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martedì 21 aprile 2015

MORTDACCI TUA, JOHNNY DEPP!





Mortdecai
(UK, Usa 2015)
Regia: David Koepp
Sceneggiatura: Eric Aronson
Ispirato al romanzo: Don't Point That Thing At Me di Kyril Bonfiglioli
Cast: Johnny Depp, Paul Bettany, Gwyneth Paltrow, Ewan McGregor, Ulrich Thomsen, Jeff Goldblum, Olivia Munn
Genere: mortdale
Se ti piace guarda anche: Austin Powers, Mr. Bean

Epic fail.

Al peggio non c'è mai fine.

 Sputtanamento totale.

Sono queste le prime espressioni che mi sono venute in mente guardando Johnny Depp nel suo ultimo, a questo punto spero davvero ultimo ultimo, film: Mortdecai. In realtà me ne sono venute in mente anche altre, ma sarebbero troppo volgari persino per questo blog, quindi meglio non trascriverle.
È vero che i gusti sono gusti, ma io sfido chiunque a trovare bella una roba come questa. Non credo sia umanamente possibile. Mortdecai è un film brutto almeno quanto i baffi qui sfoggiati da Johnny Depp e che sono in pratica al centro dell'intera pellicola e della maggior parte delle gag presenti che vorrebbero far ridere. Riuscendoci?
Conoscete già la risposta.

"A me questo film ha fatto morir dal ridere! Soprattutto morir."

lunedì 25 agosto 2014

O CAPITAN UNCINO, MIO CAPITAN UNCINO




"Con quelle orecchie a punta, sicuro di essere Peter Pan e non Spock di Star Trek?"
Hook – Capitan Uncino
(USA 1991)
Titolo originale: Hook
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: James V. Hart, Malia Scotch Marmo
Liberamente ispirato alle opere teatrali e ai libri di: James Matthew Barrie
Cast: Robin Williams, Dustin Hoffman, Julia Roberts, Bob Hoskins, Maggie Smith, Charlie Korsmo, Amber Scott, Dante Basco, Caroline Goodall, Arthur Malet, Phil Collins, Isaiah Robinson, Jasen Fisher, Kelly Rowan, Gwyneth Paltrow, Jake Hoffman, Glenn Close
Genere: fiabe 2.0
Se ti piace guarda anche: Once Upon a Time, Saving Mr. Banks, Alice in Wonderland

Tutti i bambini diventano adulti, tranne uno. O meglio, tranne due. Uno era Michael Jackson e se n'è andato una manciata di anni or sono. L'altro era Robin Williams e anche lui se n'è andato, appena pochi giorni fa.
Una volta c'aveva provato a crescere, a diventare adulto, e per una manciata d'anni era una cosa che gli era pure riuscita. Era diventato uno yuppie che preferiva il lavoro alla famiglia. Uno sempre troppo preso dagli affari per poter andare a vedere le partite di baseball del figlio. Uno che si era dimenticato di saper volare. Uno che aveva scordato di essere l'incredibile Peter Pan ed era diventato il moscio Peter Banning.
Lo stesso era capitato alla sua carriera di attore, passata da ruoli spumeggianti e memorabili in film notevoli come L'attimo fuggente, Will Hunting – Genio ribelle, La leggenda del re pescatore, One Hour Photo e Insomnia, così come in irresistibili blockbusteroni commerciali come Mrs. Doubtfire e Jumanji, a robette parecchio insulse come la serie tv The Crazy Ones e a comparsate in robe agghiaccianti come Big Wedding. Stesso discorso pure per Steven Spielberg, passato dalla fantasia al potere celebrata in E.T. e A.I. al ruolo di barboso professorone di Storia con Lincoln e War Horse.

"Quel maledetto di Harry Potter tra qualche anno mi fregherà il look. Che coraggio!"
Un film come Hook – Capitan Uncino fa dimenticare tutto questo. Cancella la mania delle persone di voler per forza crescere, dimostrare di essere grandi, di saper fare i seri e ci consegna sia Robin Williams che Steven Spielberg all'apice della loro peterpanosità. Correva l'anno 1991 e si vede. Nonostante sia arrivato a inizio 90s, il film è ancora intriso di una certa anniottantosità, ad esempio nel personaggio (almeno inizialmente) molto yuppie Peter Banning. Contemporaneamente, la pellicola possiede per fortuna pure quell'aura di magia tipica delle avventure 80s come I Goonies, La storia infinita o Explorers. Una dimensione incantata che, sarà per l'irreplicabile effetto nostalgia, in saghe fanciullesche odierne come quelle di Harry Potter, Percy Jackson o Le cronache di Narnia non ho trovato manco da lontano. Se con i film per bambini degli ultimi anni non sono mai riuscito a entrare davvero in sintonia, fatta eccezione giusto per Un ponte per Terabithia, rivedere Hook a parecchi, davvero parecchi anni dalla prima visione mi ha provocato un effetto straniante.Mi ha fatto capire che anch'io sono cresciuto. Una volta mi identificavo nel bambinetto Jack, mentre adesso in lui vedo diversi tratti di mio nipote, così come nella bimbetta Maggie intravedo alcune somiglianze con la mia nipotina. Inoltre alcuni passaggi avventurosi e fiabeschi che una ventina d'anni fa mi facevano gridare dalla meraviglia o mi provocavano stupore, oggi mi paiono parecchio prevedibili e persino evitabili. Sarà che nel frattempo l'idea di rileggere i personaggi delle storie per l'infanzia in chiave (più o meno) adulta e (più o meno) fantasiosa è diventata la consuetudine, si veda la serie Once Upon a Time, o Shrek, o la fallimentare Alice in Wonderland burtoniana, o la miriade di nuovi film su Biancaneve e favolistica compagnia assortita, o ancora il recente Saving Mr. Banks.

Il revival di fiabe, favole, storie o come diavolo preferite chiamarle – tutte riassunte dalla come al solito essenziale lingua inglese sotto il termine “story” – è partito da qui, da questo Hook. Un film che, ispirandosi al classico creato da James Matthew Barrie a inizio Novecento, lo rilegge, lo stravolge e lo risputa fuori con un atteggiamento post-moderno tipico degli anni Novanta, per diventare esso stesso un nuovo classico. Il film di Steven Spielberg guarda a Peter Pan come modello. Once Upon a Time e una gran parte dei film fantasy di oggi prendono Hook – Capitan Uncino come sommo esempio per confrontarsi con la tradizione fiabesca. Emma Swan di C'era una volta ad esempio è un po' come Peter Banning. Una persona concreta, che vive con i piedi ben piantati a terra e ride al solo pensiero dell'esistenza dei personaggi delle storie. Quando finirà a Storybrooke, così come Banning quando fa ritorno sull'Isola che non c'è, si rimetterà però in contatto con la sua parte più fanciullesca e comincerà a credere all'incredibile, oltre a riconnettersi con suo figlio.
La magia di un film come Hook sta in questo. Non nel farci ricordare di quando anche noi eravamo dei bambini, ma nel farci ritornare dei bambini. Nel farci vedere il mondo con occhi infantili, ancora una volta. Nel farci ricordare che “Bangarang” era un urlo di esaltazione di Rufio e dei bimbi sperduti, ancor prima che un pezzo (esaltante anch'esso) di Skrillex.



Once Upon a Time e Skrillex ci danno ulteriore dimostrazione di come questa pellicola sia ormai entrata nell'immaginario collettivo, di come la mia generazione, ma pure quella successiva, sia cresciuta con questa versione della fiaba ancor più che con l'originale di J.M. Barrie. Il merito va attribuito a una sceneggiatura che svecchia alla grande il mito dell'eterno ggiovane Peter Pan, così come a una regia di uno Spielberg in formissima che gioca con ombre, uncini, orologi e con gli altri simboli della storia e che, soprattutto, pare divertirsi un mondo come un fanciullo. Un'impressione invece del tutto assente nei suoi ultimi noiosi lavori “adulti”.

