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venerdì 27 settembre 2013

LA FINE DI DEXTER




Il finale di Dexter è
***ATTENZIONE SPOILER***
una merda
***FINE SPOILER***

Dexter
(serie tv, stagione 8)

D’ora in poi, “Fare la fine di Dexter” potrebbe diventare sinonimo di “Fare una brutta fine” ed essere usata in frasi di uso comune, come "Bambini, attenti che se continuate così fate la fine di Dexter".
Un sacco di serie peggiorano nel corso del tempo. Quando si tira le cose troppo per le lunghe, d’altra parte, è inevitabile. Il primo e più evidente caso si è avuto con Happy Days: quando alla quinta stagione gli autori, che ormai non sapevano letteralmente più che pesci pigliare, decisero di far saltare Fonzie con gli sci nautici sopra a uno squalo, quello fu il momento in cui la serie era ormai giunta a un punto di non ritorno nello schifezzometro. Da allora in poi "Salto dello squalo" è l'espressione che si usa per definire una serie che si è ormai smerdata. Dexter è stata una di quelle serie che hanno subito lo stesso sventurato destino.
Partita in maniera interessante, sebbene con qualche debito di troppo nei confronti dell’American Psycho di Bret Easton Ellis, di cui rappresentava una versione più seriosa, la serie c’ha messo un po’ a carburare. Ma poi ce l’ha fatta. Prima di crollare definitivamente.

All’indomani della conclusione di uno dei telefilm più amati dell’ultimo decennio, è allora lecito porsi una domanda: qual è stata l’importanza di Dexter all’interno del panorama televisivo?
Dexter è stato fondamentalmente un personaggio rivoluzionario inserito all’interno di una serie non poi così rivoluzionaria. I vari episodi e le varie stagioni sono infatti state costruite come una leggera variante del crime procedural classico. Laddove in quello di solito l’episodio si conclude con la cattura e l’arresto dell’assassino, qui invece troviamo il criminale nelle mani del protagonista. Più che nelle mani, avvolto nel nylon da Dexter, il serial killer dei serial killer. Non il tipico protagonista di una serie, eppure in grado poco a poco di risultare simpatico, o più o meno simpatico, nei confronti dello spettatore.
Lo schema da crime tipico è stato seguito dagli episodi soprattutto all’inizio, mentre più in là le trame hanno cominciato a svilupparsi maggiormente in orizzontale, puntando ad approfondire la psicologia del protagonista e puntando forte anche sul “cattivone” stagionale. Ed è proprio da questo villain che è dipesa ogni volta la maggiore o minore riuscita delle varie season. Non a caso il miglior ciclo di episodi, il quarto, coincide proprio con il cattivo più pericoloso e inquietante, Trinity, interpretato da un magistrale John Lithgow, mentre la serie è scaduta nel ridicolo totale nel corso della sesta stagione, per colpa della inverosimile coppia di villain di turno, il pivello Travis (Colin Hanks, figlio raccomandato di Tom) e il Prof. Gellar.
La serie ha vissuto quindi alti e bassi, con il vertice assoluto - in positivo - toccato nel finale raggelante della quarta stagione, quando Dexter ritrova il cadavere della sua amata Rita (Julie Benz) in uno dei cliffhanger più sconvolgenti mai visti. Nelle ultime tre stagioni, a partire proprio da quella con Mignolo, pardon Travis e il Prof., c’è però stato un calo qualitativo impressionante nelle sceneggiature, con una ripetitività nelle situazioni e l’inserimento di poco convincenti svolte in territori da soap-opera, con Dex conteso tra la la sua sboccata sorellastra Debra (Jennifer Carpenter) in tragici momenti incestuosi e la sventolona bionda Hannah (Yvonne Strahovski).
Pensate al Dexter dei primissimi tempi. Del sesso non gliene importava nulla. Tutto quello che voleva fare era uccidere uccidere uccidere. Poi è arrivata lei…


E persino Dexter non ha più capito nulla. C’è poco da fare, anche se sei un serial killer vale il detto: tira più un pelo di figa, che un carro di sangue.
La serie si è così trasformata da così...




