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martedì 7 luglio 2015

La risposta è nella colpa delle stelle





La risposta è nelle stelle
(USA 2015)
Titolo originale: The Longest Ride
Regia: George Tillman Jr.
Sceneggiatura: Craig Bolotin
Tratto dal romanzo: La risposta è nelle stelle di Nicholas Sparks
Cast: Britt Robertson, Scott Eastwood, Jack Huston, Oona Chaplin, Alan Alda, Lolita Davidovich, Melissa Benoist
Genere: sparkstico
Se ti piace guarda anche: Le pagine della nostra vita, The Best of Me, Adaline - L'eterna giovinezza

Caro Nicholas Sparks ti scrivo,
così mi distraggo un po',
e siccome grazie a Dio sei molto lontano,
più forte ti insulterò!

lunedì 10 marzo 2014

GIOVANI MAGHETTI RIBELLI




Giovani ribelli – Kill Your Darlings
(USA 2013)
Titolo originale: Kill Your Darlings
Regia: John Krokidas
Sceneggiatura: Austin Bunn, John Krokidas
Cast: Daniel Radcliffe, Dane DeHaan, Ben Foster, Jack Huston, Michael C. Hall, Elizabeth Olsen, David Cross, Jennifer Jason Leigh, Erin Darke
Genere: maledetto
Se ti piace guarda anche: L’attimo fuggente, Poeti dall’inferno, Wilde

In questo film, Harry Potter è un giovane ribelle...
buaahahahah
BUAHAHAHAHAH

BUAHAHAAHHAHAHAHAHA

Ok, lasciatemi riprendere un momento. Allora, dicevo che Harry Potter è un giovane ribelle…

BUAHAHAHAHAHAH

No, non ce la posso fare!
Sarebbe un giovane ribelle contro cosa, contro quel cattivone di Voldemort?
Il problema di Daniel Radcliffe è quello tipico di un attore che ha interpretato un ruolo talmente identificativo che poi ce l'ha davvero dura a staccarselo di dosso. Prendiamo ad esempio Mark Hamill.
CHIIIIII?
Ecco, appunto. Mark Hamill chiiiiiii?


Mark Hamill è meglio conosciuto come Luke Skywalker nella saga di Guerre stellari, per il resto cos’ha fatto?
Boh.
Per carità, tanto di cappello a lui che sarà ricordato almeno per una cosa nella vita. Mica è da tutti. Tornando al nostro protagonista di giornata, credo che Daniel Radcliffe sia destinato a fare la stessa fine di Hamill. Da un ruolo entrato nell’immaginario collettivo è anche possibile scostarsi. Leonardo DiCaprio ad esempio è riuscito, sebbene non senza fatica, a levarsi di dosso l’etichetta di teen idol che gli è stata appioppata con Titanic. Ci sono però due condizioni necessarie perché ciò avvenga:
1) Essere un ottimo attore
2) Compiere le scelte recitative giuste

Per quanto riguarda il punto numero 1, il nostro (nostro? diciamo pure vostro) Daniel Radcliffe non mi sembra proprio appartenere alla categoria. Imbambolato come pochi, ha solo due espressioni: una con gli occhialetti tondi e una senza occhialetti tondi.
Per quanto riguarda il punto numero 2, Radcliffe ci sta provando a staccarsi dai ruoli da maghetto sfigato, di questo gli va dato atto. Ad esempio in The Woman in Black aveva il ruolo di un padre. Peccato solo che apparisse del tutto inappropriato per non dire ridicolo in una parte del genere, visto che dimostrava (e dimostra ancora adesso) circa 8 anni. 9 al massimo. Persino come teen mom sembrerebbe troppo infantile.
Con Giovani ribelli – Kill Your Darlings, Daniel Radcliffe si lancia in una nuova difficile sfida, interpretando il ruolo del poeta della beat Generation Allen Ginsberg. Bene, un ruolo del tutto differente rispetto a quello nella saga di J.K. Rowling… O forse non del tutto?
Vediamo la trama del film. 