Quanto al cast, Julia Roberts era una Campanellino deliziosa, Bob Hoskins – pure lui recentemente scomparso – era uno Spugna perfetto, mentre Gwyneth Paltrow pur comparendo per pochi istanti nei panni di Wendy teenager era già odiosa, e Dustin Hoffman mi sembrava tanto ieri quanto mi pare ancora oggi ben poco in parte nel ruolo che dà il titolo al film. Come Capitan Uncino avrei visto molto meglio uno alla Jack Nicholson, che avrebbe potuto regalargli la giusta carica di follia.
Chi invece è insostituibile è lui, Robin Williams. Da bambino non riuscivo e ancora oggi non riesco a immaginare qualcuno più perfetto di lui per questa parte. Nonostante nella sua notevole e variegata carriera abbia anche dato varie prove di maturità e abbia interpretato persino stalker e serial killer, lui era nato per i ruoli fanciulleschi. In Hook, Robin Williams però non ha recitato o interpretato una parte. Robin Williams era Peter Pan.
(voto 7,5/10)

Questo post partecipa al toccante Robin Williams Tribute insieme ai seguenti favolosi bloggers.

Bollalmanacco - Al di là dei sogni
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Director's Cult - Toys 
Pietro - Flubber
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklyn
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle 


mercoledì 21 maggio 2014

“GHOST STORIES”, LE STORIE DELLA BUONANOTTE DEI COLDPLAY




Coldplay "Ghost Stories"
Il grande problema dei Coldplay è fondamentalmente uno. Più che un problema, una colpa. Sono troppo famosi, hanno venduto troppi dischi, hanno raccolto troppo rispetto ai loro reali meriti. I Coldplay non sono un gruppo pessimo, questo no, ma tanto meno sono fenomenali. Sono una band media, come tante, che però ha una popolarità enorme, come poche. Il segreto del loro successo? Chris Martin è riuscito a scrivere una serie di canzoni capaci di arrivare al cuore del pubblico, alcune davvero riuscite come “Yellow”, “The Scientist”, “Fix You” e “Viva la vida”. Allo stesso tempo manca loro il vero genio creativo. I primi tempi, quelli del loro album migliore, il debutto “Parachutes”, suonavano come un incrocio tra Radiohead e Jeff Buckley, poi è avvenuta la loro U2izzazione e hanno puntato a proporre uno stadium-pop con grandi cori e canzoni di facile presa. In ogni caso senza mai possedere un'enorme originalità. Ai Coldplay va però almeno dato atto di non essersi cristalizzati in un solo tipo di suono, ma di cercare sempre nuova gente cui scopiazzar… ehm, cui ispirarsi. Con l’ultimo poco riuscito “Mylo Xyloto” avevano tentato, senza convincere molto, qualche divagazione elettronica, ma il lavoro risultava un pasticciaccio brutto, e ora?

Con il nuovo “Ghost Stories” i Coldplay cercano di infilare tutto quanto fatto in precedenza in una forma più semplice, provando a spogliarsi delle produzioni eccessive e dei barocchismi dei loro ultimi album. Il suono del disco è delicato, leggero, sospeso. Impalpabile. Talmente impalpabile da essere quasi inconsistente.
Se a livello di tematiche questo è un disco di rottura, visto che Chris Martin affronta la fine della storia con l'ormai ex moglie Gwyneth Paltrow, a livello musicale pure, considerando come questa volta le rinnovate fonti di ispirazione sembrano essere James Blake, The xx e Bon Iver, si senta il soporifero clone di quest’ultimo che è “Midnight”, mentre a tratti pare di essere finiti in una versione for dummies dei Sigur Ros, basti dare un ascolto all'apertura di "Always in My Head". In mezzo a tante ballatone, a sorpresa c’è anche spazio per una parentesi quasi dance, con “A Sky Full of Stars” prodotta dal dj più in voga più tamarro del momento, Avicii. Il risultato? Sembra un pezzo di David Guetta che cerca di fare la copia dance di una canzone dei Coldplay.



Nonostante questo pezzo che con il resto della tracklist c’entra quanto un brano di Gigi D’Agostino in una compilation di musica new-age, i ritmi sono per lo più lenti, per non dire assenti. Provate ad ascoltare “Oceans” senza finire in coma e Chris Martin vi regalerà una bambolina per fare il voodoo a Gwyneth Paltrow.


A inizio post dicevamo che il grande problema dei Coldplay è quello di essere diventati più famosi di quanto meritassero. A dirla tutta, Chris Martin e compagni hanno anche un altro e più grave problema. Sono una lagna infinita e il loro nuovo lavoro ne offre un’ulteriore lampante dimostrazione. “Ghost Stories” non è un brutto album, è solo noioso. Penso ci sia solo una cosa più noiosa dell'ultimo disco dei Coldplay: Robert Redford da solo su una barca che si ascolta l’ultimo disco dei Coldplay.
La definizione di album di rottura è allora perfetta. Non perché documenta la rottura tra Chris Martin e Gwyneth Paltrow, ma perché è una gran rottura di palle.
(voto 5/10)

martedì 21 maggio 2013

UOMO AIRONE 3


Iron Man 3
(USA, Cina 2013)
Regia: Shane Black
Sceneggiatura: Drew Pearce, Shane Black
Cast: Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow, Don Cheadle, Guy Pearce, Rebecca Hall, Ben Kingsley, Jon Favreau, James Badge Dale, Ty Simpkins, Stephanie Szostak, William Sadler, Rebecca Mader, Stan Lee
Genere: eroino
Se ti piace guarda anche: Iron Man, Iron Man 2, The Avengers, Thor, Captain America

Chi sono io?
Qual è la mia missione nella vita?
Sono un supereroe o un supercattivone?
Un film come Iron Man 3 può sembrare una stronzata colossale, un giocattolone fracassone stupidone one one one, e probabilmente è davvero così sì sì sì. Eppure l’ho trovato anche una pellicola dagli inaspettati risvolti esistenziali, almeno per me. Mi ha fatto comprendere la mia vera natura. Ma andiamo con ordine.

Iron Man 3 sta sfracellando vari record d’incasso e si sta rivelando un successo clamoroso, superiore persino a quello già notevole dei primi due capitoli e vicino vicino a quello assurdo di The Avengers dell’anno scorso. Com’è possibile ciò?
Fondamentalmente, è un film costruito con tutti gli ingredienti giusti piazzati al punto giusto per piacere al pubblico giusto. Anzi, per piacere a tutti: uomini e donne, grandi e piccini, giovani e vecchi (lo so che è la stessa categoria di grandi e piccini, l’ho messa giusto per far sembrare che esistano più categorie). In pratica, è impacchettato come una volta facevano i cinepanettoni da noi, prima che il pubblico italiano si stufasse. Ci sono voluti circa 30 anni perché si stufasse, quanto ci vorrà prima che il pubblico internazionale si stufi dei film prodotti in serie sui supereroi?

Iron Man 3 è l’apoteosi del cinepanettone supereroico. La canzone d’apertura sarebbe perfetta per un  cinepanettone. Probabilmente è stata anche davvero usata in uno dei cinepanettoni del passato. Il pezzone scelto è “Blue” dei "nostri" Eiffel 65. All’estero della nostra musica conoscono “Volare”, le colonne sonore di Ennio Morricone e poi “Blue” degli Eiffel 65. Che culo. Il suo utilizzo è un espediente per farci capire che il film inizia con un flashback e siamo nel 1999. Una canzone migliore per farcelo capire, no eh? Tra l’altro mi aspettavo fosse usata almeno in maniera più ironica, potevano accennare un balletto o che so io, e invece niente. “I’m blue da ba di da ba da.” Più che in Iron Man, la vedrei bene nel sequel di Avatar.

