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martedì 8 maggio 2018

Fino all'ultimo Godard





Il mio Godard
Titolo originale: Le redoutable
Regia: Michel Hazanavicius
Cast: Louis Garrel, Stacy Martin, Bérénice Bejo, Micha Lescot, Félix Kysyl, Grégory Gadebois, Guido Caprino, Emmanuele Aita, Matteo Martari


Certo che doveva essere proprio difficile avere a che fare con Jean-Luc Godard. Detto in altre parole: era davvero uno stronzo, Jean-Luc Godard. Era?
È uno stronzo, perché Godard è ancora vivo, ha 87 anni e continua ancora a fare film. Il suo nuovo Le livre d'image ad esempio è in Concorso al Festival di Cannes di quest'anno.


Fa impressione pensare che dai fatti narrati nel film Il mio Godard, ambientato nel periodo a cavallo tra il 1967 e il 1970, sono passati una cinquantina d'anni e lui è ancora qui a girare pellicole che rappresentano una sfida per lo spettatore. Perché oltre che uno stronzo, ciò che emerge dal ritratto che ne fa la pellicola è un uomo dalle mille facce e dalle mille sfaccettature. Un uomo che è il primo critico di se stesso, del se stesso del passato. Un uomo che cerca sempre di reinventarsi. Non contento di aver inventato, insieme a François Truffaut e pochi altri, un movimento cinematografico come la Nouvelle Vague, un nuovo modo di intendere il cinema e la narrazione, una vera rivoluzione per la settima arte, lui la rivoluzione la cerca in continuazione. È il suo modo di intendere la vita. Guardare sempre al futuro. Cercare di andare ogni volta oltre, un passo più avanti degli altri. Un passo differente rispetto agli altri.

sabato 24 maggio 2014

CAN-CAN CANNES




Il vero vincitore del Festival di Cannes 2014?
Il labrador Hagen, che si è portato a casa l’ambito Palm Dog grazie alla sua interpretazione nel film ungherese White God di Kornel Mundruczo, presentato nella sezione Un Certain Regard.


Hagen ha battuto una concorrenza davvero inferocita che comprendeva il meticcio del nuovo film di Jean Luc Godard Adieu au langage, così come anche i cani presenti in Saint Laurent e in Maps to the Stars (e non mi riferisco a Robert Pattinson). Sconfitto pure il quotatissimo Gabriel Garko, presente a Cannes in Incompresa di Asia Argento.
Al di là della Palm Dog, White God (Fehèr Isten) dell'ungherese Kornèl Mundruczò ha pure vinto la categoria Un Certain Regard. Nella sezione Quinzaine des Rèalisateurs c’è stato invece il trionfo del francese Les Combattants dell’esordiente Thomas Cailley.

Passiamo ora più veloci della luce a vedere i premi nella categoria più importante, il Concorso ufficiale.
La Palma d’Oro, consegnata da un sempre più drogato scatenato Quentin Tarantino e da una sempre affascinante Uma Thurman, è finita nelle mani del turco Nuri Bilge Ceylan per Winter Sleep (Kış Uykusu). Considerando che è il regista del soporifero C’era una volta in Anatolia, si preannuncia un mattonazzo di proporzioni epiche.


Il secondo premio più importante, il Gran premio speciale della giuria, è invece stato tutto all’insegna del tricolore. Sophia Loren l’ha consegnato ad Alice Rohrwacher per Le meraviglie. Considerando quanto il suo film precedente Corpo celeste non mi avesse certo entusiasmato, e considerando come il premio alla regia sia andato all’americano Bennett Miller, già autore dei poco fenomenali Truman Capote e Moneyball, i premi assegnati quest’anno dalla giuria capitanata da Jane Campion non è che siano molto in linea con i miei gusti.
Più interessante, per quanto mi riguarda, il premio della giuria andato ex aequo al grande passato (Jean-Luc Godard) e al promettente futuro (Xavier Dolan) del cinema mondiale. Il prix di migliore attore se l’è poi aggiudicato Timothy Spall per Mr. Turner di Mike Leigh e quello di migliore attrice è finito a Julianne Moore per Maps to the Stars.
Premi meritati o meno?
In attesa che questi film passino anche sugli schermi di Pensieri Cannibali, per il momento sono contento giusto per Xavier Dolan, per il resto vi lascio con un dubbioso MAH!

Ah già, quasi dimenticavo. Vi lascio poi pure con l’elenco di tutti i premi.

Concorso ufficiale
Palma d'oro: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Grand Prix: Le meraviglie di Alice Rohrwacher
Migliore Regia: Bennett Miller per Foxcatcher
Premio della Giuria (ex aequo): Mommy di Xavier Dolan e Adieu au langage di Jean-Luc Godard
Migliore attore: Timothy Spall per Mr. Turner
Migliore attrice: Julianne Moore per Maps to the Stars
Migliore sceneggiatura: Andrey Zvyagintsev e Oleg Negin per Leviathan
Palma d'oro per il miglior cortometraggio: Leidi di Simón Mesa Soto
Camera d'or (migliore opera prima): Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli

Un Certain Regard
Premio Un certain regard: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó
Premio della giuria: Force majeure (Turist) di Ruben Östlund
Premio speciale Un Certain Regard: The Salt of the Earth di Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado
Premio "d'ensemble": Party Girl di Claire Burger, Samuel Theis e Marie Amachoukeli
Migliore attore: David Gulpilil per Charlie's Country di Rolf de Heer

