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domenica 23 novembre 2014

BASTARDI SENZA GLORIA, MA SE NON ALTRO IN DIVISA





Bastardi in divisa
(USA 2014)
Titolo originale: Let's Be Cops
Regia: Luke Greenfield
Sceneggiatura: Luke Greenfield, Nicholas Thomas
Cast: Jake Johnson, Damon Wayans Jr., Nina Dobrev, Rob Riggle, James D'Arcy, Andy Garcia, Natasha Leggero
Genere: cop-comedy
Se ti piace guarda anche: Poliziotto in prova, 21 Jump Street, 22 Jump Street

Ci sono dei film per ogni occasione. Ci sono persino dei film per quando stai male. O almeno, io ce li ho.
Quando sono a letto con la febbre, o comunque sono in modalità zombie afflitto da qualche grave male, ci sono dei tipi di visioni che preferisco e altre che invece secondo me è meglio evitare.
In genere, evito pellicole impegnative. A meno che non siano davvero molto impegnative e soprattutto visionarie. Guardare Inland Empire di David Lynch con 39 di febbre è un'esperienza che consiglio a tutti di provare, una volta nella vita. Attenti però a non restarci secchi, che potrebbe anche essere l'ultima esperienza della vostra vita.
Allo stesso tempo è meglio evitare anche film troppo tristi e soprattutto quelli che affrontano il tema della malattia. Se avete un semplice raffreddore, possono deprimervi così tanto da farvi pensare di essere in punto di morte.

Quando sono malato, il genere che preferisco gustarmi è allora quello dei filmetti disimpegnati e con un messaggio possibilmente positivo, che in altri momenti magari snobberei del tutto. Come si fa a individuare un film con un messaggio positivo, un cosiddetto “feel good movie”, ancor prima di vederlo?
In genere, salvo sorprese, le pellicole commerciali hollywoodiane sotto questo punto di vista non deludono quasi mai. Bastardi in divisa, ad esempio, in tal senso è l'ideale. Fin dal trailer è un filmetto prevedibile e scontato, una commedia action poliziesca già vista decine e decine di volte, che però alla fine si rivela capace di far pensare ad altro e ad alleviare il proprio dolore personale per un'oretta e mezza. Uno di quei film del tutto dimenticabili, ma che sul momento fanno sentire bene. Fanno sentire meglio.

"Ah, mi sento già meglio."
"Pensieri Cannibali è quasi più utile del medico della mutua!"

Bastardi in divisa è stato l'accompagnamento della mia ultima influenza. Come “feel good movie” ha portato a casa in pieno la pagnotta, meglio di tutte le Aspirine e Tachipirine del mondo. Ho iniziato la visione un po' scettico e l'ho terminata con il sorriso sulle labbra, benché a livello comico non è che sia una cosa così esilarante, e con qualche linea di febbre in meno. Chiamatelo effetto placebo o effetto buon umore, ma una risata in effetti può far star davvero meglio. E io che pensavo fossero solo delle teorie malate delle persone ottimiste.
Una volta riconosciuto ciò, il film va preso per quello che è: davvero una robetta con una sceneggiatura esilissima, alcune gag pseudo comiche piuttosto imbarazzanti, una regia piatta che non si segnala in alcun modo. A far funzionare la banale trama, che vede due sprovveduti trentenni improvvisarsi come agenti di polizia da un giorno all'altro, è il cast. I due protagonisti Jake Johnson e Damon Wayans Jr. arrivano entrambi dalla sitcom New Girl e i loro personaggi sono parecchio vicini a quelli della serie, tanto che si potrebbe immaginare Bastardi in divisa quasi come uno spinoff cinematografico a loro dedicato e che si sarebbe anche potuto intitolare New Boys. Come gnocca di turno a questo giro non c'è Zooey Deschanel, bensì Nina Dobrev, la tipa di The Vampire Diaries. Una che non sarà certo l'attrice del secolo, ma che invece sul titolo di figa del secolo potrebbe dire la sua. Attenzione però, perché quando c'è lei in scena la febbre ricomincia a salire. Chissà perché?


