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O gentili lettori, or dunque eccomi, in codesta sede virtuale, per ragguagliarvi circa l'ultima pellicola ch'io ho veduta al cinematografo.
Ah, il cinematografo, quale invenzione assurda e magica di cui ancora non mi capacito. Quando nel buio della sala mi ritrovo, penso che forse la Natura non è poi così crudele. Subito dopo però un altro pensiero meno lieto mi balena e a me stesso dico: “Giacomo, di essere tanto ottimista smettila. Smettila subito!”
Sono stato chiamato mica il primo emo della Storia per niente. Qualcuno ha detto che ho anticipato pure Kurt Cobain. Forse han ragione. “Smells Like Teen Spirit” è un po' quel che per me “L'infinito” è stato. Un tormentone. Un successo arduo da scrollar via dalle nostre spalle fragili.
Se confermar tal paragone con Cobain io posso, altre illazioni fatte sul mio conto smentir io voglio. Una volta per tutte dico che no, ne Il sabato del villaggio il verso “La donzelletta vien dalla campagna” non si riferisce a Taylor Swift e alla sua svolta dal genere country al pop. E no, A Silvia della Toffanin non parla. Pier Silvio, tranquillo, portar via non te la voglio, anche se due bottarelle...
Anche quest’anno non sono stato a Venezia. Il motivo?
Sto ancora aspettando che qualche prestigiosa testata mi chiami come suo inviato alla Mostra. Anzi, va bene pure se non è prestigiosa. Basta che mi paghi vitto e alloggio in Laguna e per me si può fare. In attesa che questo capiti, vi lascio con il mio breve commento sulla kermesse. Per quel che può valere e credo sia molto poco visto che non ero presente all’evento e non ho visto nessun film in concorso.
Da lontano, le impressioni generali che mi sono arrivate parlano di un livello cinematografico medio-buono, ma non del tutto esaltante. Il cinema italiano pare abbia fatto la sua buona figura e negli ultimi tempi è una cosa che capita sempre più spesso a dimostrazione di come, dietro le commedie commerciali con i comici dello Zelig, qualcosina dalle nostre parti si sta muovendo.
A mancare a quest’edizione del Festival di Venezia mi pare sia invece stato il glamour, i divi che fanno sognare (Belen non può essere davvero considerata una diva), i film-evento e pure le polemiche. Basti dire che il film-scandalo dell’edizione è stato Nymphomaniac di Lars von Trier, che ormai era già stato presentato ovunque, dal Festival di Berlino al MiSex di Milano.
Un’edizione un po’ sottotono, così pare almeno vista a chilometri di distanza, ma a cui sarebbe stato comunque bello partecipare. Un’edizione che attraverso la giuria presieduta dal compositore Alexandre Desplat questa sera ha prodotto i suoi verdetti finali, con cui vi lascio, insieme all’immancabile red porchet.
Quanto ai premi, non avendo visto i film non so se siano giusti, però sono contento per quello di miglior attore andato ad Adam Driver, mitico nella serie tv Girls. Molto meno per quello di miglior attrice finito all'odiosa Alba Rohrwacher, entrambi per lo stesso film, Hungry Hearts dell'italiano Saverio Costanzo.
Guarda là, Adam. Cannibal Kid sta per sparare uno dei suoi soliti attacchi contro di me."
"Scusa se te lo dico, Alba, però fa solo bene!"
Infine, complimenti allo svedese Roy Andersson per essersi portato a casa il premio più importante, il Leone d'Oro al miglior film, con il suo A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence.
Grande sconfitto invece Birdman di Alejandro González Iñárritu. Evidentemente il leone ha preferito papparsi il piccione svedese piuttosto che l'uomo-uccello messicano.
