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martedì 10 marzo 2015

A MOST VIOLENT YEAR, UN ANNO E UN FILM MOLTO VIUU-LEEENTI





A Most Violent Year
(USA 2014)
Regia: J.C. Chandor
Sceneggiatura: J.C. Chandor
Cast: Oscar Isaac, Jessica Chastain, David Oyelowo, Elyes Gabel, Catalina Sandino Moreno, Albert Brooks, Alessandro Nivola, Christopher Abbott, Pico Alexander
Genere: viu-lento
Se ti piace guarda anche: Margin Call, All Is Lost, Scarface, Due giorni, una notte

Non so proprio cosa passi per la testa al regista J.C. Chandor quando sceglie il tema da affrontare in un suo film. Il suo primo lavoro, Margin Call, è per me una delle migliori pellicole d'esordio degli ultimi anni. Margin Call parla di come l'attuale crisi economica è cominciata, a causa dei gomblotti architettati nel 2008 in quel di Wall Street. L'argomento finanziario può non interessare tutti, io non ne sono certo un patito, eppure il film riesce a spiegare tutto come se parlasse “a un bambino o a un golden retriever”. Inoltre, per quanto il mondo della finanza possa entusiasmare o meno, tratta di una questione con cui tutti abbiamo a che fare ancora oggi, perché la crisi ci ha toccato tutti. E con toccato intendo proprio in senso sessuale, visto che ce l'ha messo in quel posto.

lunedì 10 febbraio 2014

ALL IS LOST – TUTTO È... NOIA




Premessa
La lettura di questo post potrebbe risultare difficoltosa per i lettori più suscettibili. Si tratta infatti del resoconto di un’esperienza esistenziale estrema. Il reportage della mia visione del film All Is Lost. Un live blogging in presa diretta, in cui non si sa se alla fine l’autore, ovvero il sottoscritto Marco Goi aka Cannibal Kid, sopravviverà o meno.

All Is Lost – Tutto è perduto
(USA 2013)
Titolo originale: All Is Lost
Regia: J.C. Chandor
Sceneggiatura: J.C. Chandor
Cast: Robert Redford e basta
Genere: solitario
Se ti piace guarda anche: Cast Away, Vita di Pi, Gravity

Minuto 1
“Tutto è perduto. Mi spiace... So che significa poco a questo punto, ma mi spiace. Ho provato. Credo siate d'accordo che ci ho provato. Ad essere vero, ad essere... forte, ad essere gentile, ad amare, ad essere giusto. Ma non lo sono stato.” È con questa parole che inizia il film ed è con queste parole che inizia il mio viaggio in questa visione cinematografica. E' passato appena 1 minuto e l’idea che in questa pellicola mi aspetta ancora un’ora e 40 di Robert Redford solo su una barca e queste saranno le uniche parole pronunciate mi getta già nello sconforto più totale. Ma ci devo provare ad assere gentile, ad amare, ad essere giusto con questo film. Lo faccio per voi, cari miei lettori, lo faccio solo per voi.

Minuto 20
Nei primi 20 minuti, Robert Redford ha cercato di riparare la sua barca che si era rovinata dopo uno speronamento. Una lezione utile nel caso mi dovessi mai trovare in una situazione del genere. A parte questo non è che sia successo granché. Attenzione, però, adesso Robert Redford legge qualcosa. Cos’è, Playboy?
No, è solo una barbosa guida marittima o qualcosa del genere. Questo qua è noioso pure nelle sue letture, mannaggia a lui.

Minuto 23
Scena della pioggia. Finalmente un bel momento cinematografico, quasi poetico. Ci voleva il brutto tempo per gettare un raggio di sole su una visione fino a questo momento da martellate sulle palle.

Minuto 40
Robert Redford si trova in mezzo alla tempesta. Rischia di morire, ma tanto sappiamo che per almeno un’altra oretta dovrà sopravvivere, altrimenti il film come prosegue senza di lui? Con la barca vuota?
Oddio, in quel caso la visione non credo potrebbe diventare più noiosa di quanto è già. E almeno sarebbe una trovata originale.


