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lunedì 3 dicembre 2018

Halloween: Ci sono cose più spaventose di Michael Myers





Halloween
Regia: David Gordon Green
Cast: Jamie Lee Curtis, Nick Castle, Judy Greer, Andi Matichak, Will Patton, Toby Huss, Jefferson Hall, Rhian Rees, Dylan Arnold, Miles Robbins, Drew Scheid, Virginia Gardner




 

giovedì 25 ottobre 2018

7 film sconosciuti in uscita a El Royale... o più probabilmente in Italia





Sei un fan di Pensieri Cannibali?
Non lo sei?
Non importa. Puoi sempre fingerti tale, in modo da partecipare a questa rubrica. È quanto credo abbia fatto Tiziana Lunardi, ragazza di Venezia che, manifestando il suo apprezzamento nei confronti di codesto blog, si è guadagnata di diritto un'ospitata nella rubrica dedicata alle uscite cinematografiche.
Sentiamo allora cos'ha da dire a proposito dei film in arrivo in questi giorni in Italia, insieme ai miei commenti e insieme anche a quelli non necessari ma comunque presenti per fare numero del mio blogger rivale e co-conduttore di questo spazio Mr. James Ford.


Disobedience
"Io non avrei mai il coraggio di spacciarmi per fan di Pensieri Cannibali."
"Bleah, che schifo. Manco io."

martedì 31 ottobre 2017

Speciale Halloween 2017: le uscite horror da qui alla fine dell'anno





Appuntamento speciale della rubrica sulle uscite cinematografiche. In occasione di Halloween, non parliamo come al solito dei film in arrivo nei cinema della settimana. Parliamo delle pellicole e delle serie tv di genere horror-thriller appena arrivate o in arrivo nelle prossime settimane sul grande e sul piccolo schermo.
La diabolica idea è venuta alle due collaboratrici di turno di questa puntata della rubrica: Federica alias Asgaroth e Ilaria alias Midnight, le due Guardiane del blog Il labirinto del diavolo, un sito specializzato in pellicole dell'orrore. Una roba spaventosamente figa, che vi consiglio di andare a visitare, ma solo se non siete troppo fifoni, come il mio blogger nemico Mr. James Ford che, anche in questo appuntamento speciale, infesta la rubrica con i suoi discutibili pareri. D'altra parte però che Halloween terrorizzante sarebbe senza di lui?
Vediamo allora le principali novità orrorifiche da qui fino alla fine dell'anno.


STRANGER THINGS 2
(dal 27 ottobre su Netflix)
"Ford, Cannibal e quelle due darkone sono in classe con noi? Ma non sono tutti un po' troppo vecchi?"

venerdì 31 ottobre 2014

LES REVENANTS, IL FILM NON LA SERIE TV





Les revenants – Quelli che ritornano
(Francia 2004)
Titolo originale: Les revenants
Titolo internazionale: They Came Back
Regia: Robin Campillo
Sceneggiatura: Robin Campillo, Brigitte Tijou
Cast: Géraldine Pailhas, Jonathan Zaccaï, Frédéric Pierrot, Victor Garrivier, Catherine Samie, Djemel Barek, Marie Matheron
Genere: resuscitato
Se ti piace guarda anche: Les Revenants (la serie), Lasciami entrare, Eva

Les revenants è la dimostrazione di come il mezzo cinematografico e quello televisivo funzionino in maniera parecchio differente. Ed è anche la dimostrazione di come certe idee abbiano bisogno di tempo, di mezzi e a volte anche solo del momento giusto per crescere e svilupparsi in qualcosa di davvero interessante ed efficace. Ma procediamo con ordine.

La serie televisiva Les revenants, incoronata serie top del 2013 dal qui presente blog Pensieri Cannibali, è uno splendore, uno dei gioiellini più preziosi visti negli ultimi tempi, considerando anche il cinema. Proprio a un film questa serie è ispirata: Quelli che ritornano (Les revenants) del 2004. Com’è questo film?
Fa schifo!
Okay, sono stato il solito esagerato. Non fa schifo schifo, però è una palla allucinante. L’unica cosa buona è lo spunto di partenza, che poi è l'idea alla base anche della serie: i morti ritornano in vita. Così, all’improvviso. Un po' zombie e un po' fantasmi. Non tutti i morti rinascono, solo alcuni. Non si capisce bene con quale criterio. “Mistero!” come direbbe Enrico Ruggeri con la sua voce odiosa profonda.
Per il resto, Les revenants si sviluppa come una pellicola corale in cui i personaggi sono troppo abbozzati e nessuno è particolarmente interessante. La vicenda si concentra allora su come il governo francese faccia fronte alla situazione. E chissenefrega del governo francese?

Com’è possibile che una pellicola tanto mediocre abbia dato origine a un prodotto televisivo tanto meraviglioso?
Il bello della serie tv è che prende l’idea di partenza del film e la sviluppa in maniera differente, concentrandosi di più sui personaggi, sulle questioni umane, sui rapporti tra vivi e “resuscitati”. Tutto questo nel film c’è solo in minima parte e lo spunto geniale viene campato via malamente.
Il confronto a livello qualitativo tra cinema e serie tv, a ulteriore testimonianza se ce ne fosse bisogno che le seconde ormai non hanno più niente da invidiare al primo, è impietoso, ma non è una prima assoluta. Era già capitato ad esempio anche con Buffy.

Buffy – L’ammazzavampiri è un filmetto del 1992 con protagonista una Kristy Swanson che non funziona per niente, al contrario dell’iconica Sarah Michelle Gellar che riporterà lo stesso personaggio su piccolo schermo, ed è una robina a metà strada tra horror fantasy trash ancora immerso negli anni ’80 e teen story da primi anni ’90 un po’ alla Beverly Hills 90210, non a caso il protagonista maschile era Luke “Dylan” Perry.


Imparando dagli errori di quella pellicola, lo sceneggiatore Joss Whedon ha poi dato vita a un universo incredibile che ha originato una delle serie più originali e meglio scritte degli ultimi anni. Com’è possibile ciò? In questo caso l’autore era addirittura lo stesso. Eppure certe cose su un media non funzionano, mentre su un altro vanno alla grande. A volte è pure questione di tempismo. Nel 1992 il mondo non era ancora pronto per una storia tra un vampiro e una teen, mentre a fine anni ’90 la serie ha aperto la strada a tutto un filone poi sputtanato utilizzato dalle saghe di Twilight, The Vampire Diaries e True Blood. C’è anche da notare come la scrittura del Whedon sia cresciuta parecchio nel frattempo. La scelta della protagonista ha poi contribuito in maniera determinante alla riuscita della serie, così come i vari personaggi nerd di contorno, i nuovi cattivoni, la cura nella colonna sonora e tanti altri piccoli dettagli che hanno reso Buffy un cult televisivo laddove il film si era rivelato un floppone totale.

