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martedì 14 luglio 2015

Jurassic Wow





Benvenuti nel Cannibal World, un mondo in cui si parla di cinema senza alcuna cognizione di causa e in cui tutto è possibile.
"Calma, gente. Nel Cannibal World c'è posto per tutti.
O quasi..."

mercoledì 26 novembre 2014

THE PRETTY ONE E LA DIPENDENZA DA FILM CON ZOE KAZAN





The Pretty One
(USA 2013)
Regia: Jenée LaMarque
Sceneggiatura: Jenée LaMarque
Cast: Zoe Kazan, Zoe Kazan, Jake Johnson, Ron Livingston, John Carroll Lynch, Frances Shaw, Sterling Beaumon, Danny Pudi
Genere: Zoe Kazan movie
Se ti piace guarda anche: The Lying Game, Switched at Birth, Ringer, Genitori in trappola, Quel pazzo venerdì

Non credo di essere una persona con particolari problemi di dipendenza. Le droghe non mi fanno del tutto schifo, ma non sono un tossicodipendente. Mi piace bere, ma non sono un alcolizzato. Se c'è da fumare fumo, ma non è che devo fumare sempre.
Non sono nemmeno un sessuomane – anche se qualcuno di voi probabilmente era convinto del contrario –, non gioco d'azzardo, non gioco ai video poker, alle slot machine e alle altre stronzate di macchinette mangiasoldi, e non sono dipendente da alcun cibo: sono quasi 3 mesi (per la precisione 89 giorni, ma chi li conta?) che il McDonald's non mi vede e credo abbia richiesto un ordine di sparizione, però ciò dimostra che non dipendo manco da quello.

Non credo insomma di essere una persona con particolari problemi di dipendenza. A meno che non si parli di serie tv o di film. Per quanto riguarda le prime, di recente sono stato vittima della visione ossessivo-compulsiva di tutte e 7 le stagioni di Sons of Anarchy in una manciata di settimane. La dipendenza d'altra parte è una caratteristica intrinseca di un buon telefilm, che ti porta a seguirlo puntata dopo puntata. La serializzazione ormai sta però coinvolgendo sempre più anche il mondo del cinema. Quando una pellicola non è già tratta da una serie letteraria, può sempre diventarlo. Quando un film ha successo, non è più solo un film, si trasforma in una saga.

Qualcosa di simile riguarda anche il mondo degli attori. Un attore a volte non è più solo un attore, ma diventa un brand per un certo tipo di pellicole. Zoe Kazan fa parte di questa categoria esclusiva. Come vi dicevo pochi giorni fa nella recensione di In Your Eyes, Zoe Kazan non gira semplici pellicole, gira dei veri e propri Zoe Kazan movies.
Cosa sono gli Zoe Kazan movies?
Se non li conoscete e quindi non ne siete ancora dipendenti, ma attenti che potreste diventarlo, si tratta di pellicole commedie indie hipster alternative, però comunque accessibili a chiunque, tutte super carine e con un'altra caratteristica in comune: per quanto siano in fondo delle romcom, hanno uno spunto di partenza fantasy, o comunque strano. Il primo esempio di Zoe Kazan movie è The Exploding Girl, il film che ha rivelato la giovane attrice al mondo, o perlomeno al mondo indie, che non ho ancora visto però credo rientrerà tra le mie visioni future. Poi ci sono il suo film (relativamente) più famoso Ruby Sparks, In Your Eyes di cui vi avevo appena parlato e What If di cui tratterò prossimamente. Attenzione pure a Olive Kitteridge, nuova deliziosa mini-serie della HBO in cui Zoe sbuca fuori pure lì.