Lo spunto di fondo proposto da Bastardi in divisa è, se vogliamo, alquanto discutibile. Due tizi a cui non ne va bene mezza un giorno indossano la divisa da poliziotti e di colpo tutti li rispettano e tutte le donne impazziscono per loro. Sarà davvero così? Posso capire il fascino della divisa, ma in Italia non mi sembra che gli sbirri siano poi così tanto amati dalle masse...


Tralasciando questo aspetto, il messaggio finale del film non è tanto quello che se fai il poliziotto sei un figo, quando quello di lasciarsi andare, seguire la propria strada e le proprie passioni e...
Boh, ma che sto dicendo? Davvero mi è piaciuto questo filmetto?
Dev'essere stata tutta colpa della febbre!
(voto 5,5/10)

giovedì 20 marzo 2014

THE PHILOSOPHERS, I FIGOSOFI




The Philosophers
(USA, Indonesia 2013)
Titolo alternativo: After the Dark
Regia: John Huddles
Cast: Sophie Lowe, James D’Arcy, Rhys Wakefield, Katie Findlay, Bonnie Wright, Daryl Sabara, Jacob Artist, Erin Moriarty, Maia Mitchell, Freddie Stroma, George Blagden, Toby Sebastian, Hope Olaide Wilson, Cinta Laura Kiehl, Philippa Coulthard
Genere: filosoficheggiante
Se ti piace guarda anche: Confessions, Hunger Games, How I Live Now, The Tomorrow Series – Il domani che verrà

The Philosophers non è un film per filosofi. È una porcatona. Lo dico subito per mettere le cose in chiaro, che poi se no qualcuno magari si viene a lamentare perché ho consigliato un film da schifo. Io non lo consiglio. A me è piaciuto, però riconosco che è una stronzatona. Può quindi essere considerato un guilty pleasure, o un film vergogna se preferite. È una robetta girata con stile anonimo/televisivo, recitata maluccio da un branco di attori (quasi) conosciuti, nel gran miscuglione di generi che è (fantasy + sci-fi + drama + thriller + sottotrama romantica) spesso non capisce bene che direzione prendere, eppure The Philosophers riesce a essere una visione piuttosto intrigante e affascinante. Il merito va soprattutto a una sceneggiatura che non offre grossi punti di riferimento e riesce ad andare avanti senza farti sbadigliare, nonostante la sua struttura ripetitiva.

Di cosa parla, codesto film?
The Philosophers è incentrato su un gruppo di giovani filosofi, tutti belli e boni e fighi e fighe e persino intelligenti, studenti all’Università di una scuola internazionale di Giacarta, in Indonesia. Location scelta un po’ un po’ per fare gli esotici, un po’ perché gli indonesiani hanno finanziato in parte la produzione, e un po’ a casaccio, visto che la location geografica non è così fondamentale. La pellicola è infatti ambientata principalmente al chiuso, all’interno di una classe, come nel film francesce La classe solo che qui il contesto è molto meno realistico e più filosofico. Non c’è la vita reale, in pratica, ma si cazzeggia parlando di situazioni ipotetiche.
L’ultimo giorno dell’annata scolastica, il prof di filosofia Zimit mette alla prova i suoi studenti con un ultimo compito, un esercizio, o se preferite una gigantesca pippa mentale. L’esaltato e megalomane prof prepara un contorto e malato gioco di ruolo per quei fortunelli dei suoi studenti. Fa immaginar loro di trovarsi alle prese con un’ipotetica Apocalisse. Il mondo sta finendo, loro sono gli ultimi esseri umani rimasti e a disposizione hanno un bunker dove possono sopravvivere per un anno, al termine del quale uscire e occuparsi della ripopolazione del mondo. Il problema, Apocalisse a parte, è che nel bunker ci sono aria e vivere sufficienti per un anno solo per 10 persone, mentre la classe è formata da 20 studenti. Il giochino consiste quindi nello scegliere le 10 persone più indicate per ricostruire il mondo una volta fuori dal bunker. A ogni studente viene fornito un profilo diverso, chi è un ingegnere e chi è un poeta, chi un medico e chi è una cantante. In base a queste caratteristiche, viene stilata la top 10 di quelli che sopravviveranno. Quale saranno le scelte migliori?

