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martedì 16 febbraio 2016

The End of the Tour (non de France)






The End of the Tour
(USA 2015)
Regia: James Ponsoldt
Sceneggiatura: Donald Margulies
Ispirato al libro: Come diventare se stessi di David Lipsky
Cast: Jesse Eisenberg, Jason Segel, Anna Chlumsky, Mamie Gummer, Ron Livingston, Joan Cusack, Mickey Sumner
Genere: letterario
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Non sono molti i film che mi fanno venire voglia di leggere un libro. Se ho visto la versione cinematografica e ormai conosco già la storia che racconta, non sono troppo incentivato a recuperare anche il romanzo. Capita solo nel caso di pellicole che ho amato davvero ma davvero tanto, come Il giardino delle vergini suicide, Amabili resti o Trainspotting, per dirne qualcuno. Di rado capita invece con i thriller, come L'amore bugiardo. Per quanto mi sia piaciuto il film, una volta che so i colpi di scena e come va a finire, cosa me ne faccio del libro, per bello che possa essere?
Ci sono poi quelle pellicole che non mi sono piaciute e tutti mi dicono: “Sì, ma leggiti il romanzo che è molto meglio”. E io ci credo pure, ma se il film m'ha fatto schifo m'è passata del tutto la voglia di fare un tentativo letterario.

lunedì 8 luglio 2013

QUESTI SONO I 40 (ANNI, NON LADRONI)




Questi sono i 40
(USA 2012)
Titolo originale: This Is 40
Regia: Judd Apatow
Sceneggiatura: Judd Apatow
Cast: Paul Rudd, Leslie Mann, Maude Apatow, Iris Apatow, Megan Fox, Charlyne Yi, Chris O’Dowd, Lena Dunham, Jason Segel, Albert Brooks, John Lithgow, Melissa McCarthy, Ryan Lee, Robert Smigel, Graham Parker, Billie Joe Armstrong, Ryan Adams
Genere: Apatow
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I 40enni sono i nuovi 30enni. I 30enni sono i nuovi 20enni. I 20enni sono i nuovi bimbiminkia. E i bimbiminkia possono marcire all’inferno.
Questi sono i 40 parte come sequel/spinoff di Molto incinta. Avete presente quella commedia con Katherine Heigl che si fa mettere incinta, ebbene sì, da Seth Rogen? Bene, dimenticatevi di loro due, visto che loro due qui non ci sono più, nemmeno per una comparsata veloce. Non appaiono manco un secondo, che ingrati!
I protagonisti sono invece i loro amici, Pete e Debbie, al secolo conosciuti come gli attori Paul Rudd e Leslie Mann. Se avete visto Molto incinta bene, sapete già più o meno cosa aspettarvi da questo film, se invece non l’avete visto male, perché vi siete persi un’ottima commedia, ma vi va comunque bene perché potete gustarvi lo stesso questo This Is 40. Si tratta infatti di una pellicola del tutto indipendente, anche se comunque va inquadrata all’interno del corpus di opere di Judd Apatow.

Il regista e sceneggiatore americano, definito da qualcuno tra cui me il nuovo king of comedy, ha uno stile tutto suo e i suoi film alla fine sono un po’ tutti uguali. Judd Apatow è un autore che bene o male ripete sempre la stessa storia, gli stessi personaggi, le stesse ossessioni e le stesse tematiche (soprattutto la paura di invecchiare). Come un Woody Allen meno intellettualoide, meno newyorkese e più middle class e sboccato. Judd Apatow va dunque preso come Autore, non Autore serio magari, anche se un film come il suo precedente sottovalutato Funny People in particolare era velato di un notevole alone di malinconia, piuttosto va considerato un Autore comedy. Professione del tutto rispettabile. In Italia come autori comedy abbiamo Leonardo Pieraccioni e Alessandro Siani, negli USA Apatow. Direi che a loro va un po’ meglio.

