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martedì 17 febbraio 2015

ROMEO&JULIET, LA NUOVA (SI FA PER DIRE) VERSIONE





Romeo&Juliet
(UK, Italia, Svizzera 2013)
Titolo originale: Romeo & Juliet
Regia: Carlo Carlei
Sceneggiatura: Julian Fellowes
Ispirato a: Romeo e Giulietta di William Shakespeare
Cast: Douglas Booth, Hailee Steinfield, Damian Lewis, Natasha McElhone, Stellan Skarsgård, Paul Giamatti, Kodi Smit-McPhee, Ed Westwick, Lesley Manville, Tom Wisdom, Nathalie Rapti Gomez, Christian Cooke, Laura Morante
Genere: tragico
Se ti piace guarda anche: Reign, Un amore senza fine, Romeo + Giulietta

I drammi shakespeariani ispirano sempre delle domande. Non mi riferisco in questo caso a quesiti esistenziali come “Essere o non essere?”. L'ultimo adattamento di Romeo & Giulietta mi ha portato alla mente un'altra domanda. No, nemmeno “Oh Romeo, Romeo, perché sei tu Romeo?” e a dirla tutta le domande sono due.

lunedì 20 ottobre 2014

TUTTO PUÒ CAMBIARE, ANCHE I TITOLI DEI FILM





Tutto può cambiare
(USA 2013)
Titolo originale: Begin Again
Titolo di lavorazione: Can a Song Save Your Life?
Regia: John Carney
Sceneggiatura: John Carney
Cast: Mark Ruffalo, Keira Knightley, Adam Levine, Hailee Steinfeld, Catherine Keener, CeeLo Green, Mos Def, James Corden, Aya Cash
Genere: musicale
Se ti piace guarda anche: Once, Nashville (serie tv)

Can a song save your life? Può una canzone salvarti la vita?
Dipende dalla canzone. Se è “E chi se ne frega”, la rilettura italiana di “Nothing Else Matters” compiuta da Marco Masini, più che salvartela, ti convince a farla finire.

mercoledì 11 giugno 2014

3 DAYS TO KILL, MA PER UCCIDERE UN FILM BASTANO 3 MINUTI





3 Days to Kill
(USA, Francia, Grecia, Russia 2014)
Regia: McG
Sceneggiatura: Adi Hasak, Luc Besson
Cast: Kevin Costner, Amber Heard, Connie Nielsen, Hailee Steinfield, Tómas Lemarquis, Richard Sammel, Eriq Ebouaney, Marc Andréoni, Bruno Ricci, Alexis Jacquin
Genere: action movie della terza età
Se ti piace guarda anche: Unknown – Senza identità, Io vi troverò, Taken – La vendetta, The Next Three Days, Il grande match

In appena tre giorni, nel film 3 Days to Kill Kevin Costner riesce a:
A) Recuperare il rapporto con la figlia che non cagava da anni
B) Trombarsi la sua (quasi) ex moglie che non cagava da anni
C) Uccidere (almeno) una dozzina di criminali, che forse non cagavano da anni

Più modestamente, io cercherò di uccidere il sopra citato film in appena 3 minuti e attraverso 3 mosse:

