Visualizzazione post con etichetta jacques audiard. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta jacques audiard. Mostra tutti i post

lunedì 25 maggio 2015

CANNES ED EUROVISION 2015: L'ITALIA CHE PERDE






Com'è finita al Festival di Cannes 2015 ormai lo sappiamo tutti. I tre moschettieri, il trio delle meraviglie, i Qui, Quo e Qua del cinema italiano Paolo Sorrentino, Nanni Moretti e Matteo Garrone non hanno vinto niente. Manco il premio per il miglior assistente in seconda, il miglior elettricista o il miglior stagista che porta i caffè sul set. Zero. È andata a finire come agli ultimi Mondiali: una disfatta totale.
In questo caso però non si parla di sport, bensì di arte. Qui si potrebbe aprire il dibattito sul fatto che anche alcuni calciatori possano essere considerati artisti, penso ad esempio a Zidane, ma lasciamo stare questo discorso. Sorrentino, Moretti e Garrone avranno altre occasioni per rifarsi. Non parlo della notte degli Oscar, bensì di quando i loro film passeranno al prestigiosissimo giudizio di Pensieri Cannibali.

martedì 13 novembre 2012

Mmm, che buon sapore di ruggine e ossa!

Un sapore di ruggine e ossa
(Francia, Belgio 2012)
Titolo originale: De rouille et d’os
Regia: Jacques Audiard
Sceneggiatura: Jacques Audiard, Thomas Bidegain
Tratto dalla raccolta di racconti: Ruggine e ossa di Craig Davidson
Cast: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Armand Verdure, Céline Sallette, Corinne Masiero, Bouli Lanners, Françoise Michaud
Genere: (non il solito) drammone
Se ti piace guarda anche: Quasi amici, La guerra è dichiarata, Fight Club

Dopo Quasi amici, ecco a voi Quasi trombamici.
Mi sorprende che per lanciare questa pellicola in Italia non si sia giocato sulle somiglianze con il mega successo Quasi amici. Sarà che quello era più orientato sul versante comedy, mentre questo va più in direzione drama.
Ad accomunare le due pellicole è la tematica dell’handicap e il modo in cui ci si approccia ad esso. Senza patemi o drammi eccessivi da parte della persona che si trova ad avere a che fare con il “diverso”, con il “malato”, con "l'handicappato". Così come lo scatenato Driss si prendeva cura a suo modo del tetraplegico Philippe in Quasi amici, qualcosa di simile succede anche qui, nel rapporto tra il buttafuori/addetto alla security/lottatore amatoriale Alain e la Stéphanie interpretata da Marion Cotillard. Solo che laddove quei due là erano quasi amici, loro sono appunto due quasi trombamici.
Fatta questa intro, torniamo indietro, all’inizio.

"Mi spiace, ma mi rifiuto categoricamente di chiamarti Willy..."
La pellicola parte con un giovane uomo single che se ne va in giro con il suo figlioletto, arrangiandosi e vagabondando qua e là. Al chè ti viene da domandarti: “Oh Cristo Mio Santo, sarà mica una menata o meglio una muccinata colossale come La ricerca della felicità?”.
No, perché poi entra in scena Marion Cotillard, la bella coinvolta in una rissa in discoteca, e allora ti viene da pensare al classico dramma della sgnaccherona che non è contenta di essere solo una sgnaccherona e vuole qualcosa di più dalla vita e invece no. C’è dell’altro. Marion Cotillard quando la sera non è per locali a smignotteggiare allegramente è un’addestratrice di orche.
Addestatrice di orche?
Fermi un attimo! Sarà mica una stronzatona stile Free Willy? E dico Free Willy, Cristo Mio Santo!
E invece poi succede
ATTENZIONE SPOILER
succede che Marion Cotillard ha un incidente, un incidente grave per colpa di una di quelle dannate orche Free Willy di ‘sta cippa, si risveglia in ospedale e… sorpresa! Niente più gambe.
Qui allora pensi: "Oooddio, il solito film sull’handicap da fazzoletto facile!".

