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mercoledì 22 febbraio 2017

Scottish Pastoral





American Pastoral
Regia: Ewan McGregor
Cast: Ewan McGregor, Dakota Fanning, Jennifer Connelly, David Strathairn, Valorie Curry, Uzo Aduba, Hannah Nordberg


Lui è il tipo che tutti ammirano. Quello che tutti i ragazzi sognano di essere e tutte le ragazze (e anche alcuni ragazzi) sognano di farsi. È quello che sai già avrà un futuro brillante davanti a sé, qualunque cosa farà nella vita.

Di chi sto parlando?
Di Seymour Levov, un ragazzo soprannominato “Lo svedese” che è l'atleta scolastico migliore del New Jersey, un campione sia nel football che nel baseball, ed è pure bello, brillante e persino gentile e simpatico. Un tipo perfetto che si sposa con la fregna perfetta, Jennifer Connelly.

lunedì 21 luglio 2014

NOIAH




"Lo so, ho dei capelli improponibili.
Ma nella Bibbia il balsamo non viene mai menzionato..."
Noah
(USA 2014)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky, Ari Handel
Cast: Russell Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Ray Winstone, Anthony Hopkins, Douglas Booth, Logan Lerman, Leo McHugh Carroll, Kevin Durand, Nick Nolte, Mark Margolis, Marton Csokas, Finn Wittrock, Madison Davenport
Genere: bestemmia cinematografica
Se ti piace guarda anche: La passione di Cristo, The Fountain – L’albero della vita

ATTENZIONE FANATICI
Se siete fanatici religiosi, se portate la Bibbia sempre con voi, se andate a messa tutte le domeniche, o se siete Mel Gibson, potreste considerare questo post blasfemo. Proseguite la lettura soltanto a vostro rischio e pericolo, altrimenti fate sempre in tempo a tornare sul sito di Famiglia Cristiana.


In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l'abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu.
Dio poi creò tante altre belle cose, un sacco di animaletti, fino a che creò anche l’uomo, dicendo semplicemente: “Abracadabra, facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”. Ma mancava ancora qualcosa. Qualcosa di molto importante. A questo punto, Dio allora disse: “Sia la figa!”. Ed Emma Watson fu.


Per festeggiare la sua creazione più bella, Dio passò la domenica a masturbarsi furiosamente contemplando la sua immagine. Una volta stufatosi di guardarla mentre non faceva nulla, decise di creare un qualcosa per tenerla impegnata e così fece il cinema. Dopo aver creato il cinema e i film dei Lumière in cui non succedeva nulla, Dio decise di creare pure i registi e fu così che diede vita a Darren Aronofsky. Il cineasta americano realizzò una pellicola più bella dell’altra, da Pi greco – Il teorema del delirio a Requiem for a Dream, da The Wrestler a Il cigno nero, fino a che decise di dedicarsi a Noah, un lavoro tratto dalla Bibbia. Un progetto dalle ambizioni divine.

La storia di Noè e della sua arca la conoscete già tutti, vero?
Ehm… io veramente non la conoscevo proprio bene bene. Da bambino ho saltato qualche lezione di catechismo di troppo. Più in là con gli anni ho provato a rimediare alle mie lacune religiose e un giorno mi sono detto: “Leggiamoci un po’ sta Bibbia. Ci sarà una ragione se ha venduto milioni di copie…”
Ho iniziato a leggere qualcosa, ma ben presto ho rinunciato. Ragazzi, ma non l’ha mai detto nessuno?
La Bibbia è ILLEGGIBILE!
È un libro scritto in maniera davvero terrificante. Prendiamo un passaggio dalla Genesi in cui si parla proprio del protagonista di giornata, il simpatico (si fa per dire) Noè.

