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lunedì 26 settembre 2016

The Neon Demon, il film più... ATTENZIONE SPOILER cannibale dell'anno





The Neon Demon
(USA, Danimarca, Francia 2016)
Regia: Nicolas Winding Refn
Sceneggiatura: Nicolas Winding Refn, Mary Laws, Polly Stenham
Cast: Elle Fanning, Karl Glusman, Jena Malone, Bella Heathcote, Abbey Lee, Keanu Reeves, Christina Hendricks, Desmond Harrington
Genere: cannibalesco
Se ti piace guarda anche: Mulholland Drive, Suspiria, Showgirls

In esclusiva per Pensieri Cannibali, ecco le reazioni VIP ad alcuni commenti della stampa internazionale più fashion su The Neon Demon, l'ultimo controverso film di Nicolas Winding Refn con protagonista Elle Fanning nei panni di una giovane aspirante modella appena approdata in quel di Los Angeles.



martedì 17 marzo 2015

VIZIO DI FORMA, FATTANZA E DELIRIO A L.A.





Vizio di forma
(USA 2014)
Titolo originale: Inherent Vice
Regia: Paul Thomas Anderson
Sceneggiatura: Paul Thomas Anderson
Tratto dal romanzo: Vizio di forma di Thomas Pynchon
Cast: Joaquin Phoenix, Katherine Waterston, Josh Brolin, Joanna Newsom, Owen Wilson, Jena Malone, Reese Witherspoon, Benicio Del Toro, Eric Roberts, Maya Rudolph, Jordan Christian Hearn, Hong Chau, Michael Kenneth Williams, Sam Jaeger, Timothy Simons, Belladonna, Elaine Tan, Sasha Pieterse, Martin Donovan, Martin Short
Genere: fattone
Se ti piace guarda anche: Paura e delirio a Las Vegas, Jackie Brown, The Rum Diary - Cronache di una passione, Fatti, strafatti e strafighe

Pochi giorni fa è venuta a mancare mia nonna. Aveva 90 anni. Si può dire che raggiunta quell'età la sua vita l'avesse vissuta, in molti l'hanno detto, ed è vero. Nei suoi confronti provo un unico rammarico. I suoi ultimi anni. Cinque anni passati quasi sempre in un letto di una casa di riposo, paralizzata per colpa di un dannato ictus. Lo so che potrà sembrare ingenuo da parte mia. Lo so che significa barare. Lo so che è come giocare a fare Dio, ma io quegli ultimi anni li voglio gettare via. Fare finta che non siano mai esistiti. Cancellare quel capitolo conclusivo dalla sua vita e dalla mia memoria. Anche se non c'è modo di evitare il tempo, il mare del tempo, il mare del ricordo e della dimenticanza, io voglio ricordare solo le cose belle. Voglio ricordare mia nonna come una persona sempre in giro, sempre in movimento, mai ferma in un solo posto, come quel beffardo destino bastardo l'aveva costretta alla fine.

sabato 16 agosto 2014

HATFIELDS & MCCOYS, UNA DIAMINE DI SERIE COME QUELLE DI UNA VOLTA





"Non potrei apparire più vecchio americano incazzoso di così
manco se mi sforzassi..."
Hatfields & McCoys
(USA 2012, mini-serie in 3 episodi)
Rete americana: History Channel
Regia: Kevin Reynolds
Sceneggiatura: Ted Mann, Ronald Parker
Cast: Kevin Costner, Bill Paxton, Matt Barr, Lindsay Pulsipher, Jena Malone, Tom Berenger, Powers Boothe, Andrew Howard, Sarah Parish, Noel Fisher, Mare Winningham
Genere: stagionato
Se ti piace guarda anche: Copper, Deadwood, Balla coi lupi

Oh, meno male che fanno ancora dei programmi come Hatfields & McCoys. Finalmente una serie tv come quelle di una volta, di quelle che andavano quando io ero giovane, tanto, ma tanto, ma tanto tanto tanto tempo fa. A dirla tutta, quando io ero uno scapestrato giovincello non è che ci fosse la moda delle mini-serie come oggi, però c’erano i film. I film belli, non come quelli pieni di effetti speciali, esplosioni e rumori assordanti che i miei nipotini vanno a vedere tutti felici al multisala. Ma come fanno a credere che quello sia vero Cinema?
Hatfields & McCoys è “solo” una serie tv, ma ha la qualità di una pellicola cinematografica, anzi, di tre pellicole cinematografiche, tante sono le puntatone che propone. Qui dentro ho sentito di nuovo il profumo dei film come li facevano nel passato e come ora hanno smesso di girare del tutto, o quasi del tutto. La mia memoria oramai sarà anche in difficoltà, ma non faccio molta fatica a ricordare le pellicole davvero degne di nota degli ultimi tempi. Sarà che sono davvero poche. Mi viene in mente giusto Il grinta dei fratelli Coen, che non a caso era il remake di un vecchio film con il mio idolo John Wayne, e poi la mia memoria deve filare indietro fino agli anni Novanta. A Balla coi lupi. Quella sì che era una diamine di pellicola come la intendo io! Aveva solo un piccolo difetto: durava giusto quelle 3 ore di troppo.