E poi naturalmente c'è The Pretty One, il protagonista del post di oggi, sebbene per ora se ne sia stato buono buono, zitto zitto in un angolino. Com'è The Pretty One?
Proprio come il titolo preannuncia, è assolutamente pretty, carino. Specifico che il carino degli Zoe Kazan movies non è inteso in senso stucchevole, bensì nel senso più positivo e – come dire? – carino del termine. Gli Zoe Kazan movies sono film carini perché ti fanno sentire bene, ti fanno sentire meglio. Senza per questo sentirti preso per il culo o raggirato, come invece molte pellicole hollywoodiane paracule fanno.
Tra l'altro vi consiglio di stare doppiamente attenti a The Pretty One, perché non c'è una sola Zoe Kazan, ce ne sono 2, quindi crea una dipendenza doppia!

"Meglio Zoe Kazan o...
Zoe Kazan?"

Inoltre, questo non è solamente uno Zoe Kazan movie. È anche un Jake Johnson movie.
Chi è Jake Johnson?
È uno dei più simpatici e attivi rappresentanti della scena indie hipster americana attuale e lo avrete magari già visto, oltre che nella serie New Girl in cui si fa/faceva Zooey Deschanel, in pellicole come Safety Not Guaranteed, Drinking Buddies e Bastardi in divisa. In pratica, Jake Johnson è la versione maschile di Zoe Kazan e insieme in questo film sono PER-FET-TI-CAZ-ZO.


Riguardo alla storia raccontata in The Pretty One non voglio stare a raccontarvi troppo. Non si tratta di qualcosa di mai visto prima, eppure ha una sua originalità, una sua (doppia) personalità. Vi anticipo solo che tratta di due sorelle gemelle: una figa e sicura di sé, l'altra bruttina e stramba. Fino a che i loro ruoli non si scambieranno...


Ve l'ho detto. Non sarà qualcosa di mai visto o mai sentito prima, però il tema dell'identità, della copia, del doppio è affrontato in maniera sfaccettata e il modo in cui viene gestita la vicenda è molto... carina. Molto da Zoe Kazan movie. Se non sapete cosa ciò significhi, beati voi. Potrei consigliarvi di cominciare a guardare le sue pellicole, però sarebbe come darvi una bottiglia di whisky, una sigaretta o una siringa in mano. Potrebbe farvi diventare dipendenti e allora sarebbe colpa mia. Tutta colpa mia. Preferisco non prendermi una responsabilità del genere, considerando come già io per primo devo gestire il mio problema.

Non credevo di essere una persona con particolari problemi di dipendenza. Non lo credevo, fino a che non sono diventato dipendente agli Zoe Kazan movies. Se volete, procurateveli pure, ma solo a vostro rischio e pericolo. Io vi consiglio di non cominciare. Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete la famiglia; scegliete un maxitelevisore del cazzo; scegliete lavatrici, macchine, lettori CD e apriscatole elettrici. Scegliete la vita. Ma perché dovrei fare una cosa così? Io ho scelto di non scegliere la vita: ho scelto qualcos'altro. Le ragioni? Non ci sono ragioni. Chi ha bisogno di ragioni quando ha Zoe Kazan?
(voto 6,5/10)

domenica 23 novembre 2014

BASTARDI SENZA GLORIA, MA SE NON ALTRO IN DIVISA





Bastardi in divisa
(USA 2014)
Titolo originale: Let's Be Cops
Regia: Luke Greenfield
Sceneggiatura: Luke Greenfield, Nicholas Thomas
Cast: Jake Johnson, Damon Wayans Jr., Nina Dobrev, Rob Riggle, James D'Arcy, Andy Garcia, Natasha Leggero
Genere: cop-comedy
Se ti piace guarda anche: Poliziotto in prova, 21 Jump Street, 22 Jump Street

Ci sono dei film per ogni occasione. Ci sono persino dei film per quando stai male. O almeno, io ce li ho.
Quando sono a letto con la febbre, o comunque sono in modalità zombie afflitto da qualche grave male, ci sono dei tipi di visioni che preferisco e altre che invece secondo me è meglio evitare.
In genere, evito pellicole impegnative. A meno che non siano davvero molto impegnative e soprattutto visionarie. Guardare Inland Empire di David Lynch con 39 di febbre è un'esperienza che consiglio a tutti di provare, una volta nella vita. Attenti però a non restarci secchi, che potrebbe anche essere l'ultima esperienza della vostra vita.
Allo stesso tempo è meglio evitare anche film troppo tristi e soprattutto quelli che affrontano il tema della malattia. Se avete un semplice raffreddore, possono deprimervi così tanto da farvi pensare di essere in punto di morte.