1. Il Signore disse a Noè: «Entra nell'arca tu con tutta la tua famiglia, perché ti ho visto giusto dinanzi a me in questa generazione. 2 D'ogni animale mondo prendine con te sette paia, il maschio e la sua femmina; degli animali che non sono mondi un paio, il maschio e la sua femmina. 3 Anche degli uccelli mondi del cielo, sette paia, maschio e femmina, per conservarne in vita la razza su tutta la terra. 4 Perché tra sette giorni farò piovere sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti; sterminerò dalla terra ogni essere che ho fatto». 5 Noè fece quanto il Signore gli aveva comandato.
6 Noè aveva seicento anni, quando venne il diluvio, cioè le acque sulla terra. 7 Noè entrò nell'arca e con lui i suoi figli, sua moglie e le mogli dei suoi figli, per sottrarsi alle acque del diluvio. 8 Degli animali mondi e di quelli immondi, degli uccelli e di tutti gli esseri che strisciano sul suolo 9 entrarono a due a due con Noè nell'arca, maschio e femmina, come Dio aveva comandato a Noè.
10 Dopo sette giorni, le acque del diluvio furono sopra la terra; 11 nell'anno seicentesimo della vita di Noè, nel secondo mese, il diciassette del mese, proprio in quello stesso giorno, eruppero tutte le sorgenti del grande abisso e le cateratte del cielo si aprirono. 12 Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.

A parte il fastidio provocato da tutti i numerini inseriti a ogni frase, ma vi sembra un libro scritto bene? Non c’è manco mezza descrizione o un minimo di introspezione psicologica dei personaggi. Niente. Al confronto della Bibbia, Tre metri sopra al cielo, Twilight e Cinquanta sfumature di grigio sono dei capolavori assoluti.
Tralasciando gli aspetti letterari, c’è qualcuno che può ritenere anche solo lontanamente verosimili i fatti in essa raccontati?
Eppure giusto qualche milione, per non dire qualche miliardo, di persone sulla faccia della Terra crede che quanto narrato nella Bibbia sia davvero successo. Prendiamo il passaggio “Noè aveva seicento anni.
Se quest’uomo ha 600 anni, voglio il numero del suo chirurgo plastico.


Prendiamo un altro passaggio: “Cadde la pioggia sulla terra per quaranta giorni e quaranta notti.” Ma manco a Masone in Liguria, il posto meteorologicamente più sfigato del mondo, ha mai piovuto così tanto. Eddai.


In pratica La Sacra Bibbia è il più fantasioso romanzo fantasy di sempre. Roba che al confronto Il signore degli anelli può essere considerato puro neorealismo. Il regista Darren Aronofsky, chiamato a sé dalla voce di Dio, o più probabilmente da quella del Dio Denaro, ha così deciso di trattare le vicende bibliche come fossero una materia fantasy, chiamando attori come Emma "Hermione" Watson e Logan "Percy Jackson" Lerman e aggiungendo alcuni elementi fantastici al racconto, giusto per rendere le cose un po’ meno noiose (obiettivo non riuscito per niente), senza però nemmeno esagerare. Come potete leggere in questo articolo di Wired, le differenze tra quanto raccontato nella Bibbia e nel film non sono poi nemmeno troppe.

ATTENZIONE SPOILER
Per chi come me non avesse troppa dimestichezza con la Bibbia, rammento la vicenda di Noah in breve.
Noah è un giovane ragazzo di 600 anni che una notte, dopo una cena pesante a base di cibo piccante, fa dei sogni strani. Sogna che il mondo sta per finire a causa di un acquazzone particolarmente pesante. Nessuno gli crede.



Per prepararsi al diluvio universale, Noah si mette così a costruire una gigantesca arca e per farlo si fa aiutare da un gruppo di muratori giganti, di nazionalità rumena e albanese, ovviamente sottopagati. Noè in maniera molto generosa decide che nell’arca potranno accomodarsi solo lui, sua moglie, i suoi tre figli e quella sgnaccherona gigante della sua figlia adottiva, Emma Watson, per l’occasione ribattezzata la Porca di Noè, visto che dovrà accontentare gli appetiti sessuali di tutti e tre i suoi figli e pure i suoi. Insieme a loro possono venire anche un sacco di animali a coppie, un maschio e una femmina. Niente coppie gay. Noah vende così i biglietti ai vari animali, gonfiando i prezzi a dismisura. Gli altri umani cercano di acquistare qualche biglietto dai bagarini o in rete, ma niente. Non si trovano più. Sono sold out più di un concerto dei Rolling Stones.
A un certo punto, preso dalla follia, Noah Crowe si mette pure a cantare, credendo di essere ancora in Les Misérables.






A parte la sua famiglia, secondo Noah tutto il resto dell’umanità deve pagare per i propri peccati e morire in maniera brutale sotto la pioggia, scatenando le reazioni preoccupate della comunità internazionale.