Non mi sembra allora un caso che il protagonista di Hatfields & McCoys sia proprio lui, il regista e interprete di quel film, Kevin Costner. Un attore fuori dal tempo, uno old school proprio come me, e che per la performance in questa mini-serie si è portato a casa un, a mio parere meritatissimo, Emmy Award. Non è stato l’unico, poiché Hatfields & McCoys di Emmy se n’è portati a casa ben cinque, e non è finita qui, perché negli Stati Uniti ha fatto sfracelli di ascolti ed è diventata una delle serie più seguite nell’intera storia della tv via cavo americana. Da noi purtroppo è passata più sotto silenzio, prima su Rete 4 e poi su Mediaset Premium, ma era inevitabile. Questa è infatti una serie che puzza di America profonda, di western. La sua storia parte al termine della Guerra di Secessione, quando William Hatfield (l’ottimo Costner) e Randall McCoy (un quasi altrettanto valido Bill Paxton) combattono fianco a fianco. Terminata la guerra, le loro posizioni si faranno però sempre più distanti e coinvolgeranno anche tutte le loro famiglie, che si troveranno dentro una rivalità di stampo shakespeariano, stile Montecchi e Capuleti. A questo punto volete che manchi una storia d’amore? Certo che no e così c’è anche il tormentato rapporto tra il figlio di Hatfield e la figlia di McCoy, una vicenda d'amore adolescenziale che sembra uscita da una serie della The CW, così sono contenti pure i miei nipotini come quel Cannibal Kid che di solito gestisce 'sta roba chiamata blog e in cui oggi io sono ospite d'eccezione.


Tra conflitti famigliari, personaggi duri e puri di quelli che così non li fanno più, valide musiche country-folk, intrecci storici e uno spazio per le questioni sentimentali, non mi pare manchi davvero niente a una mini-serie d’altri tempi come Hatfields & McCoys. A dirla tutta, veramente qualcosa manca. Mancano gli effettacci speciali dei film che tanto piacciono ai miei nipotini. Peggio per loro, e che diamine!
Cannibal Old
(voto 6+/10)

martedì 10 dicembre 2013

HUNGER GAMES – LA RECENSIONE DI FUOCO




Hunger Games – La ragazza di fuoco
(USA 2013)
Titolo originale: The Hunger Games: Catching Fire
Regia: Francis Lawrence
Sceneggiatura: Simon Beaufoy, Michael Arndt
Tratto dal romanzo: La ragazza di fuoco di Suzanne Collins
Cast: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Donald Sutherland, Philip Seymour Hoffman, Sam Claflin, Jeffrey Wright, Amanda Plummer, Jena Malone, Stanley Tucci, Lenny Kravitz, Paula Malcomson, Willow Shields, Lynn Cohen, Toby Jones
Genere: affamato
Se ti piace guarda anche: Hunger Games, Jumanji, Battle Royale

PREMESSA 1
Attenzione: questo è un post lungo e delirante.
Leggete soltanto a vostro rischio e pericolo!

PREMESSA 2
Non credete a chi vi dice che odia la saga di Hunger Games. Sta mentendo. Perché non fa figo dire che è una figata. Perché è roba da teenagers. Perché è roba da femmine. Perché è troppo commerciale. Chi vi dice che la saga di Hunger Games è una cagata pazzesca, probabilmente però è proprio il primo che in gran segreto si è emozionato a rivedere sullo schermo Katniss Everdeen.
O magari non l’ha mai visto. Mi piacciono proprio, le persone che giudicano qualcosa a priori.
Che merda, Hunger Games!
“L’hai visto?”
No. Ma pare sia peggio di Twilight.
“E quello l’avevi visto?”
“No, però sembra fosse peggio persino dei Take That.”
Ma che c’entrano loro? E comunque, l’hai mai sentiti i Take That? Alcune loro canzoni non erano male.
“No, però mi hanno detto che erano peggio pure dei Duran Duran.”
Ma l’hai mai sentiti i Duran Duran?
“No, ma…”
E così all’infinito. Andando oltre i propri pregiudizi, andando oltre quello che dice la “ggente”, andando oltre anche alla banalità che vi sto per rivelare: nella vita è sempre bene farsi un’opinione propria e si può cambiare idea rispetto a quanto si immaginava per solo sentito dire. A parte su Twilight, che quello vi garantisco che è 'nammerda e basta.

LA STORIA
(ATTENZIONE SPOILER)
Che succede, in Hunger Games – La ragazza di fuoco?
Dopo aver vinto gli Hunger Games e pure un Oscar, Katniss Everdeen/Jennifer Lawrence è ancora la ragazza con i piedi per terra di una volta. Non si è montata la testa e tanto meno Peeta/Josh Hutcherson. Adesso camminano solo in slow-motion e con costosissimi abiti infuocati di Cinna & Gabbana addosso, ma a parte questo per loro è tutto come prima.


A un anno di distanza dalla gloria mondiale, Katniss è sempre più vicina a Gale/Liam Hemsworth, il quale non sta più con la sua ragazza storica, Miley Cyrus, che da fan degli oggetti inanimati l’ha mollato per mettersi a limonare il libro di Hunger Games.