Minuto 45
Visto che la sua barca è messa in condizioni davvero tremende, Robert Redford va su un gommone che manco a Lampedusa.

Minuto 55
Robert Redford assiste all’affondare della sua nave. In quel momento si rende conto di essere davvero fottuto. In quel momento capisce che l’idea della gita in barca da solo non è stata proprio furba. Startene tranquillo a casa a vederti il Super Bowl non credo ti sembri più un’idea tanto sciocca, vero Robert?

Minuto 63
Io ci sto provando a farmi coinvolgere dalla pellicola, ma proprio non ce la faccio. Basta, con questi film survival alla Cast Away! Basta spacciare queste flebo per dei capolavori o per delle pellicole innovative! Non lo sono. Sono semplicemente robe prive di idee, prive di sceneggiatura, che sì, ci sbattono in faccia in tutta la sua crudezza l’uomo che lotta per la sopravvivenza, però è sempre la solita storia. Questo All Is Lost è come Gravity, solo senza 3D e ancora più noioso.

Minuto 67
Il film non è nemmeno girato male, questo va detto. J.C. Chandor, autore di uno dei debutti migliori del cinema americano recente, Margin Call, ha un buon occhio e le sue riprese sono tecnicamente valide. Solo che più che un film sembra un documentario stile National Geographic. Questo sì. E poi c’è gente che dice la stessa cosa del capolavoro The Tree of Life… Sciacquatevi la bocca nel mare in cui è immerso il vostro amato Robert Redford, per favore.

Minuto 69
Dopo un’ora e passa a vedere un povero vecchietto solo in mezzo al mare, la sofferenza sale sempre di più. L’unico motivo di interesse a questo punto è vedere se questo povero disgraziato ce la farà alla fine a sopravvivere. Qualcuno lo recupererà? Arriverà a riva? Raggiungerà l'isola di Lost? Sandra Bullock pioverà giù dal cielo a salvarlo?
A dirla tutta, più che per la sorte di Robert Redford, sono preoccupato per la mia. Ce la farò ad arrivare alla fine del film sveglio? Ce la farò a non cadere in coma prima dei titoli di coda?

Minuto 72
Sono disperato.
Comincio a pensare che questo film sarebbe noioso anche se in mezzo al mare al posto di Robert Redford ci fosse Margot Robbie, quella di The Wolf of Wall Street, nuda che si sditalina per tutto il tempo.
Mmm… no beh, in quel caso probabilmente non sarebbe poi così noioso. Peccato che Robert Redford non somigli manco da lontano a Margot Robbie e semmai ricordi Gianni Morandi. Non proprio la stessa cosa.

"Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte... sì, ma dove? Al massimo posso prendere dell'acqua."

Minuto 74
Secondo Alfred Hitchcock, il dramma, il dramma cinematografico, è la vita con le parti noiose tagliate. Il dramma di questo film è invece che tutte le parti noiose non sono tagliate, ma anzi il film è composto UNICAMENTE dalle parti noiose.
Avete presente quando state guardando una pellicola che già conoscete e sapete quando ci sono dei momenti un po’ smorti in cui, in caso di bisogno, potete farvi una pausa bagno?
Ecco, in quel caso si tratta di una pausa pipì breve, in cui correte a fare i vostri bisogni per poi tornare veloci a vedere il film. Nel caso di All Is Lost, non c’è bisogno di correre. Prendetevi pure tutte le pause bagno che volete. Fate pure una pausa popò, non solo una pausa pipì, tanto vi avviso già che non vi perderete niente. A parte Robert Redford che lotta per sopravvivere, cosa che non so a voi ma a me non frega più di tanto, non c’è davvero nient'altro degno di nota. Nemmeno la colonna sonora, che in maniera piuttosto inspiegabile ha vinto il Golden Globe, si segnala particolarmente.