Gli uomini provano a salvarsi in tutti i modi. C’è chi prega, c’è chi cerca di corrompere Noah, c’è addirittura chi manda Bruce Willis e Ben Affleck nello spazio…


Ma non c’è niente da fare. Viene persino organizzata un’agghiacciante battaglia che sembra uscita dal nuovo capitolo di Transformers girato da Michael Bay e invece no, si tratta davvero di una pellicola diretta da Darren Aronofsky. E se pure Darren Aronofsky si mette a realizzare certe porcate, non c’è più niente da fare. L’umanità è spacciata.

Il film di Aronofsky non è però solo questo. Fondamentalmente è anche la storia del villain più cattivo di tutti i tempi. Non mi riferisco tanto allo stesso Noah che dà il titolo alla pellicola, che pure come abbiamo visto è non poco stronzo. Mi riferisco a Dio. Un Dio vendicativo, misogino e misantropo che vuole sterminare l’intera razza umana, che continua a mettere alla prova l’uomo con una serie di sfide una più perfida dell’altra manco fossero gli Hunger Games. Dopo la mela del peccato nel giardino dell’Eden che gli ha sbattuto lì davanti alla faccia, salvo poi dirgli “No, non puoi mangiarla!”, proprio come una tipa che te la fa solo annusare, Dio questa volta ha superato persino se stesso. Seguendo l'esempio di George R. R. Martin che a ogni stagione di Game of Thrones deve tirare fuori una serie di morti più impressionanti di quelle precedenti, Dio a questo giro ordina a Noah di uccidere la prole della sua figliastra, ma solo nel caso gli nasca una figlia femmina, giusto per ribadire la sua misoginia se qualcuno aveva ancora dei dubbi in proposito.
A Emma Watson però non nasce una figlia. Ne nascono due! E Noah deve ucciderle entrambe. Già è grave uccidere delle persone, poi è ancora più grave uccidere dei bambini, poi è ancora peggio uccidere delle bambine che essendo figlie di Emma Watson crescendo sono destinate a diventare delle fighe stellari.
A questo punto Noah cosa farà? Andrà davvero fino in fondo nei suoi intenti malati e metterà fine all’intera razza umana per sempre, o disubbidirà a Dio?

Questo lo saprete già se avete letto la Genesi. L’alternativa è quella di guardarvi il film di Darren Aronofsky, anche se io vi sconsiglio di farlo. Se avete amato i suoi precedenti lavori come me, qui dentro dell’un tempo grande regista non troverete molte tracce, se non per qualche vago riferimento ai passaggi più deliranti della sua opera più controversa, The Fountain – L’albero della vita. Questo nonostante Aronofsky figuri come sceneggiatore e produttore, oltre che come regista. Questo nonostante la presenza del solito Clint Mansell a firmare le musiche, tronfie e fastidiose. Questo nonostante il cast vanti attori feticcio del regista come la bella Jennifer Connelly e la partecipazione vocale dell’aficionado Mark Margolis, che durante la visione del film avrà probabilmente avuto sulla faccia per tutto il tempo quest’espressione.


Dimenticate il Darren Aronofsky che conoscevate. Nonostante a livello visivo si tratti di un lavoro potente e dotato di un suo certo fascino, e questa è l’unica buona notizia, Noah è un pasticcio di proporzioni bibliche. Una pellicola in grado di far perdere la Fede, la Fede nel Cinema. Se qualcuno riesce ad arrivare alla fine di questa lunga, estenuante, allucinante e noiosa visione senza bestemmiare nemmeno una volta, quel qualcuno merita di essere fatto Santo Subito.
Fino all’ultimo ho sperato fosse solo un brutto scherzo. Il terrificante finale moralista mi ha fatto capire che no, Aronofsky non stava scherzando ed era dannatamente serio. Persino quando ha tirato fuori questi cosi giganti.


Dimenticate allora Darren Aronofsky. Dimenticate il Cinema. Dimenticate pure che questo possa essere un film sul diluvio universale. Noah è solo un diludendo universale.
(voto 3/10)

sabato 16 novembre 2013

L’ARCA DI NO



Ecco il trailer del nuovo film di Darren Aronofsky, Noah, con nel cast Russell Crowe, Jennifer Connelly, Emma Watson, Logan Lerman e Anthony Hopkins e dedicato alla figura di Noè. Quello dell’arca.