Harry, pardon Allen è un ragazzo che riesce a entrare in una prestigiosa scuola.
Hogwarts?
No, la Columbia University. Qui stringe amicizia con altri due studenti. Hermione e Ron?
No, purtroppo niente Emma Watson, in questo film, ma mannaggia. I suoi nuovi amichetti sono il futuro giornalista Lucien Carr e il futuro scrittore William Burroughs. Nella parte del primo c’è Dane DeHaan, quello di Chronicle, nella parte del secondo c’è Ben Foster. Loro sì due ottimi attori, sorry Potter. All’elenco dei membri del cast ci aggiungiamo pure la (quasi) sempre impeccabile Elizabeth Olsen che fa dimenticare lo scivolone nell’orrido remake americano di Oldboy, e Jack Huston di Boardwalk Empire, qua impegnato a ritrarre un Jack Kerouac più efficace di quello visto nel recente On the Road (sebbene in quel caso fosse un alter ego dello scrittore).
Inoltre nel corso del film Michael C. Hall (sì, Dexter in persona), dice ad Allen Ginsberg che potrebbe salvare il mondo. Proprio come quelli della scuola di Hogwarts facevano con Harry Potter. In pratica, alla faccia del cambio radicale di ruolo, questa pellicola è una specie di rilettura beat generation di Harry Potter. O qualcosa di simile.

"Non ti posso dare questo drink, Harry, se prima non mi mostri un documento."
Per altri versi, Giovani ribelli si dirige invece dalle parti del racconto di formazione, quello a metà strada tra L’attimo fuggente e Il giovane Holden, e in questo avvince e convince. Fa respirare l’eccitazione tipica dell’adolescenza, di chi scopre le cose per la prima volta, di chi entra in contatto con delle personalità ricche di carisma, di chi vuole lasciare una traccia importante nel mondo. Non per salvarlo, come Harry Potter, ma per cambiarlo a suon di parole con il proprio personale stile di scrittura.
Il regista John Krokidas riesce a rendere bene questo fermento culturale, attraverso inserti visionari e invenzioni stilistiche che ricordano Le regole dell’attrazione, un montaggio veloce e una colonna sonora che mixa il jazz del periodo con sonorità moderne di Tv on the Radio, Bloc Party e titoli di coda coi Libertines. La pellicola è un interessante esperimento che unisce un certo classicismo tipico del racconto di formazione tradizionale con un gusto post-moderno e, pur non raggiungendo i livelli sublimi di un Baz Luhrmann, è coraggioso abbastanza da farsi apprezzare. Tutto questo nella prima valida parte. Nella seconda spenta metà, il film si concentra invece su una vicenda dalle tinte thriller non particolarmente affascinante, accantonando il cuore della pellicola, ovvero il rapporto tra i protagonisti e la loro dirompente forza artistica e creativa.

La pecca principale della pellicola comunque sta in lui, Harry, volevo dire Daniel Radcliffe. Per quanto qui mi pare sia alla sua migliore prova interpretativa finora, non riesce ad annullarsi dietro al suo personaggio. Non riesce mai a diventare Allen Ginsberg e resta sempre un Harry Potter che cerca di fare il poeta maledetto. Un grave difetto, perché con un protagonista migliore ci saremmo trovati probabilmente di fronte a un gioiellino, mentre così abbiamo una pellicola “solo” gradevole, che comunque non è poco.
Kill your darlings?
No, kill Harry Potter!
(voto 6/10)

Non c'entra niente con il film, però questa foto è troppo fantastica e non potevo non condividerla con voi, miei adorati lettori.

venerdì 10 gennaio 2014

AMERICAN HUSTLE – JENNIFER LAWRENCE NON INGANNA, FORSE




American Hustle - L'apparenza inganna
(USA 2013)
Titolo originale: American Hustle
Regia: David O. Russell
Sceneggiatura: Eric Singer, David O. Russell
Cast: Christian Bale, Amy Adams, Bradley Cooper, Jennifer Lawrence, Jeremy Renner, Louis C.K., Jack Huston, Michael Peña, Shea Whigham, Alessandro Nivola, Elisabeth Röhm, Adrian Martinez, Robert De Niro
Genere: omni genere
Se ti piace guarda anche: Ocean's Eleven, Now You See Me - I maghi del crimine, Boogie Nights