Questo è lo spunto di partenza iniziale niente male del film, che poi si evolve in maniera nemmeno troppo malvagia. Una pellicola molto mentale, che a tratti cerca anche una via più sentimentale e qui è la parte in cui la sceneggiatura scricchiola di più. I personaggi presentati non hanno delle psicologie vere e proprie, nessuno riesce a creare un grosso coinvolgimento emotivo e anche gli attori non aiutano molto in questo, va detto. Il cast, come dicevamo poc’anzi, è composto da un branco di attori (quasi) conosciuti. Cosa volevo dire, con quest’espressione da filosofo ermetico, o se preferite con quest’espressione da scemo del villaggio?
Intendevo che i loro nomi non vi diranno un granché, però i loro volti da qualche parte magari li avete già visti.

Il nome di Bonnie Wright ad esempio vi dice qualcosa?
Probabilmente no, eppure di certo la conoscete, visto che è la rossa che ha avuto il coraggio di ciularsi Harry Potter.

"Harry Potter, sono diventata troppo figa per te.
Ho già i documenti per il divorzio pronti."

C’è Sophie Lowe. Anche il suo nome non vi dirà niente e probabilmente manco il suo bel ma inespressiv faccino, a meno che non abbiate avuto l’incoscienza di guardarvi quella cagata di spinoff di Once Upon a Time, ovvero Once Upon a Time in Wonderland, dove aveva il ruolo nientepopodimenoche di Alice nel Paese delle Meraviglie.


Quindi, in questo cast ricco di giovani di belle speranze ci sono anche Rhys Wakefield, il convincente cattivone dell’horror La notte del giudizio, qui parecchio più anonimo, e Daryl Sabara direttamente dalla rodrigueziana saga di Spy Kids.
Troviamo inoltre Katie Findlay, quella bella figliola vista nelle serie The Killing e The Carrie Diaries. Sempre dal piccolo schermo ci sono poi Jacob Artist di Glee, Maia Mitchell da quella robetta inguardabile di The Fosters, il valido George Blagden da Vikings ed Erin Moriarty, figlia zoccola ribelle di Woody Harrelson in True Detective.
Un cast interessante, seppure nessuno di loro brilli qui in maniera particolare e tutti recitino in maniera piuttosto scazzata, in cui l’unica nota davvero stonata è il prof, il personaggione misterioso che dovrebbe far fare il salto di qualità alla storia e che invece fallisce nel suo compito, complice un’interpretazione pessima di tale James D’Arcy.
Nonostante il livello qualitativo non proprio altissimo di recitazione e regia, la sceneggiatura tiene botta abbastanza bene fino quasi alla fine. Tenete pur sempre conto che si tratta di una porcatona, or dunque, ma di una porcatona che potrebbe anche vergognosamente piacervi.
(voto 6,5/10)

mercoledì 10 aprile 2013

HITCHCOCK, BRITISH PSYCHO


Hitchcock
(USA 2012)
Regia: Sacha Gervasi
Sceneggiatura: John J. McLaughlin
Tratto dal saggio: Come Hitchcock ha realizzato Psycho di Stephen Rebello
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, James D’Arcy, Jessica Biel, Michael Wincott, Danny Huston, Toni Collette, Michael Stuhlbarg, Kurtwood Smith, Ralph Macchio
Genere: famo un film
Se ti piace guarda anche: Psyco, Ed Wood, Episodes


Good evening.



Oppure, se state leggendo in altro momento della giornata diverso dalla sera: good morning, good afternoon o good night.
Questa sera, o quest'oggi se preferite, vi parlerò di Hitchcock. Hitchcock è un film su Alfred Hitchcock.
MA VAAA?