Qualcosa del genere è capitato anche con Les revenants. In questo caso l’autore è differente: Fabrice Gobert ha preso spunto dalla pellicola del 2004 di Robin Campillo, ha tenuto gli elementi più interessanti e poi c’ha messo dentro molto altro. Anche solo la scelta di affidare la musica ai post-rockers scozzesi Mogwai ad esempio è fondamentale: i loro brani incantati ed evocativi creano un’atmosfera unica, assente nel film. E “una musica può fare, cambiare nininni o nananna,” come canticchiava Max Gazzè. Riuscite ad esempio a immaginare Twin Peaks senza “quelle” musiche di Angelo Badalamenti? Avrebbe reso la metà. Lo stesso vale in questo caso e i paragoni con Twin Peaks tra l’altro non sono finiti. L’atmosfera angosciante della creatura di David Lynch è qui ben presente, dove con qui intendo la serie tv, non il film. Così come in Twin Peaks, che tornerà con una terza inaspettata stagione nel 2016, anche in Les revenants – il telefilm ritroviamo poi un racconto corale e nel corso dei vari episodi c’è tempo e spazio per svilupparli tutti al meglio, cosa che invece nella pellicola non avviene per niente. Inoltre, gli attori della pellicola sono tutti parecchio anonimi, a parte il buon Frédéric Pierrot che infatti ritornerà pure nella serie tv, sebbene con un differente personaggio.

Les revenants allora è la dimostrazione di tante cose, di come le serie tv quando ci si mettono sanno infilare la freccia di sorpasso sulle pellicole cinematografiche, o di come un’idea per quanto ottima e geniale da sola non basta per realizzare un prodotto degno di interesse. Ed è anche la dimostrazione di come da un film di merda, o per essere più buoni diciamo da una merdina di film, possa nascere una serie grandiosa. Davvero splendida. Se non l’avete ancora fatto, recuperatevi allora Les revenants – La serie e lasciate perdere questa soporifera pellicola, che rischia solo di farvi cadere in un sonno eterno. Da cui manco i Revenants riuscirebbero a svegliarsi.
(voto 5/10)



Questo film sui morti che ritornano in vita è il quinto appuntamento della Halloweek di Pensieri Cannibali, dopo le puntate dedicate a:



Inoltre questo post, tanto per non farsi mancare niente, partecipa pure allo speciale “Ghosts of Halloween”. Una giornata e soprattutto una nottata in cui noi blogger cinematografici vi parliamo di film su fantasmi, presenze e spiriti vari per celebrare degnamente Halloween.

giovedì 1 novembre 2012

Quando muoio voglio diventare uno zombie

Fido
(Canada 2006)
Regia: Andrew Currie
Cast: Billy Connolly, Kesun Loder, Carrie-Anne Moss, Dylan Baker, Henry Czerny, Tim Blake Nelson
Genere: zombie
Se ti piace guarda anche: Pleasantville, Edward mani di forbice, Beetlejuice, The Walking Dead

I film e le serie tv con protagonisti zombie e vampiri diventano automaticamente oggetto di culto. La loro qualità non è importante. Anzi, spesso più è bassa e più il loro seguito cresce, vedi il successo di Twilight o un Underworld che ha già prodotto finora ben 4 episodi 4 senza motivo apparente.
Vi siete mai chiesti perché attirano tanta attenzione?
No? Buon per voi. Io invece me lo sono chiesto.
Se i vampiri sono creature affascinanti, poiché forever young, gli zombie invece hanno in apparenza ben pochi motivi d’attrazione. Sono degli esseri inutili, si muovono lentamente, manco parlano, sono brutti come la fame… Eppure The Walking Dead è la serie più seguita sulla tv via cavo americana, i film di Romero sono stracults, Resident Evil è diventato uno dei videogiochi di maggior successo ever e ha generato persino una (orrenda) saga cinematografica.
Eppure, gli zombie incuriosiscono probabilmente per una ragione principale: sono la risposta data dalla fantasia al mistero più grande di tutti, quello della vita dopo la morte.
Gli zombie sono vivi o sono morti?

È quanto si chiede il bimbo protagonista di questo Fido. La pellicola è ambientata negli anni ’50, dentro sobborghi americani tipicamente stilizzati alla Pleasantville/vecchie sitcom a stelle e strisce. Un unico dettaglio non torna nel solito schema che siamo abituati a vedere: ci sono gli zombie. Nel passato distopico immaginato da questo fanta retrò film, a causa di una nube tossica di provenienza aliena, i morti possono tornare in vita. Ciò ha provocato una lunga e sanguinosa guerra mondiale, in cui alla fine i vivi hanno avuto la meglio sui non-morti, o non-vivi, o morti viventi, o morti dementi, o come preferite chiamare i cacchio di zombie.

Zombie Zombie Zombieeeeooo-eooo-uuuuuu



Ok, grazie Dolores dei Cranberries per il tuo contributo vocale. Ora tornatene a cuccia come un cucciolo fido.
E a proposito, Fido è il nome dello zombie personale del bimbetto protagonista.
Al termine della guerra tra umani e zombie, come dicevamo prima dell’intervento musicale della O’ O’ E’ O’ U’ U’ O’ Riordan, i non morti sono stati addomesticati tramite un collare da cani che reprime i loro impulsi violenti. Qualcosa del genere accadeva anche al vampiro Spike in Buffy, stagione 4 se non ricordo male.
Gli zombie sono quindi usati come schiavi, camerieri e inservienti vari, un po’ come le persone di colore all’epoca. Su questa tematica razziale il film avrebbe potuto osare una riflessione più approfondita, ma alla fine preferisce giocare la sua partita sul campo della innocua commedia eccentrica, anziché tentare interpretazioni troppo sociali.
Tutte le famiglie benestanti possiedono vari non-morti come schiavetti, mentre Fido è il primo e unico per la famiglia del bambino protagonista, poiché suo padre ha una paura fo**uta degli zombie, per quanto resi innocui dai collari.
Collari che in effetti non si riveleranno troppo affidabili, e così nella tranquilla cittadina cominceranno una serie di sparizioni e di omicidi…

Ve la state facendo sotto? Pensate che il film a questo punto si trasformi in un agghiacciante e sanguinoso thriller?
No, tranquilli. Le cose non vanno così. Fido si mantiene sulle coordinate della comedy dal forte gusto retrò. Tutto perfetto, tutto preciso, tutto carino, però allo stesso tempo il film non morde mai. Non come ci si aspetterebbe da una pellicola zombie. Parte da uno spunto curioso e abbastanza originale, ma lo sviluppa in maniera prevedibile e ordinaria. Non straborda né nell’horror, né nel thriller, ma nemmeno come commedia funziona davvero. Non fa ridere, non commuove come a un certo punto sarebbe lecito pensare, attraverso una possibile love story tra lo zombie e Carrie-Anne Moss, accenna qualche riflessione interessante sia sulla condizione dell’essere uno zombie, così come sull’ipocrisia dell’apparentemente perfetta e ordinata società americana, eppure non ha il coraggio di andare fino in fondo e mettere a segno qualche colpo.
Fido resta così un filmetto fedele e caruccio come un cane da passeggio, senza la forza di un rottweiler o il morso di un bulldog. Una visione piacevole, ma che non si trasforma in un cult. E sì che quando si parla di zombie, il cult scatta quasi in automatico.
Sarebbe stato interessante vedere cosa avrebbe cavato fuori da una storia del genere Tim Burton. Intendo il Tim Burton vivo dei vecchi tempi, non quello trasformato in zombie dalla Disney delle ultime opache pellicole.
Comunque, la riflessione più bella sugli zombie io l’ho trovata non in un film su di loro, bensì in una serie tv sui paramedici, Saved, dove il protagonista diceva:
“Forse ho scoperto quello che hanno gli zombie di bello… Dentro non sentono niente. Vanno avanti e basta.”
(voto 6+/10)