In prossimità dei nuovi Hunger Games, Katniss e Peeta devono lasciare la loro nuova casa nel “Villaggio dei vincitori”, che alla faccia del nome sembra Auschwitz, e sono chiamati a partecipare a un tour mondiale di stadi e arene insieme a Vasco e al Liga, che hanno accettato di far loro d’apertura musicale. Ma c'è un problema: all’infuori del Distretto 11, il secondo distretto più povero e sfigato del globo anche noto come Italia, Vasco e il Liga non li conosce nessuno e così prima di procedere con le tappe successive vengono brutalmente giustiziati. Evvai!!!

Scusate per lo slancio d’entusiasmo. Meglio tornare professionali, prima che dall’alto decidano di far fuori pure me. Il distretto più sfigato in assoluto, se ve lo stavate chiedendo, è il Distretto numero 12, anche noto come Grecia. È qui che sono cominciate alcune rivolte e forme di protesta, dopo che Katniss alla fine della precedente edizione del Grande Fratello di Survivor di X-Factor degli Hunger Games aveva osato sfidare le regole del gioco e del sistema oppressivo che domina tutto il mondo.
Ecco un’immagine delle proteste che si sono diffuse pure nel Distretto 11, quello italiano.


Ed ecco un’altra immagine delle proteste, prima che il Liga venisse giustiziato…


"Ragazzi, ora sì che siamo pronti per un ricevimento da Alfonso Signorini!"
Dopo il tour mondiale dei precedenti giochi, è finalmente il momento di uccidere qualcun altro, ovvero iniziare una nuova edizione degli Hunger Games. Visto che si tratta della 75esima edizione, il super cattivone, il Presidente Coriolanus Snow (Donald Sutherland) insieme agli autori del programma, ancora più perfidi di quelli del Grande Fratello, decidono di scopiazzare L’isola dei famosi e organizzare una stagione dedicata ai VIP, cioè i vincitori delle precedenti edizioni.
Ogni Distretto deve partecipare con un concorrente maschio e uno femmina. Per il Distretto 12, come maschio tra Peeta e Haymitch/Woody Harrelson viene estratto Peeta. E' proprio uno sfigato, 'sto ragazzo!

Come femmina, l’ardua scelta è tra Katniss e Katniss. E poi tra i nomi in lizza c’è anche quello di una certa Katniss.
E dall'urna esce il nome di…
Katniss, che sorpresa!
Mentre sale sul palco, scivola però su una buccia di banana messa lì dal perfido Snow.

"Questa me la pagherai cara, dannato Snow!"

Tutti nel Distretto 12 avevano scommesso sull’uscita del suo nome, quindi quando un’emozionata e quasi commovente Lady Gaga Effie/Elizabeth Banks lo legge, in piazza scoppia un boato e i ragazzi cominciano a fare caroselli sulle loro automobili immaginarie, poiché sono troppo poveri per avere auto vere. Prima di rendersi conto che Katniss veniva data dai bookmakers 1 a 1 e quindi non ha fatto vincere manco un euro a nessuno.

"Mi chiedo quante lampade dovrò ancora farmi,
se voglio diventare più scuro di Carlo Conti."
Tornata la calma al Distretto 12, Katniss e Peeta vanno in ritiro per prepararsi agli Hunger Games e Haymitch li convince a stringere qualche alleanza, perché quest’anno i concorrenti sono tutti molto agguerriti, essendo vincitori di precedenti edizioni, non solo degli Hunger Games ma pure di altri reality e talent-show vari. Ci sono nomi “importanti” come quelli ad esempio di Emma Marrone e Leon Cino di Amici, Jonathan e Floriana del Grande Fratello, Marco Mengoni e Chiara di X-Factor.
Nel corso degli allenamenti, Chiara di X-Factor si mette a cantare “Somewhere Over the Rainbow” come nella pubblicità della Tim e viene subito mortalmente trafitta da Katniss con una freccia. Judy Garland dall’alto dei cieli la ringrazia, nel Distretto 12 partono nuovi caroselli su auto immaginarie e i giudici decidono di chiudere un occhio sul fatto che gli Hunger Games non fossero ancora ufficialmente iniziati.
Poco ispirati dai nomi sconosciuti degli altri concorrenti presenti, Katniss e Peeta decidono di allearsi con il bellone Finnick/Sam Claflin e con la sua partner, la nonna dei Croods, una vecchina di 120 anni che, pur di conquistarsi i suoi 15 minuti di celebrità prima della morte, ha deciso di proporsi come volontaria per gli Hunger Games. Iscriversi a un corso di ballo liscio era troppo semplice?


"Mmm... io sono molto più affascinante di quella mummia!"