"Chris, ma come ti sei conciato? Non ti facevo così perverso a letto..."
Il flashback ambientato nel passato ci introduce alla storiona del film. Una di quelle vicende molto fumettistiche finto complesse, in cui si mettono dentro più cattivoni, più sottotrame, un sacco di personaggi inutili, ma tutto si riduce a una cosa sola: il Bene contro il Male. Dalla parte del bene c’è lui, l’eroe che è tornato.
Chi?
Massì che lo conoscete. Il miliardario. Quello che si crede di essere un grande playboy nonché il salvatore dell’umanità…
Silvio Berlusconi?
No, che avete capito? Mi riferisco a Tony Stark, in arte Iron Man aka Robert Downey Jr.. Lui con quella smorfiosetta spenta di Gwyneth Paltrow. Che palle. Quand’è che la scarica, così prendono una tipa più gnocca al suo posto?
Una delle poche soddisfazioni nei film sui supereroi sono le gnocche che prendono come protagoniste femminili, e qui ci tocca sorbirci la mogliettina di Chris Martin? People Magazine l’ha anche eletta donna più bella del mondo del 2013, ma stiamo scherzando???

Ben Kingsley in una scena di Iron Man 3
Bene, cioè male, cioè bene. Questa era la parte del Bene. Non un granché, se devo esprimere la mia sincera opinione.
Il Male invece chi schiera?
Un tridente composto da Rebecca Hall, che non sarà una topolona assoluta però è già 1000 volte meglio della Paltrow, Guy Pearce che a me non è mai piaciuto ma come cattivo ci può stare, e Ben Kingsley. Ben Kingsley che interpreta il Mandarino, ennesimo cattivone terrorista simil-Bin Laden, com’è ormai consuetudine nel post-11 settembre. Ma non abbiamo già visto qualcosa del genere ne Il cavaliere oscuro? E ne Il cavaliere oscuro - Il ritorno? E in The Avengers? E vogliamo pure menzionare Javier Bardem nell’ultimo 007? E i cattivi di qualunque altro film supereroistico o più in generale action degli ultimi 12 anni?
Tra l’altro il Mandarino è uno dei cattivi più ridicoli nella storia del cinema. Sì, forse e dico forse ancor più ridicolo di Voldemort!
E tra l’altro assomiglia a Splinter, il pappone delle Tartarughe Ninja.

Prima di iniziare le riprese, Jon Favreau si è sottoposto alla dieta Muccino.
ATTENZIONE SPOILER
Poi però si scopre che il grande cattivone del film in realtà non è lui, bensì Guy Pearce. Che colpone di scena! Il discorso fatto sopra comunque non cambia: anche lui è un villain parecchio stereotipato, nonché il solito esaltato terrorista che grida vendetta già visto nei film citati e pure in altri che mi sono dimenticato.
"Basta, volto le spalle schifata a questa recensione!"
A variare un po’ la solita formula già collaudata dai primi due episodi, visto che questo è un terzo capitolo e bisogna pur inventarsi qualche cosa di nuovo, ecco una novità: il bimbominkia. Quando non si sa cosa fare in un terzo episodio di una saga, si tira fuori un figlio, una figlia, un nipote, oppure, come in questo caso, un bambino preso a caso dalla strada che va bene lo stesso. Perché questo, ve l’ho detto, è un film per grandi e piccini. I grandi saranno contenti per una certa dose di ironia e di battutine old-school presenti, peccato che sia tutto materiale che apparirebbe di seconda mano anche in un action movie degli anni ’80. I piccini sono invece accontentati dalla comparsa del piccolo  Ty Simpkins, già bimbo inquietante di Insidious, che qui è davvero un bimbominkia, e dei più fastidiosi immaginabili.

Grandi e piccini, ggiovani e vvecchi sono dunque accontentati, così come è felice sia il pubblico maschile che quello femminile. Gli uomini, si sa, vanno in brodo di giuggiole con robottoni, esplosioni, sparatorie, inseguimenti e tutti questi altri stereotipi da Men’s Health. Le donne invece possono rifarsi gli occhi con il bel dongiovanni Robert Downey Jr. e con una Gwyneth Paltrow che vivrà i suoi momenti da eroina…

"Riesci a crederci? Siamo apparsi in Iron Man 3!"
"Siamo a inizio '900, che minkia è Iron Man 3?"
Quanto succede poi ve l’ho già detto e tanto già lo sapevate: c’è una lotta tra Bene e Male e indovinate chi vince?
Male, vince il Bene. Cioè Bene, se siete delle persone che tengono per il Bene, male se invece come me tifavate per il Male.
Consolazione: ammazzano il capo delle guardie di Iron Man, Jon Favreau, evvai! No, è solo un’illusione. Finisce in coma, ma è ancora vivo. Purtroppo. E figuriamoci se non era per giunta un fan della serie più lagnosa della tv, Downton Abbey. Per fortuna, se non altro Favreau a questo giro ha abbadonato la (pessima) regia, lasciando la macchina da presa a Shane Black, regista di Kiss Kiss Bang Bang, che non è un fenomeno ma almeno se la cava meglio del Favreau, autore dei due precedenti episodi.

E poi? Che altro c’è ancora?
C’è il finale. Un finale stucchevole, in cui tutto va a finire bene che più bene per il Bene non si può, con tanto di frase di chiusura più da spot pubblicitario che da sceneggiatura cinematografica. Una frase che però mi ha fatto comprendere la mia missione. Il mio scopo nella vita. Potete togliermi tutto, ma c’è una cosa che nessuno mi toglierà mai. Io sono Cannibal Kid e il mio compito è quello di combattere i film sui supereroi.
(voto 5/10)

mercoledì 22 febbraio 2012

Trash Carpet

Simona Ventura condurrà gli Oscar per Sky. Non so, a questo punto mettiamo
pure Mr. Ford come opinionista e poi siamo davvero a posto...
C'è qualcuno, nel mondo, che riesce ad avere opinioni perfino più strampalate di quelle di Cannibal Kid.
Chi dite!? Silvio Berlusconi!? George W. Bush? Tutta roba vecchia.
Parliamo della giuria dell'Academy, che da quasi un secolo si rinnova senza perdere quel gusto dell'orrido che ha portato ad alcune tra le più scandalose assegnazioni mai realizzate nella storia del Cinema.
E per la gioia del sottoscritto e di quel poco di buono del Cucciolo Eroico ecco pronte e servite quelle che potrebbero diventare le Cascate del Niagara delle bottigliate, le esplosioni di scult più grandi dell'universo conosciuto e non, i momenti più agghiaccianti per ogni appassionato di Cinema: insomma, il peggio degli Oscar di tutti i tempi, secondo i due blogger peggio assortiti della rete.

