(Danimarca, Svezia 2006)
Titolo originale: Direktøren for det hele
Regia: Lars Von Trier
Cast: Jens Albinus, Peter Gantzler, Friðrik Þór Friðriksson, Benedikt Erlingsson, Iben Hjejle, Louise Mieritz, Mia Lyhne, Jean-Marc Barr, Lars Von Trier
Genere: (anti)commedia
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A me piacciono i bastardi. Non i cattivi da film che alla fine si scoprono essere più buoni dei buoni. Mi piacciono proprio i bastardi, quelli veri. Perché alla fine tutti lo siamo, solo c’è chi lo nasconde meglio dietro una maschera di ipocrisia. Lars Von Trier invece no. Lui è un provocatore, è apertamente un figlio di puttana. C’è chi ama i “simpatici”, i Will Smith della situazione. Io no. Fanculo loro. Viva i bastardi, viva Lars Von Trier.
Il grande capo era uno dei suoi pochi film che non avevo ancora visto. Non so bene perché, forse perché il fatto che avesse girato una commedia non mi convinceva del tutto, sebbene già all’interno di Dogville e The Kingdom qualche primo sentore di ironia avesse fatto capolino all’interno del suo cinema, per quanto in maniera del tutto obliqua.
L’impressione che Lars fosse un grande comico l’ho avuta allora solo all’ultimo Festival di Cannes, in cui durante una ormai famigerata conferenza stampa aveva fatto dichiarazioni su Hitler e il nazismo degne del miglior Cartman di South Park. E aveva inoltre fatto cenno alla soluzione finale per i giornalisti. Forse se qualcuno di loro avesse visto il suo ultimo film Melancholia avrebbe capito che erano dichiarazioni tanto folli quanto ironiche. O magari no, magari Von Trier è proprio un nazi però chissenefrega. La cosa importante sono i film. Mel Gibson sarà antisemita ma il più delle volte fa film di merda, Lars Von Trier può essere o non essere antisemita ma continua a sfornare film il più delle volte grandiosi.
La vicenda è quella di un tizio danese che ha aperto un’azienda ma non ha detto a nessuno di esserne il fondatore e così si è inventato un capo fittizio. Una presenza misteriosa e sconosciuta, un mega direttore galattico che mai nessuno ha mai avuto l’onore di incontrare di persona. Il giorno in cui il tizio decide però di dare via l’azienda a degli islandesi, questi vogliono (ovviamente) incontrare il capo face to face. E allora il tizio danese ingaggia un attore per impersonare questo misterioso capo che mai nessuno conosce. Tanto se nessuno l’ha mai visto, può avere qualsiasi volto.
E così l’attore ingaggiato si cala nella parte del mega direttore galattico. Si cala persino un po’ troppo nella parte, mentre la vicenda scivola sempre più verso una farsa (e per una volta sono lieto di usare questo termine con un’accezione positiva, miracoli che soltanto Dio Lars è in grado di realizzare). Non la solita girandola di equivoci e gag alla Vacanze di Natale, bensì una folle e perfida spirale discendente nel lato oscuro della comicità per come uno come Von Trier può intendere la comicità.
Non si tratta quindi di un film esilarante dall’inizio alla fine, ma piuttosto di una visione sottilmente divertente, con un umorismo che prende di mira la vita in ufficio, i danesi e soprattutto gli islandesi (ed ecco forse spiegato l’accanimento contro la povera Bjork in Dancer in the Dark), ma lancia anche una bella frecciatina agli attori.
“Noi siamo creativi,” dice l’attore.
“Mah,” gli risponde secco il direttore.
Mentre in una scena in cui l’attore protagonista di questa farsa si deve inventare il nome del mega direttore da lui interpretato, ne esce fuori uno sketch che mi ha ricordato l’Ajeje Brazorf di Tre uomini e una gamba.
Sa far ridere Lars Von Trier, allora, quando dice goodbye Melancholia. Una risata provocata da una comicità malata e deviata, per forza di cose, però sa anche far ridere. E nel finale, pur girando una commedia, una delle più originali e sottilmente divertenti viste negli ultimi tempi o forse anche in tutti i tempi, si conferma un gran bastardo.
E allora viva i bastardi. Viva Lars Von Trier.
(voto 8/10)