Quando sono malato, il genere che preferisco gustarmi è allora quello dei filmetti disimpegnati e con un messaggio possibilmente positivo, che in altri momenti magari snobberei del tutto. Come si fa a individuare un film con un messaggio positivo, un cosiddetto “feel good movie”, ancor prima di vederlo?
In genere, salvo sorprese, le pellicole commerciali hollywoodiane sotto questo punto di vista non deludono quasi mai. Bastardi in divisa, ad esempio, in tal senso è l'ideale. Fin dal trailer è un filmetto prevedibile e scontato, una commedia action poliziesca già vista decine e decine di volte, che però alla fine si rivela capace di far pensare ad altro e ad alleviare il proprio dolore personale per un'oretta e mezza. Uno di quei film del tutto dimenticabili, ma che sul momento fanno sentire bene. Fanno sentire meglio.

"Ah, mi sento già meglio."
"Pensieri Cannibali è quasi più utile del medico della mutua!"

Bastardi in divisa è stato l'accompagnamento della mia ultima influenza. Come “feel good movie” ha portato a casa in pieno la pagnotta, meglio di tutte le Aspirine e Tachipirine del mondo. Ho iniziato la visione un po' scettico e l'ho terminata con il sorriso sulle labbra, benché a livello comico non è che sia una cosa così esilarante, e con qualche linea di febbre in meno. Chiamatelo effetto placebo o effetto buon umore, ma una risata in effetti può far star davvero meglio. E io che pensavo fossero solo delle teorie malate delle persone ottimiste.
Una volta riconosciuto ciò, il film va preso per quello che è: davvero una robetta con una sceneggiatura esilissima, alcune gag pseudo comiche piuttosto imbarazzanti, una regia piatta che non si segnala in alcun modo. A far funzionare la banale trama, che vede due sprovveduti trentenni improvvisarsi come agenti di polizia da un giorno all'altro, è il cast. I due protagonisti Jake Johnson e Damon Wayans Jr. arrivano entrambi dalla sitcom New Girl e i loro personaggi sono parecchio vicini a quelli della serie, tanto che si potrebbe immaginare Bastardi in divisa quasi come uno spinoff cinematografico a loro dedicato e che si sarebbe anche potuto intitolare New Boys. Come gnocca di turno a questo giro non c'è Zooey Deschanel, bensì Nina Dobrev, la tipa di The Vampire Diaries. Una che non sarà certo l'attrice del secolo, ma che invece sul titolo di figa del secolo potrebbe dire la sua. Attenzione però, perché quando c'è lei in scena la febbre ricomincia a salire. Chissà perché?


Lo spunto di fondo proposto da Bastardi in divisa è, se vogliamo, alquanto discutibile. Due tizi a cui non ne va bene mezza un giorno indossano la divisa da poliziotti e di colpo tutti li rispettano e tutte le donne impazziscono per loro. Sarà davvero così? Posso capire il fascino della divisa, ma in Italia non mi sembra che gli sbirri siano poi così tanto amati dalle masse...