It’s Oscar week, bitches. Prosegue il viaggio di Cannibal Kid e di Mr. James Ford alla scoperta del meglio e del peggio dei premi più importanti e prestigiosi assegnati dal mondo del cinema, subito dopo gli Oscar Cannibali.
Ieri abbiamo visto quelle che sono state le poche, pochissime, decisoni oculate fatte dall’Academy Awards e oggi passiamo al secondo capitolo. Quello che fa arrabbiare di più ma è anche, diciamolo pure, più divertente: il peggio!
Cominciamo vedendo quali sono state le 5 decisioni più scandalose nel corso della storia degli Oscar secondo il personale (e molto discutibile) giudizio di Mr. Ford.
Cannibal Kid

"Yawn, che noia quando parla Ford!"
1) Kramer contro Kramer batte Apocalypse now (1980)
Mr. James Ford Personalmente non me la sento di avercela particolarmente con il buon film diretto da Robert Benton, eppure il mancato premio al Capolavoro di Coppola - uno dei pochi film che mette d'accordo me e il Cannibale - è un affronto pari a quello di Kubrick mai riconosciuto dall'Academy.
Un vero e proprio schiaffo in faccia al Cinema, che con l'epopea in Vietnam ispirata a Cuore di tenebra ha scritto una delle pagine più grandiose e potenti della sua Storia.
Altro non c'è da dire: basta ripensare ad una scena qualsiasi di quella pellicola gigantesca.
Cannibal Kid Partiamo bene. Non sono ironico, per una volta nella vita.
E se io per una volta rinuncio all’ironia, tu Ford mi fai il favore di evitare il tuo solito tono saccente da professorino?
Kramer contro Kramer l’ho visto parecchio tempo fa e mi era sembrata una robina, paragonato poi alla straordinaria Apocalisse secondo Coppola non c’è storia. Ford che ha fatto una scelta non scandalosa?
Mi sa che l’Apocalyse sta davvero per arrivare. Now.

"Sai che Ford considera scandaloso il nostro Oscar?"
"Ah sì? Allora penso la farò finita. Comunque chi è sto Ford?"
2) Gente comune batte Toro scatenato e The elephant man (1981)
JF Altro giro, altro regalo.
Pensando di non aver oltraggiato abbastanza il Cinema l'anno precedente, l'Academy rincara la dose premiando un film discreto ma assolutamente nella norma ignorando due dei più grandi punti di riferimento degli ultimi trent'anni di settima arte: il Toro scatenato di Scorsese - il biopic dei biopic - e il visionario, poetico, straziante The elephant man di David Lynch, ancora oggi una delle vette della sua produzione.
Una decisione che eclissa tante altre discutibili scelte più recenti non fosse altro che a svantaggio non dico di una, ma bensì di due pietre miliari.
Se devo pensare alle bottigliate, mi basta tornare con la mente a quest'annata.
Kid Gente comune sinceramente non l’ho visto e nemmeno ci tengo a correre a recuperarlo.
Quindi questa volta sto sulla fiducia con Ford e credo difficilmente possa risultare superiore a Toro scatenato, film girato alla grande da Scorsese ma che comunque come ho già detto nella precedente Blog War a livello emotivo non mi ha coinvolto più di tanto, e soprattutto al grande The Elephant Man di David “genio superiore persino a Cannibal” Lynch. Pure di questo film però avevamo parlato giusto nell’ultima Blog War biografica, quindi Ford potevi essere un minimo originale e scegliere qualche altro titolo… Originale e Ford nella stessa frase? Scusate, cari lettori, ho sbagliato io a chiedere tanto!
JF Mi pareva strano che ti lasciassi andare a troppi complimenti nella stessa Blog War.
Del resto, se avessi continuato ad elogiarmi spudoratamente in quel modo, avrei cominciato a sentire puzza di bruciato.
Come dici? E' il tipico odore emesso dal Cucciolo Eroico messo allo spiedo dai bruti come il sottoscritto?

"Le parole di Ford sono come una pugnalata al cuore.
Ma comunque, chi diavolo è questo Ford???"
3) Shakespeare in love batte La sottile linea rossa (1999)
JF Avete letto bene.
Shakespeare in love batte La sottile linea rossa.
Vi giuro, non vi siete sbagliati.
Shakespeare in love batte La sottile linea rossa.
Non ridete, è proprio vero.
Shakesperare in love batte La sottile linea rossa.
Kid Pure qui sono a grande sorpresa d’accordo. Ma tranquillo, Little Miss Ford, sto scaldando i motori per le tue ultime due (discutibilissime) decisioni!
Shakespeare in Love a me è sembrato davvero un filmetto, una commediola per nulla divertente, una vera e propria farsa. Nel senso negativo del termine. La sottile linea rossa è invece un film enorme, il mio film bellico preferito insieme ad Apocalypse Now, nonché il capolavoro numero 2 di Terrence Malick soltanto perché il primo in assoluto è il capolavoro supremo The Tree of Life.
E un fan di Malick che schifa The Tree of Life è come un fan dei Radiohead che schifa Ok Computer. Ovvero: non è un vero fan dei Radiohead. E tu, Ford, non sei un vero malickiano. Accontentati di essere uno stalloniano. O al limite uno stalliere…
JF Nella stalla mando te insieme al War Horse di Spielberg, e magari anche al tuo amico Malick, che forse tornando a mettere le mani nella merda rischia di ricordarsi quali sono e da dove vengono i suoi veri Capolavori, come Badlands.
Detto questo, La sottile linea rossa non si discute, e per una volta siamo d'accordo.



"Ooh! Qualcuno pensa davvero che siamo da Oscar?"
4) Shrek batte Monsters&Co. (2002)
JF Posso dare atto al primo film della fortunata serie dedicata all'orco più famoso dell'animazione di essere il migliore dei quattro, ma qui si trovava al cospetto con quello che, forse, è il Capolavoro indiscusso dei geniacci Pixar, una vera e propria opera d'arte in grado di unire semplicità e tradizione ad un impatto visivo, una regia ed un ritmo da urlo.
Niente citazioni di altri film o personaggi da cabaret: qui si trattava di un vero e proprio filmone che si sarebbe meritato a mani basse anche la nomination come miglior film in assoluto.
Evidentemente i signori giurati dell'Academy riescono a capire di Cinema anche meno del mio antagonista Cannibale: forse, dopo essersi rimpinzati da McDonald a suon di Happy meal, i suddetti hanno clamorosamente sbagliato ad utilizzare le orecchie di plastica di Shrek mettendosele sugli occhi invece che usarle come cerchietto.
Kid E qui, scusa tanto, lo scandalo dove sarebbe??????????????????????
Per una volta agli Oscar hanno premiato un film che può piacere o non piacere, ma è di certo originale e ha segnato indiscutibilmente il cinema d’animazione (e non solo) successivo. Anche e soprattutto quello della Pixar, che senza Shrek non si sarebbe forse mai decisa a fare film adulti come Wall-E (il suo vero capolavoro) e ad abbandonare le bambinate alla Monsters & Co. che tanto entusiasmano Baby Ford Cucciolo non eroico.
Oscar quindi strameritato e lo dico io che di Shrek non sono nemmeno un fanatico. Infatti ho visto solo i primi due e gli altri episodi, gatto degli stivali dei miei coglioni compreso, me li sono risparmiati.
Con Shrek l’animazione è diventata finalmente ironica e grande, lasciandosi alle spalle i filmini ruffiani per bebè della Disney. Con buona pace di Monster Ford & Co.
JF Ecco la misura del sapere cinematografico cannibalesco: metti un film finto cattivo con qualche citazione presa qui e là - ma senza i Classici, dove sarebbero tutti questi film costruiti sul citazionismo? E ci metto anche Tarantino, tiè! - ed ecco un film apparentemente originale.
Invece è come dire Coca e Rum invece di Rum e Coca.
Dall'altra parte, invece, abbiamo un Capolavoro di ritmo, ironia, genialità - la sequenza delle porte è arte allo stato puro - e poesia.
Ma certo, ci sono inseguimenti. E Cannibal i film con gli inseguimenti non li guarda. Così imparano quei bruti della Pixar.
E poi sono io quello con i pregiudizi!
Kid Al contrario dei tuoi, i miei sono giudizi non pregiudizi (ti devo spiegare la differenza con un disegnino?): i film con gli inseguimenti li guardo e, come in questo caso, se mi fanno pena lo dico. Poi ci sono anche ottime scene di inseguimento, come quelle di The Town o del mitico Matrix, mentre in roba come Monsters & Co. sono inserite solo per allungare il minutaggio di un film che altrimenti sarebbe durato quanto un corto. E come corto, avrebbe anche fatto la sua porca figura.