A così: un incrocio tra Dawson's Creek...


e True Blood...


Prima di crollare con le ultime stagioni, Dexter il personaggio ha però rappresentato qualcosa di davvero nuovo e unico all’interno del panorama seriale, in maniera analoga al Dr. House, anch’esso un personaggio fenomenale protagonista di una serie per il resto non sempre convincente e portata avanti in maniera discontinua.
Un personaggio come Dexter si sarebbe quindi meritato un finale migliore, magari come quello splendido avuto proprio dal Dr. House. Persino una serie come Gossip Girl, che nel corso degli anni ha disintegrato ogni limite del ridicolo, con l’ultimo episodio è riuscita a trovare una sua quadratura, a ricollegarsi alle sue origini e a dare una chiusura più o meno coerente con il suo spirito iniziale.

***ATTENZIONE DA QUI IN POI SPOILER SULL'OTTAVA STAGIONE***
Cosa che gli autori di Dexter non sono riusciti a fare, lasciando andare il telefilm alla deriva come il protagonista nella penultima scena. Che si fosse conclusa lì, in mezzo al mare, sarebbe stata una fine schifosa, ma ancora ancora quasi decente.
Invece no. Invece è arrivata l’ultimissima sequenza, con Dexter ritiratosi a vita privata, a fare tipo il camionista. WTF???

Un finale più appropriato secondo me avrebbe dovuto mostrarci un Dexter ambiguo, un Dexter pronto ancora a uccidere, con una scena che ce lo presentava lì lì sul punto di ammazzare qualcuno e poi… the end, cala il sipario, lasciandoci incerti. Dexter ucciderà ancora, oppure frenerà i suoi istinti?
O non sarebbe stato male vedere Dexter catturato. O ancora vedere Dexter che si costituisce, ammette finalmente i suoi crimini e si prende le sue responsabilità. Io, personalmente, come ideale conclusione l’avrei fatto friggere sulla sedia elettrica. Un finale giustizialista per una serie giustizialista.

Il finale scelto dagli autori ci lascia invece un Dexter in versione martire, che ha sacrificato tutto per amore del figlio, e ancora ci può stare, e di Hannah, una pazza assassina che agli inizi della serie non avrebbe esitato a far fuori a sangue freddo e a cui invece affida il suo bimbo. Hanno voluto dare a Dexter un finale alla Pinocchio, con il burattin… pardon il serial killer che finalmente diventa umano. Una scelta in linea con la filosofia tipica dell’American way of life che tutti possono cambiare, persino gli psyco assassini, ma poco in linea con quella che era la serie, almeno nei primi tempi.
Una scelta discutibile, per di più realizzata in maniera pessima, con degli effetti speciali da far rimpiangere Sharknado, e buttata lì in maniera frettolosa, dopo aver sprecato l’intera stagione con trame ripetitive e sottotrame inutili. La vicenda di Masuka (C.S. Lee) che scopre di avere una figlia, ad esempio, l’hanno messa lì malaccio, come riempitivo, e poi? Nell’ultima puntata Masuka dove cazzo è finito?
Lo so che era un personaggio minore, però potevano fargli fare qualcosa, fargli dire una battutina, a lui che era il personaggio simpa della serie. Invece niente.
Noi comunque lo ricorderemo così...


e così...