"Che è 'sta roba? La nuova scatoletta del Rio Mare?"
A) Kevin Costner
Mai sopportato Kevin Costner. Sarà che ho visto Palla coi lupi quando ero troppo ggiovane e una visione del genere con il suo stile da vecchio western e la sua mortale durata da 3 o forse 4 ore non me la sono più scrollata di dosso. Non ho mai capito il motivo dei 7 premi Oscar che quella pellicola ha sgraffignato e da allora in poi Costner mi è sempre stato sulle scatole. Sarà anche che lo trovo inespressivo come pochi altri suoi colleghi, o sarà che interpreta quasi sempre film old-school più vicini ai gusti del mio blogger rivale Mr. Ford che non ai miei, o sarà anche perché fa sempre troppo il figo. Ok, sei Kevin Costner, sei un bell’uomo, però manco una bella figa a Portofino se la tira così tanto.
Negli ultimi tempi devo comunque ammettere che mi sto riappacificando con Costner. Forse è perché fa la pubblicità del Rio Mare, l’unico pesce che mangio. Lo so, agli occhi dei puristi della cucina sembrerò uno zozzone, ma così è e, d’altra parte, dopo la Top 10 dei miei cibi preferiti nessuno dovrebbe più sorprendersi. O magari è perché di recente ho seguito la mini-serie Hatfields & McCoys (di cui parlerò prossimamente) che lo vede tra i protagonisti e non mi è dispiaciuta nemmeno tanto. Così come il Costner non mi ha infastidito troppo nemmeno qui in Three Days to Kill. Certo, ancora una volta non la smette per un solo secondo di fare il figo con il suo sguardo da marpione, ma tutto sommato sono riuscito e reggere 2 ore di Costner senza aver voglia di ululare contro i lupi.

B) Il regista McG
McG è un regista scarso. A guardare i suoi film, come i pessimi Charlie’s Angels e il pur gradevole Una spia non basta, i suoi modelli cinematografici sembrano essere due: Michael Bay e Luc Besson. Non a caso quest’ultimo figura tra gli sceneggiatori di questo Three Days to Kill, ma soprattutto ricorda Michael Bay, solo un Michael Bay più noioso. Nelle due eccessive ore di durata della pellicola, McG si diletta in una serie di scene action, tra sparatorie e inseguimenti, davvero pessime. Sarebbe bello poter dire che Three Days to Kill è un film girato da cani. Invece no, è peggio di così. È un film girato da McG. Nonostante questo, la trama è ruffiana abbastanza da lasciarsi seguire come intrattenimento modesto, molto modesto, ma comunque intrattenimento. Le parti più carine sono soprattutto quelle del rapporto che lega Kevin Costner alla figlia, alias Hailee Steinfield vista ne Il Grinta dei fratelli Coen, tanto per restare in linea con il cinema old-style/western del suo paparino cinematografico. Le parti famigliari sono ruffianissime, eppure rispetto alle fracassone scene d’azione, o ai non troppo riusciti momenti pseudo comici proposti, sono la cosa migliore del film.

C) Gli action movie della terza età
Non ci sono più gli action heroes de ‘na vorta. Meno male, aggiungo io. La vecchia scuola composta da quei discoli dei vari Stallone, Schwarzenegger, Willis, Van Damme, Seagal e compagnia brutta che spopolava soprattutto negli anni ’80 non ha poi trovato dei degni eredi. Non c’è stato un vero ricambio generazionale, fatta eccezione per un Jason Statham che comunque, saga di Crank a parte, gira un sacco di schifezze invereconde peggio dei suoi ormai anziani predecessori. Mancando dei nuovi punti di riferimento, il cinema action di oggi ha cercato di inventarsi eroi improbabili, come Matt Damon, o più che altro si è affidato alla cara vecchia terza età. L’action hero che oggi spopola di più nei cinema americani?
Incassi alla mano è Liam Neeson, classe 1952, non proprio un giovanotto. Il clamoroso successo dell’abominevole saga di Taken l’ha trasformato nel “nuovo” fenomeno del cinema d’azione. Insieme a lui c’è poi la vecchia guardia rappresentata dai soliti noti sopra citati, capitanati da Sly Stallone che, stanco della vita da pensionato, si è inventato la serie degli Expendables. A questo agguerrito gruppetto di nonnetti col catetere ma ancora in grado di tirare due pugni si aggiunge ora Kevin Costner, stufo pure lui della vita al ricovero e delle canzoni di Orietta Berti suonate in loop, uno che con le sue apparizioni in L’uomo d’acciaio e Jack Ryan – L’iniziazione si è ormai orientato verso il cinema action e con questa parte da protagonista in Three Days to Kill punta dritto al titolo di nuovo Liam Neeson. Che culo!