"Chissà perché non m'hanno premiato..."
5) Sean Penn batte Mickey Rourke per Milk rispetto a The wrestler (2009)
JF Una delle statuette che più mi ha fatto incazzare negli ultimi anni.
Penn, ottimo attore già peraltro premiato per Mystic river qualche anno prima, grazie al teorema Winslet - interpreta una vittima dei campi di concentramento, un disabile o un outsider sociale e verrai premiato - ruba a mani basse una statuetta che aveva già il nome di Mickey Rourke inciso a caratteri cubitali in ogni dove grazie ad un'interpretazione sentita e clamorosamente autobiografica come quella del magnifico The wrestler, per inciso uno dei tre film da "losers" made in Usa più grandi di tutti i tempi insieme a Una storia vera di David Lynch e Million dollar baby di Clint Eastwood.
Roba da sbatacchiare al tappeto tutta l'Academy e finirla con un Ram Jam d'eccezione: lo stesso che attende il mio rivale da troppo tempo.
Sei pronto, Cannibale? Come si sta al tappeto?
Kid Capisco che si possa preferire l’interpretazione di Mickey Rourke a quella di Sean Penn.
Io personalmente preferisco quella di Penn, però si può capire una preferenza per Rourke, ok.
Però anche qui: dove sta lo scandalo???
Ha vinto un grande, grandissimo attore, come Sean Penn. Qui magari non alla sua migliore interpretazione in assoluto, ma comunque in un’ottima performance con cui ha portato sullo schermo insieme a Gus Van Sant una storia e un personaggio coraggiosi e importanti, lontanissimi dalle soliti ruffianate da Oscar.
"Enzo Miccio a chi, cara Little Miss Ford?"
Mickey Rourke in The Wrestler è bravo, ma con Darren Aronofsky d’altra parte è tutto più facile: forse riuscirebbe a far recitare anche te, Ford, nella parte di un credibile blogger di cinema ahahahah!
Legittimo preferire la sua interpretazione, per carità, però i veri scandali degli Oscar sono ben altri, non certo dare un premio al mitico Sean Penn. Ma che t’ha fatto di male, Ford, che tra questo e il suo Into the Wild ce l’hai sempre con lui? Sei geloso perché ha girato Mystic River e quindi passato del tempo con il tuo Clint? Ma guarda che in Milk recitava, e a quanto pare l’ha fatto davvero bene, ma a lui Clint non interessa in “quel” modo…
JF Lo scandalo sta nel veder premiato Sean Penn perchè agita le braccia in maniera scomposta neanche fosse Enzo Miccio al posto dell'interpretazione di una vita di un attore sempre troppo sottovalutato.
Tra l'altro, considerato il momento, mi pare molto più ruffiano l'Oscar per l'interpretazione di un personaggio importante come Milk che ormai rappresenta lo standard dell'amico gay di tutti noi rispetto a quella di un wrestler di mezza età preda di droga, doping e chi più ne ha più ne metta.
In quel caso, premiare Penn è stato come premiare la solita Meryl Cannibal Streep.


Adesso è la volta delle 5 decisioni più sbagliate nella storia degli Oscar secondo Cannibal Kid.

"Stupido è, chi l'Oscar a Forrest Gump dà"
1. Forrest Gump batte Pulp Fiction (1995)
Kid Saranno anche passati 17 anni, ma questa ancora non mi è andata giù. E mentre Ford si trova a dover digerire con grande fatica le continue sconfitte da me inflitte nel corso di queste Blog Wars, io non riesco a digerire il fatto che il carino ma ruffianissimo Forrest Gump abbia vinto l’Oscar di miglior film superando il capolavoro assoluto, geniale, rivoluzionario Pulp Fiction di Quentin Tarantino. I due film “non stanno neanche sullo stesso campo da gioco, cazzo,” come direbbe Jules di Pulp Fiction, cosa che direbbe anche a proposito delle Blog War, con l’agile Cannibal troppo di un altro livello rispetto al paralitico Ford.
Ma d’altra parte, cosa mi stupisco troppo? La vita sarà anche uguale a una scatola di cioccolatini, ma agli Oscar sai già quello che ti capita: il film paraculo ha (quasi) sempre la meglio.
E se hai qualcosa da ribattere, è meglio se corri Fordest Gump, corri!
JF Niente da eccepire. Forrest Gump, per quanto carino, sta decisamente su un altro pianeta rispetto all'enorme Pulp fiction, che il mio coetaneo Clint aveva saggiamente premiato a Cannes con la Palma d'oro l'anno precedente.
La soddisfazione di quella vittoria rende decisamente meno amara la scelta della giuria dell'Academy, anche se posso capire la rabbia del piccolo Kid, un fanciullo completamente in balia dei suoi sbalzi d'umore che il buon Mr. Ford deve correre a tirare fuori dai guai ogni volta che ci finisce. In fondo, risolvo i suoi problemi.
Kid Il piccolo Kid sarò io, però certo che tu tra Monsters & Co., Babe e altra robetta da poppante varia mi fai una bella concorrenza, cucciolo di babbuino Ford!

"Nessun Oscar a Kubrick? Cos'è, una barzelletta di Ford? eheh"
2. Nessun Oscar a Stanley Kubrick
Kid Chi è il più grande regista della Storia?
A chiunque tu faccia questa domanda, diciamo che un 9 volte su 10 la risposta sarà: Stanley Kubrick.
1 volta su 10 sarà invece il Ford di turno che risponde: Sylvester Stallone. Però il Ford di turno non fa testo.
E allora com’è che il più grande regista di tutti i tempi non è mai stato premiato con un Oscar, né per il miglior film né per la miglior regia, con i suoi capolavori che solo occasionalmente hanno ricevuto statuette minori, come 2001: Odissea nello Spazio premiato solo per gli effetti speciali?
Un mistero che solo quel branco di ubriaconi da white russian degli Oscar sanno (forse) spiegare.
Un mistero un po’ come il fatto che Mr. Ford abbia aperto un blog che parla di cinema e non di uncinetto o lavoro a maglia, o al limite di wrestling, campi in cui probabilmente ne capisce di più…
JF Nonostante le continue battaglie sul quadrato e i numerosi white russian sulle spalle, resto anche io allibito all'idea che il più grande dei grandi non sia mai stato riconosciuto dall'Academy neppure con un premio alla regia - non dico di esagerare con il miglior film, ma suvvia! -: Orizzonti di gloria, il Dottor Stranamore, Arancia meccanica, 2001, Shining, Barry Lyndon, Full metal jacket, Eyes wide shut.
Titoli che parlano da soli.
E forse - ma dico forse - riuscirebbero anche a fare ammutolire il Cannibale.
Dunque, perchè non l'Academy?