Non è difficile vedere Questi sono i 40 come un film autobiografico. Non che io conosca Judd di persona e possa dire che la sua vita è davvero così, però considerando come nel cast ci siano sua moglie Leslie Mann e le sue figlie Maude (quella fissatissima con Lost) e Iris Apatow, possiamo presumere che la parte affidata al protagonista Paul Rudd possa rappresentare un suo alter-ego. Paul Rudd è una versione un po’ più figa del vero Judd Apatow, ma d’altronde è sempre così, nei film. Nei film sono tutti più belli e cool che nella realtà.
Più che una pellicola di fiction vera e propria, sembra allora di assistere a un documentario romanzato di quella che potrebbe essere la vera vita di Apatow con la sua famiglia. Alcune gag probabilmente sono prese da momenti di suo vissuto personale. Sarà così o non sarà così, fatto sta che questo This Is 40 appare più sincero e vero di molte commedie, e non solo commedie, in circolazione.
Altro merito mica da poco è quello del divertimento: il film a me ha fatto ridere, ridere un sacco. Tra le note positive, ci metto poi dentro anche il buon utilizzo della colonna sonora, in cui svetta una canzone inedita di Fiona Apple, “Dull Tool”, perfetto accompagnamento dei momenti più intensi e drammatici del film. Non preoccupatevi, non troppo drammatici, siamo comunque in una commedia cazzona di Judd Apatow.



La musica gioca sempre un ruolo fondamentale nei films di Apatow, soprattutto qui dove il protagonista possiede una piccola (e sfigata) etichetta discografica e, oltre alla canzone della Fiona Mela, possiamo assistere anche alle comparsate in carne e ossa dei cantanti Graham Parker, Ryan Adams e Billie Joe Armstrong dei Green Day.
E poi…
Non l’ho ancora nominata?
Non volevo bruciarmela subito…
Di chi sto parlando?
Ma di Megan Fox, naturalmente.
In questo film c’è Megan Fox! E che parte fa?
Che parte volete le facciano fare, se non quella della strafiga?
Per la serie: “Faccio un film e lo faccio per realizzare le mie fantasie personali”, Judd Apatow si e ci regala una scena in cui sua moglie Leslie Mann mette le sue mann sulle tette di Megan Fox.
Judd, confessalo, hai realizzato il film solo per girare questa scena, vero?
Bravo, così si fa!


Ma tranquille, gentili lettrici, perché c'è una scena sexy anche con Paul Rudd...


"Ho chiuso il PC perché non ce la facevo più a reggere le stronzate cannibali."
Tra le altre guest-star del film ci sono poi l’irlandese sempre più lanciato Chris O’Dowd e Lena Dunham, la protagonista di Girls, serie cult in cui Apatow figura tra i produttori. Perché il king of comedy non si limita a mettere su pellicola i suoi (e non solo suoi) sogni erotici personali, ma ha pure una cricca di amici/collaboratori/comici abituali che produce e sostiene.
Bravo, così si fa (parte seconda)!

Fino a ora tutto bene e io la recensione la chiuderei pure qui, perché la visione scivola via in maniera del tutto piacevole nonostante le due ore di durata, di solito eccessive per una commedia, ma che qui non pesano per nulla. Sono due ore e passa di intrattenimento puro. Visto che però fino a ora questa più che una recensione sembra un lungo pompino fatto ad Apatow, facciamo allora anche due critiche, va là, se non vogliamo essere criticati a nostra volta e passare per faziosi.
"Dai, chiudiamolo anche a noi e cominciamo a vivere per davvero!"
"Ma che sei scemo?"
Il difetto principale del film è che non presenta una trama molto articolata, svolte particolarmente inventive, soluzioni geniali o idee davvero forti. Questi sono i 40, come si può immaginare dal titolo, ci presenta una coppia di neo quarantenni alle prese con le difficoltà di essere dei neo quartantenni. Niente di più e niente di meno.
Chi si aspetta una commedia rivelazione o qualcosa di diverso dal solito Judd Apatow style, rimarrà deluso. Chi invece si aspetta un film Judd Apatow style con una serie di dialoghi al fulmicotone (da godere preferibilmente in lingua originale), scenette spassose, un linguaggio sboccato ma niente di poi così volgare e una leggera, leggerissima riflessione sugli anni che passano, avrà di che gioire.
Questi sono i 40. Questo è Judd Apatow. E, sì, questa è una recensione pompino.
(voto 7/10)

Post pubblicato anche su L'OraBlù, abbinato a un nuovo poster realizzato da Indie Brett/C[h]erotto.




martedì 2 ottobre 2012

Il fidanzamento e la commedia più lunghi del mondo

"Oh mamma! Non sapevo che Cannibal si fosse messo anche a cucinare torte..."
The Five-Year Engagement
(USA 2012)
Regia: Nicholas Stoller
Cast: Jason Segel, Emily Blunt, Rhys Ifans, Chris Pratt, Alison Brie, Lauren Weedman, Dakota Johnson, Mindy Kaling, Kevin Hart, Randall Park, Molly Shannon
Genere: five-year comedy
Se ti piace guarda anche: Non mi scaricare, In viaggio con una rock star, Le amiche della sposa