È anche da questi piccoli dettagli, che poi tanto piccoli non sono, che si capisce come gli autori abbiano sprecato tutto con noncuranza. Altra piccola cosa: perché la canzone che la dottoressa Vogel (Charlotte Rampling) ascolta sempre è "Make Your Own Kind of Music", pezzo anni '60 di Mama Cass Elliot già riportato in auge da Lost, dove era suonato in vari episodi? Con tutte le canzoni del mondo, proprio una usata da un'altra serie, tra l'altro non proprio sconosciuta?
Dettagli a parte, sono pure le questioni centrali a essere state gettate nel cesso: vogliamo parlare della fine che fanno fare alla povera Deb? Un momento sta bene e quello dopo è un vegetale. Ma ‘ndo stiamo? In una puntata di Grey’s Anatomy?
Per non dire del modo in cui Dexter porta via il suo cadavere sotto gli occhi di tutti. Vabbè che c’è un tornado in arrivo, però possibile che mai nessuno si accorga di niente? E come si fa a credere che una sventolona ricercata come Yvonne Strahovski riesca pure lei a passare inosservata, senza manco fare lo sforzo di cambiare colore di capelli o indossare un cacchio di paio di occhiali? Capisco la sospensione dell’incredulità, ma a Miami sono tutti storditi come le Pretty Little Liars? 

Se vogliamo essere generosi, l’ottava stagione non è nemmeno stata del tutto da buttare e sotto certi aspetti ha rappresentato un lieve miglioramento rispetto alle disastrose season 6 e 7. Il cattivone di turno (interpretato dall'attore islandese Darri Ingolfsson), il figlio con gli occhi da cocainomane più che da psicopatico della soporifera Vogel, anche questa volta è stato pessimo piuttosto che no, eppure se non altro si è scaduti meno sui sentieri del trash.
Nonostante una stagione mediocre, era comunque lecito sperare che almeno per l’ultima puntata ci sarebbe potuta essere una chiusura degna. E invece…
Invece è arrivato un finale in cui persino lo stesso Michael C. Hall pare rimanerci male, con quello sguardo svuotato.


Certo, poteva andare ancora peggio. Poteva esserci un happy ending con Dexter in Argentina a ballare il tango. Però diciamo che, tra tutti i finali possibili, quello scelto è stato il secondo peggiore. A pensarci bene, in fondo in fondo allora forse è una conclusione coerente con il comportamento del protagonista. Gli autori hanno ucciso la serie in maniera spietata. Sono loro i veri killer, altroché Dexter.
(voto all’ottava stagione 4,5/10
voto al series finale 3/10)

"Dopo aver letto questa recensione, potrei tornare a uccidere!"

martedì 22 maggio 2012

Gone-orrea

"Pronto, ma chi è?"
Gone
(USA 2012)
Regia: Heitor Dhalia
Cast: Amanda Seyfried, Jennifer Carpenter, Wes Bentley, Daniel Sunjata, Emily Wickersham, Katherine Moennig, Sebastian Stan, Joel David Moore, Sam Upton
Genere: bel film di merda
Se ti piace guarda anche: Faces in the Crowd, Dream House, La scomparsa di Alice Creed, The Vanishing - Scomparsa
(uscita italiana non ancora prevista)

Amanda Seyfried non mi piace particolarmente.
Me la inchiappetterei a sangue, ma non mi piace particolarmente.
Se però voglio vedermi un bel di merda, allora so che Amanda Seyfried è una buona garanzia in proposito. E con “bel film di merda”, io lo intendo nell’accezione positiva dell’espressione, se può esisterne una. Con “bel film di merda” intendo infatti uno di quei film che sai che sono una cagata, di quelle che due settimane dopo ti chiederanno: “L’hai visto Gone?” e tu risponderai: “Gooon? Mi stai chiedendo se ho la gonorrea?”, eppure nonostante questo lì per lì lo guardi senza problemi e un pochino ti appassioni pure alla vicenda.
Un bel film di merda, capito, no?