I PREMI DI VENEZIA 2014
Leone d'Oro al miglior film: A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence di Roy Andersson
Leone d'Argento per la regia: Andrei Konchalovski (The Postman's White Nights)
Gran Premio della Giuria: The Look of Silence
Premio Speciale della Giuria: Sivas
Coppa Volpi per il miglior attore: Adam Driver (Hungry Hearts)
Colpi Volpi per la miglior attrice: Alba Rohrwacher (Hungry Hearts)
Premio Osella per la miglior sceneggiatura: Tales (Ghesseha)
Premio Marcello Mastroianni: Romain Paul (Le dernier coup de marteau)
IL RED PORCHET DI VENEZIA 2014
Emma Stone
Bella e brava.
Manca solo una cosa: foto di lei nuda non ne sono ancora uscite?
(voto 8/10)
James Franco
Terrificante il suo nuovo look da pelatone con baffo.
James, anzi Franco, che hai fatto?
(voto 3/10)
Luca Zingaretti
Hey, ha copiato il look a James Franco…
Ah no, lui era già così anche prima.
(voto 3/10)
P.S. Ma chi diavolo sta salutando?
Milla Jovovich
Milla Jovovich futura mamma sul red carpet con il pancione.
Pancione?
E questo lo chiama un pancione?
(voto 6/10)
Al Pacino
Così così il look da tamarro americano in vacanza in Italia, ma lui è Al Pacino ed è figo comunque.
(voto 7+/10)
January Jones
Agli Emmy era più figa.
Però è pur sempre figa. (voto 7/10)
Luisa Ranieri
La madrina di questo Festival. Scelta per il suo notevole fascino terrone mediterraneo.
(voto 6,5/10)
Isabella Ragonese
Niente male. Proprio niente male. E' anche così che si tiene in alto il nome del cinema italiano.
(voto 7+/10)
Isabella Ferrari
C’è poco da fare. Gli anni passano, ma lei resta sempre la MILF numero 1 del nostro cinema.
(voto 7/10)
Alba Rohrwacher
Per me è no. No. E ancora no.
(voto 1/10)
Alexandra Daddario + Ashley Greene
Sì, va beh, alla presentazione di Burying the Ex di Joe Dante con loro c’era anche quel fortunello di Anton Yelchin, ma lui non ha molta importanza.
Per Alexandra & Ashley novantadue minuti di applausi.
(voto 9/10)
Belen Rodriguez + Stefano De Martino
Perché erano presenti al Festival del Cinema di Venezia? Per caso per presentare un film?
Giammai!
Belen era lì per promuovere una nuova catena di di saloni di estetica…
Non ho capito quale sia il legame tra loro e il cinema, in ogni caso sul red carpet si sono scambiati baci parecchio infuocati. E prendetevi una stanza!
(voto 7/10 per il loro affiatamento, voto 0/10 per la loro connessione con il mondo del cinema)
Giorgio Napolitano
Pensavate non ci fosse nessuno a Venezia che con il cinema c’azzecca ancor meno di Belen e del maritino?
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Oh, io non ce la faccio a farmi stare antipatico Fabio Volo.
Vi va bene?
Lo so che non vi va bene.
E so anche che dirò una cosa impopolare, visto che credo sia il personaggio più odiato dell’intera blogosfera, forse giusto dietro Vasco Rossi e Silvio Berlusconi. Anche se le quotazioni d’odio nei confronti di quest’ultimo negli ultimi tempi sono calate insieme allo spread, almeno finché non farà di nuovo vedere la sua brutta faccia in giro. Quindi Volo forse è ora al secondo posto del borsino titoli dei più odiati in rete.
Ma perché Fabio Volo sta così tanto sulle palle a un sacco di gente?
Non lo so, andate a chiederlo a loro…
"Isabella, ma lo sai che questo film l'ho fatto solo per ciavarti?"
Che non sia un fenomeno, lo ammetto anch’io. Io però spesso mi trovo d’accordo con il suo punto di vista su vita/religione/politica/e altri cazzi e poi almeno in tv e in radio fa cose più decenti della maggior parte della programmazione dei 1500 canali sul digitale.