Cinque anni di fidanzamento ufficiale vi sembrano troppi?
Vero, però c’è qualcosa che sembra ancora più lungo: 2 ore e 10 di commedia.
Questo The Five-Year Engagement sembra mettere alla prova lo spettatore in maniera analoga a quanto fanno i due protagonisti l’uno con l’altra: lui (Jason Segel) chiede a lei (Emily Blunt) di sposarlo. Lei dice sì.
Non è uno spoiler. Laddove in molte commedie romantiche questo è lo step finale, il grandioso happy ending, qui la scena avviene subito all’inizio del film. Possiamo parlare di happy beginning?
Bene per i protagonisti, male per lo spettatore. Il film comincia con questa coppia felice e tu sei felice per loro, però che palle. Non c’è niente di meno interessante a livello cinematografico di una coppia felice.
Oddio, qualcosa di meno interessante lo si può anche trovare… il film La talpa, ad esempio.
Certo però che non è comunque il massimo, partire con un happy beginning. Una storia interessante di solito comincia con un conflitto, con un problema da affrontare e da risolvere. Ma se ‘sti due piccioncini qua sono già destinati a vivere per sempre felici e contenti, il bello della fiaba ‘ndo sta?

"Sì, mi sa che questa schifezza l'ha preparata proprio lui...
Meglio far finta sia squisita, altrimenti ci stronca il film!"
Dopo l’happy beginning, finalmente allora iniziano i ca**i amari per i protagonisti. Male per loro, meglio per noi spettatori. Il tempo passa, gli amici che sembravano scapoloni si sposano prima di loro, i nonni muoiono uno dopo l’altro e loro due, gli happy protagonisti, continuano a rimanere fidanzati forever e, vuoi per un motivo vuoi per un altro, non riescono a convolare a giuste nozze.
La particolarità di questa romcom, rispetto ad altre, sta proprio nel giocare con questo ritardo. La situazione all’inizio è anche divertente. I due non si sposano e i nonni che volevano vederli sposarsi muoiono. Ah ah ah che ridere. Dopo un po’ però comincia ad affiorare un po’ di noia e le cose, soprattutto per una commedia, non si mettono bene quando il numero degli sbadigli supera il numero delle risate. Non di molto, va detto, non è una sfida sproporzionata, però varie scene avrebbero meritato un netto cut in fase di montaggio.
Una su tutte: la lunga e per nulla divertente scena del nome del cane in gallese. Vorrebbe davvero far ridere? You gotta be kiddin’ me!
Premetto che ho visto il film in inglese e non oso immaginare cosa abbiano combinato in fase di doppiaggio. Lo stesso vale per un’altra scena, in cui Emily Blunt parla insieme a un’amica imitando la voce di un personaggio dei cartoni che in Italia non credo sia mai nemmeno arrivato. Come diavolo l’avranno resa? Quasi quasi mi riguarderei la versione doppiata solo per scoprirlo.
Però altre due ore e passa di visione non me la sento di affrontarle. Sono troppe, per una commedia.

Che scena romantica! Il maiale ubriaco, intendo...
La eccessiva mole di scenette evitabili appesantisce una visione per il resto gradevole. A firmare il lavoro ci sono d’altra parte dei nomi di tutto rispetto, nell’ambito dell’American comedy. Il produttore è un certo mister Judd Apatow. E sti chiapperi!
La sceneggiatura è invece co-firmata dal regista Nicholas Stoller con l’attore Jason Segel, anche protagonista del film. La premiata accoppiata (credo solo al cinema e non nella vita privata) è la stessa di Non mi scaricare, scoppiettante commedia che ha lanciato Russell Brand, che poi si sarebbe fatto notare più che altro per essersi sposato e divorziato Katy Perry e che sarebbe diventato protagonista anche della sorta di film spinoff successivo, sempre diretto da Nicholas Stoller, ovvero In viaggio con una rock star. Pellicola in tono minore rispetto a Non mi scaricare, ma che comunque metteva in evidenza le doti da rock star non tanto di Russell Brand quanto di una sorprendente Rose Byrne.