"Amanda, cercano te: è ancora quel maniaco..."
E i bei film di merda dell’Amanda io li ho apprezzati praticamente tutti: sono tra le uniche 3 persone al mondo cui è piaciuto Cappuccetto rosso sangue (le altre 2 sono i genitori della Seyfried), sono l’unica persona al mondo a cui è piaciuto Jennifer’s Body (no, quello manco ai genitori della Seyfried), mi sono tutto sommado goduto la visione del modesto In Time, ho guardato senza nemmeno morire gli smielati Dear John e Letters to Juliet. In qualche perverso modo, alla fine devo dire che Amanda Seyfried mi piaciucchia abbastanza. O forse mi piace proprio particolarmente, sebbene a inizio post abbia sostenuto il contrario. Ma mai fidarsi troppo della mia parola.
In attesa di vederla negli irriconoscibili panni della pornostar gola profonda Linda Lovelace, è arrivato un suo nuovo thrillerino e vogliamo perdercelo, vogliamo?
Direi proprio di no.

"Tanto io ho Tim, tu Vodafone, quindi non ti ricarico nemmeno!"
Dopo i noiosi titoli di testa come solita intro pseudo inquietante da thrillerino americano di medio livello che mette meno tensione di un giro sulle giostre per bambini, si parte subito con la scenona immancabile di Amanda Seyfried che si fa la doccia.
Beeene.
Anche se una scena del genere, immancabile in ogni thriller che si rispetti da Psycho in poi, qui se la sono bruciata subito all’inizio e quindi uno perché dovrebbe vedere il resto? Per la trama?
Con la speranza che prima o poi arrivi un’altra scena di doccia con Amanda Seyfriend (e mi duole dirvi che purtroppo non arriverà), non ci resta altro che goderci la trama. Ebbene sì. Solita trama (poco) thriller (molto) standard.
Una tizia, la Seyfiga, è stata rapita da un pazzo maniaco serial-killer, ma lei oltre che Seyfiga è pure Seysveglia ed è riuscita a fuggire. L’unica a essere riuscita a sfuggirgli. Dopo essere stata internata in un istituto psichiatrico perché nessuno credeva alla sua storia, l’hanno liberata e lei è andata a vivere in una casina sperduta insieme alla sorella. Fino a che la sorella scompare. Rapita pure lei?
Amanda Seyfiga va dalla polizia a denunciarne la scomparsa, ma nessuno le crede e le dicono: "Seypazza!" E così lei da sola dovrà mettersi sulle sue tracce.
Le domande a questo punto sono 2:
1) Ce la farà a ritrovare la sorella, sgnacchera pure lei?
2) Si farà un'altra doccia?
Le risposte:
1) Chi lo sa. Guardatevi il film.
2) Ve l’ho detto: nooo.

"Amanda, puoi dire ai tuoi amichetti maniaci di non rompere
le scatole pure a me?"
Nonostante il personaggio stereotipato e le situazioni tipiche da thrillerino, la Seyfried ci crede abbastanza alla parte (non si sa bene perché) e se la regia del brasiliano Heitor Dhalia è senza infamia e senza lode, ma soprattutto senza lode, non è malaccio il cast di contorno della pellicola: ci sono un Wes Bentley di recente tornato sulla cresta dell’onda con Hunger Games come non capitava dai tempi in cui filmava in maniera poetica sacchetti di plastica in American Beauty, Katherine Moennig che era la playgirl di The L Word, Joel David Moore visto con la sua faccia da pirla in Avatar e nell’horror Hatchet, Sebastian Stan già in Gossip Girl e ne Il cigno nero, e poi Jennifer Carpenter, la sorella di Dexter. ATTENZIONE SPOILER SU DEXTER! E colgo l’occasione per rivolgere un appello agli sceneggiatori di Dexter: vi prego, nella prossima stagione non proseguite con la storia incestuosa tra lei e il fratello, ok?