E in radio poi è davvero bravo. È divertente, alterna momenti seri ad allegro cazzeggio, a livello musicale è un po’ troppo retrò per i miei gusti però propone sempre un’oretta piacevole anche per le orecchie, in più è aiutato dagli spassosi interventi di personaggi dei cartoni come Heidi o Hello Spank.
Come scrittore non l’ho mai frequentato, e forse è per questo che ancora mi piace. Anche perché, almeno stando a vedere questo film tratto proprio da un suo romanzo, non mi sembra sia in grado di tirar fuori chissà quali ideone o uno stile rivoluzionari. Questo film è davvero modesto, a dirla proprio tutta, e per quanto mi possa star simpatico il Volo è davvero difficile parlarne bene. Eppure, per quanto limitato, è comunque un film già più vedibile rispetto ad altre porcherie come La settimana peggiore della mia vita, o i cinepanettoni o i cinepieraccioni.
Lo so. In Italia dobbiamo sempre accontentarci del male minore, mentre anche solo nella vicina Francia escono figate a destra e a manca. Però, ao', se proprio proprio vogliamo farci del male e dobbiamo vederci una commediola italiana, meglio questa di altre. Fine delle parole positive nei confronti del film.
"Isabella, ma lo sai che ho fatto questo film solo per ciavarti?"
"Eh, ho capito Fabio. E adesso capisco anche perché tanta gente ti odia:
c'hai un po' il chiodo fisso, c'hai. E pure l'arterio!"
Il giorno in più è la quintessenza del fabiovolismo.
Un film con protagonista assoluto Fabio Volo, co-sceneggiato da Fabio Volo tratto dal romanzo omonimo di Fabio Volo.
...
Hey, perché siete scappati tutti?
Che silenzio.
...
Era dal 2008, quando questo blog doveva ancora occupare il suo spazio nel World Wide Web, che qui non calava un silenzio del genere.
Siete andati via tutti?
Non sono rimasti più nemmeno Spank, o Heidi, i suoi amici radiofonici? Nemmeno Torakiki?
...
Prendete pure il tram quanto volete, ma la Ragonese non la incontrerete mai...
Io comunque proseguo con il post, anche se ho come l’impressione di parlare al vuoto…
Fabio Volo a me sta simpatico, l’ho già detto. Perché? Perché è lui il primo a rendersi conto dei propri limiti e a scherzarci su. Non è, almeno non mi sembra, il classico tipo che ha avuto un po’ di successo e subito si crede di essere un Dio. Mi sembra sia consapevole del fatto che sia stato fortunato. Sì, magari può sembrare che esageri perché fa tutto: attore, scrittore, sceneggiatore, conduttore tv, deejay radiofonico… Al momento gli manca solo di fare la showgirl, ma prima o poi rimedierà pure in quel campo.
Sul piano cinematografico, Il giorno in più è poca roba. Devo anche dirlo?
In attesa che Fabio spicchi il volo e si decida a fare pure il regista (cosa che credo prima o poi credo capiterà), per adesso si è affidato a Massimo Venier, regista abituale dei primi film di Aldo, Giovanni e Giacomo, i loro migliori (non i pessimi ultimi), e anche del caruccio Generazione mille euro. Regia molto standard, comunque dignitosa.
La sceneggiatura fa invece acqua da tutte le parti. Come commedia romantica, il modello è quello americano. Una roba che vorrebbe essere un pochino indie e alternativa, magari un po’ alla (500) giorni insieme, invece finisce per essere una romcom tradizionale che persino Katherine Heigl la troverebbe troppo prevedibile e smielata per i suoi gusti.
...Fabio Volo invece sul tram potreste anche incontrarlo. Contenti?
E poi c’è la questione del Fabio Volo attore. Qui si limita più che altro a recitare la parte di se stesso, d’altra parte il romanzo da cui è tratto non sarà autobiografico in senso stretto, però il personaggio è molto ma mooolto fabiovolesco. Quindi, se odiate Fabio Volo, questo film sarà per voi un autentico calvario. Un martirio.
Io invece apprezzo il suo stile ironico, il suo modo di pensare (almeno su alcune cose), il suo non prendersi troppo sul serio e per me la visione non è stata perciò tanto faticosa.