"Smettila di insistere, che se no finisce che ti chiamo Porca l'Orca!"
Il film poteva cadere facilmente nella trappola del drammone. Ma poi ti rendi conto che alla regia c’è Jacques Audiard, uno che con il suo precedente Il profeta già aveva realizzato qualcosa di molto diverso dal solito prison-movie, o dal solito criminal-movie. E ti rendi inoltre conto che questo è un film francese e i francesi negli ultimi tempi sanno trattare le tematiche scomode in una maniera assolutamente non convenzionale. Il tetraplegico di Quasi amici, il figlioletto malato di cancro di La guerra è dichiarata, le teen moms incinte di 17 ragazze, la pedofilia di Polisse... e allora riprendi fiducia e più il film va avanti e più ti rendi conto che questo no, non è il solito drammone. Non è Free Fucking Willy. Questo è un film che sa scavarti sotto pelle, penetrarti fino alle ossa, andando a picchiare duro e facendoti male. Ma pure bene. Un dramma con una luce al fondo del tunnel. Una luce vera. Non le luci alla fine del tunnel della crisi che Monti vede da mesi, peccato che noi comuni cittadini mortali mica le riusciamo a vedere.



Andando a indagare oltre la conclusione della visione, come accade solo con i grandi film, quelli che ti hanno lasciato qualcosa dentro, quelli di cui vuoi sapere di più, ho scoperto che Un sapore di ruggine e ossa è tratto dalla raccolta di racconti Ruggine e ossa dello scrittore canadese Craig Davidson. Andando a ricercare ancora oltre, questo Craig Davidson è stato acclamato da gente come Bret Easton Ellis, Chuck Palahniuk e Irvine Welsh e insomma praticamente i miei sommi modelli letterari e allora ho cominciato a capire perché questo film mi è piaciuto tanto. Più che piaciuto, mi ha devastato tanto. Non è la stessa cosa: Ted mi è piaciuto. Un sapore di ruggine e ossa mi ha letteralmente devastato.
Ho capito anche che questo autore, questo Craig Davidson, me lo devo cercare, me lo devo leggere. Mi devo fare lacerare l’anima dalle sue parole. Se il libro è all’altezza del film. Se frasi come quelle seguenti di Ellis e Palahniuk:

“Queste grandiose, incantevoli storie di ragazzi nei pasticci rappresentano il miglior esordio che io abbia letto da parecchio tempo a questa parte.”
Bret Easton Ellis

“Davidson balla sulla linea di demarcazione tra commedia e orrore, crudeltà e misericordia. I suoi racconti sono provocatori e sconvolgenti.”
Chuck Palahniuk

non sono semplici frasi promozionali ideate dai loro agenti o da quei volponi di Einaudi per lanciare un nuovo fenomeno letterario e, se anche lo fossero, io ci sono cascato in pieno e questo Craig Davidson che credo non abbia nulla a che vedere con il cantante Craig David - Grazie, Cristo Mio Santo! - potrebbe diventare in scioltezza il mio nuovo scrittore preferito o qualcosa del genere.

Che poi uno a un certo punto si chiede il perché del titolo. E poi, a un altro certo punto, l’ho capito. Guardando il film, a un tratto in bocca ho sentito il sapore di ruggine e ossa. Non mi sono lavato i denti? Ho mangiato qualcosa di strano, tipo della ruggine o delle ossa?
No, non mi pare. Non recentemente.
Resta in piedi allora soltanto un’ipotesi: è colpa del film. È il film che mi ha fatto sentire il sapore di ruggine e ossa in bocca. Se vi sembra una cosa assurda e poco razionale, avete ragione: è una cosa assurda e poco razionale.

"Rifare il balletto di Gangnam Style è più difficile di quanto immaginassi..."
Spiegare il film in maniera razionale sarebbe anche possibile: si potrebbe parlare della performance superlatif di Marion Cotillard, dell’altrettanto fenomenale co-protagonista Matthias Schoenaerts (attore belga rivelazione di Rundskop, che devo ancora recuperare), della regia molto fisica di Audiard, sempre vicina ai suoi personaggi, talmente vicina da far male. Si può parlare anche di una sceneggiatura che prende la routine della vita dei protagonisti e ha degli scarti di poesia improvvisi, inattesi. E ancora si può citare una colonna sonora notevole e variegatissima, che spazia dall’elettronica a Bon Iver, da Lykke Li a Katy Perry
Ed è lì. Sulle note di “Firework” di Katy Perry, con Marion Cotillard che dimena le mani davanti a un’orca immaginaria, che ne hai la consapevolezza. Ti rendi conto di trovarti di fronte a un grande, grandissimo film, impossibile da rendere in maniera razionale. E ti rendi conto di avere i brividi sulla pelle e non è colpa di qualche assurdo provvedimento provinciale che vuole levare il riscaldamento. Non è il freddo. È proprio la scena, che è da brividi.
E, comunque, lo dico o non lo dico? Massì, lo dico: Marion Cotillard è un gran bel pezzo di f...emmina anche senza gambe.
(voto 9/10)


Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com