Jennifer Lawrence, per fortuna di noi tutti, ha deciso di chiudere il duemilatredici ed aprire con la stessa prepotenza il duemilaquattordici, alla faccia di chi pensa ancora di poter non amare il Cinema e perfino di quel bollito del mio antagonista MrFord, capace di rinsavire alla vista delle tette, volevo dire delle qualità attoriali della Jennifer di noi tutti. Quando poi al suo fianco si schiera un altro attore cannibale di culto come Christian Bale, il successo è assicurato.
Ma sarà davvero così o l'apparenza di questo ingannevole nuovo film di David O. Russell rivelerà una sostanza non positiva come quella del suo più famoso lato, che lo scorso anno fu giustamente riconosciuto ai Globes e agli Oscar fino a venire inserito nella top ten cannibale di fine anno?
La parola ai fatti. Sempre che quelli che racconterò qui siano quelli realmente accaduti.

Jennifer Lawrence non è assolutamente una delle attrici più fighe dotate del panorama hollywoodiano.

"David O., mi hai ingannata: avevi detto che sarei stata la protagonista assoluta!"
Questa affermazione è chiaramente una truffa, di quelle così semplici da smascherare che perfino il vecchio Ford con i suoi neuroni ormai distrutti da anni di action movies riuscirebbe facilmente a smontare.
Ma esistono inganni ben più complessi ed articolati di questo, che si annidano ben bene in ogni sfumatura di American Hustle: il primo è quello che riguarda i distributori, che da bravi furbetti hanno confezionato un trailer pronto a far credere che la nostra Jennifer Lawrence, così come era stato per lo strepitoso Il lato positivo, sarebbe stata la protagonista indiscussa del nuovo lavoro di David O. Russell. E invece ci si siede comodi comodi in sala e si scopre che, per quanto straordinariamente figa dotata, la Lawrence finisce per essere un personaggio tutto sommato marginale, per quanto decisivo per la risoluzione della trama e lo scioglimento della tensione della pellicola, quando con marginale intendo troppo poco presente on screen.

Un altro inganno potrebbe essere quello del seno di Amy Adams, furbamente messo in evidenza dall'abbigliamento generosamente scollato che la pur brava interprete di The Master e The Fighter non può considerare, come non facciamo noi dall'occhio lungo del resto, al pari di quello della sempre presente, almeno in questo post, Jennifer Lawrence, che probabilmente abbigliata allo stesso modo avrebbe provocato un'impennata d'incassi alla pellicola. E non solo agli incassi.

Sfida tra scollature: chi ha la meglio?

Un altro dubbio ancora è senza dubbio quello protagonista della sequenza prenotata fin da ora come la più agghiacciante del 2014, che vede il parrucchino con riporto di Christian Bale, una cosa in grado di far impallidire perfino quello di Nicolas Cage, perfetta nel mostrare l'aspetto decisamente non gradevole del protagonista Irving Rosenfeld, esperto, ovviamente, di truffe di ogni genere.
E lo stesso antieroe interpretato come sempre alla grande dall'idolo cannibalesco Bale rappresenta a suo modo un altro inganno, considerata la sua natura ambigua che nella prima parte lo mostra come fosse la vera anima nera della pellicola per poi cedere il passo rispetto al cosiddetto buono, il Richie Di Maso di Bradley Cooper, che con il passare dei minuti tanto buono non pare più, se non fosse per quel finale che rimescola una volta ancora le carte.
Del resto, con le truffe va così, non siete d'accordo?

Sfida tra acconciature: chi ha la peggio?

"Visto che per questo film devo girare pochissime scene,
per ammazzare un po' il tempo vado a battere in strada..."
Ed è d'accordo anche David O. Russell, che confeziona un prodotto talmente ben fatto, recitato, fotografato, colonnasonorato da finire per risultare posticcio almeno quanto il parruccone di Irving/Bale, uno di quei film che non si arriva mai davvero bene a comprendere se si tratti di un fuoco di paglia o di una vera chicca. O almeno questo è quello che credo, ma ammetto che potrei essermi fatto troppo sconvolgere da una mancanza di Jennifer Lawrence troppo pronunciata, e dunque non aver colto la profondità del messaggio e del sibillino finale quasi scorsesiano.
Ma le truffe sono come la pesca sul ghiaccio, altra attività all'aria fin troppo aperta che andrebbe bene giusto per qualche aspirante Rambo fordiano ma certo non per il sottoscritto, e basta voltare le spalle un momento per finire a mollo a fare compagnia alla fauna ittica di un lago nordamericano, cosa che, date le temperature di questo periodo, potrebbe essere piuttosto nociva per la salute. Dunque questo American Hustle potrebbe rivelarsi una bella confezione vuota oppure una discreta visione, per quanto sia presente più una Amy Adams che non una Jennifer Lawrence.