Ecco svelato il mistero di dov'è finito l'attore scomparso Nick Stahl:
a sta(h)lkerare Amanda Seyfiga.
Il film Gone, per quanto alla fin fin non sia altro che un semplice thrillerino americano, tratta un tema importante: le persone scompaiono.
L’attore Nick Stahl ad esempio è scomparso.
Non intendo che è scomparso dalla scena cinematografica, anche se un po’ è vero pure quello.
Qualche anno fa era uno degli attori più promettenti di Hollywood, con all’attivo film come L’uomo senza volto (da bambino), Generazione perfetta, La sottile linea rossa (di Terrence “sticazzi” Malick), In the Bedroom, Bully, Sin City, Terminator 3 (il suo maggiore successo commerciale). Dopodiché una serie di filmetti che nessuno si è filato ed è scomparso dal giro hollywoodiano che conta.
Qualche giorno fa però Nick Stahl è scomparso per davvero. Il 9 maggio è stato visto per l’ultima volta, poi di lui si sono perse le tracce. Fino ad essere stato ritrovato. Dove? E dove volete che finisca un attore hollywoodiano in crisi se non in rehab?
Morale della fiaba: le persone scompaiono nella realtà. E pure nei film. E pure nei bei film di merda. Come Gone.
(voto 6-/10)

venerdì 26 agosto 2011

Jason Statham VS The Rock

Due pesi massimi del cinema action degli ultimi anni si scontrano sul ring cannibale con due pellicole che come vedremo non sono certo il massimo, nè della vita, nè del genere d’azione. Chi trionferà? O meglio: chi perderà in maniera più dignitosa?



Professione assassino - The Mechanic
Regia: Simon West
Cast: Jason Statham, Ben Foster, Mini Anden, Donald Sutherland, Christa Campbell, Tony Goldwyn
Genere: zona Statham
Se ti piace guarda anche: The Transporter, Professione: assassino, The American

Oh, finalmente qualcuno ha fatto un film su un meccanico, colmando una lacuna clamorosa nel mondo delle professioni cinematografiche!
Mmm… dite che non è così? Questo non è un film su un meccanico che aggiusta le auto? È il solito film sul killer a pagamento spietato e solitario? Ancora? Un’altra onda, un’altra volta? Ebbasta.
Vabbè, perlomeno questa volta entriamo in “zona Statham”. Dopo aver visto quella mega figata adrenalinica galattica di Crank (e pure il seguito non è niente male), avevo eletto Jason Statham come mio nuovo action hero preferito. Anzi, diciamo come unico action hero che sopporto, il solo vero degno erede del mitico Bruce Willis de ‘na vorta. Peccato che a parte quel film, Statham mi abbia regalato più delusioni che esaltazione. Per non usare esplicitamente il termine “film di merda”.
Se già The Transporter non è ‘sta gran cosa, ma perlomeno è guardabile, qui siamo in una versione cotta, o meglio bollita, di quel film, e a tratti si entra persino nei territori del terribile The American con Giorgione Clooney. AAAAAAAAAAAAAAAAh!
Eli, don’t you cry tonight. Scusami se l’ho menzionato. Anche a me viene da piangere ogni volta che sento nominare quel film.

The Mechanic procede quindi su binari soporiferi, con i soliti omicidi su commissione e ben poca azione per essere un film d’azione. Che ti sta succedendo, Jason? L’unico motivo d’interesse delle pellicola, remake di Professione: assassino con Charles Bronson, è quando entra in scena Ben Foster, ottimo attore che pure lui a parte l’ottimo Oltre le regole - The Messenger dovrebbe però fare più attenzione nello scegliersi i copioni. Qui Foster interpreta la parte del figlio di Donald Sutherland (ma non era Kiefer Sutherland suo figlio?? Oddio così mi mettete in confusione!), il quale è stato ucciso da Jason Statham ma lui non lo sa. Dopo la morte del padre, Foster si presenta proprio da Statham per impare il secondo mestiere più antico del mondo, quello dell’assassino.
In questa parte chiamiamola di “addestramento”, la pellicola guadagna un po’ di curiosità. Ma molto vagamente, visto che certo non diventa irresistibile e scivola verso un finale scontatissimo.
Unico momento degno di nota del film: quando Jason Statham rimorchia una tipa senza nemmeno dire una parola. Vabbè, più tardi scopriremo che lei è una professionista del primo mestiere più antico del mondo, però grande Jason sempre e comunque!
(voto 5-/10)