"Eddai Lenny, sto probabilmente per morire in maniera brutale.
Me lo fai un pezzettino di Are You Gonna Go My Way?"
Dopo più di un’ora di film, ecco che comincia la nuova edizione degli Hunger Games, che promette di essere ancora più esplosiva e letale della prima. Sbucano così fuori nebbie nocive, scimmie urlatrici, ghiandaie imitatrici che replicano la voce di Chiara che canta deturpa “Somewhere Over the Rainbow” e vengono pure loro fatte subito fuori brutalmente da Katniss, che così diventa sempe di più la beniamina del pubblico a casa. Vabbè, anche il fatto che sia una bella sgnacchera la aiuta.
A parte questo, non è che succedano poi grandi cose e così, per animare un’edizione un po’ spenta, Katniss si mette a limonare con Peeta, che è una cosa che fa sempre salire gli ascolti e fa felici tutti. Persino Gale. Se non altro è contento che questa volta la sua tipa non lo tradisca con un martello. Sono piccole soddisfazioni.
Due ore dopo, finito di limonare con un disidratato Peeta, Katniss apre gli occhi e vede in cielo un arcobaleno. Le torna in mente “Somewhere Over the Rainbow” nell’orripilante versione di Chiara e pensa: “Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima? Dev’essere l'arcobaleno la chiave di tutto!”. Scaglia così una freccia “over the rainbow”, sopra l’arcobaleno e il cielo viene giù, mettendo così fine agli Hunger Games – VIP Edition.

Mentre tutto brucia e si sfalda, Katniss viene portata in salvo con Haymich e Finnick, che le comunicano con tatto che il Distretto 12 e tutte le persone che conosce sono: “Morti! Morti stecchiti! Non li rivedrai mai più, Katniss cara, tié!”.
E lei reagisce così...


Dopo averle fatto questo innocente scherzetto, Haymich e Finnick le dicono che in realtà la madre e la sorellina bimbaminkia sono ahinoi ancora vive, così come Peeta, il quale però si trova a Capitol City dove viene torturato in una maniera agghiacciante, con l’ascolto 24 ore su 24 a tutto volume di “Somewhere Over the Rainbow” naturalmente nella versione cantata da Chiara. Sulle note agghiaccianti della sua interpretazione si chiude la pellicola, che ci dà appuntamento il prossimo anno, con la prima parte del capitolo finale: Il canto della rivolta. Brought to you by Tim.



Cosa mi aspetto che capiti, nel gran finale della saga?
Fondamentalmente questo...


IL FILM
Hunger Games – La ragazza di fuoco stilisticamente non è poi molto differente dal precedente capitolo. Il cambio di regia, nel passaggio da Gary Ross a Francis Lawrence, non si è fatto sentire più di tanto. Dopo tutto, per quanto la adori, si tratta pur sempre di una saga commerciale e il nome del regista diventa un optional che finisce per risultare un elemento di secondo piano rispetto ad altre componenti del brand. In questo caso non è troppo un male, visto che Francis Lawrence arrivava da pellicole orride come Io sono leggenda e Constantine, così come da una robettina innocua come Come l’acqua per gli elefanti con Robert Pattinson, e per la prima volta qui è invece riuscito a tirare fuori una regia decente. Miracolo.
Nonostante la sostituzione in cabina di regia, anche questo La ragazza di fuoco mantiene i pregi quanto i difettucci del primo episodio. In entrambi i casi, la parte più convincente e coinvolgente è quella iniziale, con la costruzione di un’atmosfera scurissima, angosciante, senza speranza. Sembra The Walking Dead, solo senza zombie e recitato meglio. Quando cominciano gli Hunger Games e le sequenze più action, lì invece vengono fuori i limiti della pellicola. In questo secondo episodio i pensieri non vanno però più tanto dalle parti di Battle Royale, come per il primo episodio, bensì di… Jumanji.

"Da cosa si capisce che il nostro rapporto è più finto di quello
di Tom Cruise con Katie Holmes?"
Ho capito perché mi piace tanto questa saga di Hunger Games. A parte per Jennifer Lawrence. Non ho ancora parlato di Jennifer Lawrence? Sto facendo un post su Hunger Games e lei l’ho menzionata appena? Un attimo e ci arrivo…
Prima voglio parlare di Jumanji. Al di là dei riferimenti al mito greco di Teseo contro il Minotauro, o a film come Battle Royale, Rollerball e The Running Man, rivisti però in una chiave più moderna, con tanto di sguardo parodistico nei confronti dei vari reality, talent e survival show e con tanto di storie d’amore in bilico tra realtà e fantasia come quelle di Tom Cruise, gli Hunger Games mi hanno fatto tornare in mente Jumanji, pellicola con Robin Williams e Kirsten Dunst tra i miei cult infantili assoluti. Anche qui i protagonisti sono “costretti” a partecipare a un gioco loro malgrado e non c’è niente da fare, devono partecipare fino alla morte o fino alla vittoria, superando una serie di prove assurde con animali pericolosi, avverse condizioni climatiche, persino un clima più secco di quello che ci sarà ai prossimi Mondiali in Brasile, e quant’altro. Un gioco spietato, alla faccia dei film per ragazzi. Certo, la violenza in Hunger Games non è mai esibita in maniera eccessiva, ma se vi aspettate una pellicola splatter potete rivolgervi altrove, perché i film di questa serie non sono horror, e non sono nemmeno tanto robe sci-fi o fantascientifiche. Hunger Games in realtà è soprattutto una saga… politica.