Tralasciando questo aspetto, il messaggio finale del film non è tanto quello che se fai il poliziotto sei un figo, quando quello di lasciarsi andare, seguire la propria strada e le proprie passioni e...
Boh, ma che sto dicendo? Davvero mi è piaciuto questo filmetto?
Dev'essere stata tutta colpa della febbre!
(voto 5,5/10)

mercoledì 27 agosto 2014

CATTIVI VICINI, LA COMMEDIA CROSSOVER





Cattivi vicini
(USA 2014)
Titolo originale: Neighbors
Regia: Nicholas Stoller
Sceneggiatura: Andrew J. Cohen, Brendan O’Brien
Cast: Seth Rogen, Rose Byrne, Zac Efron, Elise Vargas, Zoey Vargas, Ike Barinholtz, Carla Gallo, Dave Franco, Halston Sage, Craig Roberts, Christopher Mintz-Plasse, Jerrod Carmichael, Lisa Kudrow, Hannibal Buress, Andy Samberg, Jake Johnson
Genere: crescere che fatica
Se ti piace guarda anche: Old School, 21 Jump Street, Gli stagisti, Animal House

Io non volevo solo partecipare alle feste. Volevo avere il potere di farle fallire.
Così diceva Jep Gambardella ne La grande bellezza. Così fanno anche Seth Rogen e Rose Byrne in Cattivi vicini. I due sono una giovane coppia che ha appena avuto una figlia. Da quando sono diventati genitori, la loro vita è cambiata. Sono stati costretti a diventare delle persone adulte, responsabili e serie. Più o meno. Quando nella casa accanto alla loro si trasferisce una confraternita universitaria, le cose per loro saranno però destinate a mutare di nuovo. I due parteciperanno a una festa dei nuovi vicini cool capitanati da Zac Efron e poi le cose sfuggiranno loro di mano, parecchio, e si troveranno così a voler vedere fallire i loro party.

Se pensate a una specie di versione americana della pellicola premio Oscar di Paolo Sorrentino, fermatevi subito. Cattivi vicini non è un film arty o d'autore. E' “solo” una commedia caciarona goliardica e volgare. Mi correggo: è La Commedia caciarona goliardica e volgare più divertente dell’anno. Così come ogni estate ha i suoi tormentoni musicali, più o soprattutto meno gradevoli, la stagione più calda (ma dove?) almeno negli USA è sempre segnata da una comedy che spinge un po’ più in là i limiti delle risate. Nelle scorse estati abbiamo avuto Una notte da leoni e Le amiche della sposa, quest’anno il film comico rivelazione è stato questo Cattivi vicini, costato appena $18 milioni e capace di incassarne in patria oltre $150 milioni. Meritati?
Sì, perché Cattivi vicini è un crescendo esplosivo di comicità paragonabile, per livello di esaltazione e goduria che a livello personale mi ha provocato, a Smetto quando voglio o (quasi) a The Wolf of Wall Street. La pellicola parte come film indie su una coppia alle prese con la routine di tutti i giorni, quasi una versione comedy di un altro lavoro recente sempre con Seth Rogen, Take This Waltz. Ben presto si entra invece in un’altra dimensione, tutt'altra dimensione, quella dei teen movies, grazie all’ingresso in scena di Zac Efron e dei suoi amici festaioli.

A questo punto si assiste a un doppio scontro. La prima battaglia è quella combattuta dal come al solito divertente Seth Rogen in coppia con una Rose Byrne da Oscar VS. uno Zac Efron convincente a livello recitativo come non mai. Sarà che la parte dello studente decerebrato e superficiale gli calza a pennello, chissà?
Dall’altra parte abbiamo invece uno scontro tra generi cinematografici differenti: la pellicola indie sulla vita di coppia VS. la pellicola adolescenziale. Un confronto non solo generazionale, ma filmico. Più che uno confronto, un mash-up riuscito, come il mix tra Missy Elliott e Black Keys “Get Ur Freak On Keep Me” suonato in una delle scene più deliranti della pellicola.



Cattivi vicini allora è proprio come questa canzone: una commedia crossover, un film destinato a piacere e a divertire sia i bimbiminkia come me che si esaltano con Project X e American Pie vari, così come un pubblico più adulto che ricorda con nostalgia Animal House. E magari pure Porky’s. Destinato a convincere tanto i giovani Cannibal Kid quanto (forse) i vecchi Mr. James Ford in egual misura.