Ed ecco le prime reazioni a caldo alla visione del trailer.

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia figlia?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Russell Crowe

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia figlia?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Jennifer Connelly

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia nipote?
Me la sarei fatta più che volentieri.
E perché mi hanno dato la parte di Matusalemme? Non sono così vecchio, no?
Hey, cos'è questo silenzio?
Anthony Hopkins

Ma perché hanno dato a Emma Watson la parte di mia sorella?
Me la sarei fatta più che volentieri.
Vabbé, pazienza, almeno me l'ero già fatta in Noi siamo infinito.
Logan Lerman

Ma che è ‘sta cagata apocalittica?
Cannibal Kid di Pensieri Cannibali

Ma è Darren Aronofsky o Roland Emmerich?
Onesto e spietato (da Facebook)

Ma Porco Di...!
Noè

lunedì 11 novembre 2013

LEONARDO DICAPRIO DAY – BLOOD DIAMONDS ARE A GIRL’S BEST FRIEND




Leonardo DiCaprio? Chi, quello che muore alla fine di Titanic?
Per il grande pubblico, quello che vede (al massimo) un film all'anno, il bel Leo è e rimarrà probabilmente sempre associato a quella pellicola, il più grande incasso cinematografico di tutti i tempi, per lo meno prima che arrivasse quell’altra menata jamescameroniana di Avatar. Ma la verità è che no, Leonardo DiCaprio non muore alla fine del Titanic. Leonardo DiCaprio in realtà è sopravvissuto a quel viaggio, è sopravvissuto a quel film, il cui strabordante successo avrebbe potuto affondare la carriera di chiunque, non la sua.
C’hanno pure provato ad abbatterlo, con le critiche feroci a The Beach di Danny Boyle, pellicola che a conti fatti non era poi così malvagia. Certo, non era nemmeno riuscitissima, però ai tempi dell’uscita c’era chi parlava di uno dei peggiori film di Sempre e forse esagerava un pochino. Ma a quei tempi la facciona di DiCaprio compariva sulle t-shirts delle teenagers, per tutti lui era “quello del Titanic” e la sua reputazione stava all’incirca dove oggi stanno quelle di Justin Bieber e One Direction. Ovvero sotto zero.
Come uscire da una situazione del genere?
Dimostrando di essere bravo. Dimostrando di essere un grande attore, cosa che tra l’altro aveva già provato in precedenza, dalla sua strepitosa prova in Buon compleanno Mr. Grape al perfetto Romeo moderno del Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann, prima che il Titanic facesse dimenticare tutto il resto.
E così Leo intelligentemente ha deciso di farsi un attimo da parte, dimenticare ruoli troppo romanticosi e potenziali nuovi blockbuster, per stringere un rapporto di tipo quasi paterno con quello che sarebbe diventato il suo mentore e regista di fiducia, Martin Scorsese. Con lui ha girato Gangs of New York, The Aviator, The Departed, Shutter Island e l’imminente The Wolf of Wall Street, e da lì in poi il DiCaprio ha deciso di partecipare a pochi film, pochi progetti selezionati con cura e sempre o quasi con grandi registi: Steven Spielberg (Prova a prendermi), Ridley Scott (Nessuna verità), Sam Mendes (Revolutionary Road), Christopher Nolan (Inception), Clint Eastwood (J. Edgar), il più grande di tutti Quentin Tarantino (Django Unchained) e poi ha ritrovato Baz Luhrmann (Il grande Gatsby).
Come si esce vivi dal Titanic, allora?
Facendo film notevoli con registi notevoli. Semplice, più o meno.
Parziale eccezione la fa il film di cui vi parlo qui sotto. Oggi Leonardo DiCaprio festeggia 39 anni e per l’occasione noi blogger cinematografici abbiamo deciso di dedicare la giornata ai suoi film. Io mi sono preso uno dei pochi interpretati dall’attore che ancora mi mancavano, Blood Diamond, che non si è rivelato uno dei migliori, mentre sui blog dei miei esimi e stimati colleghi potete beccarvi anche gli altri post di questo entusiasmante Leonardo DiCaprio Day.
"Con un bambino in braccio cucco un casino..."
Blood Diamond – Diamanti di sangue
(USA, Germania 2006)
Regia: Edward Zwick
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Cast: Leonardo DiCaprio, Djimon Hounsou, Jennifer Connelly, David Harewood, Arnold Vosloo, Kagiso Kuypers, Stephen Collins, Michael Sheen, Benu Mabhena. Ato Essandoh
Genere: insanguinato
Se ti piace guarda anche: Rebelle - War Witch, Invictus - L'invincibile, Hotel Rwanda, L'ultimo re di Scozia