POLITIK
Hunger Games è una saga che, alla faccia degli scettici, ha qualcosa da dire, a livello socio-politico. Insomma, a livello politico ha molte più cose da dire di un – faccio un nome del tutto a caso – Matteo Renzi. Ma lasciamo perdere Renzi, in fondo, come dice la frase simbolo della pellicola: "Ricorda chi è il tuo nemico." E il nemico vero resta sempre BerluSnow.
Con Hunger Games non siamo ai livelli di 1984 di George Orwell, va bene, ve lo concedo, però per essere una serie rivolta prevalentemente agli adolescenti (ma poi mica tanto) è molto più impegnata delle altre saghette fantasy e young adult in circolazione. Harry Potter – tanto per fare un altro nome a caso – di che parla? È la solita favoletta per bambini sul Bene contro il Male, ed è anche caruccia e tutto, ma quali connessioni ha con l’attualità, con la società?
Non vi viene in mente niente?
Vi do un piccolo suggerimento: nessuna.

Hunger Games è inoltre un esempio di moderno femminismo. Come Buffy, come le girls di Spring Breakers, come – massì esageriamo – come le Pussy Riot. Katniss è un’eroina dei nostri giorni che non ha bisogno di essere protetta dagli uomini, come ad esempio la Bella di Twilight sempre in attesa di essere salvata dal vampiro vegano o dal lupacchiotto mannaro a torso nudo. È semmai Katniss a salvare sia Peeta, che vabbè più che un uomo è un derelitto umano, che Gale/Liam Hemsworth, fustigato in una scena quasi sadomaso per la gioia di tutte le sue fans. Persino Miley Cyrus dopo aver visto tale sequenza ha abbandonato per un attimo martelli, libri, vibratori e altri oggetti vari e ha ripreso interesse nei suoi confronti.
Katniss è una moderna Che Guevara, una Salvatrice, un’ispiratrice di una sommossa popolare, persino al di là di quelle che sono le sue intenzioni. Come spesso avviene, com’è accaduto probabilmente anche a Gesù Cristo, la gente tende a mitizzare alcune persone e a prenderle da esempio e loro magari lì per lì non si rendono nemmeno conto di questa enorme responsabilità. È quanto capita a Katniss Everdeen. Lei punta semplicemente a sopravvivere e a far sopravvivere la sua famiglia, più che a sfidare il Sistema, eppure con i suoi gesti diventa un modello da seguire per la popolazione del suo e pure degli altri distretti. È un’eroina, suo malgrado, attuale più di tutti quei bidu mascherati della Marvel o di Superman.
E dopo paragoni con Superman, Gesù, il Che, le Pussy Riot e quant’altro, forse è meglio se la chiudo qui perché sto cominciando a sproloquiare un tantino. Forse.

JENNIFER LAWRENCE E IL RESTO DEL CAST
Stavo per chiudere il post senza manco parlare di Jennifer Lawrence?
Pensavate veramente che vi potessi tirare un brutto scherzetto del genere?
Per chi mi avete preso, per il perfido Presidente Snow/Donald Sutherland?
Avrei potuto sì, perché per Jennifer Lawrence le parole ormai sono quasi superflue, però non lo farò. Se nel primo episodio già se la cavava bene, questa volta, forte dell’Oscar vinto per il bellissimo Il lato positivo, ha tirato fuori un’interpretazione ancora più positiva. Potete essere fan scatenati delle saghe di Twilight e di Harry Potter fin che volete, però dai, non si può nemmeno paragonare le performance attoriali dei loro protagonisti. Disse uno che ha appena paragonato Katniss Everdeen a Jesus.
Jennifer Lawrence è di un altro pianeta rispetto agli imbambolati (senza offesa per le bambole) Kristen Stewart e Daniel Radcliffe. Per quanto alcuni elementi della saga di Hunger Games possano magari anche essere considerati debolucci, Katniss Everdeen viene fatta vivere su grande schermo da una straordinaria Jennifer Lawrence, come in altri filmoni commerciali non capita spesso mai di vedere. Basta un suo solo sguardo, e ti fa la sequenza da sola. Cito ad esempio ATTENZIONE SPOILER il finale FINE SPOILER, oppure la scena in ascensore.
Non so bene perché, ma negli ultimi tempi l’ascensore sta diventando una location ideale per girare grandi scene. Qui non si raggiunge il sublime come in Drive, però in ascensore avviene il momento più divertente della pellicola, con Jena Malone che si spoglia davanti agli occhi di Woody Harrelson e Josh Hutcherson, scatenando la gelosia di Jennifer che le regala un’occhiataccia impagabile.


Che poi ci sono Jennifer Lawrence, Jena Malone, Woody Harrelson, Josh Hutcherson e c’è pure Philip Seymour Hoffman, l’altro premio Oscar della pellicola Philip Seymour Hoffman. E c’è anche Amanda Plummer che era tipo dai tempi di Pulp Fiction che non la vedevo!!!
Ma Porco Snow, come si può non amare un film con un cast del genere?