Post pubblicato anche su Sdangher!


mercoledì 31 ottobre 2012

Halloween Night: Silent House

"Da dove proviene questo suono fastidioso?"
Silent House
(USA, Francia 2011)
Regia: Chris Kentis, Laura Lau
Cast: Elizabeth Olsen, Adam Trese, Eric Sheffer Stevens, Julia Taylor Ross, Adam Barnett, Haley Murphy
Genere: one shot
Se ti piace guarda anche: La casa muta, Paranormal Activity, The Blair Witch Project

Pensavo che Silent House fosse il solito ennesimo horrorino ambientato in una casa, una di quelle che vorrebbero essere spaventose e poi non lo sono manco lontanamente. Invece, Silent House è una specie di Arca russa in versione paura. L’intera pellicola è infatti girata con un unico piano sequenza. Una scena sparata tutta di fila, sebbene qualche elaborazione in fase di montaggio credo proprio ci sia stata. Una sola e unica sequenza che ci getta in un incubo senza pause. Il film è dunque originale nella realizzazione, più che nella trama. La storia non presenta chissà quali rivelazioni fenomenali, trattandosi di una vicenda famigliare tesa e ben orchestrata, ma niente che non si sia mai visto prima.
Al termine della pellicola, però: colpo di scena. Ho cercato informazioni sul film e ho realizzato che l’originalità della sua messa in scena è molto relativa, visto che si tratta del remake di un recentissimo horror uruguayano, La casa muda. Prima della visione di un film, soprattutto se è un thriller-horror, cerco sempre di saperne il meno possibile, e quindi mi era sfuggito questo “dettaglio” mica da poco.
"Facciamo luce per cercare meglio..."
Ma, comunque, un film uruguayano???
Perché, in Uruguay fanno film?
A quanto pare sì, e a quanto pare per limitare le spese li girano con un solo pianosequenza, tutto in presa diretta, buona la prima che così si risparmia!
Ho trovato Silent House parecchio originale, finalmente un horror originale dopo tanti tutti uguali e alla fine scopro che l’idea gli americani l’hanno rubata? La cosa non sorprende certo, visto che negli ultimi tempi vanno a caccia di idee in tutto il mondo, dalla Danimarca di Forbrydelsen ispirazione per la serie tv The Killing alla Francia dei thriller Pour Elle (diventato The Next Three Days), Anthony Zimmer (coverizzato con l’orrido The Tourist) e Crime d’amour (che diventerà Passion nelle sapienti mani di Brian De Palma). Tanto per citare giusto un paio di nazioni. E ora, vanno a scippare persino l’Uruguay.
Il merito dell’originalità va dunque alla pellicola sudamericana, grazie allo spunto davvero geniale di realizzare un horror con un solo piano sequenza. Idea azzeccatissima, considerando come una ripresa senza stacchi e continua, come se stessimo assistendo all’orrore in diretta, sia perfetta per un film de paura.
"Ecco cos'era quel rumore: Justin Bieber!"
Il remake americano, un instant remake visto che è arrivato a pochi mesi di distanza dall’originale, ha invece il merito di aver replicato l’idea e averlo fatto in maniera impeccabile.
Non avendo visionato la versione uruguagia, evito i confronti diretti e mi limito a sottolineare come questo Silent House in versione americana sia (per fortuna) lontano dagli altri horrorini americani in circolazione. La regia procede senza sbavature a costruire una escalation di tensione notevole e si inventa anche qualche bella trovata per spezzare la monotonia del piano sequenza che dopo un po’ inevitabilmente rischia di annoiare (ad esempio con l’espediente dei flash della macchina fotografica a spezzare il buio), anche se magari pure queste idee sono state copiate dall’originale. Ma vabbè, non indaghiamo oltre…
"Justin Bieber, smettila di cantare, ti prego!"
Il merito maggiore della pellicola è però l’intepretazione davvero mostruosa della protagonista, Elizabeth Olsen. Se avete visto l’ottimo La fuga di Martha (e se non l'avete visto, che ca**o aspettate?) non vi stupirete. Pure lì offriva infatti un’interpretazione a dir poco super-lativa. Qui non è affatto da meno, anzi. Il piano sequenza è una prova dura per un regista, figuriamoci per un’attrice che praticamente sta davanti alla macchina da presa per tutto il tempo. Se a ciò aggiungiamo l’evoluzione del suo personaggio nel corso della vicenda e gli elementi di follia presenti, questa è una prova di recitazione letteralmente pazzesca. E pensare che questo è il suo primo film, mentre La fuga di Martha è il suo secondo e a questo punto questa qui potrebbe rivelarsi una delle migliori attrici dei prossimi 50 miliardi di anni. Giusto per fare un tantino gli esagerati. E pensare che Elizabeth è la sorella delle scimmiette gemelle Olsen, Mary-Kate ed Ashley, due che insieme non raggiungono nemmeno la metà di un millesimo del suo talento.
Se non avete compreso ciò che ho detto, prendete una calcolatrice.
Capito, adesso? I conti vi tornano?
"Ueeeh, ueeeh. Justin, qualunque canzone, ma Baby proprio no!"
Per terminare questo piano sequenza di post, Silent House è insomma un horror teso, tesissimo, parecchio coinvolgente e che offre una prova recitativa eccezionale. Cosa che nel caso di un horror è davvero raro dire, visto che spesso le donne nelle pellicole di questo genere vengono trattate come carne da macello o, al più, come tette che scappano dal mostro di turno. E questo vale per classici del genere come Halloween con Jamie Lee Curtis, quanto per trashate più recenti come Piranha 3D e variazioni simili. Invece qui troviamo una Elizabeth Olsen che fa paura sì, tanto è brava a reggere la scena dall’inizio alla fine. L’altro grande pregio è l’originalità della scelta del piano sequenza. Su tutto però si cela l’ombra della pellicola originale. Se l’avete vista, questo potrebbe sembrarvi giusto un furbo instant remake fotocopiato. Se ve l’eravate persa (dopo tutto, ma chi se li guarda, i film uruguayani?), Silent House probabilmente sarà anche per voi, così come è stato per me, il trip horror perfetto per questo Halloween.
(voto 7/10)
Post pubblicato anche su L'orablu.

lunedì 31 ottobre 2011

Filmetto o scherzetto?


Sul blog Pensieri cannibali, che si dia il caso sia proprio questo che state leggendo ora, ci sono un sacco di recensioni di film, è vero, ma non è comunque tutto, visto che una parte delle pellicole non riesco nemmeno a recensirle come si deve, per svariati motivi: vuoi per mancanza di tempo, di ispirazione, tempismo giusto o a volte semplicemente perché su certi film non è che ci sia poi molto da dire. Ecco quindi una serie di recensioni flash di pellicole che ho visto negli ultimi mesi e di cui non avevo ancora parlato e, visto che oggi è Halloween, il primo appuntamento è dedicato alle recensioni di film horror e thriller.
Buona… uhm… Buona paura si dice?