Con Blood Diamond – Diamanti di sangue, Leonardo DiCaprio ci mostra un altro suo lato. Un lato inedito. Non più quello da romantico eroe adolescenziale degli anni ’90, non solo l’attore feticcio di Scorsese e di alcuni dei registi più rinomati su piazza, bensì l’attore impegnato nel sociale. Non solo bello, non solo bravo, ma pure impegnato. Echeccazzo. Non fosse che lo considero tra i miei idoli, ci sarebbe proprio da odiarlo, tanto è perfetto. Se a ciò aggiungiamo che si è fatto alcune delle fighe più fighe del mondo della fighe, da Blake Lively a Paris Hilton, da Gisele Bündchen a Bar Refaeli, ci sarebbe da volerlo vedere morto come a fine Titanic. E invece no, perché Leonardo DiCaprio dev’essere anche una gran brava persona. Si preoccupa per il riscaldamento globale – ha prodotto il docu ambientalista The 11th Hour - L’undicesima ora –, sostiene i diritti dei gay, finanzia compagnie animaliste e si preoccupa pure delle popolazioni africane. In pratica, se lo odiate siete proprio delle brutte persone.

"...e con un cane in testa ancora di più!"
Questo Blood Diamond è allora l’occasione di DiCaprio per mostrarci il suo lato impegnato. Ottima l’intenzione, realizzazione molto professionale, pure troppo, peccato che a livello cinematografico sia uno di quei filmoni in cui si respira più aria di Hollywood che di Africa.
La regia perfettina di Edward Zwick ci presenta da una parte un’Africa da cartolina, splendidamente fotografata ma che fa molto video di “Waka Waka (This Time For Africa)” di Shakira. Per mostrarci anche il lato meno bello del continente nero paraponzi ponzi po’, Zwick decide di mostrarci anche attentati, esplosioni, massacri in una maniera spettacolare manco ci trovassimo in un action movie con James Bond. Un conto è la violenza esagerata e fumettistica dei film pulp di Quentin Tarantino, altra storia è l’uso a effetto delle devastazioni delle guerriglie africane per impressionare il pubblico seduto comodamente sulle poltrone mentre si magna i popcorn, così come fanno molto “tv del dolore” le scene più drammatiche. Capisco siano utilizzate per sensibilizzare gli spettatori, però qui forse un pochino si esagera.

Se lo sbatterci tutte queste situazioni dritte in faccia è parecchio sfacciato, Blood Diamond dalla sua ha comunque il personaggio del nostro eroe del giorno. Leonardo DiCaprio qui è alle prese con una figura tutt’altro che positiva, almeno all’inizio. Leo non è infatti uno dei suoi eroi romantici tipici degli anni Novanta, bensì un freddo mercenario che utilizza il traffico di diamanti per fare soldi soldi soldi, tanti soldi, senza guardare in faccia nessuno. Le cose cambieranno, piano piano, quando incontrerà la bella, – Solo bellaaa? – diciamo pure la gnocca paurosa Jennifer Connelly, un’affascinante giornalista che cerca di raccontare i drammi e le violenze che si celano dietro i diamanti che giungono nelle vetrine delle gioiellerie dei paesi ricchi. E le cose per lui cambieranno anche quando incontrerà Djimon Hounsou, uno schiavo al servizio di questo traffico di diamanti, separato dalla sua famiglia. Il DiCaprio quindi è un villain, all’inizio, poi…

"Paparazzato! Leonardo DiCaprio insieme a un bambino e poi con un cane!"