LA FINE DEI GIOCHI
Che altro vi posso dire?
Adoro la saga di Hunger Games e se questo mi rende un bimbominkia, lo accetto. Tanto lo ero comunque. E poi zitti voi che magari vi sono piaciuti i robottoni di Pacific Rim ma la quarta elementare l’avete finita da un pezzo…
C’è poco da fare. Chi più, chi meno, siamo tutti bimbiminkia. Sì, anche voi che state leggendo storcendo la boccuccia. E io, io sarò bimbominkia per Katniss Everdeen forever!
(voto 7,5/10)


venerdì 26 luglio 2013

KEVIN SPACEY DAY: IL DERELITTO FITZGERALD




Kevin Spacey è un caratterista. Non è un insulto. Non ho detto che è un figlio di puttana. Ho solo detto che è un caratterista e il mondo ha bisogno di caratterisiti. Tutti a osannare e a celebrare i vari Tom Cruise, Leonardo DiCaprio, Brad Pitt, Johnny Depp, Will Smith (hey, un momento, chi è che celebra Will Smith?) e i riflettori sono sempre puntati su di loro, i protagonisti, i protagonistoni. I film vivono però anche di non protagonisti e Kevin Spacey è uno splendido rappresentante di questa categoria. Fino a un certo punto della sua carriera, almeno.
Dopo una serie di particine più o meno piccole, come quella spassosa in Una bionda in carriera, Kevin Spacey ha elevato la figura del non-protagonista a quella di protagonista assoluto. Per farlo, gli sono bastati due ruoli nel giro di pochi mesi, due personaggi misteriosi e inquietanti come pochi: Keyser Söze de I soliti sospetti, che ha dato un significato nuovo al termine “colpo di scena”, e John Doe, il killer seriale di Seven.
Gabriel Byrne, Benicio Del Toro, Brad Pitt, Morgan Freeman… Tutti spazzati via da quel Kevin Spacey, diventato negli Anni Novanta il non-protagonista per eccellenza.
Questo fino ad American Beauty, la sua intepretazione più fenomenale e allo stesso tempo anche quella che più l’ha ingabbiato in uno stereotipo. Se con I soliti sospetti e Seven si era ritagliato la nomea di pericoloso pazzo psicopatico a sorpresa dei film, con Lester Burnham ha dato vita a un personaggio apparentemente normale, un classico uomo medio in crisi di mezza età, da cui ha però fatto fatica ad affrancarsi. Quella parte strepitosa l’ha fatto diventare un protagonista, un ruolo che, al di là di American Beauty, non gli si addice più di tanto, e infatti i suoi film successivi si sono rivelati tutti più o meno dimenticabili. Nella recente serie tv House of Cards offre un’altra grande prova d’attore protagonista, è vero, eppure Kevin Spacey per me è stato ed è specialista soprattutto in un'altra cosa, come è tornato a dimostrare nella sua pellicola migliore degli ultimi anni, Margin Call, e come conferma anche nel film di cui vi parlerò oggi: Kevin Spacey è specialista nel fare il non-protagonista.

"Non credevo di trovare uno più fulminato di Donnie Darko, e invece..."
Il delitto Fitzgerald
(USA 2003)
Titolo originale: The United States of Leland
Regia: Matthew Ryan Hoge
Sceneggiatura: Matthew Ryan Hoge
Cast: Ryan Gosling, Jena Malone, Don Cheadle, Michelle Williams, Chris Klein, Kevin Spacey, Lena Olin, Martin Donovan, Ann Magnuson, Sherilyn Fenn, Kerry Washington, Michael Pena, Michael Welch, Wesley Jonathan
Genere: omicida
Se ti piace guarda anche: Rectify, Twisted, American History X, Blue Valentine

Considero Kevin Spacey fenomenale nei suoi tre ruoli più celebri sopra citati (I soliti sospetti, Seven e American Beauty), mentre per il resto lo stimo moltissimo, è un interprete più che buono, ma non lo considero tra i miei preferiti in assoluto. Mi piace, ma non arriverei a dedicargli una canzone come ha fatto Caparezza. Eppure sono particolarmente felice che questo mese l’associazione di blogger cinematografici riuniti di cui faccio parte abbia deciso democraticamente di celebrare come attore del mese Kevin Spacey, che oggi 26 luglio compie 54 anni.
Perché?
Perché l’alternativa mensile era festeggiare Sylvester Stallone, uno dei peggiori attori di sempre, e quindi ben venga il Kevin Spacey Day. In più, questa ricorrenza mi ha dato l’opportunità di recuperare un film che avevo sempre tenuto in un angolino in attesa di una visione ora finalmente arrivata. A spingermi a guardare finalmente Il delitto Fitzgerald è stato un cast di quelli stellari. Non c’è solo Kevin Spacey, ma ci sono anche dei miei preferiti assoluti come Ryan Gosling e Michelle Williams, i cui personaggi qui non si incrociano sullo schermo, ma che poi ritroveremo insieme in Blue Valentine. Oltre a un trio di attrici che amo particolarmente come Jena Malone, la girlfriend di Donnie Darko nonché ragazzina di Nemiche amiche, Kerry Washington futura star di Django Unchained e della imperdibile serie tv Scandal, e Sherilyn Fenn, mai dimenticata Audrey di Twin Peaks.
Com’è che un film con un cast che sembra uscito dai miei sogni me l’ero perso?
Misteri della fede, ma grazie a questo utilissimo Kevin Spacey Day, eccolo recuperato.