Society - The horror - La società dell’orrore
(USA 1989)
Regia: Brian Yuzna
Cast: Billy Warlock, Devin DeVasquez, Evan Richards, Patrice Jennings

Avevo letto la recensione di questo film su un blog di cui ora non ricordo il nome (nel caso voi ne abbiate parlato, battete un colpo!), e si è rivelata un’esperienza decisamente interessante. All’inizio sembra la classica pellicola teen fine anni ’80 - pre Beverly Hills 90210 -, poi vira verso territori inquieti che in qualche modo anticipano le atmosfere di Twin Peaks. Il cast è di quelli di serie Z, il regista Brian Yuzna, qui all’esordio, non è David Lynch e il film anziché trasformarsi in cult assoluto è “solo” un capolavoro mancato. Comunque angosciante, affascinante, splatter, folle, trash e altamente consigliato.
(voto 7+/10)

Heartless
(UK 2009)
Regia: Philip Ridley
Cast: Jim Sturgess, Clemence Poésy, Noel Clarke, Luke Treadaway, Ruth Sheen, Timothy Spall

Film britannico vagamente donniedarkiano, con un ottimo cast capitanato da un Jim Sturgess in versione sfigurato. Le atmosfere sono fascinose e ben costruite, peccato che la storia non riesca a coinvolgere del tutto. Un film un po’… heartless, indovinato.
(voto 6+/10)

The Children
(UK 2008)
Regia: Tom Shankland
Cast: Eva Birthistle, Stephen Campbell Moore, Rachel Shelley, Jeremy Sheffield, Hannah Tointon

Dalla vitalissima scena horror britannica, un film con dei bimbi very very inquietanti. Più di quelli americani visti in un sacco di altre recenti pellicole. Consigliato soprattutto per una visione invernale, vista l’ambientazione innevata, ma anche ad Halloween può andar più che bene. Unica controindicazione: potreste cominciare ad avere un pochino paura quando andrete in un parco giochi o anche quando vi troverete davanti un gruppo di bambini…
(voto 7/10)

1408
(USA 2007)
Regia: Mikael Håfström
Cast: John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Tony Shalhoub

Tratto da un racconto breve di Stephen King, 1408 ha delle premesse che fanno sperare di trovarsi di fronte a uno di quei thrilleroni-horror da farsela nelle mutande dal terrore: in un hotel di New York c’è infatti una stanza (la numero 1408) in cui è praticamente impossibile sopravvivere. Chiunque c’è stato è morto. Lo scrittore dell’occulto John Cusack decide allora di ficcanasare, nonostante il direttore dell’albergo glielo sconsigli vivamente. Cosa succede poi? Siete curiosi di saperlo? Beh, anch’io. Peccato che dopo un così elettrizzante inizio il film spreca tutto il suo potenziale, con un John Cusack che sembra molto più a suo agio con la commedia che non con l’horror. Che dire poi del finale? Agghiacciante sì, ma per bruttezza!
(voto 5-/10)

Cherry Crush
(USA 2007)
Regia: Nicholas DiBella
Cast: Jonathan Tucker, Nikki Reed, Julie Gonzalo, Michael O’Keefe

Cherry Crush è una di quelle visioni che vengono consumate in fretta, senza coinvolgere troppo ma nemmeno infastidire, e poi passano senza lasciarti niente. Una vicenda dai toni vagamente morbosi e vagamente thriller, con un spirale di omicidi all’interno della quale un giovane fotografo viene risucchiato. A dire il vero pur avendolo visto poco tempo fa non me lo ricordo per niente… Effetto Memento o film da scordare in un momento?
(voto 4,5/10)

Chain Letter
(USA 2010)
Regia: Deon Taylor
Cast: Nikki Reed, Keith David, Brad Dourif, Ling Bai, Betsy Russell

Horror che cerca una commistione tra paura e nuove tecnologie, con una catena di S. Antonio di quelle che circolano su Internet e che portano alla morte di chi la riceve. Il film cerca qualche riflessione sullo scontro tra nuova e vecchia generazione, risultando però un orrorino guardabile ma niente di più. Film accomunato a Cherry Crush dalla presenza di Nikki Reed (Thirteen, Twilight, The O.C.), qui in una pellicola ugualmente poco memorabile ma un filo più convincente. Dopo Non aprite quella porta, non aprite quella mail.
(voto 5+/10)

Le due sorelle
(USA 1973)
Regia: Brian De Palma
Cast: Margot Kidder, Jennifer Salt, Charles Durning, William Finley, Lisle Wilson

Brian De Palma impartisce lezioni di regia a tutti, quindi prendete appunti, e in particolare di split-screen con alcune sequenze da brivido (in tutti i sensi). La costruzione della tensione è magistrale, per un thriller a dir poco ottimo. La nuova serie tv Ringer di appunti da qui ne ha presi, ma dovrebbe prenderne di ulteriori. Lo so, il film avrebbe meritato almeno un post chilometrico, però allora scrivetelo voi, invece di star qui a criticare come fanno quelli che hanno un blog e sparano giudizi e voti su tutto e tutti, proprio come… oops, me.
(voto 8/10)

La zona morta
(USA 1983)
Regia: David Cronenberg
Cast: Christopher Walken, Brooke Adams, Tom Skerritt, Martin Sheen

Gran bel film di David Cronenberg, intepretato da un Christopher Walken inquietante e… parecchio sfigato. La sua vita va splendidamente, sta per chiedere alla fidanzata di sposarlo quand’ecco che finisce vittima di un incidente e rimane in coma per anni. Quando si sveglia, la sua tipa si è sposata con un altro, ma in compenso lui c’ha guadagnato dei poteri paranormali e diventa un sensitivo usato dalla polizia per risolvere alcuni casi. Ma poi il film procede su sentieri del tutto imprevedibili…
Il film ha generato anche la serie tv The Dead Zone (che confesso di non aver mai visto, se non per pochi sporadici minuti) e una esilarante parodia in South Park, con Cartman che si butta da un terrazzo solo per finire in coma e diventare un sensitivo più figo di Kyle!
(voto 7,5/10)

domenica 31 ottobre 2010

Halloween Halloween

(Ecco un mio classico raccontino di Halloween. L'avevo già proposto in passato, ma se non l'avete ancora letto eccolo qui leggermente aggiornato)

“La paura è una delle emozioni primarie. E come le altre emozioni si può imparare a controllarla.” Se avessi un dollaro per ogni volta che il Dr. Steinberg mi ha ripetuto questa frase adesso sarei stufo di essere ricco. Frase che è una grandissima stronzata, diciamocelo. La paura non può essere controllata. Un’altra cosa che mi ripete sempre il Dr. Steinberg è che ci sono diversi modi per definire la paura, a seconda del suo grado di intensità: c’è il semplice spavento, gli attacchi di panico, il terrore puro e poi c’è la paranoia. Lo spavento è una cosa breve, a volte basta un attimo e già se n’è andato. Lo spavento non è niente. Gli attacchi di panico sono improvvisi e non sono dovuti a nessun motivo particolare. Vengono e basta. Ma tempo mezzora e sono passati. Mi fanno una sega. Quando arriva il terrore l’uomo diventa come un animale. Non sei più in grado di distinguere tra il bene e il male. Agisci e basta, senza pensarci. La paranoia invece è la percezione di essere perseguitati sempre e ovunque da un mostro che ti insegue fino a non riuscire a farti vivere.