Minuto 75
Questo non è cinema. È una presa per il culo. Più che un film, è una prova per testare la sopportazione dello spettatore e in questo si può considerare un esperimento interessante. Qualcuno potrà dire che è una pellicola coraggiosa. Sicuramente ci va del coraggio da parte degli spettatori per immergersi in una visione simile. E ci va una grande forza di volontà per arrivare fino in fondo. Ma io ce la posso fare. Non manca molto.

Minuto 76
Dai che arriva una barca. È la salvezza.
Per Robert Redford?
Sì, anche, ma soprattutto per me povero spettatore. Sento che sta per succedere qualcosa, evvai!

Minuto 78
Niente. Robert Redford è talmente una palla che manco si son degnati di salvarlo. E a questo punto? Chi salverà me?

Minuto 81
Arriva un’altra barca. Dai, questa volta lo tirano su.

Minuto 82
No, niente nemmeno questi. Ma dove siamo, a Lampedusa veramente? Lo trattano peggio di un immigrato clandestino.
Gente, sì è vero, è Robert Redford, non certo uno dei miei attori preferiti, però non è mica Tom Hanks da trattarlo così come se fosse un appestato.
Probabilmente questa è una scelta legata a questioni di budget. Se dei marinai lo tiravano su dovevano impiegare altri attori, invece la produzione ha speso tutti i soldi per il contratto al mono espressivo Robert Redford e non c’è più spazio per nessun altro. Il solito vecchietto che toglie il lavoro ai giovani.

"Prima cosa da fare se riesco a tornare alla civiltà: mandare una lettera di protesta a Pensieri Cannibali."

Minuto 91
Arriva un’altra barca. La terza. Certo che la sceneggiatura di All Is Lost si spreca proprio, in svolte narrative sorprendenti. Questa volta lo salveranno?

Minuto 94
Il finale è una liberazione. Non sto a spoilerarvelo, perché anche voi dovete provare quest’esperienza di sopravvivenza cinematografica estrema. Anche voi dovete soffrire quanto io ho sofferto. Anche voi dovete arrivare fino alla fine.
Rispetto al resto del film, la conclusione comunque non è nemmeno tanto malaccio, furbetta e ambigua e giocata sul facile simbolismo religioso com’è. Almeno succede qualcosa e, se non altro, è una vera liberazione. Grazie Iddio. Finalmente è finito il film più noioso di tutti i tempi. Amen.
(voto 3/10)

martedì 6 dicembre 2011

Crisi economica? Ora saprete chi ringraziare

Oddio. Ci becchiamo le notizie economiche già su giornali e telegiornali (a parte Studio Aperto che parla solo di omicidi brutali alternati a immagini di cani, gatti & topa), e adesso dobbiamo sorbirci pure quell’esaltato del Cannibal Kid?
Quasi quasi lo preferiamo quando parla di Justin Bieber

E invece oggi vi tocca. Lezione di economia. In cattedra non 3monti, bensì una persona che (forse) ne capisce ancora meno: il prof. Cannibal “The Economist” Kid.

Margin Call
(USA 2011)
Regia: J.C. Chandor
Cast: Kevin Spacey, Paul Bettany, Zachary Quinto, Penn Badgley, Stanley Tucci, Simon Baker, Jeremy Irons, Demi Moore, Mary McDonnell, Aasif Mandvi
Genere: new economy, new cinema
Se ti piace guarda anche: Wall Street, Wall Street 2, Too big to fail, Inside Job, Tra le nuvole, In Good Company, Collateral

Margin Call è il film di oggi. Perché oggi per una volta non parleremo di teen, di lupi mannari o vampiri.
Hey, un momento. Forse di teen sì, visto che tra i protagonisti c’è Penn Badgley finalmente fuoriuscito da Gossip Girl. Ed hey, forse anche di vampiri. Di vampiri che invece del sangue ci succhiano i soldi. E forse pure di lupi.
Tra le prime scene, ce n’è infatti una cruciale in cui un giovane broker si infila le cuffie nelle orecchie e si ascolta una canzone chiamata “Wolves” dei Phosphorescent, il cui testo è decisamente simbolico e la musica diventa parte della narrazione filmica, in maniera analoga a quanto avviene alle canzoni di Aimee Mann in Magnolia.