"E' calata la notte, ma il film mica è ancora finito..."
Al film numero tre, Stoller torna a fare coppia fissa con Jason Segel, quello di How I Met Your Mother, ma questa volta il risultato è ancora un pochino inferiore. Una pellicola assolutamente guardabile, che convince più per la parte romantica, non troppo stucchevole, piuttosto che per le risate.
Nota positiva, il cast: Jason Segel me lo confondo sempre con Seth Rogen. Entrambi della scuderia Apatow, entrambi non sempre del tutto esilaranti, eppure in qualche modo (quasi) sempre divertenti. Emily Blunt porta poi con sé la classe della recitazione British. E poi è così adoraaabile. Pensare che è diventata famosa per il suo ruolo da bitch ne Il diavolo veste Prada, mentre negli ultimi tempi sta diventando una nuova candidata alla corona di reginetta delle commedie romantiche, vedi l’adoraaabile Il pescatore di sogni in coppia con Ewan McGregor.

"Ma a te le didascalie di 'sto sito fanno ridere?"
"Manco per sbaglio!"
"Allora non sono l'unico a considerarle terribili: ho trovato la mia anima gemella!"
Molto bene anche il resto degli attori: i comprimari Chris Pratt (da Everwood e Parks and Recreation) ed Alison Brie (da Community e Mad Men, dove è la moglie di Pete) sanno il fatto loro, Rhys Ifans è un radical-chic odioso al punto giusto, Dakota Johnson (figlia di Don Johnson e Melanie Griffith) è un bel volto nuovo e occhio anche a Mindy Kaling, protagonista e autrice della nuova serie comedy The Mindy Project che è partita con un pilot non esaltante ma che potrebbe riservarci piacevoli sorprese in futuro.
Dunque ci troviamo di fronte a una nuova commedia in odore di cult della premiata factory comica di Judd Apatow come Non mi scaricare o Le amiche della sposa? No, perché si ride pochino. Il problema del film però è principalmente un altro: la durata eccessiva. A che pensavano? Più che The Five-Year Engagement, avevano intenzione di fare The Five-Year Movie?
(voto 6/10)


lunedì 12 settembre 2011

Pu**ana pu**ana, pu**ana sta maestra

E così oggi milioni di studenti ritornano nelle buie e tristi aule scolastiche per iniziare un nuovo entusiasmante anno all’insegna dello studio. Sì, come no.
Visto che ricordo (in fondo non è passato poi così tanto tempo) quanto tragico fosse il rientro a scuola, dopo un’estate passata a cazzeggiare, eviterò gli sfottò e le matricole di turno e anzi, dedico una rece a tutti quelli che oggi si siederanno tra i banchi.
Sfigati.

Bad Teacher: una cattiva maestra
(USA 2011)
Regia: Jake Kasdan
Cast: Cameron Diaz, Lucy Punch, Justin Timberlake, Jason Segel, Phyllis Smith, John Michael Higgins, Matthew J. Evans, Kathryn Newton, Kaitlyn Dever
Genere: commedia demenziale
Se ti piace guarda anche: School of rock, Role Models, Babbo bastardo 


Sarà anche una banalità dirlo, ma è più difficile far ridere che commuovere. Realizzare una commedia davvero valida al giorno d’oggi sembra infatti diventata un’impresa mica da… ridere, ehm appunto.
Le commedie americane le fanno con lo stampino e se una volta un personaggio politically scorrect e qualche situazione più o meno volgare potevano essere di un’ilarità pazzesca, ormai sono la norma, quindi bisogna sbattersi un po’ di più, cari sceneggiatori.
Andiamo, avete per caso visto una commedia americana recente senza qualcuno strafumato?
Se non te l’aspetti è Comix. Il problema della nouvelle vague della comedy a stelle e strisce è invece proprio quello che tutto è così ampiamente prevedibile e già visto che non è comix.
No sorpresa, no risate, no party. Te capì?