Con le parole del Dr. Steinberg che girano ancora per la testa insieme ai miei due soliti fedeli neuroni vado a prendere mio figlio da Stephanie, la mia ex. Mi ha mollato perché diceva che sono mentalmente instabile. Grandissima stronzata pure questa. Quando apre la porta sembra sorpresa: “Sei arrivato in anticipo,” mi dice col fiatone. Si tira su una spallina dell’abito rosso che ha indosso, quello che le avevo regalato io molto tempo fa. Dopo un po’ sbuca fuori Michael, il suo nuovo “compagno”. Si tira su la patta dei pantaloni. Mio figlio invece “non c’è ancora. Oggi aveva il dopo scuola. L’hai dimenticato come fai sempre con tutte le cose?” Dico che no, “non me ne sono dimenticato. Ho preso le mie pastiglie, oggi.” Agito il tubetto mezzo vuoto di pasticche. “Vedi?” Poi arriva. Insieme ad una ragazzina bionda mai vista prima. Si stanno scattando delle foto col cellulare, probabilmente per metterle su Facebook. “Chissà se se la fa?” mi chiedo. Mio figlio si chiama Eugene (non guardate me, il nome l’ha scelto la madre…) ha 12 anni, ascolta i Paramore (lo so perché ha indosso una loro t-shirt), su myspace il suo nickname è Black Nightmare e ha 3.227 amici (almeno fino alle 11 di stamattina quando ho controllato che qualche pervertito non gli avesse lasciato dei commenti sconci). E basta. Non credo di sapere altro su di lui. Quella strega di sua madre non me lo lascia vedere molto spesso. Anche il giudice ha sentenziato che sono “mentalmente instabile” e io in aula ho gridato “Grandissima stronzata. Ma che è? Vi siete messi tutti d’accordo per dire la stessa maledetta bugia?” Stasera però la strega e Michael devono andare alla festa di Halloween organizzata dagli amici di lui (considerata la sua età, sospetto si tratti di una cosa della confraternita) e siccome anche Ashley la baby-sitter tettona stasera ha da fare (probabilmente sarà pure lei a quella festa), Stephanie ha pensato di concedermi la possibilità di “Fare il padre, per una volta. Almeno provaci,” mi ha detto. E dunque eccomi qui a fare “dolcetto o scherzetto” insieme a questo tween che non conosco per niente. Provo a farci due chiacchiere: “Hey, giovanotto. Chi era quella bionda? La tua fidanzatina?” Lui mi guarda shockato e mi fa: “Stai parlando di Tiffany?” scuote la testa. “Certo che no, mioddio.” Tempo qualche mese o forse solo qualche giorno e cambierà idea. Gli ormoni prenderanno il sopravvento. In ogni caso, primo tentativo di approccio da parte mia: fallito. Sposto l’argomento su Halloween: “Cosa vuoi indossare per andare in giro?” Lui scrolla le spalle incurante: “Mamma ha detto che sei tu quello bravo con i travestimenti e anche con i cambiamenti di personalità. Non ho capito esattamente di che stesse parlando ma credo mi potrai dare una mano.” Quella strega dovrebbe smetterla di dire stronzate sul mio conto, ma almeno grazie a questo mio potere mutante ho l’occasione giusta per diventare il padre figo dell’anno. Prima però devo trovare un travestimento all’altezza.

Andiamo al negozio del vecchio Joe, quello dove mio padre mi portava sempre a scegliere i vestiti per Halloween. A quei tempi la scelta era tra i Ghostbusters, Michael Jackson e Batman. Oggi la scelta è tra il vampiro di Twilight, il lupo mannaro di Twilight, Lady Gaga, il cantante dei My Chemical Romance e il Joker. Ma la maschera di oggi che mi terrorizza di più è certamente quella da Sarah Palin. Se avessi una femmina penso proprio che gliela farei indossare. A Eugene (ma che razza di nome!) dico invece che col Joker quest’anno va sul sicuro. Lui accenna un “ok” non troppo convinto, come se qualunque vestito non avrebbe cambiato lo stato delle cose: una noiosa serata a rendersi ridicolo insieme al vecchio anziché essere alla festa strafica col “patrigno” e i suoi amici a mala pena maggiorenni. “Bene Joker, why so serious?” gli chiedo vedendo il suo volto corrucciato. Lui coglie il riferimento e mi accenna quasi un sorriso. Andiamo a prepararci per la serata nel mio appartamento. È la prima volta che ci entra e va subito in salone a spulciare nella mia vasta collezione di cd e dvd. “Non siamo poi così diversi,” sembra suggerire il suo sguardo. Io esco dalla mia camera vestito da Batman. Eugene mi guarda come se fossi pazzo. Grandissima stronzata, io non sono pazzo. “Non sono uguale a Christian Bale?” gli chiedo e stavolta lo vedo tutto il suo sorriso. Finisco di mettergli il rossetto sbavato sulle labbra e siamo pronti a sfoggiare i nostri costumi in strada. Appena fuori vedo un flash. Qualcuno ci sta scattando delle foto. Ma dov’è? Cerco di vedere da dove sia arrivata la luce accecante ma è impossibile individuarla in mezzo al muro di marmocchi vestiti da Justin Bieber accompagnati da adulti nascosti sotto le maschere da Obama, Snooki di Jersey Shore o cosi blu di Avatar.

Andiamo a bussare alla porta della signora Anberlin, la mia anziana vicina di casa. “Signora Anberlin, dolcetto o scherzetto?” Non risponde. Mi accorgo che la porta è soltanto socchiusa, così entro. È tutto buio, le uniche luci arrivano dalle lanterne di Jack che sbucano inquietanti qua e là per la casa, io però mi muovo con sicurezza, come se quel posto mi fosse familiare. Eugene sta defilato dietro ai miei pantaloni. Quando mi giro a guardarlo fa il suo solito sguardo indifferente, ma mi sa che se la sta facendo sotto. “Signora Anberlin, ce l’ha qualche dolcetto da darci?” Entriamo in soggiorno e non si vede un accidenti. Eugene inciampa su qualcosa e finisce a terra, lamentandosi per il dolore al ginocchio. Una luce si accende. Seduta su una poltrona compare inquietante la signora Anberlin, cornetta del telefono appoggiata all’orecchio. “Ho già chiamato il 911,” minaccia. “Ma signora, sono il suo vicino.” Lei prova a guardarmi nell’oscurità ma non riesce a vedermi. “Questo dovrai dimostrarlo ai poliziotti, non a me,” mi intima. Prendo Eugene per mano e ce la filiamo fuori. “Questa è proprio svitata,” sorride Eugene. Il dolore al ginocchio se n’è già andato. “Che spavento quando l’ho vista in faccia!” mi confida in uno di quei momenti padre-figlio che ho sognato ogni giorno di questi ultimi 12 anni.