"Nooo! Dannato DiCaprio! Perché Jennifer Connelly non posso farmela io?"
Da un certo punto in poi il film lascia un pochino da parte la tematica sociale, pur sempre presente, per concentrarsi su un’avventura action a metà strada tra Indiana Jones e Alla ricerca di Nemo, solo al contrario, con il padre che andrà alla ricerca del figlioletto perduto. Perché va bene fare un film impegnato, ma i producers americani devono pur sempre offrire uno spettacolo cinematografico di quelli coinvolgenti e accattivanti al grande pubblico, quello che di film ne vede al massimo uno all'anno e se non è un Vaccanze di Natale dev'essere un blockbusterone spettacolare.
La pellicola resta così in bilico tra impegno e intrattenimento, tra Hollywood e Africa, provocando però nelle sue eccessive 2 ore e mezza di durata qualche sbadiglio. Per vedere un film sulla situazione africana e sui baby-soldati più “vero” e meno spettacolarizzato, ma allo stesso tempo cinematograficamente molto più affascinante, io, a costo di fare lo snob, consiglio semmai il piccolo e poco conosciuto Rebelle – War Witch, nominato agli Oscar 2013 tra le migliori pellicole straniere.
Il tentativo di sensibilizzazione di Blood Diamond nei confronti della tematica dei diamanti insanguinati, per quanto troppo ruffianotto, si può dire in ogni caso riuscito. Dopo aver visto un film come questo, chi avrà ancora il coraggio di comprare un diamante?
A parte che, con la situazione attuale, chi ha ancora non solo il coraggio ma pure la possibilità economica di comprarsi un diamante, insanguinato o meno che sia?
(voto 6/10)


martedì 29 marzo 2011

I sogni son desideri

Dopo π - Il teorema del delirio, ecco la seconda tappa nel trip aronofskyano.

Requiem for a Dream
(USA 2000)
Regia: Darren Aronofsky
Sceneggiatura: Darren Aronofsky
Cast: Jared Leto, Jennifer Connelly, Ellen Burstyn, Marlon Wayans, Christopher McDonald, Keith David, Dylan Baker, Mark Margolis
Genere: tossico
Se ti piace guarda anche: Paradiso + Inferno, Trainspotting, Cristiana F. - Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, Storytelling, Sid & Nancy, Mysterious Skin, Bully

Tratto dal racconto omonimo del 1978 di Hubert Selby Jr., Requiem for a Dream è una visione volutamente sgradevole che ci racconta di personaggi annientati a un grado zero di umanità. Uno di quei film insomma che è un tale pugno allo stomaco che non mi stupisce abbia dei detrattori. La cosa che invece mi stupisce è che sia un film anche parecchio amato da un sacco di gente. Io ho un rapporto piuttosto conflittuale con la pellicola; dopo averlo visto la prima volta ed esserne rimasto molto coinvolto/sconvolto, mi ero ripromesso di non vederlo più perché è un film che nella sua devastante forza fisica è in grado di farmi male come pochi altri. E invece ci sono ricascato perché le pillole di Aronofsky sono una droga, un tunnel da cui non puoi uscire e non ci puoi uscire no non ci puoi uscire e no non con le tue gambe almeno. A perfetto simbolo della devastazione qui presente, il personaggio di Jared Leto (finalmente in un ruolo da protagonista) si riduce il braccio in un filamento di carne nera a forza di farsi le pere e così anch’io non ho potuto non cedere a reinfilarmi in vena questo american dream smaciullato.

Il tipo di Scary Movie fa sempre il fattone, un caso?
A livello registico Darren si diletta in una serie di riprese allucinate e stranianti, di split-screen, primissimi piani, grandangoli hip-hop, camere legate ai corpi degli attori, non tanto per fare il figo (forse un pochino anche per quello), ma più che altro per dare la più adatta rappresentazione visiva della vita di un gruppo di tossici di eroina (i tre ragazzi), quanto di televisione e anfetamine (la madre). Con Trainspotting e I ragazzi dello zoo di Berlino questo Requiem è una delle versioni cinematografiche più estreme e calate (letteralmente) nel mondo della droga che quasi quasi mi faccio e poi me lo rivedo un’altra volta. Anche se fa male. Anche se è un pugno allo stomaco di quelli che ti lasciano un livido indelebile ma allo stesso tempo ti fanno crescere, di quelli che non necessariamente ti rendono una persona migliore ma allo stesso tempo di certo ti segnano.
Non solo droga, comunque, visto che quella messa peggio di tutti qui dentro è la madre, quella fissata di apparire sulla cazzo di televisione: un mostro di personaggio che sembra uscito dritto dalla nostra penisola Mediaset. A interpretare questa sciura cresciuta a pasticche e programmi stile Forum c'è un'allucinante spaventosa agghiacciante e agghiacciata Ellen Burstyn, nominata agli Oscar per questa prova ai confini della resistenza fisica. Darren Aronofsky da buon bastardo deve goderci parecchio a spingere i suoi attori così oltre (anche Natalie Portman deve saperne qualcosa...).