Cattivi vicini sarà quindi ricordato come uno dei cult movie assoluti di questo 2014?
Solo il tempo ce lo dirà, ma di certo non gli manca nulla. Tre protagonisti in formissima, una colonna sonora bomba che mixa electro, hip-hop e rock, più una serie di scene esilaranti. Senza svelare troppo dico solo: Robert De Niro, mungitura umana e airbag.
Si potrà dire che non è un film che propone chissà quali contenuti, ed è vero solo in parte. Un minimo di riflessioni sulle difficoltà nel crescere e nell’accettare di non essere più dei teen ma delle persone adulte la pellicola le offre. Così come è facile identificare i rapporti problematici con i vicini ai propri, a meno che non abbiate vissuto tutta la vostra vita in un deserto. O a meno che non siate dei ricconi che vivono in una villa isolati dal resto del mondo e in tal caso non era mia intenzione offendervi e già che ci sono vi chiedo di fare una piccola donazione in favore di Pensieri Cannibali. Grazie.
Il merito principale del film in ogni caso è un altro ed è una qualità paradossalmente sempre più difficile trovare in una commedia: far ridere. Far morir dal ridere e divertire dall’inizio alla fine, come un party ben riuscito.
(voto 7+/10)

domenica 20 ottobre 2013

DRINKING BUDDIES, LA ROMCOM PER CHI AMA LA BIRRA




Drinking Buddies
(USA 2013)
Regia: Joe Swanberg
Sceneggiatura: Joe Swanberg
Cast: Olivia Wilde, Jake Johnson, Anna Kendrick, Ron Livingston, Jason Sudeikis, Mike Brune, Ti West, Joe Swanberg
Genere: alcolico
Se ti piace guarda anche: Smashed, Sideways, Separati innamorati, Something Borrowed

Negli ultimi tempi sto vedendo parecchi film in cui si beve un sacco: La fine del mondo, Grabbers, Smashed, volendo pure Gli amanti passeggeri…
Perché lo faccio? Un po’ per caso e un po’ per autoconvicermi di non essere poi così alcolizzato. Insomma, in queste pellicole c’è gente che beve davvero tanto, molto più di me, quindi io e il mio fegato per il momento possiamo dormire sonni tranquilli. Più o meno.
Se film del genere nel Regno Unito sono piuttosto comuni, negli USA la moda della pellicola alcolica credo sia stata sdoganata da Sideways – In viaggio con Jack, passando poi per qualche altro film indie come il citato Smashed fino ad arrivare a questo Drinking Buddies.
Drinking Buddies è stato inserito da Quentin Tarantino nella sua prestigiosa lista dei migliori 10 film del 2013, lista che negli ultimi giorni ha rettificato, dichiarando che il suo preferito in assoluto dell’anno è il thriller israeliano Big Bad Wolves. Adesso però non è che starò a parlarne bene solo perché è piaciuto all’idolo Tarantino, anche perché se no dovrei parlare bene persino di The Lone Ranger e, sebbene non l’abbia ancora visto, non ho tutta questa intenzione di farlo.
Quindi ne parlerò bene perché sono moralmente obbligato nei confronti di Dio Quentin o ne parlerò male per fargli un dispetto?
Nessuna delle due. Ne parlerò bene semplicemente perché mi è piaciuto.

"Cosa c'è in quella tazza, caffè?"
"Ma va. Birra!"
Drinking Buddies è un film piccolo, tranquillo, normale, in cui non succede un granché. La cosa più figa della pellicola è che i protagonisti bevono. Bevono sempre. In quasi ogni scena c’è almeno un personaggio, preferibilmente tutti, con in mano un bicchiere, preferibilmente di birra, ma nel corso dell’ora e mezza di pellicola che va giù tutta d’un sorso v’è spazio pure per shottini di rum, di tequila e pure per un po’ di vino.
L’altra cosa forse ancora più figa del film è che chi beve non viene trattato come un alcolista. Nei film e nelle serie tv americane, se un personaggio si fa una birra o un bicchiere di vino anche solo una volta ogni tanto, finisce immancabilmente col picchiare la moglie, i figli, o finisce per deludere tutti quelli che lo circondano, o finisce dagli alcolisti anonimi, o finisce per fare un incidente d’auto oppure ancora finisce morto stecchito.
Qui ATTENZIONE SPOILER no. Qui i personaggi bevono, bevono parecchio, ma la parola “alcolista” non viene pronunciata neanche una volta e l’alcol non viene visto come un problema. Semmai è un fattore di aggregazione sociale. FINE SPOILER