Tornati in strada vedo Tiffany, l’amichetta di mio figlio. È vestita da Hannah Montana. “È carina, vacci a parlare,” suggerisco a Eugene. Lui fa “Naah,” ma lo vedo che ha voglia di andare a salutarla. “Dai, io ti aspetto qui. Prometto di non farmi vedere.” Eugene è lì, insieme alla sua Hannah Montana, e da qualche parte arriva la musica di Nightmare Before Christmas e tutto è così perfetto. E poi, succede ancora una volta. Quando tutto sembra andare bene nella mia vita lui compare. All’inizio striscia come un’ombra. Quindi diventa carne. Lo vedo comparire dietro Eugene. Vengo colto da un attacco di panico e me ne resto lì paralizzato. La piccola Hannah Montana guarda terrorizzata alle spalle di mio figlio. Eugene si gira e mi vede “Oh, quello è solo mio padre,” la rassicura. L’ombra che striscia è sparita nel nulla. Ci siamo solo io, Eugene e la bionda. Gli facciamo “ciao ciao” con la manina e ce ne andiamo. “Avevi promesso che non saresti comparso,” si lamenta Eugene. “Qui non è sicuro,” gli faccio io, guardandomi in giro torvo. “Non è che incominci con uno di quei tuoi attacchi? Com’è che li chiama mamma?” ci riflette su, poi sentenzia: “Ah si, attacchi di paranoia.” Le sue parole affilate fanno a pezzettini il mio ego. “Non devi ascoltare quello che dice tua madre sul mio conto. Sono tutte stronzate,” riprendo il controllo della conversazione. Dopotutto tra noi due quello adulto sono io. “È solo che io sono il cavaliere oscuro e vengo fuori dall’oscurità.” Adulto, ma fino a un certo punto. “Buahuahuah,” mi metto a sghignazzare. Lo faccio ridere ancora una volta. È un nuovo record! In lontananza vedo una casa con il giardino ripieno di ragazzi sfatti e di macchine parcheggiate a caso. “Dev’essere una festa,” penso. “Dev’essere LA festa della confraternita,” realizzo. “Andiamo un po’ lì a fare dolcetto o scherzetto,” suggerisco a Eugene. Dal tono del suo “ok” direi che è tornato al solito stato da zombie pre-adolescente indifferente a tutto.

Bussiamo alla porta e veniamo accolti da un quarterback ubriaco: “Bei costumi ragazzi, entrate! Io intanto me ne vado a fare un giro sulla mia Mercedes nuova,” fa sventolando le chiavi. Ci accomodiamo in salotto. Alcune ragazze stanno ballando e si stanno baciando su "I Kissed a Girl" di Katy Perry. Copro gli occhi di Eugene, poi mi chiedo “Ma che sto facendo? Queste sono cose che DEVE vedere.” Gli tolgo la mano dagli occhi e ce ne stiamo tutti e due lì imbambolati per un bel po’. Veniamo interrotti dalla voce da strega di Stephanie: “E voi che ci fate qui?” A cui seguono frasi del genere “Ma ti sembra un posto in cui portare un bambino?” cui io replico “Ti sembra il posto in cui portare una quasi-quarantenne?” e il mio sguardo va a incrociare quello del suo “compagno” Michael. Seguono alcuni bicchierini di Jack per calmarmi, Eugene-Joker che viene accarezzato e vezzeggiato “Ma che ragazzino carino!” dalle tipe che prima si baciavano, qualche flash che mi acceca, fiumi di birra, un paio di pezzi di Drake e altre studentesse sexy che ballano. Fino a che Stephanie ci prende e ci porta fuori: “Ho sbagliato a fidarmi di te,” punta il suo dito accusatore. “Adesso riportalo a casa e poi salutalo, perché è l’ultima volta che lo vedi.”

Sulla strada di casa siamo così un Batman e un Joker un po’ tristi, ma Dio sa se ce la siamo spassata! Ci avviamo verso il mio appartamento per toglierci i costumi, quand’ecco che rivedo Tiffany-Hannah Montana. È insieme a un uomo che non riesco a vedere bene perché se ne sta nell’oscurità. Mi avvicino, ma è come se il suo volto stesse sempre di spalle. Però ne sono sicuro: è l’ombra che mi perseguita. Sempre la solita. Adesso che è diventata carne e ossa prende la manina di Tiffany e se la porta via. “Seguiamoli,” faccio a Eugene. “Ma di chi diavolo stai parlando?” mi chiede lui. “Della tua amichetta, insieme a quel tizio.” Li indico mentre fuggono via. “Intendi Tiffany?” fa Eugene guardandosi intorno. “Sono due ore che io non la vedo.” “Era lì,” gli faccio e corro verso quella direzione. Li scorgo mentre entrano nella casa della signora Anberlin. L’uomo ha in mano un coltello. La porta è ancora semiaperta. Entro ed è sempre tutto così maledettamente buio, non vedo un tubo. “Tiffany!” grido. “Dove sei?” Non arriva nessuna risposta. Allora ritento: “Hannah?” grido sempre più forte. “Hannah Montana, ci sei?” Il terrore si è ormai totalmente impossessato di me. Sento dei rumori. Non vedo Tiffany, né Hannah Montana, però scorgo l’ombra che mi perseguita. La sento respirare, è davanti a me. Le luci si accendono improvvisamente. Adesso riesco a vedere il volto dell’ombra. È la mia faccia, rinchiusa in uno specchio proprio di fronte a me. “Eccolo!” grida la signora Anberlin. “È lui, arrestatelo.” Alcuni poliziotti sbucano fuori dal nulla e mi mettono le manette ai polsi. Fuori è un casino di sirene, luci e flash che immortalano il mio volto. Il mio volto. Il volto dell’ombra che mi perseguita da sempre. Sono io. Il mio peggior nemico, la causa di tutte le disgrazie della mia vita sono io.

Cerco di vedere dietro ai flash. Ci sono Tiffany ed Eugene che mi stanno scattando delle foto. “Ragazzi, state bene?” chiedo loro. Non ricevo risposta, chè sono già spinto dentro la volante degli sbirri. La mattina seguente, in carcere ricevo la visita di Stephanie. “E Eugene?” le chiedo. “Dov’è Eugene?” “L’hai lasciato in mezzo alla strada,” mi grida, evitando di rispondere alla mia domanda. “Dov’è Eugene?” provo a ripeterle. “Come hai potuto? Nemmeno da te mi sarei mai aspettata una cosa del genere. Il Dr. Steinberg dice che sono tre mesi che non ti fai vedere.” “Sì, lo so. Ho fatto una stronzata, come al solito. Ma Eugene dov’è?” comincio a preoccuparmi. “È passata una Mercedes. Un ragazzo ubriaco uscito dalla festa.” Mi fa lei. Il quarterback. La Mercedes nuova. So già come sta per finire quella frase. “Li ha presi sotto. È morto. Eugene è morto. E anche la sua amica, Tiffany. Come hai potuto lasciarli lì da soli?” mi chiede in lacrime e mi fissa, fino a che il tempo per le visite finisce. Mi riportano in cella. Sono accusato di essermi introdotto più volte in casa della signora Anberlin negli ultimi mesi e di averle rubato soldi e gioielli per potermi comprare degli psicofarmaci contro la paranoia e contro i vuoti di memoria. Paradossalmente me ne sono scordato. Questo spiega perché la casa della signora Anberlin mi sembrava così familiare. Naturalmente sono anche accusato di abbandono di minore. Quanto basta per farmi restare qui dentro un bel po’. Dentro questa cella piccola e fredda, dove però non sono solo. Ci sono Eugene e Tiffany che ogni tanto mi fanno visita e mi scattano delle foto da mettere su myspace. C'è il Dr. Steinberg che mi incoraggia “Puoi controllarla! Se ti impegni puoi sconfiggere la paura,” e stronzate del genere. C’è anche uno specchio alla parete. Dentro vedo la mia faccia che continua a ripetere: “Sei tu, sei sempre stato tu. E l’hai sempre saputo.”