Come in ogni truffa che si rispetti, dunque, starà allo spettatore decidere se farsi infinocchiare per benino, rimanere deluso o godersi una visione non memorabile ma comunque piacevole, un po' come rispetto a questo post.
Perchè, cari i miei cannibalini tutti, anche questo post è una truffa.
Potrei averlo scritto io, il mitico Cannibal Kid, oppure no.
Potrebbe averlo scritto Jennifer Lawrence.
O David O. Russell.
O purtroppo per noi tutti, potrebbe perfino averlo scritto Ford.
E in questo caso il ghiaccio comincerebbe a scricchiolare.
Cannibal Kid MrFord
(Voto 6,5/10)

"Vi abbiamo fregati, haha!"

sabato 15 giugno 2013

NOT FADE AWAY E LE BAND CHE NON HANNO FATTO LA STORIA


Avete presente i Rolling Stones?
Certo che sì, almeno se non siete dei marziani e forse pure in quel caso è probabile li conosciate comunque.
Bene, bravi. Prendete i Rolling Stones e metteteli da parte, perché questo film non parla di loro. Not Fade Away parla di un gruppo musicale, uno dei tanti, che nessuno conosce. Uno di quei gruppi che uno mette su da ragazzino e che poi non vanno da nessuna parte. Anche io ne avevo uno, ai tempi del liceo. Più che un gruppo vero e proprio, era solo un abbozzo di gruppo. Eravamo io e un mio amico e non siamo andati oltre la scrittura di qualche canzone e il tentativo (poi abortito) di imparare a suonare la chitarra. Ci chiamavamo Paranoid Androids, in onore del celebre pezzo dei Radiohead, e qui in esclusiva mondiale vi propongo il testo della nostra prima canzone, leggermente incazzosa: "Stupid Queen".

Paranoid Androids "Stupid Queen"
(lyrics by: Carlo & Marco)
You are a witch, ‘coz you’re a bitch
you are a star, you are so far
you’re sucking dicks, with your fuckin’ lips
you use Chanel, but you smell like hell!

(chorus)
And you feel like Marilyn
but you’re just a stupid queen

Your pussy is open, but your heart is broken
you’re very easy, but you’re always busy
your body smells, like the fire of the hell
your skirt is shirt, like all your flirts

(chorus)
And you think you’re Marilyn
but I think you’re a stupid queen

So you fuck for all the day, but you always make them pay
you want it bigger than a bus, to take it in your lonely ass

(chorus)
And you feel like Marilyn
but you’re just a stupid queen
and you want to kiss James Dean
but you’re always a stupid queen

So you’re adored,
‘coz you’re a whore

Scrivere canzoni si rivelava più che altro un modo piacevole per passare il tempo mentre i prof spiegavano le loro noiose lezioni. Oltre che un modo per migliorare il nostro inglese. I Paranoid Androids sono rimasti però giusto un tentativo di mettere su una band. Più in là nel tempo, una volta abbandonata ogni speranza di imparare a suonare in maniera decente la chitarra, mi sarei dedicato alla carriera solista, passando alla musica elettronica con il nickname Cannibal Kid che mi accompagna ancora tutt’oggi in qualità di blogger.
Tutta questa intro non necessaria per dire che la storia della musica è sì fatta dai gruppi che tutti ammiriamo e amiamo, ma è anche fatta di band sconosciute, di semplici ascoltatori appassionati che hanno tentato di suonare, magari con risultati non eccezionali. Proprio come la band protagonista del film di cui oggi vi vado a parlare.

