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lunedì 26 aprile 2010

iPazia

Agora
(Spagna, 2009)
Regia: Alejando Amenabar
Cast: Rachel Weisz, Max Minghella, Ashraf Barhom, Oscar Isaac, Michael Lonsdale, Rupert Evans

“Agorà non è un film contro le religioni,” ha dichiarato il regista Amenabar. Allora perché ha fatto discutere tanto e in un paese così poco suscettibile alla tematica religiosa come il nostro è uscito solo ora, a ben un anno di distanza dalla sua presentazione a Cannes?
Forse, dico io, perché pur non essendo contro le religioni, nemmeno lecca loro il culo. Anzi, ci va giù piuttosto pesante, soprattutto con quella cristiana. Sarà mica questo il motivo dei ritardi nella distribuzione italiana (e possiamo ringraziare Dio che almeno prima o poi sia arrivato…)?
Lasciamo da parte le discussioni religiose. Tanto sono inutili visto che quando si tratta di religione nessuno è mai disposto non solo a non cambiare la propria posizione di una virgola, ma nemmeno a porsi qualche legittimo punto di domanda o aprire una discussione. Il film meglio delle mie parole può offrire uno spunto di riflessione interessante al proposito, naturalmente per chi fosse aperto a riflettere sull’argomento. Per chi invece di riflettere preferisce farsi imporre delle idee ci sono sempre altri posti. Ehm… le Chiese, tanto per dire il primo luogo che mi viene in mente. Senza offesa per nessuno, sia ben chiaro.

Chiuso questo lungo sermone che ha annoiato persino me, “Agora” è anche e soprattutto la storia di Ipazia, una filosofa pre-femminista vissuta ad Alessandria d’Egitto nel 400 d.C. circa che con le sue intuizioni astronomiche ha anticipato di secoli persino Galileo. Intorno a lei si muovono tutta una serie di fondamentalisti religiosi. Ce n’è per tutti i gusti: cristiani, pagani, ebrei… mancano all’appello solo Tom Cruise e John Travolta che ti chiedono di fare un test della personalità di Scientology.
I Cristiani vengono mostrati nei loro aspetti positivi (la carità, valore che Papa-Razzi ha confuso con il donare un paio di Prada a se stesso) e quelli negativi (distruggono solo la Biblioteca di Alessandria e la cultura di un intero popolo, ma insomma, roba da niente). Allo stesso tempo anche la figura di Ipazia (interpretata da una sempre wonderful Rachel Weisz) ci viene mostrata non soltanto nelle sue belle parole, ma anche nelle sue contraddizioni (aveva degli schiavetti personali).

Ale-Alejandro (come lo chiamerebbe Lady Gaga) Amenabar continua a dimostrare una capacità fuori dal comune di cambiare generi e registri narrativi: dal viaggio noir-fantascientifico-mentale di “Apri gli occhi”, all’horror gotico di “The Others” al dramma di “Mare dentro” e ora si muove con agilità persino tra le sabbie mobili del polpettone storico/religioso, genere che io in genere non sopporto. Se nella seconda parte il ritmo narrativo scende un poco, la prima parte è davvero ottima. Notevole in particolare la scena della devastazione cristiana della Biblioteca di Alessandria: la macchina da presa all’improvviso si capovolge, indicando forse come il mondo a volte giri al contrario.

“Agora” è dunque una piazza ricca, piena di significati e interpretazioni possibili, che non cerca di imporre il proprio pensiero unico ma prova invece a stimolare considerazioni anche sul mondo di oggi, andando alla ricerca di una cosa che tutti dovrebbero possedere. La Fede? No, la Ragione.
Un film da vedere, con un finale che non è un pugno. È una mazzata allo stomaco. Ma hey, tanto questa storia non è mai stata narrata in nessun libro Sacro, quindi è tutta finzione, no?
(voto 7/8)

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