sabato 30 ottobre 2010

True Blood

Carrie – Lo sguardo di Satana
(USA 1976)
Titolo originale: Carrie
Regia: Brian De Palma
Cast: Sissy Spacek, Piper Laurie, Amy Irving, John Travolta, William Katt, Betty Buckley
Links: IMDb, mymovies
Genere: teen horror
Se ti piace guarda anche: The house of the devil, Il giardino delle vergini suicide, Psycho

Regia di Brian De Palma, storia tratta da un romanzo di Stephen King (il primo pubblicato), favolose musiche di Pino Donaggio e protagonista una giovane e allucinata Sissy Spacek. Scusate, ma ci troviamo di fronte a una pietra miliare e a un capostipite dell’horror adolescenziale (e non solo adolescenziale).

Carrie è una delle storie di vendetta più pazzesche e sanguinose di tutti i tempi. E il sangue è il protagonista fin dalla prima scena, un ralenty poetico che inizia come una tranquilla scorrazzata nei spogliatoi delle ragazze e finisce in un bagno di sangue, con le prime mestruazioni di Sissy Spacek.

Carrie è una ragazza disadattata, continuamente presa per il culo dalle superficiali compagne reginette di bellezza e con una madre fanatica religiosa ai limiti del ridicolo. Con l’inizio del ciclo però diventa donna e cominciano a manifestarsi i suoi inquietanti poteri di telecinesi: quando si incazza, infatti, sono cazzi per tutti gli altri. Ma un giorno la sua mediocre vita può cambiare. Un ragazzo infatti la invita al ballo di fine anno e quella per lei sarà una serata magica. Fino a quando qualcosa andrà storto…

L’atmosfera 70s del film è totalmente affascinante e la regia di De Palma è magistrale, con echi di Hitchcock ma anche momenti di puro “teenage dream”. C’è persino un giovane & scemo John Travolta. Consigliatissimo per Halloween.
(voto 7/8)

venerdì 29 ottobre 2010

Ho ammazzato la cheerleader - Parte seconda

(Un mio racconto di Halloween in 2 parti, leggi la PRIMA)

Più tardi, nel garage di Jeremy.
“È tutto pronto?” Krispin, impaziente come un liceale che sta per perdere la verginità.
“Dannazione. Ancora non riesco a credere che mi hai convinto a farlo!” Jeremy, in versione stregone, stava mescolando uno strano intruglio.
“Amico, in fondo al cuore sai che questa è la cosa giusta. Devi solo cercare dentro te e guardare nel profondo. Ti meraviglierai di ciò che puoi trovare. E poi, non dimentichiamo che tutta questa storia degli incantesimi per farsi spompinare è partita da te, Mister Moralità. Io nemmeno sapevo che esistesse una cosa simile… A proposito, su che sito hai trovato l’incantesimo?”
“Uff,” Jeremy nella sua solita versione sbuffante.
“E va bene. Ogni mago ha i suoi trucchetti. Errore mio, facciamo che non te l’ho mai chiesto. Hey, si tratterà mica di quel sito di porcelline coreane che ti ho consigliato io?”
“Uff uff,” ancora Jeremy, ancora sbuffante.
“Ok, ok. Ti sto deconcentrando, lo so. Ora mi tappo la bocca e ti lascio concludere il tuo magico incantesimo. A proposito… ci vorrà ancora molto?”
Jeremy pucciò un dito nell’intruglio fumante. “Sì, mi sembra pronto.”
“E ora? E ora?” Krispin l’impaziente.
“Ora verso qualche goccia della pozione sulla foto dell’annuario di Lizzy Grable.”
“Lizzy Grable? Ommioddio… È la mia cheerleader preferita!”
“Lo so benissimo, pezzo di coglione. È per questo che ho scelto proprio la sua foto.”
Boom. Una grossa esplosione. In mezzo al fumo che si dirada per il garage sgangherato di Jeremy, si materializza Lizzy Grable, in carne e ossa.
“Ommioddio… ci sei riuscito.” Krispin rimase per la prima volta in tutta la serata, e forse in tutta la sua vita, senza parole.
Cinque minuti di sguardo da pesce lesso dopo, Lizzy Grable lo prende per mano e lo porta su dalle scale.
“Credo… credo che andremo in camera tua a… a… a fare del sesso, amico,” balbettò Krispin. Lo faceva solo quando era davvero, davvero emozionato.
Jeremy si ritrovò lì in garage, da solo. Si mise a sfogliare l’annuario della scuola, così per passare il tempo. Quando capitò sulla pagina dei giocatori di football. Alla vista di quella serie di facce dagli zigomi perfetti e dai capelli perfettamente pettinati all’indietro, lo gettò a terra.
“Dannati loro. Hanno tutto quello che vogliono, senza bisogno di incantesimi, e nemmeno se ne rendono conto.” Per il nervoso, Jeremy diede un calcio alla pozione, che si riversò sulle pagine aperte dell’annuario scolastico. “Ooooops.”
Subito dopo aver serrato il garage, corse sopra a bussare alla porta di camera sua. Era chiusa a chiave. “Krispin, aprimi. Presto! Abbiamo un problema.”
“Uff,” stavolta era Krispin a sbuffare, mentre apriva la porta semi-vestito. “Tu e i tuoi problemi. Beh, che c’è?”
“Dobbiamo andarcene di qui. Subito. Le foto dell’annuario si sono animate!”
“Fantastico, amico! Ciò significa un sacco di cheerleader vogliose tutte per noi,” sorrise Krispin, in versione Mitch Buchannon il piacione di Baywatch.
“Vedi, non sei a conoscenza di un piccolissimo dettaglio: l’annuario in quel momento era aperto sulla pagina dei giocatori di football. E non mi sembrano affatto amichevoli quanto le cheerleader.”
Rumori. La porta del garage era stata sfondata. I giocatori di football stavano salendo su per le scale rumorosamente.
“Presto,” fece Jeremy, spingendo Krispin e la sua cheerleader zombie avvolta nelle lenzuola verso la finestra. “Usciamo di qui!”