In questo film, l’alcool viene preso in considerazione per un’analisi sociologica. C’è una scena molto bella in cui in montaggio alternato ci vengono mostrati da una parte Olivia Wilde e Jake Johnson che bevono birra e si divertono in maniera cazzara, dall’altra Anna Kendrick e Ron Livingston che sorseggiano vino e si struggono in maniera seriosa.



"Problema con l'alcool?
L'unico problema che ho con l'alcool sono le persone che non bevono alcool."
Ecco, Drinking Buddies con questa sequenza ci mette di fronte a una grande verita: nel mondo esistono due tipi di persone. In realtà, esiste anche un’altra categoria, quella di chi non beve proprio. Allora diciamo che tra i bevitori, tra i consumatori di alcool, esistono due categorie principali: quelli che bevono birra e quelli che bevono vino. I primi lo fanno per divertirsi, per lasciarsi andare, meglio se accompagnando il tutto con del cibo spazzatura e della musica rock o ballabile; i secondi invece bevono per gustarsi il sapore del vino, magari accompagnato da un piatto prelibato e da un sottofondo jazzato. I primi sono più sciolti, i secondi più raffinati. Se per attitudine radical-chic dovrei appartenere alla seconda categoria, in realtà per quanto riguarda bevande e cibo faccio invece parte nettamente della prima categoria, quella di chi beve birra e predilige il junkie food.
Per carità, esistono anche gli intenditori di birra, quelli che se la vogliono gustare come se fosse un vino ricercato. Dalle mie parti c’è ad esempio un pub in cui il gestore prima di servirti una ricercatissima birra proveniente da qualche zona sperduta del mondo ti fa aspettare 30 minuti buoni perché deve spillarla per bene, lasciarla meditare, etc. Una cosa giustissima, assolutamente, ma se uno va di fretta e vuole solo bersi una birra e via, non è il posto migliore dove andare.
Cosa voglio dire con questo?
Voglio dire che la mia teoria che esistono due categorie di bevitori è una cazzata. Come sempre quando si cerca di ridurre tutto in categorie, la verità è più complicata di così. Volendo semplificare, comunque, ci sono tipi più da birra e tipi più da vino.

I protagonisti di Drinking Buddies sono tipi più da birra. Olivia Wilde e Jake Johnson lavorano in un birrificio, lei si occupa del marketing, lui della produzione, e la sera escono insieme agli altri colleghi per bere qualcosa. Bere birra, soprattutto. In pratica, tutta la loro vita gira intorno alla birra ed è difficile immaginare un lavoro e una vita più fighi.
Cosa succede, poi?
"Possibile che in tutte le foto del post stiamo bevendo?"
Niente di clamoroso. Drinking Buddies è una pellicola indie, intima, leggermente romantica ma nemmeno troppo, in cui non dovete aspettarvi chissà quali svolte. È tutto giocato sui dialoghi e sulle ottime interpretazioni dei protagonisti. Olivia Wilde finora l’avevo considerata solo un gran bel pezzo di fregna, però qui dimostra inedite capacità recitative e il ruolo da bevitrice accanita (non ho detto alcolista) le calza a pennello, così come Jake Johnson è sempre l’irresistibile cazzone che abbiamo imparato a conoscere e amare nella serie New Girl. Di molto non c’è altro, c’è qualche complicazione sentimentale, quando entrano in gioco anche i rispettivi compagni dei due protagonisti, la sempre brava Anna Kendrick e il sempre lagnoso Ron Livingston, e in una piccola parte da attore c’è pure il regista fenomeno dell’horror Ti West, però per il resto c’è solo una cosa a svettare su tutto e su tutti: la birra.
In Drinking Buddies c’è tanto alcool ingerito, quanto nelle pellicole di Quentin Tarantino ci sono sangue versato e “fuck” pronunciati. Forse è per questo che a lui è piaciuto tanto e forse è per questo che anche a me è piaciuto tanto questo piccolo grande nuovo cult del cinema alcolico.
(voto 7+/10)



