlio (il già menzionato Ashton Kutcher), in cui potrebbero essere ravvisabili degli echi biografici da parte del regista. Dietro la macchina da presa siede infatti Ivan Reitman, quello che negli anni ’80 spopolava con i Ghostbusters e alcuni film idioti con Schwarzenegger, ma che oggi è più che altro noto come padre del ben più talentuoso Jason Reitman, l’ottimo pargolo che con la tripletta Thank you for Smoking, Juno e Tra le nuvole ha già surclassato abbondantamente quanto fatto da paparino in tutta la sua lunga carriera.

C’è anche qualche vago riferimento a un paio di serie tv, forse per ammiccare al pubblico ggiovane di oggi: Ashton Kutcher lavora infatti come assistente di studio alla lavorazione di un telefilm musical adolescenziale in cui i richiami sono – ovviamente - a Glee, mentre Natalie Portman e le sue coinquiline dottoresse in erba appaiono come una versione alternativa di Grey’s Anatomy, con tanto di collega esotica (qui una tizia indiana al posto dell’orientale dottoressa Yang) e una bionda che per fortuna non è logorroica come Meredith Grey. Nel cast troviamo inoltre come inserti speciali una serie di piacevoli volti provenienti dal cinema indie: Greta Gerwig, già segnalatasi nello spettacolare horror retrò The house of the devil (è l’amica bionda della protagonista) e a letto con Ben Stiller nel gradevole Lo stravagante mondo di Greenberg; Ophelia Lovibond è una giovane star britannica in ascesa vista anche in London Boulevard e qui è perfetta nei panni dell’odiosa tipa che si ciula prima il figlio poi il padre; e infine Olivia Thirlby, principessina indie di Juno e Fa la cosa sbagliata.

Ma in mezzo a tutto questo contorno da gradevole commediola sentimentale, si erge la “piccola hobbit con una fame da cucciolo di dinosauro” Natalie Portman, qui alle prese con una per lei inedita ma assolutamente notevole prova comica. E chissà allora che dopo le lacrime versate copiose nei suoi numerosi film drammatici, in futuro non possa approfondire pure questo suo ottimo lato da commediante. In ogni caso io continuerò sempre a supportarla (però se non farà più robacce come Mr. Magorium gliene sarò infinitamente grato) e oggi diventando mamma, dopo l’Oscar per Black Swan ha così raggiunto un nuovo importante traguardo: è ufficialmente diventata una MILF!
(voto 6,5)

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