Lo strano trio corse fuori nell’oscurità. In giro non c’era più nessuno. Halloween aveva lasciato giusto qualche strascico. Rotoli di carta igienica avvolti intorno ai rami degli alberi nei giardini e uova marce rotte contro le finestre dei vecchietti avari che avevano scelto “scherzetto” anziché “dolcetto”.
Un irreale silenzio li circondava. Finalmente un po’ di tranquillità. L’esercito di giocatori di football sembrava esser stato seminato. Poteva quindi scattare il momento confessioni.
“Allora, amico. Com’è andata con la cheerleader dei tuoi sogni? Spero di non avervi interrotto mentre…”
Krispin fece: “No, no. Avevamo già finito.”
“Già finito?”, Jeremy, lo stupito. “Oooh, non è una cosa positiva” realizzò poi. “Coraggio, amico. Sono cose che capitano anche ai migliori.”
“Beh, grazie,” Krispin, in versione imbarazzo portami via lontano da qui.
“Perlomeno la tua cheerleader non ha perso le braccia,” constatò Jeremy, girandosi verso di lei.
“Ehm,” lo interruppe. “Ho dimenticato di mostrarti una cosa.”
Krispin levò il lenzuolo dal corpo di Lizzy Grable. Oltre a essere totalmente nuda, non aveva più le braccia.
“Però è viva. Strano…” riflettè Jeremy.
“C’è anche una cosa che non ti ho detto,” fece con un filo di voce Krispin. “Forse so perché è ancora viva.”
“Racconta, che stai aspettando?” Jeremy, impaziente come una pensionata alla fine di una puntata di Beautiful.
“Ehm, è un po’ imbarazzante.”
“Ti ho chiamato nel mezzo della notte per dirti che una cheerleader mi è morta in mezzo alle gambe mentre mi stava spompinando. Credi che a questo punto mi faccia ancora problemi riguardo a qualche cosa?”
“Ok. Ti dico quello che è successo: Lizzy si è spogliata ed, ehm… eravamo sul punto di farlo. Io ero mooolto eccitato ed ehm… non so se mi spiego. Sono venuto. Allora lei, molto paziente, mi ha pulito e poi ha cominciato a succhiermi beh, lì sotto. È stato in quel momento che le sono cascate le braccia.”
“È capitato anche a me. So di cosa stai parlando. Ma poi? Che è successo poi?”
“Beh, io sono venuto un’altra volta. Sulla sua faccia. Mentre lei stava perdendo le braccia. Lo so, è una cosa malata, ma non sono riuscito a trattenere l’eccitazione.”
“Vuoi dirmi che credi sia stato il tuo sperma a tenerla in vita?”
“No, amico. Dopo è successo qualcos’altro.”
“Sono tutto orecchi.” Jeremy e la sua più completa attenzione.
Krispin proseguì il racconto: “Dopo che le sono cadute le braccia stava diventando debole, sempre più debole. La vedevo morire davanti a me e non c’era niente che io potessi fare per farla stare meglio ed è stato a quel punto che le ho detto…”
“Cosa? Che cosa le hai detto?”
“Le ho detto: “Ti amo, Lizzy Grable. Ti amavo quando eravamo in prima elementare e tu non mi rivolgevi nemmeno la parola. Ti amavo alle medie quando ti ho tirato le trecce bionde e tu con un destro mi hai steso e ho dovuto passare il resto dell’anno scolastico in ospedale. Ti amavo quando fino a ieri mi toccavo guardandoti chiuso in un armadietto buio degli spogliatoi mentre tu avevi finito uno dei tuoi allenamenti. Ti ho sempre amato e ti amerò per sempre, Lizzy Grable.”

Ecco, dopo averle detto tutte queste cose lei si è rianimata ed è tornata ad essere una cheerleader zombie in piena forma. Quindi, sei arrivato tu, hai bussato alla porta e hai spezzato il nostro momento di intimità.”
“Beh, scusa.”
“Non fa niente, Jeremy. In fondo è camera tua. O dovrei dire: era, camera tua. Dopo il passaggio di tutti quei giocatori di football inferociti non so cosa ne sia rimasto.”
“Grazie per avermici fatto pensare, amico.”
“Fortuna che i tuoi sono andati via, questo weekend. Hey!” gridò Krispin.
“Che c’è?” chiese Jeremy, preoccupato.
“Pensi che stiano facendo sesso, in questo momento. Tuo padre e tua madre, intendo. Iiih, che schifo…”
“Krispin!” Jeremy in versione urlo di Munch.
“Forse ho esagerato. Scusa, amico. Non avrei dovuto dire quelle cose sui tuoi geni…”
“Krispin, abbassati!”
Grazie al suggerimento dell’amico, Krispin evitò per un pelo un grosso giocatore di football zombie che gli stava volando addosso. Quindi spuntarono fuori anche tutti gli altri. Ormai erano circondati.
“Ci sarà pur qualcosa che possiamo fare per fermarli,” pensò a voce alta Krispin. “In fondo, noi due siamo dei quasi geni. Pensa solo all’incantesimo che siamo riusciti a fare. Loro invece, loro sono solo un ammasso di muscoli che di cervello ne avevano poco già da normali. Figuriamoci in versione zombie.”
“A me non viene in mente nessuna soluzione, amico. Sicuro che siamo dei geni?”
“No. Ho usato il termine quasi geni proprio perché non ne sono sicuro.”
“Più che quasi geni, mi sa che siamo quasi spacciati.” Jeremy guardò tutti quei giocatori di football sempre più vicini e poi il suo sguardo si posò su Lizzy Grable, la cheerleader senza braccia ma ancora in vita. E realizzò. “Lizzy Grable!” si mise a gridare.
“Sì, è una gran figa, anche se è una storpia senza braccia,” fece Krispin. “Mi dispiace che la tua cheerleader sia deceduta in circostanze poche fortunate, ma non ho intenzione di dividere Lizzy con te. Senza offesa, amico: lei è mia.”
“Non è questo che intendevo,” fece Jeremy mentre scansava a fatica un grosso energumeno rabbioso. “Ripensavo a ciò che hai fatto. Le hai detto che la ami. Esattamente ciò che ogni ragazza, anche una ragazza zombie, vuole sentirsi dire. Sono state le tue parole a salvarle la vita e allora saranno delle altre parole a mettere fine alla patetica esistenza di questi stronzi.”
“Hai ragione. Ma cos’è che un giocatore di football non vorrebbe mai sentirsi dire?”
“I tuoi muscoli sono flaccidi!” gridò Jeremy. Uno zombie cominciò ad arrancare.
“Hai un inizio di calvizie!” urlò Krispin. Un altro zombie giù per terra. “Hey, amico: funziona!”
“Avete perso una partita, anzi, avete perso l’intero campionato,” Jeremy con tutto il fiato in gola. Un gruppetto di giocatori morti sul colpo.
“Tutti in biblioteca” gridò poi Krispin. E di giocatori di football non ne rimase in piedi nemmeno uno.
“Amico, hai fatto strike,” Jeremy andò ad abbracciarlo.
“Ok ok,” Krispin si liberò dalla stretta. “Poniamo subito fine a questo momento gay. Ho una ragazza, adesso,” disse facendo l’occhiolino alla sua pollastrella senza braccia.
Il volto di Jeremy si corrucciò.
“Andiamo, uomo…” lo consolò Krispin.
“Dove?”
“A farti una ragazza cheerleader zombie, naturalmente.”
“Credi davvero che dovremmo continuare con gli incantesimi, dopo tutto quello che è successo questa notte?” chiese Jeremy in versione Jeremy il ragazzo dai mille scrupoli morali.
“Certo che sì, amico. Certo che sì,” fece Krispin in versione uomo che non deve chiedere mai. “Don’t stop, ‘til you get enough.”
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