Semaine Internationale de la Critique
Gran Premio: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy
Premio SACD: Hope di Boris Lojkine
France 4 Visionary Award: The Tribe di Myroslav Slaboshpytskkiy

Quinzaine des Réalisateurs
Art Cinema Award: Les Combattants di Thomas Cailley
Premio SACD: Les Combattants di Thomas Cailley
Label Europa Cinema: Les Combattants di Thomas Cailley
Premio Illy per il miglior cortometraggio: Sem coração di Nara Normande e Tião
Menzione speciale: Trece si prin perete di Radu Jude

Premi vari
Palma Queer: Pride di Matthew Warchus
Palma Dog: Fehér Isten (White God) di Kornél Mundruczó
Premio della Giuria Ecumenica: Timbuktu di Abderrahmane Sissako
Premio FIPRESCI (Federazione Internazionale della Stampa Cinematografica) - Concorso internazionale: Winter Sleep di Nuri Bilge Ceylan
Premio FIPRESCI - Un Certain Regard: Jauja di Lisandro Alonso
Premio FIPRESCI - Sezioni parallele: Love at First Fight di Thomas Cailley

sabato 4 maggio 2013

CHE ORA E’? E’ L’ORA DEL BANDITO DELLE 11


Il bandito delle ore undici
(Francia, Italia 1965)
Titolo originale: Pierrot le fou
Regia: Jean-Luc Godard
Sceneggiatura: Jean-Luc Godard
Cast: Jean-Paul Belmondo, Anna Karina, Graziella Galvani
Genere: nouvelle vague
Se ti piace guarda anche: Moonrise Kingdom, La rabbia giovane, Fino all’ultimo respiro

Capitolo 5
Cinema free form. Post free form.
Situazioni a caso. Frasi sconnesse che messe insieme forse danno un senso forse no. Il bello è questo. E per fare l’acculturato ci metto dentro una citazione random dallo stesso Godard:
“È ora di smetterla di fare film che parlano di politica. È ora di fare film in modo politico.”

"Braveheart chiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii?"

Capitolo 4
Perché Godard gira dei film così?
“La mia lotta particolare è la lotta contro il cinema americano, contro l'imperialismo economico ed estetico del cinema americano che manda in rovina il cinema mondiale.”
Ecco perché.


Capitolo 2
La trama de Il bandito delle ore undici è abbastanza semplice, a differenza della forma schizoide e poco lineare con cui Godard sceglie di raccontarla per incasinarci le menti e obbligarci a pensare.
Ferdinand, un francese borghese, vuole uscire dalla sua routine famigliare. Per farlo non si compra un’auto sportiva, non va a mignotte, non spende tutto lo stipendio al video poker e non si iscrive in palestra come un tipico uomo in crisi di mezza età italiano, bensì decide di fuggire con l’amante Marianne, che poi è una sua ex, e diventare un bandito assassino. Ferdinand, che però Marianne chiama Pierrot, scappa insieme alla fanciulla e i due conducono una vita nomade, fuggiasca e criminale. Fino a che…


Capitolo 6
Creare, inventare qualcosa di nuovo o copiare, pardon prendere ispirazione dagli altri?
Godard sembra pensarla come Tarantino:
“Io non invento niente, leggo molto. La mia originalità e il mio fardello stanno nel credere che il cinema sia fatto più per pensare che per raccontare storie.”
No Zucchero, per te il discorso è diverso: tu rubi le canzoni agli altri, e basta.

"Cannibal, se parli male di me sai già cosa ti taglio..."

Capitolo 3
Cosa vuole il pubblico?
“Tutto ciò che desiderate vedere al cinema sono fucili e ragazze.”
E allora, Jean-Luc, perché in questo film non hai messo più fucili e più ragazze?


Capitolo 7
Il bandito delle ore undici è un film con alcuni momenti meravigliosi. Lampi di grande cinema. Qualche dialogo spettacolare. Due protagonisti fenomenali e bellissimi (non solo karini) come Jean-Paul Belmondo e Anna Karina. Trovate geniali. Una varietà di idee che fa respirare libertà a pieni polmoni. E in più, la fuga dei due amanti criminali verrà ripresa e omaggiata da grandi film come La rabbia giovane di Terrence Malick e Moonrise Kingdom di Wes Anderson.
Allo stesso tempo, Il bandito delle ore undici soffre di una mancanza di forza nel suo insieme. Non trascina del tutto. Non lascia a bocca aperta e senza respiro come lo spettacoloso esordio di Godard, Fino all’ultimo respiro.


Capitolo 1
“Tre film al giorno, tre libri alla settimana, dei dischi di grande musica faranno la mia felicità fino alla mia morte.”
Questa frase non è di Godard. Questa frase l’ha detta Francois Truffaut, l’altro reuccio della Nouvelle Vague francese, ma penso che la felicità anche per Godard non fosse tanto distante da questa definizione. Di certo non è tanto distante dal mio ideale di felicità.
(voto 7+/10)

"Cos'è quel musetto triste?"
"Il post è già finito, ueeè!"
Post pubblicato anche su L'OraBlù, in compagnia del nuovo minimal poster di C(h)erotto.




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