venerdì 23 novembre 2012

Safety Not Guaranteed: una macchina del tempo non garantita da Cecchi Paone

Safety Not Guaranteed
(USA 2012)
Regia: Colin Trevorrow
Sceneggiatura: Derek Connolly
Cast: Aubrey Plaza, Mark Duplass, Jake Johnson, Karan Soni, Jenica Bergere, Mary Lynn Rajskub, Kristen Bell
Genere: viaggi nel tempo
Se ti piace guarda anche: Sound of My Voice, Frequently Asked Questions About Time Travel, Primer, Donnie Darko, Ritorno al futuro

Se poteste viaggiare nel tempo, in che epoca andreste?
Vorreste vedere il futuro?
Preferireste andare indietro fino ai tempi in cui c’erano i dinosauri? Dopo aver visto la pessima serie tv Terra Nova ne siete ancora convinti? Davvero davvero davvero convinti???
Io vorrei che il 21 dicembre il mondo non finisse e poi il 22 dicembre vorrei tornare indietro nel tempo all’epoca d’oro dei Maya, in modo da poter gridar loro: “Vi siete sbagliati, stronzacchioni!”. Spernacchiata veloce e poi, prima che Mel Gibson in versione Apocalypto mi sacrifichi al loro Dio, tornerei al presente come se niente fosse. Ecco quello io che vorrei fare, se avessi a disposizione una macchina del tempo.
Sul web una macchina del tempo comunque c’è e permette di andare veramente indietro nel tempo, e permette ad esempio di guardare com’era Pensieri Cannibali nel 2010

"Ma da che epoca sei arrivato con quella bandana?
Ormai non la porta più nemmeno il (presunto) blogger Mr. Ford..."
I viaggi nel tempo vanno parecchio forte al cinema. Oltre agli ormai super classici Ritorno al futuro, L’esercito delle 12 scimmie, Donnie Darko e aggiungiamoci pure Los Cronocrimenes, negli ultimi tempi stiamo assistendo a una vera e propria rifioritura di questo genere, personalmente uno dei miei generi preferiti, sebbene non possa essere considerato un vero e proprio genere, ma più che altro un sottogenere cinematrografico. Nel passato recente c’è stato Sound of My Voice, nel futuro prossimo vi parlerò di Looper con Joseph Gordon-Levitt e Bruce Willis (lo so per certo, visto che sono stato nel futuro e ho già letto il post sul film), ora è il momento di Safety Not Guaranteed.

ATTENZIONE SPOILER
Tutto parte da un annuncio messo da un tizio su un giornale. L’annuncio dice:

«Cercasi: persona per viaggiare indietro nel tempo con me. Non è uno scherzo. C.P. 322, Oakview, 93022 (CA). Sarà pagata dopo il nostro ritorno. Deve portare armi di sua proprietà. La sicurezza non è garantita. L'ho fatto una sola volta in passato.»