Faster
(USA 2010)
Regia: George Tillman Jr.
Cast: Dwayne “The Rock” Johnson, Billy Bob Thornton, Carla Gugino, Oliver Jackson-Cohen, Maggie Grace, Tom Berenger, Mike Epps, Xander Berkeley, Moon Bloodgood, Jennifer Carpenter
Genere: revenge movie
Se ti piace guarda anche: una roccia, oppure anche gli scogli sul mare possono andar bene

Se già The Mechanic è una visione mediocre e totalmente dimenticabile quindici secondi dopo i titoli di coda, con Faster si va velocemente ancora più a fondo, da qui il titolo Faster. D’altra parte in questo caso il protagonista è Dwayne “The Rock” Johnson, wrestler e pure attore. Anche se forse nemmeno lui stesso avrebbe il coraggio di definirsi attore. The Rock, lo dice il nome stesso, è una roccia sia fisiciamente che a livello espressivo. Espressivo, si fa per dire, visto che è totalmente incapace di esprimere un qualsiasi sentimento umano, o anche solo roccioso.
Riguardo al film, poco da dire. Solita storia di vendetta, con The Rock che uscito di galera va a far fuori tutti i colpevoli dell’omicidio del fratello. A cercare di beccarlo c’è una coppia di detective formata dal sempre più bollito Billy Bob Thornton e da una Carla Cugino qui meno bona del solito e c’è pure uno spietato killer che sembra un po’ il The Mechanic del film con Statham, solo che non è Statham.
In una serie di piccoli ruoli ci sono poi alcuni volti telefilmici come Maggie Grace (la Shannon di Lost che fa sempre piacere rivedere), Moon Bloodgood (mediocre attrice del nuovo Falling Skies), Xander Berkeley dell’ottima miniserie The Booth e Jennifer Carpenter, la sorellina di Dex in Dexter.
Un contorno discreto per una portata principale che da masticare risulta dura come una roccia.
(voto 3/10)


Jason Statham Vs. The Rock
And quindi the winner is…
Nettamente Jason Statham, anche perché The Rock sarà anche un wrestler ma un attore non lo so… Non credo. Peccato solo che il buon Jason esca raramente dallo stereotipo da action hero in cui è inscatolato, perché quando lo fa dimostra di essere un attore dall’ottimo potenziale, come in London dove è un folle scatenato cocainomane con persino i capelli in testa! In questo caso comunque entrambi sono protagonisti di due film al limite della denuncia per molestie alla pubblica decenza. Guardateli pure, ma poi non dite che io non vi avevo avvisato.
Adesso vado, stanno suonando al citofono. Ci sono due certi energumeni muscolosi che mi vogliono dare un sacco di botte…

lunedì 4 ottobre 2010

Dex is back

Dexter
Rete americana: Showtime
Reti italiane: FX, Cielo, Italia 1
Ideatore: James Manos Jr.
Ispirato ai libri di: Jeff Lindsay
Cast: Michael C. Hall, Jennifer Carpenter, Julie Benz, David Zayas, Lauren Vélez, James Remar, Desmond Harrington, C.S. Lee, Keith Carradine, Jimmy Smits, John Lithgow, Courtney Ford, Jaime Murray, Christian Camargo, Mark Pellegrino, Christina Robinso, Julia Stiles
Se ti piace guarda anche: American Psycho, Edmond, One Hour Photo, Mr. Brooks, Il silenzio degli innocenti

Chi l’avrebbe detto che anche i serial-killer, come il buon vino, migliorano invecchiando?
Dexter Morgan, per chi non lo sapesse, lavora nella squadra omicidi di Miami, ha una fidanzata, un rapporto splendido con la sorella poliziotto, una vita del tutto normale. A parte il fatto che è una specie di serial-killer buono. Buono nel senso che ha una specie di “codice” personale, ereditato dal padre poliziotto ora defunto (ma che rivede attraverso visioni), e quindi uccide solo persone che secondo lui meritano la morte (assassini, stupratori, maniaci), come fosse una specie di eroe vendicatore senza super poteri e (quasi) senza umanità.