"Era dai tempi di Bianca come il latte, rossa come il sangue
che non leggevo qualcosa di tanto terrificante."
A dispetto del titolo, non è però un film su tutta la vita del grande cineasta britannico. Più nello specifico, si concentra sulla mitologica lavorazione di quello che è probabilmente il suo film più celebre: Psyco (o se preferite il titolo originale con la H di Horror, Psycho). Uno dei massimi capolavori nella storia del cinema, uno dei capisaldi del genere thriller horror, uno dei film più tesi e spaventosi mai girati, oggi tra l'altro tornato più che mai attuale grazie anche alla serie tv Bates Motel. Per chi è appassionato di cinema, questo Hitchcock è quindi una visione da non perdere. A livello cinematografico non è un film strabordante, d’altra parte il regista mica è Hitchcock ma è tale Sacha Gervasi chiiiiiiiiiiiiiiii?
Se il livello cinematografico non è eccelso, ma è comunque piuttosto buono, chi ama il mondo del cinema si trova in ogni caso di fronte a una vicenda tra le più intriganti, avvincenti e ricche di aneddoti che il mondo dei dietro le quinte ricordi. La lavorazione di Psyco è stata infatti parecchio travagliata. Uno pensa al film e immagina che tutto sia andato liscio, che i produttori non potevano far altro che innamorarsi di un progetto del genere, che tutti avrebbero dato carta bianca al regista, che pure era già uno dei più importanti del mondo, e invece le cose non sono andate in maniera così liscia. Non sono andate per niente, in maniera liscia.
Dopo il flop (ebbene sì) di La donna che visse due volte – Vertigo, in seguito riconosciuto come uno dei sommi capolavori della settima arte, e il successo di Intrigo internazionale, Alfred Hitchcock era alla ricerca di una nuova stimolante sfida. Girare un film su un certo agente 007? Nah. Meglio rischiare con un thriller ispirato alla figura del serial killer Ed Gein in cui la protagonista viene fatta fuori a sorpresa nella prima parte.

"Congratulazioni per la gravidanza, Mister Hitchcock.
Sarà un maschio o una femmina?"
"Grrr! Congratulazioni a te, mi hai appena fatto
venire l'ispirazione per la scena della doccia."
Siamo nel 1959 e il progetto di un thriller, che oggi apparirebbe piuttosto nella norma, era qualcosa per l’epoca di davvero assurdo. Hitchcock sentiva però che era quello che doveva fare, a quel punto della sua carriera. Ce l’avrà fatta?
La risposta ovviamente la conosciamo già, ma è davvero affascinante assistere alla nascita e alla lavorazione di Psyco, attraverso tutte le sue fasi. Dall’indecisione iniziale da parte della moglie di Hitch, la come al solito impeccabile Helen Mirren, alla scelta del cast, con Scarlett Johansson ottima Janet Leigh e Jessica Biel che ci regala una odiosa Vera Miles. Quindi ci sono i problemi con la censura dell’epoca, che non vedeva di buon occhio alcune scene, in particolare quella della doccia. Ed è qui che la pellicola offre uno dei momenti più curiosi: ci fa vedere com’è stata girata la storica sequenza. Tutto merito di quel genio di Hitchcock?
Non esattamente, visto che un ruolo decisivo lo giocano pure le musiche di Bernard Herrmann che il regista all’inizio manco voleva inserire in quella sequenza…
E, se ve lo state chiedendo, e so che ve lo state chiedendo: no, non si intravede manco mezza tetta di Scarlett Johansson. Ma tanto, grazie all’hacker martire Christopher Chaney, avevamo già potuto ammirare le sue grazie in tutto il suo splendore.



IMMAGINE CENSURATA (oh, non voglio mica finire in galera per dieci anni pure io)

"Piaciuta la mia foto nuda, brutti pervertiti?

"La Thatcher è morta? Oh, no! Ora mi tocca sorbirmela pure quassù..."
Più che un filmone di per sé, questo Hitchcock è allora una chiccheria ricca di aneddoti e curiosità, da poter poi sfoggiare con gli amici per fare i fighi e quelli che la sanno lunga sulla lavorazione di uno dei film cardine del cinema. Allo stesso tempo è anche un modo, non riuscito fino in fondo, per provare a penetrare nella mente del regista e avvicinarsi a un personaggio davvero singolare, egotomane e imponente, fisicamente e non solo, interpretato da un ottimo Anthony Hopkins. L’attore diventa Hitch. Non offre solo un’imitazione come quella di Beppe Fiorello alle prese con Domenico Modugno nella fiction Volare. Certo che anche io, andare a paragonare un’interpretazione di Sir Anthony Hopkins a una di Beppe Fiorello… Che ci volete fare? Pure a me come a Hitchcock piace shockare e sorprendere il pubblico. E cosa c’è di più spaventoso di Beppe Fiorello che recita?
Adesso andate a dormire e fate sogni d’oro, se ci riuscite.
Good evening.
(voto 6,5/10)

Post pubblicato anche su The Movie Shelter.


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