"Grandi Rolling Stones! Ecco... noi non diventeremo mai come loro."
Not Fade Away
(USA 2012)
Regia: David Chase
Sceneggiatura: David Chase
Cast: John Magaro, Bella Heathcote, Jack Huston, James Gandolfini, Dominique McElligott, Meg Guzulescu, Christopher McDonald, Brad Garrett, Isiah Whitlock Jr.
Genere: rock band
Se ti piace guarda anche: Killing Bono, Nowhere Boy, The Runaways, Control, Sex & Drugs & Rock & Roll

Not Fade Away rappresenta l’esordio cinematografico di David Chase.
Avete presente David Chase?
No?
È meno grave rispetto a non conoscere i Rolling Stones, però significa che avete qualche lacuna nell’ambito delle serie tv. David Chase è infatti il creatore de I Soprano, serie che non ho mai amato più di tanto, ma comunque a sua modo storica. Saper fare grande tv non sempre significa anche saper fare grande cinema e questo film lo dimostra. Not Fade Away sarebbe un episodio pilota notevole per una nuova serie, mentre come pellicola cinematografica a se stante non funziona del tutto, sebbene una visione se la meriti tutta.


Come preannunciato nella intro, Not Fade Away racconta di un gruppo di ragazzi che nei favolosi anni ‘60 mettono su un gruppo che poi non diventerà celebre, ma ciò non significa che non abbia giocato un ruolo importante nella loro vita. Anche se non faranno il botto vero e proprio, la loro vicenda segue la tipica parabola raccontata in molte altre pellicole musicali su band un pochino più famose, da Nowhere Boy sui primissimi Beatles a Control sui Joy Division, da The Doors sui… The Doors a The Runaways sulle… The Runaways, finendo per ricordare soprattutto Killing Bono, la storia di una band vissuta all’ombra della popolarità dei maledetti U2.

"Uff, non scriverò mai una hit come gli Stones. E manco come PSY..."
La regia di David Chase è molto classica, di stampo televisivo (un televisivo buono, sia inteso), senza lampi particolari. Così come non dà il massimo il suo pupillo James Gandolfini, l’ex Tony Soprano che al cinema continua a collezionare un sacco di ruoli e particine varie, nessuna in grado di lasciare il segno.
Da tenere d’occhio invece i ggiovani del cast: il protagonista John Magaro qui ha un personaggio un po’ stronzetto e non ispira molta simpatia, però non se la cava male; Jack Huston finalmente abbiamo l’occasione di vederlo con tutta la faccia e con tutti e due gli occhi, mentre in Boardwalk Empire lo vediamo solo a metà e Bella Heathcote, nuova pupilla di Tim Burton che l’ha lanciata nel suo Dark Shadows, per adesso è più bella che brava a recitare, d'altra parte si chiama Bella mica Brava. Il tempo, comunque, così come per gli altri giovani promettenti attori, è dalla sua parte. Time is on my side, come cantano i Rolling Stones qui coverizzati dalla band al centro delle vicende del film, nella scena che più rimane impressa di tutta la pellicola. Yes it is.



"Ah Bob Dylan, vieni un po' qui a falciare il prato!"
Riguardo alla storia di questo gruppo, ci viene raccontata attraverso conflitti di personalità piuttosto tipici: il batterista canta meglio del cantante e quindi si trova a sostituirlo come leader del gruppo, l’ex cantante non la prende troppo bene e iniziano i problemi, soprattutto perché il batterista diventato cantante comincia a tirarsela manco fosse il nuovo Bob Dylan. Non manca naturalmente anche una storia d’amore, ma tutto resta troppo abbozzato. Proprio come questa band. Ha del potenziale, potrebbe fare grandi cose, però alla fine non ce la fa. Non le realizza. Stesso discorso per l’intero film. Parte bene, riesce a rendere quella che poteva essere l’eccitazione di mettere su una band rock’n’roll nel pieno degli anni Sessanta, comincia a coinvolgere nella vita dei suoi protagonisti, ma non riesce mai a decollare veramente.
Eppure va bene così. C’è bisogno anche di questo. Così come c’è bisogno di band che non fanno la storia della musica, a volte ci si può godere pure un film non del tutto riuscito e con un finale scemotto campato per aria. Una pellicola che non farà certo la storia del cinema, ma che riesce almeno a trasmettere una genuina passione per la musica. Non è poco. E poi, per fare un film davvero grande, l’esordiente classe 1945 David Chase ha ancora tempo.
Time is on my side, yes it is.
(voto 6,5/10)



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