(a seconda delle stagioni che avete visto: ATTENZIONE SPOILER)


La prima stagione della serie è valida, soprattutto per la storia del killer del camion frigo e del rapporto malato con il fratello altrettanto fuori di testa, però Dexter sembra ancora un American Psycho alla Patrick Bateman in cerca della sua vera identità. Gli episodi sono poi troppo divisi in singoli casi, quasi si trattasse di un crime alla CSI, visto che gli autori della serie non si sono ancora resi conto che la cosa interessante non sono tanto gli omicidi presentati, ma l’uomo che si cela dietro di essi.
(voto 7,5)

La stagione 2 allora si concentra maggiormente su Dexter-l’uomo, ma prende una non troppo originale piega alla Fight Club. Dex infatti si mette a seguire degli incontri per narcotici anonimi, con il piccolo dettaglio che la dipendenza contro cui trova a combattere non è la droga, né l’alcool, bensì la voglia di uccidere. Qui conosce una tipa pure lei con qualche disordine mentale, la caliente Lila, con cui comincia una relazione sessuale. Ma Dexter nelle vesti di sex machine non è molto credibile e la stagione prende una piega confusa.
(voto 6,5)

E allora solo dalla terza stagione che Dexter diventa secondo me davvero una grande, grandiosa serie. Il protagonista si trova infatti da qui sempre più diviso tra una vita-copertura normale, con tanto di fidanzamento che si fa serio e addirittura un matrimonio bambino in vista. Ma sarà pronto per mettere la testa a posto e dedicarsi alla famiglia? Dex si fa anche il suo primo vero amico, Miguel Prado, un procuratore distrettuale che pure lui rivelerà un lato omicida non da poco e porterà i due allo scontro.
(voto 8)

Ma Miguel Prado non è niente rispetto a quello che lo aspetta con la quarta stagione. Mentre Dex è ormai un perfetto desperate househusband con tanto di villetta nei suburbi, a Miami infatti sbarca Trinity, il più longevo serial killer figlio di puttana a piede libero nella storia degli Stati Uniti, interpretato da un John Lithgow oltre ogni ragionevole soglia dell’inquietante. Tutti gli danno la caccia, ma solo Dex, con il suo fiuto da assassino, scopre la sua vera identità. E decide di farselo amico. Tra i due inizia un rapporto ambiguo e malato, da cui Dex non riesce a prendere totalmente le distanze. Gli autori della serie questa volta decidono di non tirare il freno a mano, spingono la tensione a livelli altissimi in ogni puntata e portando la storia fino alle estreme conseguenze, con un finale di stagione tra i più shock e sconvolgenti nella storia della tv.
(voto 8,5)

La stagione 5, appena arrivata negli Stati Uniti, è iniziata come meglio non potrebbe, con il poco umano Dex che si trova ad avere a che fare con i più umani tra i sentimenti: la perdita e il senso di colpa. Il primo episodio resta congelato in una dimensione sospesa che ricorda la magnifica puntata di Buffy il giorno che ritrova sua madre morta. Davvero notevole la scena in cui Dex (interpretato da un Michael C. Hall ormai diventato un tutt’uno col suo personaggio) annuncia la morte di Rita ai suoi figli con in testa le orecchie da Topolino.
Dex is back e la nuova season promette quindi scintille, con un sacco di new-entries nel cast a partire da Julia Stiles. Dopo Save the last dance, sarà lei che riuscirà a salvare the last killer?
(voto 9 alla prima puntata)

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