mama there's wolves in the house
mama they won't let me out
mama they're mating at night
mama they wont make nice


trad.
mamma, ci sono i lupi alla porta
mamma, non mi faranno uscire
mamma, si accoppiano di notte
mamma, non sarà una cosa piacevole


Torniamo al film. Anzi, torniamo all’economia.
Per prima cosa: cos’è il “margin call”?
Certo che siete ignoranti come le capre, direbbe un certo Vittorio Sgarbi. Anch’io devo ammettere che prima di vedere questo film non lo sapevo. Adesso che ho visto il film non credo che le mie finanze ne beneficeranno più di tanto, però almeno mi sono fatto una mezza cultura in materia e la prossima volta non impedirò che qualche broker o banchiere me lo ficchi in culo, ma almeno saprò in che modo me lo ficca in culo.
La definizione economica di Margin Call comunque è la seguente:
"È la richiesta fatta all'investitore, da parte dell'intermediario in titoli, di integrare il quantitativo di contante o titoli di Stato depositato in garanzia presso lo stesso intermediario. Questa richiesta viene avanzata quando il variare delle condizioni di mercato rende insufficiente il margine disponibile a tutelare l'intermediario dalle perdite."

Ok. Anch’io non c’ho capito niente. Però il film in qualche modo rende la questione economica molto più semplice e immediata. Ce la racconta come se dovesse spiegarla “a un bambino o a un golden retriever”, così come fa il genietto Zachary Quinto (Sylar di Heroes, Spock dell’ultimo Star Trek e recente guest-star di American Horror Story) con Jeremy Irons, il mega direttore galattico della sua azienda che in realtà pure lui di economia non ne capisce una mazza.

Il film sembra avere un cast della madonna. Dico sembra perché se andiamo a rifletterci bene, i nomi altisonanti che spiccano negli ultimi tempi non hanno certo fatto tutti ‘sti filmoni e anzi stavano annaspando ai margini di Hollywood.
Kevin Spacey? Per lui i bei tempi di 7even, I soliti sospetti e American Beauty erano lontani da un bel pezzo.
Jeremy Irons? Finito a fare il Papa nella serie dei Borgias.
Demi Moore? In grado di far parlare di sé solo per il suo divorzio da Ashton Kutcher più che per i suoi (inguardabili) film recenti.
Paul Bettany? Oh my God, lui era quello passato nel giro di un paio di stagioni dall’essere una delle grandi promesse di Hollywood a robacce come Legion, Priest e The Tourist. Sì, ho detto proprio The Tourist!
Tutti i ruoli di merda da loro interpretati in questi ultimi anni? Cancellati come per magia e tutti sono tornati in forma strepitosa e con dei grandi personaggi, a parte forse giusto quello di Demi Moore che poteva essere approfondito meglio.

Insieme a loro ci sono anche un ottimo Stanley Tucci e qualche volto noto del piccolo schermo, come Simon “The Mentalist” Baker e le due nuova leve già citate: Zachary Quinto e Penn Badgley. Sono loro i due veri protagonisti di questa sorta di Odissea, un viaggio tutto in una notte alla Collateral dentro il più grande collasso della storia economica recente. Loro che sono due pesci piccoli, due poco più che stagisti di cui i pesci grossi, gli squali lupo, non sanno manco il nome, si ritrovano a dover fronteggiare la crisi della loro società che potrebbe portare a una crisi ben più di scala mondiale.