Un giornale di Seattle decide di mandare il suo miglior (ehm, forse) reporter a indagare su questa misteriosa vicenda e con sé lui si porta la stagista nerd e l’indiano nerd.
Nota sugli attori: i tre sono interpretati rispettivamente da Jake Johnson (da non confondere con il lagnoso cantante hawaiiano Jack Johnson), un attore che i seguaci della spassosa comedy New Girl conosceranno bene, quindi Aubrey Plaza, una sorta di versione in carne e ossa di Daria il cartone (il suo personaggio in questo film guarda caso si chiama Darius) nonché una delle tipe più indie del panorama indie americano attuale, grazie alle sue partecipazioni in Scott Pilgrim, Damsels in Distress e nella serie Parks and Recreation, e infine Karan Soni, che come potrete intuire dal nome è quello indiano.

"Perché mi guardate strano? Non intendevate questo
quando mi avete detto di controllare la mail?"
Quanto al tizio (ovviamente stralunatissimo e parecchio singolare) che ha scritto l’annuncio, è interpretato da Mark Duplass, che per fare la parte del tizio stralunatissimo e parecchio singolare c’ha la faccia giusta, per carità, però come attore non è che mi convinca molto.
In più, ci sono un paio di apparizioni che i più telefili adoreranno: Kristen Bell, ex Veronica Mars e ora in House of Lies, e Mary Lynn Rajskub, l’indimenticata piccola aiutante di Babbo Natale Jack Bauer in 24.

Andiamo avanti. Andiamo nel futuro. Quella che parte come una indagine su un (presunto) viaggio nel tempo, diventa una vera e propria esperienza on the road e, come in ogni buona (ma anche cattiva) pellicola on the road, i protagonisti matureranno e acquisteranno una nuova consapevolezza in loro stessi. Il tutto in appena una manciata di giorni.

"Daria Morgenchiii?"
Come presto scopriremo, Safety Not Guaranteed non è tanto, diciamo anche che non è proprio, una pellicola sci-fi. Lo spunto fantascientifico rimane a margine e il viaggio si tiene più che altro sui sentieri della commedia indie americana. Della più piacevole commedia indie americana. La sceneggiatura è ben orchestrata, è brillante, soprattutto nella prima parte ci spara fuori una serie di belle battute, mentre nella seconda si dirige su sentieri più sentimentali. Sentimentalmente indie, specifichiamo. Stile (500) giorni insieme o giù di lì. Perché, alla fine, il cinema indie è pur sempre molto sentimentale. Può mascherarlo con una passata di cinismo fin che vuole, ma il suo cuoricino pulsante prima o poi si fa sentire.
Più che un film sui viaggi nel tempo, una storia d’amore. Più che una pellicola fantascientifica, una commedia. Più che una storia per nerd, una storia su dei nerd, sull’essere diversi, ma senza per forza doversi umiliare cantando canzoncine pop ed entrare in un Glee club.

"L'ascolto del nuovo disco di Eros Ramazzotti mi fa venire
una gran voglia di sparare. Chissà perché..."
Presentato al Sundance Festival (dove, se no?), Safety Not Guaranteed è una piccola chicca di cinema indipendente di quelle che fanno sempre bene al cuore. Per quanto mi riguarda, gli manca giusto il guizzo, il colpo di classe registico, la scena davvero memorabile, in grado di trasformarlo in un cult assoluto, ma forse è solo colpa mia che ho visto troppi altri film di questo genere-sottogenere cinematografico.
Adesso allora sapete che faccio? Prendo la macchina del tempo e invece di usarla per andare a spernacchiare i Maya, torno indietro, a prima che vedessi Ritorno al futuro per la prima volta, e faccio vedere Safety Not Guaranteed al me stesso bambino di 6 anni. Il tutto senza farmi vedere dal me stesso bambino, altrimenti potrei creare un corto circuito nel continuum spazio temporale, distruggendo l’intero universo, grande Giove!
(voto 7+/10)

(grazie alla Cinefilante per la preziosa segnalazione del film!)

AGGIORNAMENTO, SCRITTO IL 23 NOVEMBRE 1988 (dall'Università di Pisa dove per primi in Italia hanno cominciato a usare la rete Internet):
Il me stesso bambino di 6 anni ha visto il film e gli dà come voto 10/10.


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