"Io che sono stata con Dawson ti garantisco che quello è più
fuori di Donnie Darko e di Leland/Ryan Gosling messi insieme."
Sarebbe stato un delitto, perdersi un film del genere. Non che sia un capolavoro o una pietra miliare assoluta, ma ha dalla sua una certa forza. Si sente che il regista e sceneggiatore Matthew Ryan Hoge c’ha messo dentro tutto se stesso. A tal punto che da allora, e son passati 10 anni, ancora non ha realizzato un nuovo lavoro. Cosa avrà combinato dopo? Sarà finito anche lui in galera, come il protagonista di questo film mezzo indie e mezzo no?
Il delitto Fitzgerald è proprio la storia di un delitto. Ma vaaaaa?
Non aspettatevi però un crime, indagini o altre cazzate alla CSI. Il caso fin dall’inizio è stato risolto. Non ci sono dubbi su quanto è successo. Fin dall’inizio sappiamo cosa è capitato. Il giovane Leland P. Fitzgerald ha fatto fuori un ragazzino autistico, fratello della sua tipa/ex tipa. Il mistero è: perché l’ha fatto?

Per scoprirlo, ci addentriamo in un thriller non criminale, ma dell’anima.
A CANNIBAL, MA CHE STAI A DDI’?
Può sembrare una di quelle frasi pretenziose, mi dichiaro colpevole, però è così. Il delitto Fitzgerald cerca di indagare dentro l’anima del suo protagonista, un ragazzo che vive nel suo mondo e allo stesso tempo è in forte contatto empatico con le altre persone, una figura liberamente ispirata a Lo straniero di Albert Camus e portata sullo schermo da Ryan Gosling con il suo solito stile tanto indolente e apatico, quanto perfetto per questo genere di personaggi.
Sono questi i crime che preferisco. Quelli come la nuova consigliatissima serie tv Rectify. Quelli che indagano sui personaggi e sulle motivazioni, più che sull’omicidio in sé. Per quelli basta la densa pagina di cronaca di Studio Aperto.

"E' il Kevin Spacey Day e io non sono manco il protagonista del post?
Cannibal, ti mando Keyser Söze."
Oltre a farci scoprire poco a poco il suo protagonista, grazie al prof. Don Cheadle che vuole scrivere un libro a lui dedicato, Il delitto Fitzgerald cerca di scavare anche all’interno della vita delle due famiglie che sono state sconvolte dall’omicidio. La famiglia della vittima, con le due sorelle diverse Jena Malone e Michelle Williams, i cui personaggi non incidono purtroppo del tutto, e la famiglia dell’assassino. È qui che entra in gioco il nostro protagonista/non-protagonista della giornata. Kevin Spacey interpreta il padre di Leland/Ryan Gosling, lasciando per una volta ad altri il ruolo del pazzo omicida. Qui Kevin Spacey è uno scrittore di grande fama che non ha mai avuto un grosso rapporto con il figlio. Attraverso la sua solita recitazione sottile, con quell’immancabile velo dark che regala a quasi ogni sua interpretazione, Spacey dona spessore a una figura che, così come gli altri personaggi minori della pellicola, rimane sullo sfondo. Qui sta il limite di un film che in compenso ha alcuni momenti di notevole bellezza, una piacevole colonna sonora alternative rock molto Pixies e ha soprattutto il pregio di regalarci un grande protagonista, Leland/Ryan Gosling. Misterioso e inquietante, come i personaggi migliori interpretati dal suo papà in questa pellicola Kevin Spacey nel corso della sua carriera. Una carriera da non-protagonista per un post che l’ha visto non-protagonista nel suo stesso Kevin Spacey Day.
(voto 7/10)


Partecipano alle celebrazioni del Kevin Spacey Day anche i seguenti blog:

50/50 Thriller
Cinquecentofilminsieme
Combinazione casuale
Cooking Movies
Director's Cult
Ho voglia di cinema
Il Bollalmanacco di Cinema
In Central Perk
Montecristo
Scrivenny
Triccotraccofobia
Viaggiando (meno)
White Russian Cinema


martedì 21 giugno 2011

Le protagoniste magari lo s**kiano, ma S**ker Punch doesn’t s**k!


Sucker Punch
(USA, Canada 2011)
Regia: Zack Snyder
Cast: Emily Browning, Abbie Cornish, Jena Malone, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Oscar Isaac, Jon Hamm, Carla Gugino, Scott Glenn
Genere: fighette in azione
Se ti piace guarda anche: Gamer, Scott Pilgrim Vs. the World, Kill Bill

Sucker Punch è il mio nuovo film preferito!
Scherzo, però non è niente male. Certo, se il vostro ideale di pellicola action è una serie di tipi muscolosi che menano le mani allora state pure alla larga, ma se invece preferite adocchiare delle graziose fanciulle apparentemente innocue ma che in realtà danno del filo da torcere alle piccole e scatenate Hit Girl di Kick-Ass e Hanna di, ehm… Hanna, allora questo sì che può essere il film d’azione che fa giusto giusto per voi.