Per il resto ci sono una discreta galleria di discreti caratteristi come discreti personaggi secondari, un paio di cameo illustri (?) come Luciana Littizzetto e Valeria Bilello, la caruccia Isabella Ragonese che Volo ha ingaggiato solo perché voleva chiavarsela (come fatto pure da Muccino Silvio per il suo ancor più pessimo Un altro mondo) e soprattutto spicca Stefania Sandrelli in versione mamma di Fabio Volo.
Quindi, anche se lo odiate, smettetela di imprecare contro sua mamma che se no ve la prendete con la Sandrelli in persona, ok?
Colonna sonora decente, ma scontatissima: “Fade Into You” dei Mazzy Star non l’ha mai usata nessuno per un momento romantico... no no Fabio Volo, sei tu il primo!
Il problema principale del film è proprio questo: è prevedibile, telefonato, scontato. Vorrebbe essere qualcosa di un pochino diverso all’interno del panorama delle commedie italiane, ma finisce solo per essere la scimmiottatura poco riuscita di una commedia americana.
(voto 4+/10
e il + è perché a me Fabio Volo sta simpatico, non odiatemi per questo! e comunque: perché vi sta tanto sulle balle?)
Potete anche vederlo in 3D se ci tenete, tanto questo film fa schifo lo stesso
Un altro mondo
(Italia 2010)
Regia: Silvio Muccino
Sceneggiatura: Silvio Muccino e Carla Evangelista
Cast: Silvio Muccino, Michael Rainey Jr., Isabella Ragonese, Maya Sansa, Flavio Parenti, Greta Scacchi
Genere: mucciniano
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Trama semiseria
Silvio Muccino è un ragazzo della Roma bene con un rapporto conflittuale con il padre. “Ma non è quanto ci aveva già propinato con la sua “opera” d’esordio Parlami d’amore?” vi starete chiedendo. Sbagliato: lì era un finto povero che finiva nella Roma bene, ma il rapporto conflittuale con il padre c’era uguale. Comunque un giorno Silvio (non Berlusconi, ma Muccino) riceve una lettera dal padre che non vedeva da anni in cui dice, ovviamente, di essere in punto di morte. E così Silvio (stiamo sempre parlando di Muccino, non di Berlusconi) parte per l’Africa e scopre di avere un fratellastro di colore di cui si dovrà occupare, visto che il padre nel frattempo schiatta. Una responsabilità enorme che lo farà maturare come persona, ma purtroppo non come regista e sceneggiatore…
Se Parlami d'amore l'ha fatto per farsi la Crescentini, questo l'ha fatto per farsi la
Ragonese. Ma provare a invitarle a cena risparmiandoci questi strazi di film?
Recensione cannibale
American Beauty ha fatto un sacco di danni. Uno dei film americani più belli (nel senso pieno del termine) degli ultimi anni ha generato un sacco di cloni che si sono ispirati sia a livello narrativo che stilistico, al cinema quanto nelle serie tv. Gente come i Muccino ne è però rimasta talmente segnata da rimanerne intrappolata (forse a vita) e mentre i loro personaggi sono vittime della sindrome di Peter Pan, loro due sono vittime della sindrome di American Beauty. Gabriele ha fatto la sua rilettura Italian Beauty con Ricordati di me, film comunque ancora piuttosto riuscito che proponeva peraltro un’interessante riflessione sul Velinismo, quindi ancora con Baciami ancora. Se già quello appariva fuori tempo massimo, adesso ci si mette pure il Muccino junior. L’inizio di questo Un altro mondo è infatti all’insegna della voce fuori campo che ci propone alcune riflessioni esistenziali (in questo caso risibili), accompagnate da una musica che chiamarla un plagio di quelle splendide composte da Thomas Newman per American Beauty è dire poco.
Eddaje 'sto bimbo rompicojoni. Quasi quasi lo elimino
dalla sceneggiatura che me rovina la scopata!