"Non ci posso credere!"
Neanche noi, caro Cuba, neanche noi...
3. Attori scandalosi premiati con l’Oscar (con riferimento particolare a Cuba Gooding Jr., Angelina Jolie, Adrien Brody, Nicolas Cage e Roberto Benigni che ha battuto Edward Norton!)
Kid Attori bravi premiati dagli Oscar? Capita, parlavo giusto ieri di Natalie Portman, Heath Ledger e Christian Bale. Purtroppo però tante volte capita invece che la statuetta più ambita vada ad attori incapaci e a cagne maledette.
Vogliamo parlare dell’Oscar a Cuba Gooding Jr. per Jerry Maguire? Un attore davvero pessimo che non a caso è finito ben presto a recitare in pellicole di serie Z come Boat Trip, Norbit, Il campeggio dei papà o roba chiamata Devil’s Tomb - A caccia del diavolo. Pessimeanche le decisioni di dare un premio che non sia un Razzie Award ad Adrien Brody, l’odioso terribile Adrien Brody, per Il pianista e a Nicolas Cage, che invece nemmeno mi sta antipatico, per Via da Las Vegas. Per carità, sono tra le interpretazioni migliori della loro carriera, però sono stati e rimangono attori davvero davvero modesti. E pure molesti.
"Questa non è l'unica cosa che ho dovuto succbaciare
per riuscire a vincerlo..."
Tra le cagne maledette, scandaloso l’Oscar ad Angelina Jolie per Ragazze interrotte, film in cui semmai brillava la grande e rimpianta Brittany Murphy. Ma davvero hanno dato un Oscar alla Jolie, l’attrice che giusto pochi mesi prima era stata scartata dal film Jolly Blu, dove le avevano preferito Alessia Merz??? Vi rendete conto? Hanno dato un Oscar a una che recita peggio di Alessia Merz. Solo l’Academy poteva fare una vaccata del genere, credo nemmeno Ford potrebbe arrivare a tanto!
Altro scandalo attoriale: Roberto Benigni negli Usa non lo conoscevano e così quando hanno visto La vita è bella la sua performance dev’essere sembrata assurda, pazzesca, fuori dagli schemi. Quando l’hanno visto camminare sulle poltrone alla consegna di premiazione, si sono però resi conto che nel film non recitava. Lui è proprio così, sempre. E, per quanto possa far piacere vedere il “nostro” Roberto premiato, spero che quelli dell’Academy si siano pentiti almeno un pochino di non aver dato l’Oscar a Edward Norton per American History X. Quella davvero una prova di recitazione gigantesca.
Se hanno vinto un Oscar i tizi citati qui sopra, a questo punto Ford mi sa che c’è una possibilità pure per il tuo amato Jean-Claude Van Damme. E forse pure per me e per te…
JF Secondo me, Cannibale, noi faremmo una figura migliore di Benigni che cammina sulle poltrone, della Jolie che cammina sulle sue labbra e del parrucchino di Nicolas Cage che cammina su Nicolas Cage.
Qui niente da dire. Per una volta, concordo in pieno.





Photoshop non c'entra: è successo per davvero...
4. Noiosissimi film pseudo-storici stra-premiati (con riferimento particolare a Braveheart, Il paziente inglese, Shakespeare in Love, Il discorso del re, Via col vento, Balla coi lupi…)
Kid Ci sono due cose che fanno andare in brodo di giuggiole i votanti dell’Academy Awards.
Ford e Cannibal?
Purtroppo per noi, no. Sto parlando invece dei film con dei “casi umani”, e in questo caso Forrest Gump ne è l’esempio perfetto, e poi dei film storici. Le grandi storione storiche o più meno storiche, con rivisitazioni libere per non dire immaginarie del vero corso degli eventi, come quelle di Braveheart o Shakespeare in Love, passando per amori fordiani come Via col vento e Balla coi lupi, arrivano fino a lagne assolute come il recente Il discorso del re e il film forse più noioso di tutti i tempi: Il paziente inglese.
Non è che solo perché un film è ambientato nel passato debba per forza essere ricoperto da Oscar. Così come Ford solo perché è una persona ambientata nel passato, non è che lo si debba rispettare come si fa con i vecchi, pardon con gli anziani. Quindi, non fatevi problemi e insultatelo pure!
Fuck you very much, Ford!
JF Come al solito il mio antagonista fa di tutta l'erba un fascio, mescolando schifezze subnormali come Il discorso del re e Il paziente inglese a Capolavori come Via col vento ed epopee splendide come Balla coi lupi.
Del resto, che volete farci? Lui è giovane ed impulsivo, bisogna accettarlo così com'è.
Come dite? Quest'anno sono trenta anche per lui?
Forse allora questa del Kid è solo una truffa! Ahahahahahaha!
Kid Cannibal Kid è un marchio, anzi una fonte di eterna giovinezza, come i Beastie Boys o i Sonic Youth. I 30 per me sono i nuovi 20, mentre i tuoi 30 sono i nuovi 80 uahahahah!
JF 80 sono quasi tre volte 30, quindi direi che Ford è quasi tre volte Cannibal. Cannibal uno, Ford trino! Ahahahahahah!

"Aspetta Carey, è salito Ford. Lo sistemo un attimo e poi sono subito da te."
5. Ryan Gosling e Drive ignorati (2012)
Kid Scandalo fresco di quest’anno. I più grandi film dell’annata 2011 universalmente riconosciuti sono stati The Tree of Life, Melancholia e Drive. Se il primo è riuscito a guadagnarsi qualche nomination (ma è difficile che vinca nelle categorie più importanti), Melancholia si è dovuto accontentare di trionfare agli European Film Awards mentre è stato ignorato del tutto dall’Academy. E non nominare Kirsten Dunst, la cui intepretazione è di gran lunga superiore a quella di tutte le Meryl Streep Thatcher dei miei coglioni, è davvero un atto terroristico.
Drive ha invece avuto una misera nomination contentino, manco per la colonna sonora ma solo per il montaggio sonoro… E Ryan Gosling, attore dell’anno, strepitoso sia in Drive che ne Le idi di marzo? Niente nemmeno a lui.
Le nomination di quest’anno sono quindi state davvero scandalose, roba da farmi quasi rivalutare i Ford Awards.
Naaaah, Drive a parte, pure quelli facevano parecchio schifo! Ahahahaha
JF E per la seconda volta, guido accanto al mio antagonista schiantando come birilli da bowling a tavoletta tutti i membri della già citata Giuria dell'Academy, che non solo ignora il film dell'anno - Drive, mica robetta come The tree of life e Melancholia -, ma anche l'attore dell'anno, un Gosling lanciatissimo verso vette che il Cannibale si può soltanto immaginare - o vedere riflesse nelle imprese fordiane -.
Per il secondo anno di seguito, dunque, l'Academy è riuscita a farmi un torto, negando la nomination, dopo Inception, anche a Drive, rispettivamente i due film dell'anno ai Ford Awards 2010 e 2011.
Qualcosa mi dice che dovrò preparare una bella scorta di bottigliate da distribuire dritte sulla testa dura di qualcun'altro che non sia il Cannibale.
Ma di lui non mi dimentico, tranquilli: in fondo si tratta del bersaglio principe dei miei colpi più selvaggi!

domenica 15 gennaio 2012

C’è un altro Contagion, che due coglionin

Gwyneth, è vero che l'ultimo disco dei Coldplay fa schifo,
però la tua reazione sarà mica un tantino esagerata?
Contagion
(USA, Emirati Arabi 2011)
Regia: Steven Soderbergh
Cast: Matt Damon, Gwyneth Paltrow, Jude Law, Kate Winslet, Marion Cotillard, Anna Jacoby-Heron, Jennifer Ehle, Laurence Fishburne, John Hawkes, Bryan Cranston, Sanaa Lathan, Enrico Colantoni
Genere: catastrofico
Se ti piace guarda anche: Virus letale, E venne il giorno, The Day After Tomorrow, Studio Aperto

Contagion è un film contraddittorio. Innanzitutto, ingannevole è il titolo più di ogni cosa. Sì, parla di un contagio, però la pellicola non è contagiosa per nulla. Anzi, manco pu’ u’ cazz. Per lo meno da un punto di vista emotivo.
E poi Contagion è un film catastrofico di quelli che vorrebbero essere diversi dal solito film catastrofico e invece finisce per essere – indovinate? – proprio il CLASSICO film catastrofico. Giusto, girato un po’ meglio del solito, però a fare meglio di Roland Emmerich ci riuscirebbe anche Neri Parenti, se solo il ragazzo (vabbè, ragazzo mica tanto) mi si applicasse un pochino.
Sulla poltroncina da regista siede infatti Steven Soderbergh, regista tecnicamente sopraffino a cui però come leggero difetto è sempre mancato il lampo di genio in grado di illuminare del tutto i suoi film. Anche i suoi più riusciti, come la notevole doppietta Traffic + Erin Brockovich girati a pochi mesi di distanza l’uno dall’altro, sono ottimi ma non entusiasmanti al 100%. Sarà che Soderberg gira davvero troppi film e se il suo tentativo di alternare pellicole sperimentali ad altre più “commerciali” è anche particolarmente lodevole soprattutto in tempi di crisi economica, i risultati in entrambi i casi non raggiungono quelli di un Gus Van Sant. Tanto per dire.