Bad Teacher prosegue senza infamia e senza lode la tendenza, presentandoci come protagonista una scatenata e cattivissima Cameron Diaz in versione prof. di una scuola media con zero passione per l’insegnamento, infatti anziché svolgere la sua professione in maniera tradizionale, preferisce mostrare in classe dei film di ambiente scolastico (perfino Scream!), ché poi secondo me sono molto più educativi i film dei professori, perché “i professori sono quasi tutti fuori dal tempo.”
Dante Alighieri? No, Morgan periodo Bluvertigo.
L’unico motivo per cui Cameron Diaz fa questo lavoro quindi sono i soldi e per passare il tempo in attesa che trovi qualche uomo facoltoso da spennare. Sto parlando del suo personaggio nel film, non della vera Cameron Diaz, nel caso aveste dubbi. Proprio così, è una gold digger, una cacciatrice di dote, e proprio quando sta per sposarsi e il suo sogno sta per diventare realtà, sul più bello il suo promesso sposo capisce tutto e la lascia. E così a lei tocca tornare a scuola. Di nuovo. Back to school, again.
Al proposito, ascoltiamoci un fighissimo contributo musicale firmato Deftones. Perché? Perché il blog è mio, qui comando io, porcodiquellozio! Anzi, porco Diaz!


Il regista di Bad Teacher è Jake Kasdan, già dietro la macchina da presa per i presto dimenticabili Orange County (non la serie tv) e Walk Hard - La storia di Dewey Cox, nonché figlio culattone raccomandato di Lawrence Kasdan, il regista de Il grande freddo, che ci ricorda come il sistema di raccomandazioni valga anche per l’America e non solo per l’Italia.
Se la sceneggiatura è più prevedibile del risultato di una partita tra Barcellona e Napoli (e forse tra Barcellona e Milan, ma per quello staremo a vedere…) e la regia non lascia certo il segno, le note positive arrivano allora dal cast.
Cameron Diaz si trova alle prese con un personaggio che vorrebbe essere una versione più perfida della terribile ed esilarante Sue Sylvester di Glee e lo interpreta tutto sommato in maniera azzeccata, ricordandoci per di più di essere ancora in gran forma fisica con una scenona di sexy lavaggio d’auto del tutto gratuita quanto ben accetta.
Nota curiosa: dopo The Green Hornet, anche qui viene usata “Gangsta’s Paradise” di Coolio. Che Cameron Diaz abbia inserito tra le clausole del suo contratto l’obbligo di suonarla in colonna sonora, altrimenti lei non partecipa? Bizzarrie da star!

Ma il meglio arriva dal contorno, tanto che io avrei regalato maggior spazio ai comprimari rispetto alla bad (ma poi alla fine nemmeno così bad) teacher: Justin Timberlake continua a convincere in tutto quello che fa, sia come cantante, ballerino, playboy, attore drammatico (vedi The Social Network) o, in questo caso, attore brillante. Se il suo personaggio è quello di un insegnante che pur di essere amico di tutti è privo di una sua personalità, la performance di Timberlake sprigiona invece personalità da tutti i pori e ci regala pure una ottima interpretazione musicale (volontariamente) stonata. O quasi stonata, è pur sempre Justin Timberlake. E, ritirando in ballo Glee, se Cameron è un po’ una Sue Sylvester meno incarognita, Justin sembra invece una parodia (volontaria o meno?) del precisino prof. Schuester.
Ma er mejo der mejo de tutti in assoluto è Lucy Punch, già una delle poche ragioni di esistere dell’Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni di Woody Allen, e qui davvero esilarante con la sua faccia “strana” nella parte dell’insegnante perfettina che prova a mettere i bastoni tra le ruote della bad Cameron. Poi c’è anche un ordinario Jason Segel dalla sitcom How I met your mother, nei panni del prof. di ginnastica, e una serie di ragazzini i cui personaggi sono però un po’ troppo abbozzati e lasciati al loro giovane destino.

Un film guardabile? Assolutamente sì. Ben recitato? Questo è il suo miglior pregio. Fa ridere? Ogni tanto, però il più delle volte si percepisce una sensazione di fatica, di sforzo eccessivo nel voler provocare la risata a tutti i costi. E questa è una cosa che nelle commedie riuscite non accade, perché lì la risata viene spontanea e naturale.
Bad Movie? Nah.
Good Movie? Nemmeno.
Io gli affibio al massimo l’etichetta di Decent Movie e può ringraziare il cielo che non posso rimandarlo a settembre, perché siamo già a settembre.
E quindi tornateve a scuola...
sfigati.
(voto 6-/10)

Solita nota a dir poco scettica sulla scelta del titolo italiano: visto che di tenere solo Bad Teacher proprio non se ne parlava, si pensava a un Bad Teacher: una prof da sballo, che non sarebbe stato malaccio ed era in linea con la pellicola. Invece no, alla fine si è scelto il letterale quanto insipido Bad Teacher: una cattiva maestra…

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