Dopo questa apertura, Silvio cerca di smarcarsi da questo modello. Peccato che finisca in un’altra, e ben più pericolosa, trappola: Muccino jr. infatti vuole omaggiare il fratello maggiore e il suo film peggiore, l’agghiacciante La ricerca della felicità. Per sua fortuna non si tocca il fondo di quei livelli di bassezza, però ne esce una pellicola comunque talmente ricca di retorica che mi immagino Veltroni mettere su questo DVD quando ha voglia di farsi una sega.
Rimanendo sul tema Sinistra, visto che poi mi si accusa di prendermela sempre e solo con Berlusconi, a questo film possiamo applicare una critica che qualcuno (non ricordo più chi) aveva rivolto a Nanni Moretti e al suo La stanza del figlio, dicendogli una cosa del tipo: “Se tu ti sposti un pochino, Nanni, magari ci lasci anche vedere un bel film.” Ecco, se in quel caso il protagonista oscurava un po’ troppo il resto della pellicola, qui avviene un po’ la stessa cosa, ma il caso è decisamente più preoccupante. Perché Silvio Muccino non è certo Nanni Moretti.
Come avevo già detto a proposito del suo primo film Parlami d’amore, io non ho niente contro Silvio Muccino, anzi mi è sempre stato simpatico fin dall’ottimo Come te nessuno mai, da lui pure co-sceneggiato. Peccato che sia rimasto ancora al liceo. Silvio Muccino è infatti quel compagno di scuola che invidi perché è così bravo a scrivere i temi e dice tutte quelle cose giuste nel modo giusto e ti sembra maledettamente bravo. Però da allora non si è più evoluto e le sue idee sarebbero valide al massimo come temini liceali, non per dei film veri e propri. Questo Un altro mondo ne è l’esempio più lampante: con un soggetto che parla d’Africa, del confronto tra diversi modi di vivere, del conflitto tra genitori e tra fratelli (vagamente alla Rain Man) era davvero difficile non fare un bel film, o perlomeno un film carino. E invece Muccino jr. è riuscito nell’impresa di fare una roba davvero indigesta, infarcita di dialoghi oltre, davvero oooltre il ridicolo, con meriti divisi con Carla Evangelista (in realtà sarà mica Linda Evangelista?), autrice del romanzo da cui è tratto, e pure recitata davvero male. Mi spiace dirlo, ma come attore Silvio è davvero poca roba e avrà anche preso lezioni di dizione e smesso di farfugliare come Jovanotti, però si fa sempre fatica a comprenderlo. Come già in Parlami d’amore, il Silvio ci regala poi la solita (gratuita) scena a torso nudo per farci vedere che ha messo su massa muscolare e un paio di altre (gratuite pure queste) scenone di sesso.
Se si addormentano loro, figuriamoci noi poveri spettatori...
In più con lui c’è anche il fratellino africano, un bambino dalla voce odiosa che, aiutato dai pessimi dialoghi scritti per lui da Muccino e Carla (Linda?) Evangelista, riesce a risultare (quasi) più odioso di Jaden Smith nel già citato La ricerca della felicità. Persino la povera Isabella Ragonese, che solitamente se la cava più che bene, è trascinata verso il basso da un copione simile.
L’impressione è che se evitasse di fare l’attore (che non è proprio il suo mestiere) e lo sceneggiatore (che le poche idee che aveva, così come il fratello, ormai le ha esaurite) e si limitasse a dirigere il suo tocco non sarebbe affatto male. La macchina da presa sa dove metterla, il senso del movimento l’ha preso dal fratello (che pure ne abusa) e insomma se si togliesse da davanti e ci lasciasse vedere il film, anziché lui, forse ne uscirebbe qualcosa di interessante.
Comunque va apprezzato il coraggio di Silvio Muccino, perché ce n’è va parecchio per presentare in pubblico un film del genere.
(voto 4)
(Muccino usa un pezzo di Bruce Springsteen in colonna sonora, ma l'effetto non è proprio quello di The Wrestler…)
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