Scena iniziale: una clip dark molto ah yeah Mtv style sulle note di “Sweet Dreams” ci introduce nel mondo della protagonista (ma sarà davvero lei la vera protagonista?), una Emily Browning uscita fuori da Lemony Snicket e ormai inarrestabile nella sua ascesa verso la grandezza. La bambolina, che non a caso si chiama Baby Doll, ha fatto fuori involontariamente la sorellina (cose che capitano), mancando clamorosamente il patrigno malefico che voleva stuprarla, e così viene rinchiusa in un manicomio barra bordello che assomiglia per concentrazione di figa + follia a The Ward - Il reparto.
Oltre che una fantasia erotica, il regista Zack Snyder mette in scena una combinazione personale di tutto il suo immaginario, che poi non è molto lontano dal mio. Molto azzeccata innanzitutto l’idea della colonna sonora, con brani vari di Bjork, Pixies, Smiths ed Eurythmics rielaborati e riadattati come se fossero delle melodie eterne che vivono da sempre all’interno della nostra memoria e che escono fuori sputate in una nuova veste. Esattamente come le immagini della pellicola, un rimescolamento da altri film, fumetti, videoclip e videogame vari però non effettuato in maniera passiva, con i materiali di partenza che vengono rielaborati e remixati dalla visione di Snyder e donati ai nostri occhi sotto una diversa forma.

La parte migliore viene comunque con il casting femminile, un casting che immagino Snyder e i suoi collaboratori si siano divertiti parecchio a scegliere. Oltre alla splendida Browning (la cui beauty presto rivedremo anche in Sleeping Beauty passato all’ultimo Cannes), c’è la sempre eccellente Abbie Cornish: avere lei in pratica è come avere una Nicole Kidman di nuovo ai massimi livelli, però pagandola con un cachet presumibilmente molto più basso.
A Vanessa Hudgens per la prima volta nella sua vita non è stata data la parte della brava ragazza che le sta stretta e nelle vesti da zoccola rivela finalmente quel potenziale che io ho sempre sostenuto avesse da qualche parte come qualità nascosta. E se le riesce particolarmente bene la parte della zoccola, un motivo ci sarà, no? Quindi sfila anche Jamie Chung, la più bella fighetta asiatica in circolazione, mentre Carla Gugino non convince nei panni di una un po’ troppo stereotipata perfida megera alla Crudelia De Mon.
La migliore è comunque Jena Malone, una che quando c’è lei, so già che il film mi piace: fin dagli esordi da bambinetta in Contact e Nemiche amiche, passando per la fase teenager con Donnie Darko, L’ultimo sogno, The dangerous lives of altar boys, Saved! e Orgoglio e pregiudizio e poi in età da (giovane) adulta in Into the wild, Rovine e Oltre le regole - The Messenger. Una che insomma potrei dire quasi che è la mia attrice preferita, non fosse che a sentirmi la Dea Natalie dall’alto potrebbe fulminarmi. Comunque vedere la Jena in azione è sempre un bello spettacolo.
Non sfruttata a dovere la parte maschile del cast, con un Oscar Isaac promettente ma forse ancora acerbo per la parte del cattivone, mentre il grande grandissimo grandissimissimo Jon Hamm (il Don Draper di Mad Men) è sacrificato in un ruolo troppo piccolo.

Sucker Punch è un film strepitoso a livello visivo e sonoro, ma se non ci troviamo a un nuovo cult assoluto moderno è perché i contenuti sono leggerini, seppur non inesistenti come si nota da un finale (quasi) toccante. La trama gioca su più piani della realtà/fantasia, cosa che una quindicina d’anni fa ci avrebbe regalato un risultato ai limiti del comprensibile, ma nell’era post-Matrix in cui (quasi) tutti siamo abituati ad aprire e chiudere decine di finestrelle contemporaneamente, è ormai un modello consolidato della narrazione odierna e quindi piuttosto facile da seguire. Forse in maniera persino troppo lineare, io avrei voluto un film ancora più incasinato!
Se la sceneggiatura poteva quindi essere rifinita (e complicata) con maggiore attenzione, il divertimento comunque non manca: i combattimenti sono di ispirazione videoludica più che cinematografica e forse proprio per questo riescono nel loro intento di essere altamente spettacolosi, anche se dopo il primo gli altri diventano via via piuttosto ripetitivi.
Potremmo definirlo un cinema videogame allora ma per una volta non in una accezione negativa, visto che Sucker picchia lontano dalle atmosfere di quel fracassone di un Michael Bay o anche dal Francis Lawrence di robacce come Io sono leggenda e Constantine, mentre invece picchia più vicino all’adrenalina pura dei Neveldine & Taylor di Crank e soprattutto Gamer, ma non distante neppure dallo stile narrativo che procede per il superamento di capitoli/livelli usato in Scott Pilgrim Vs. the World. Un film che prevedibilmente sarà quindi odiato da chi crede ancora in una concezione del cinema vecchio stampo, ma si farà apprezzare, almeno per le sue buone intenzioni (magari non riuscite al 100%), da chi è favorevole alle contaminazioni tra media differenti.

Zack Snyder dopo il buon esordio con L’alba dei morti viventi mi aveva progressivamente convinto sempre meno con 300 e Watchmen (il film sui gufi Il regno di Ga'Hoole - La leggenda dei guardiani me lo sono volutamente risparmiato) e ora è ritornato a salire nelle quotazioni dell’immaginario cannibale. Un regista dall’ottimo potenziale non ancora totalmente espresso ma che con la sceneggiatura giusta potrà volare davvero in alto. Per ora comunque Sucker Punch è un sogno scappato dai miei sogni.
(voto 7+)

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