"Una cazzata di film su un virus letale? Sicuri alla regia non ci sia Emmerich?"
Contagion allora ci prova a essere diverso dai soliti film catastrofici. È girato con uno stile più realistico, quasi documentaristico, evita facili effettoni speciali e alcuni espedienti tradizionali del genere. La storia – molto basic – è quella tipica da fine del mondo. Una donna viene contagiata da un misterioso virus che in poche ore la uccide e da lì il virus si diffonde rapidamente in tutto il mondo. Roba che in pochi giorni rischia di sterminare una parte non piccola di popolazione mondiale. Roba che i giornalisti di Studio Aperto se lo sognano di notte, che succeda veramente una roba del genere.
La trama non è poi così fantascientifica, visto che negli ultimi anni di manie da epidemie varie ne sono uscite parecchie, alcune fondate e altre meno, dalla Sars all’Aviaria fino a Facebook. Ecco, Facebook è l’epidemia che si è diffusa su scala globale andando a infettare il mondo in maniera più efficace. Bravo Mark FuckZuckerberg. Su di te dovrebbero proprio fare un bel film, dovrebbero…

"Perché non fate morire anche me? Questo film è uno strazio!"
I toni del poco contagioso Contagion sono quelli del racconto analitico di come un’epidemia si possa diffondere per davvero nel mondo e come questo nel giro di pochissimo tempo potrebbe rischiare di essere cambiato in maniera radicale. Viene toccato di striscio il tema delle corporation farmaceutiche, c’è qualche risvolto scientifico, si cerca di palpare la vicenda anche da un punto di vista umano. Ma è proprio su quest’ultimo punto che il film pecca per eccessiva freddezza, forse perché sono inseriti troppi personaggi e l’insieme anziché un puzzle articolato alla Magnolia finisce per diventare un’unione troppo forzata di diverse storie che cozzano e scazzano l’uno contro l’altra. Come spesso accade a chi vuole strafare, viene messa troppa carne sul fuoco, ma nessuna “bistecca” finisce per risultare davvero gustosa. E in questo caso nemmeno un pochino saporita...

"Ma non è pev nulla vevo che ho la evve moscia!"
Il cast è totalmente all-star, talmente all-star da stare quasi male peggio che col virus per eccesso di VIPperia: si va da Matt Damon a Marion Cotillard, da Laurence Fishburne a Kate Winslet fino a Bryan “Breaking Bad” Cranston, ma nessuno brilla come al suo solito. A parte Matt Damon che è dai tempi di Will Hunting che non brilla, e poi ancora. Ché poi a volerla dire tutta se avessi visto il film in lingua originale la Cotilard probabilmente mi avrebbe fatto un’impressione diversa. Purtroppo invece mi è capitato di vederlo doppiato e mi sono chiesto: ma peeerché devono far parlare Marion Cotillard come una franco-mongoloide con la eVVe moscia?
Quando mi becco ‘ste cose mi pento di non aver visto il film in lingua originale ma con il doppiaggio italiano. Sottovaluto sempre quanti danni possa fare.
Il super cast Converse All Star vanta anche un’altra apparizione prestigiosa (oddio, prestigiosa magari una decina d'anni fa): Gwyneth Paltrow. Vi sta sulle palle la Gwyneth? A me un po’. Non ho nulla di personale contro di lei e sono sicuro nella vita privata sia una splendida persona. Però è una palla. Lei e Chris Martin e i loro figli che si chiamano Apple e Moses.
Se vi sta sulle palle quindi qui troverete pane per i vostri denti.
Se invece vi piace, vi dico solo di non affezionarvi troppo al suo personaggio…

"Io preferisco non farmi riconoscere troppo..."
Contagion si lascia vedere, ci regala un paio di bei personaggi, in primis un Jude Law in versione vagamente Julian Assange e quindi la figlioletta di Matt Damon, un’adolescente costretta a mettere la sua vita in stand-by per non beccarsi il virus, però non avvince mai del tutto. E, soprattutto, degenera a malo modo con un pessimo finalone “spiegone” a effetto, di quelli che piacciono tanto a Hollywood, di quelli che piacciono tanto a Roland Emmerich, di quelli che non piacciono per niente a me. Contagion finisce così per essere, bene o male, ciò che voleva evitare di essere: il solito film catastrofico come tanti in passato e di cui non sentivamo ancora il bisogno, dopo che pellicole come Cloverfield, District 9, Monsters, Another Earth, Melancholia etc. ci hanno mostrato come un altro cinema “catastrofico” sia possibile. E sia migliore. Questi catastrofici tradizionali invece se li può anche portar via un contagio letale.
(voto 5/10)


mercoledì 26 ottobre 2011

Pensione a 34 anni a chi intitola un disco Mylo Xyloto


I turn the music down,
metto su i miei records on,
il tuo Chris è appena uscito però a me m’ha rotto già da un po’
ma che stai a fa’, che stai a combina'?
una volta cantavi yellow
adesso c’hai le cattedrali nel tuo cuooor?
Ogni lacrima è una waaaaaaaaaterfall
ma tu vattene al diaaaaaaaaaaaavoll
e smettila di gridaaaaaaaaaar
che quando va bene sembri Booooooooooono
quando va peggio Vaaaaaaaaaaasaaaaaaaasco


Coldplay “Mylo Xyloto”
Genere: cori da stadio
Provenienza: gwynethpaltrowlandia
Se ti piace ascolta anche: U2, Keane, Snow Patrol, Baltimora

Uh, è arrivato un nuovo disco dei Coldplay. Mammà, papà: che bello!
Una volta lo potevo dire tranquillamente perché l'oggi 34enne Chris Martin e soci erano in grado di fare uscire dei dischi interessanti, adesso lo dico con tono urlante (visto che Chris è passato dal falsetto all’urlo da stadio perenne e quindi per farmi sentire sulla sua voce devo gridare) perché di certo ci sarà da spettegolarci sopra e da divertirsi nel criticarlo. Yahooooo!
I Coldplay si sono infatti progressivamente trasformati da grande promessa della musica inglese a grande delusione della musica inglese, con vendite - è ovvio - inversamente proporzionali alla qualità dei dischi, fino ad arrivare al tonfo dell’ultimo Viva la vida che era davvero mediocre, a parte la title track resa splendida dagli archi del “nostro” Davide Rossi.