"Eeh, 'ste fan non riesco a staccarmele di dosso un secondo."
"Ma papà, io sono tua figlia!"
"Certo, certo..."
Se il confronto è quello, Costner riesce a vincere a mani basse. Paragonato a Io vi troverò e Taken – La vendetta, Three Days to Kill fa un figurone. Al punto che è riuscito a battere, oltre ai film con Liam Neeson, persino le mie perfide intenzioni iniziali di una stroncatura secca. Pur nella sua mediocrità assoluta, non sono riuscito a detestare questo film come avrei voluto, dannazione! Magari è per merito della sempre gradevole presenza di Amber Heard, o perché Kevin Costner aveva senso odiarlo quando vinceva Oscar e dominava i botteghini. Oggi che non se lo fila quasi più nessuno, casalinghe arrapate dello spot del Rio Mare a parte, non è più detestabile come un tempo.
Forza allora, Kevin, vai via insieme a quel registucolo di McG. Per questa volta vi va bene, siete salvi. Ho deciso di non massacrare il vostro filmetto, ma non fateci l’abitudine. Levatevi dalla mia vista, ora, prima che cambi idea.
No, Amber Heard no. Tu puoi rimanere!
(voto 5/10)

lunedì 21 febbraio 2011

Non è un paese per Coen

Il Grinta
(USA 2010)
Titolo originale: True Grit
Regia: Ethan Coen, Joel Coen
Cast: Hailee Steinfield, Jeff Bridges, Matt Damon, Josh Brolin, Barry Pepper, Domhnall Gleeson, Elizabeth Marvel
Genere: western
Se ti piace guarda anche: Il grinta (1969), Non è un paese per vecchi, Un gelido inverno - Winter's Bone
Attualmente nelle sale italiane

Trama semiseria
A una ragazzina di 14 anni hanno ucciso il padre e così lei, invece di andare a caccia di autografi di Billy the Kid (il Justin Bieber del Fast West), cerca di andare a pescare personalmente l’assassino. Non per ucciderlo tarantinianamente con le sue mani, ma per consegnarlo alla giustizia e farlo quindi uccidere dalla legge. Nonostante già di suo sia piuttosto cazzuta come 14enne poco bimbominkia, per poterlo fare ha però bisogno di una mano da parte di uno che abbia “vera grinta” e chi meglio di Jeff Bridges con tanto di parlata “southern"? Ce la farà allora la nostra giovane eroina a portarlo in tribunale o il criminale si farà una legge ad personam per evitare di andare a processo ed essere incastrato dalle solite storie inventate da una minorenne?

Recensione cannibale
Non si può certo dire che il western sia il mio genere, né tantomeno che i Coen Brothers siano tra i miei registi prediletti, quindi la mia percezione di questo film può risultare drasticamente differente da chi invece ha il poster dei due registi appeso in camera o da chi mastica western da lunga data (io personalmente l’unico West che conosco è Kanye).
Riguardo ai Coen il problema è che fondamentalmente non li capisco. Non parlo di capire a un livello superficiale la trama. Parlo di riuscire a entrare davvero nel cuore della loro opera che film dopo film compone un mosaico unico, per alcuni molto affascinante ma per me impenetrabile. C’è chi non riesce a entrare nel cinema di Lynch, o in quello di Tarantino, io non ci riesco con i Coen. Sarà una questione culturale, i loro film sono infatti pieni di riferimenti biblici (vedi la citazione in apertura del film) che entrano in un orecchio e mi escono dall’altro e il loro umorismo mi arriva (come quando la bambinetta commercia col tizio molto più anziano di lei), mi sfiora, mi può far sorridere ma non mi fa esclamare: “Geniale!” come alle battute di Tarantino o dei Misfits. Sarà una questione generazionale, visto che da Il grande Lebowski allo sconclusionato A Serious Man le loro pellicole sono innervate di un forte spirito hippie anni Sessanta che rispetto ma che non fa parte del mio DNA, frutto di una mutazione genetica post-yuppie ormai privata di qualsiasi valore. Sarà una questione cinematografica, visto che il loro è un modo di girare dal respiro molto classicheggiante, dalla puzza di vecchia America, da vecchio western che in questo film i due Coen hanno infine potuto esplorare esplicitamente e non sotto mentite spoglie, come successo in Non è un paese per vecchi. Sarà che i Coen sono bravini, ma non fanno per me. Un po’ come i White Stripes: si sono separati? Amen, vivo bene lo stesso.
Saranno tutte queste cose messe insieme.