La droga fa male, ma la tv anche peggio
Una fotografia perfetta della disperazione umana sventolata in faccia a chi ancora -stolto- crede negli happy ending. Perché qui non c’è, come suggerisce il titolo del motivo ricorrente di Clint Mansell, una “Lux Aetherna” alla fine del tunnel. Non c’è più speranza perché non c’è più nessun (American) dream cui affidarsi. Solo un eterno e buio requiem. E non puoi uscire no non puoi più uscire e non ci puoi riuscire e sì ci puoi solo morire.
(voto 8,5)

Accoglienza: pubblico e critica divisi  e spiazzati all’uscita, ma rapidamente è diventato un piccolo cult sul mondo della droga, e non solo, oltre ad aver fatto conoscere Aronofsky anche all’infuori del circuito dei festival cinematografici. Diversi premi e nomination per la performance di Ellen Burstyn, mentre “Lux Aetherna” di Clint Mansell è entrato di diritto tra i pezzi più epici nella storia delle colonne sonore e non a caso è stato utilizzato in seguito anche per vari altri film e trailer, oltre ad essere stato pure campionato dal rapper Lil Jon nel pezzo “Throw it up”.
Box-Office USA: $ 3,6 milioni

domenica 26 settembre 2010

The Suburbs

Little Children
(USA 2006)
Regia: Todd Field
Cast: Kate Winslet, Patrick Wilson, Jackie Earle Haley, Jennifer Connelly, Noah Emmerich, Jane Adams
Links: imdb, mymovies

Avevo sentito parlare di Little Children come una delle migliori pellicole a non essere mai riuscite a trovare una distribuzione italiana. Nell’ultimo anno ho scoperto in rete un sacco ma proprio un sacco di perle in lingua originale mai uscite qui da noi (applausi per i nostri distributori!), ma in effetti questo è davvero tra i meglio film: Little Children è una pellicola intensa, notevolissima, con personaggi pieni di vita come solo raramente accade di trovare. Anche nella vita reale.
I punti di riferimento e termini di paragone sono i soliti American Beauty e Magnolia, i due film americani più imitati dell’ultimo decennio, ma per una volta non ci si limita a una replica di stile anonima. Little Children trova infatti una sua personale maniera di esprimersi, con una voce fuori campo molto letteraria che ci accompagna lungo tutta la visione (il film non a caso è tratto dal romanzo omonimo di Tom Perrotta).

Gli intrecci del film hanno inizio quando un pedofilo viene rilasciato di prigione e si trasferisce nei tranquilli suburbi di una cittadina alla Wisteria Lane, con tanto di agguerrite desperate housewives: in mezzo a loro anche se con loro ben poco ha a che fare c’è Kate Winslet, una donna frustrata da un matrimonio di facciata (il marito si fa le seghe guardando i siti porno) che instaura una relazione con il belloccio del quartiere, un aspirante avvocato fallito con la sindrome di Peter Pan. E pure lui è schiacciato dal matrimonio con una moglie che ha le splendide fattezze di Jennifer Connelly, ma che con la sua carriera di successo come regista di documentari gli dà merda, e tanta, a livello professionale.

Il personaggio del pedofilo è ritratto in una maniera cinematograficamente mai così delicata e umana da un grandioso Jackie Earle Haley (parte per cui ha anche ricevuto una nomination agli Oscar), diventato il nuovo Freddy Krueger nell’ultima versione di Nightmare. Dev’essere proprio il tema della pedofilia ad aver fatto desistere i distributori italiani dal proporre un film così notevole e con un cast di primissimo livello (credo sia l’unico film con Kate Winslet ad aver avuto un simile trattamento qui da noi), ma il punto è che qui dentro c’è così tanto altro che quello rimane solo una delle molteplici tematiche presenti in questo decadente affresco della borghesia americana.
Al punto che si finisce per chiedersi se i little children del titolo più che al tema della pedofilia non facciano invece riferimento ai protagonisti. Adulti incapaci di crescere.
(voto 8+)

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