Adesso è arrivata l’ora di un nuovo album e com’è che hanno deciso di chiamarlo?
Mylo Xyloto.
No dai, sul serio: come l’hanno chiamato?
Mylo Xyloto!
°___°

Oookay, quindi a quanto pare questo è un concept album che ci racconta una storia, una fiaba d’amore, il cui protagonista è proprio ‘sto personaggio chiamato in questo buffo (stupido?) modo, pare perché ai Coldplay piaceva scegliere come titolo del disco un nome che quando lo googli non dà altri risultati. E tè credo, chi ha così pessimo gusto da usare un nome del genere? Forse giusto uno che chiama i suoi figli Apple e Moses…
°___°

Eppure l’attacco del disco fa ben sperare. “Hurts like heaven” ha un suono electro anni ’80 nervoso, ti fa muovere la testa su e giù come un pezzo dei Coldplay non aveva mai fatto prima. Come apertura è più che discreta, anche se nel finale Chris Martin non può fare a meno di inserire un evitabile coro angelico poco in stile Sigur Ros e più in stile catechismo del sabato pomeriggio. E io penso di non aver mai odiato niente più del catechismo del sabato pomeriggio. Mi mettevo a piangere come una fontanella, every teardrop is a waterfall direbbe Chris, ma i miei mi costringevano ad andarci e pensare che nemmeno gli è mai importato così tanto della religione. Probabilmente mi ci mandavano giusto per avermi fuori dalle scatole per un’ora.

Oh, merda! Hanno pure messo le farfalline sulla copertina.
La situazione è più preoccupante di quanto immaginassi...
E poi calano la carta “Paradise”.
C’era una volta una band che voleva essere come i Radiohead.
A dirla tutta, ce n’erano e ce ne sono tante di band che vogliono essere come i Radiohead, ma in particolare ce n’era una, i Coldplay, che ai tempi degli esordi un disco come Ok Computer doveva averlo consumato parecchio. Quello è stato il loro periodo artisticamente migliore, poi si sono resi conto di non aver nemmeno lontanamente il talento e la genialità dei Radiohead e allora hanno deciso di diventare i nuovi U2. Lì gli è andata piuttosto bene, hanno venduto milioni di dischi, il cantante si è sposato con un’attrice hollywoodiana, come abbiamo visto ha dato dei nomi ridicoli ai suoi figli e si è messo a fare il mezzo profeta come se il destino del mondo fosse nelle sue mani.
Adesso però i Coldplay hanno deciso di cambiare modello di riferimento e prendere come esempio una band italiana: i Baltimora.
Come, chi sono i Baltimora? Hanno fatto hit di successo come Tarzan Boy e… basta.
In pratica il nuovo singolo dei Coldplay “Paradise” è un tributo a Tarzan Boy, anche se, pur sforzandosi, non raggiunge le stesse vette trash.
Il fatto che sia uno dei brani migliori dell’album vi può dare un’idea del resto.
E il ritornello è proprio para-para-paraculo
para-para-paraculo
oooooh ooooooooohh



"Cos'ho fatto di male per finire in un disco dei Coldplay?"
Poi arriva un pezzo che si chiama “Charlie Brown” e solo un gruppo troppo poco rock’n’roll come i Coldplay poteva intitolare un brano così. Il titolo è comunque l’unica cosa rivelante di un pezzo al 100% coldpleiano che scivola innocuo. Charlie, renditi utili e portami la coperta di Linus che mi schiaccio un pisolino.

“Us against the world” è una ballata in slow motion vagamente folk-country. Il genere di pezzi delicati che ai Coldplay riesce ancora discretamente bene. Che forse gli orpelli e le palettes 80s li debbano lasciare a chi sa come usarli e concentrarsi su una scrittura semplice e basic? Potrebbe essere una buona idea, peccato che si sforzino in tutti i modi di fare i cool ma quando ci provano finiscono solo per farsi prendere per il cul.
Sarkò, Anghela: smettetela di ridere.
Merci.
Danke.

“Major minus” ha un ondeggiamento più rock, per quanto il maritino salutista di Gwyneth Paltrow possa fare del rock, e un coretto che ricorda parecchio un brano più o meno famoso, “Sympathy for the devil” di certi Rolling Stones. Dopo le accuse di plagio che sono piovute loro addosso già con lo scorso disco, la pericolosa e famigerata “sindrome da Zucchero” sta entrando per loro in una fase acuta?
In ogni caso il brano non è per nulla riuscito. Il rock non è proprio la loro cosa. Ma questo già lo sapevamo.

La chitarrina acustica ci “U.F.O.” nonostante il titolo riporta i freddogioco sulla Terra e a ciò che sanno fare meglio, le ballatone. Peccato che in questo caso non sia particolarmente riuscita. Come direbbe E.T.: “Ohi ohi”.

“Princess of China” è il pezzo della discussa collaborazione con Rihanna. La canzone ha un andamento quasi hip-hop alla Kanye West, ma senza avvicinarsi not even far away alla sua potenza e genialità. Il vocal di Rihanna farà storcere il naso ai puristi coldplayani ma secondo me è tra le cose migliori dell’intero album. Anche perché della voce di Chris Martin francamente non ne potevo più e pure lui, autoinfastidito da se stesso, la pensa così. Peccato per i soliti cori da stadio che invece non giocano a favore del pezzo, uno dei migliori di Mylo Xyloto ma uno dei peggiori degli ultimi tempi per Rihanna, che ci aveva abituati a collaborazioni di ben altro livello con Eminem, Kanye West, Jay-Z, Calvin Harris, Drake, Nicki Minaj, T.I. e persino Britney Spears!


“Up in flames” è un’altra ballata rallentata. Carina, ma anche sbadigliona. Yawn. Charlie Brown, ‘sta cazzo di coperta arriva o no?

“Don’t let it break your heart” con quel piano va in territori Keane. Fatto curioso, perché una volta erano i Keane a ricordare i Coldplay, adesso viceversa. Il resto dei suoni riporta invece dalle parti di “Every teardrop is a waterfall”. E non è certo cosa giusta e buona.

“Up with the birds” chiude con la solita lagna coldplayana, per un disco che nei primi pezzi faceva intravedere qualche luce, qualche abbozzo di idee, e invece sprofonda nella confusione, nell’apatia e nella noia.
Per quanto una insufficienza ancora più pesante al disco dei tanto blogger-odiati Coldplay mi renderebbe più fico al mondo della blogosfera, non fico quanto Ryan Gosling ma comunque piuttosto fico tipo boh Michael Fassbender, devo dire che non tutto mi è dispiaciuto del tutto.
È vero: i Coldplay sono troppo più famosi dei loro reali meriti.
È vero: ci sono un sacco di band che non si fila nessuno che fanno musica molto ma molto più coraggiosa, eccitante, entusiasmante di loro.
È però vero anche che là fuori c’è della musica peggiore.
Certo, Mylo Xyloto con quel suo nome del cazzo non credo rientrerà nella classifica dei miei dischi preferiti dell’anno nemmeno se facessi una top 100 o top 200 o top 1000, per dire, però un paio delle sue canzoni ogni tanto potrei ascoltarmele per addormentarmi. Peccato poi arrivino tutti ‘sti cori da stadio e prendere sonno diventi più difficile che in mezzo alla curva Sud. Perché la più grande influenza di questo è album è il “Po-poppoppopopo”. E intendo proprio il “Popporoppopopo”, non “Seven Nation Army” dei White Stripes.
Indovinate cosa sta facendo?
Facile: un coro da stadio!
La prossima volta, Chris, vai allo stadiooooooo-oooooo-oooooo-oooooo, sempre che Gwynettina ti lasci uscire di casa da solo, così ti sfoghi per bene. Quando hai finito con tutti ‘sti cori, facci un fischio.
Anzi no, come non detto, che poi il prossimo disco lo riempi di fischi e tra Mooooooves like Jagger e cazzate varie ne abbiamo già basta pure di quelli…
Come dici, Chris?
Questo Mylo Xyloto potrebbe essere il vostro ultimo album?
Oh, finalmente una buona notizia!
(voto 5/10)


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