Fatte tali premesse più o meno doverose, ho comunque trovato Il Grinta una pellicola piuttosto buona. La storia è raccontata quasi con i toni della favola western, più chiara e semplice rispetto alla gran parte dei film coeniani che mi sia capitato di vedere. Sì, i riferimenti alla Bibbia ci sono sempre (e daje) e la trama se vogliamo è un filo ruffiana, cosa che spiega l’enorme successo commerciale della pellicola negli Usa, in grado a sorpresa di far tornare in auge un genere che ha probabilmente avuto la sua ultima hit con l’ormai lontano Balla coi lupi (mio obiettivo giudizio personale: che menata di film!). Però in questo western c’è una grande rivelazione.

La giovane protagonista interpretata dalla sorprendente Hailee Steinfield è irresistibile nel suo essere una 14enne matura e spavalda in grado di mercanteggiare con grande astuzia insieme a persone molte più anziane di lei e persino di reggere testa a uno come Il grinta. Se nell’originale costui era John Wayne, nel remake/non-proprio-remake coeniano è per forza di cose il Drugo e ormai anche premio Oscar Jeff Bridges. La sua parlata del Sud è spettacolare e il film merita per questo di essere visto in inglese, anche perché non ho idea di come possa essere stata resa in italiano. Forse si saranno inventati qualche stratagemma assurdo tipo una parlata del Sud Italia con doppiaggio di Aldo Baglio, chissà?
Piuttosto assurda la scelta dell’Academy di nominare la Steinfield tra le non protagoniste e Jeff Bridges tra i protagonisti, visto che il personaggio principale del film è la ragazzina, però i meccanismi degli Oscar sono difficili da comprendere quasi quanto le votazioni di Sanremo, quindi meglio non farsi troppe domande al proposito.
Alla insolita coppia si unisce poi in questa caccia al criminale anche lo sceriffo repubblicano Matt Damon con tanto di capello leccato, non inguardabile come il Javier Bardem di Non è un paese per vecchi, ma certo che i Coen devono voler parecchio del male ai loro attori glamour per conciarli così.
Il grinta, la bambinetta molto adulta e lo sceriffo leccato cercano così di mettersi sulle tracce dell’assassino del padre della bambina, fino a che lo trovano ed è… non ve lo dico, però è un altro attore coeniano, per me il migliore del lotto.

La prima parte de Il Grinta è davvero molto accattivante, anche per gli anti-western come me, mentre la conclusione scivola tra una serie di duelli e di colponi di scena prevedibili, fino al più classico dei finali coeniani che può voler dir tutto, ma che (come già in A Serious Man o Non è un paese per vecchi) per me finisce solo a dire che il mondo è una sequenza casuale di fatti senza alcun senso e abbiamo praticamente buttato due ore a seguire una (bella) storia per niente.
Il tempo ci sfugge e a volte anche il senso delle cose.
(voto 6,5 ma aggiungete un punto se siete fan dei Coen e un altro se amate i western)

Scena cult: Jeff Bridges fa volare giù dalle scale un bambino con un calcio, senza alcuna ragione

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