Sono loro i nuovi yuppie. Qualcuno di loro lotta per rimanere umano. Come Kevin Spacey che piange per la morte del suo cane, o uno Zachary Quinto che cerca nella musica un rifugio. Mentre Penn Badgley rappresenta bene lo yuppie zombie di oggi, svuotato del divertimento e del sogno della bella vita che animava i suoi “colleghi” anni ’80 come quelli interpretati da Michael J. Fox e Charlie Sheen per non parlare della variante milanese/berlusconiana/vanziniani degli Yuppies Boldi/Calà/De Sica/Greggio. Del loro edonismo non è che rimasta una pallida ombra e tutto ciò che si chiede il personaggio di Badgley è quanto una persona guadagni in un anno. Solo questo.

Questo film non è un documentario, eppure riesce a spiegare il perché la crisi economica mondiale è iniziata. Quasi come se fosse semplice farlo e lo fa proponendoci un tutto in una notte mozzafiato quanto raggelante, in grado di riportare alla mente lo splendido Collateral di Michael Mann. A firmare la notevole regia, in pieno stile new-american, e la ancora più notevole sceneggiatura, ricca di dialoghi di una profondità pazzesca e scene molto simboliche, è l’esordiente J.C. Chavez, uno che se non si brucia ci riserverà ancora un sacco di belle sorprese. Oh, se ce le riserverà!

C’è crisi dappertutto. Dappertutto c’è crisi. Che poi c’è sempre qualcosa per cui essere preoccupati. Ricordate per caso un periodo in cui potevamo dire: “Oh, adesso il mondo sta andando bene. Possiamo stare tranquilli.”
No, c’è sempre qualcosa. L’11 settembre. Bush. Berlusconi. L’Iraq. L’Afghanistan. Adesso c’è la crisi economica. Monti. La manovra. I sacr...
bueeeeeeeeeeeeh ueeeeeeeeeeh sigh sob
sob sigh

Non si può mai stare tranquilli. Quand’è che vanno bene le cose, nel mondo? Mai.
Guardiamo al passato come il protagonista della Midnight in Paris di Woody Allen e pensiamo che fosse meglio. Era sempre meglio. Magari è davvero così. Magari il mondo continua davvero a peggiorare. È questa la vera recessione. Peggioriamo sempre. Diventiamo esseri umani un pochino peggiori di chi ci ha preceduto. Siamo sempre più disposti a scendere. Scendere di livello, abbassarci ai compromessi, rinunciare a ciò che crediamo giusto perché in un periodo di crisi non si può stare ad ascoltare la propria coscienza e pensare troppo a cosa è giusto e cosa no. Ci dicono che dobbiamo fare in fretta. Bisogna sbrigarsi, correre. Dobbiamo lavorare, produrre, essere “responsabili”. Viviamo in un fottuto mondo di pazzi che si muovono alla velocità della luce, anzi no oggi bisogna dire dei neutrini, e in realtà sono tutti fermi.

I film e le serie tv in circolazione oggi possiamo dividerli in due grandi categorie: quelle che ci mostrano la realtà nuda e cruda e quelle che cercano di farci evadere da essa. Se Margin Call è la punta di diamante della prima categoria, delle seconde abbiamo un sacco di esempi, soprattutto seriali, con le varie saghe cinematografiche che raggranellano milioni su milioni di dollari ai botteghini e con le varie serie a tematica più o meno fantasy. A sorpresa, la definizione più azzeccata per la crisi l’ho trovata proprio in una di queste ultime, in una frase del nuovo telefilm favolistico Once upon a time:

“Noi li derubiamo, e loro derubano qualcun altro. Si chiama economia.”

Questa è la spiegazione breve. Se volete quella un po’ più lunga, guardate questo spettacolare film. Non vi smaronerà con noiosi dettagli economici. Non sarà come un discorso di Draghi o Monti. Vi dirà perché oggi c’è la crisi economica e perché una volta finita questa ce ne sarà un’altra e poi un’altra ancora.
No, non insistete: non ve lo dirò io il perché. Ci penserà Margin Call. Il film da vedere oggi per capire lo ieri e conoscere il domani.
(voto 8,5/10)

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