Sceneggiatura: Kristin Gore, Matthew Silverstein, Dave Jeser
Tratto dal romanzo: Sammy's Hill di Kristin Gore
Cast: Jessica Biel, Jake Gyllenhaal, Catherine Keener, James Marsden, Tracy Morgan, Kurt Fuller, Malinda Williams, Jenny Gulley, Beverly D'Angelo, Bill Hader, Kirstie Alley, David Ramsey, Olivia Crocicchia
Genere: grottesco
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Mi sbagliavo, su Accidental Love. Mi sbagliavo profondamente. Pensavo fosse il solito cinepanettone romcom all'americana, storie corali con sprecatissimi cast all star di quelle che vanno negli ultimi anni, non si sa bene il perché. E invece no. Accidental Love è qualcosa di differente. Sì, è una commedia romantica e sì offre un tipo di comicità, se comicità si può definire, da fare un'enorme invidia a qualunque cinepanettone nazionale o internazionale mai prodotto. Sì, ha pure un cast all star o quasi che comprende i divi Jessica Biel e Jake Gyllenhaal, più gente quasi famosa come James Marsden, Catherine Keener e i comici Tracy Morgan e Bill Hader, o gente una volta famosa come Kirstie Alley.
Solo che questa non è una vicenda corale come l'orrido posterone della pellicola lascerebbe immaginare, visto che è tutta quanta incentrata sul personaggio di Jessica Biel. Una pessima Jessica Biel. Una Jessica Biel da far rimpiangere i tempi di Settimo cielo, per intenderci. Quindi mi sbagliavo. Accidental Love non è un nuovo cinepanettone all'americana. È ancora peggio.
Cast: Gerard Butler, Jessica Biel, Catherine Zeta-Jones, Dennis Quaid, Uma Thurman, Judy Greer, Noah Lomax, Iqbal Theba, James Tupper, Jason George
Genere: ruffianata
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Quello che so sull’amore mette in scena molto bene quella che è (o dovremmo dire è stata?) la parabola di Gabriele Muccino a Hollywood. Il protagonista del film è un ex calciatore britannico che all’inizio suscita grande curiosità negli USA, per poi finire presto nel dimenticatoio, in una maniera non troppo dissimile a quanto capitato al Gabriele nostro (nostro???).
"Dopo essere stato nominato in questo film, Beckham ha deciso di ritirarsi.
Sarà un caso?"
Il Muccino senior è un regista italiano che a sorpresa era riuscito a intrigare parecchio dall’altra parte dell’Oceano grazie a L’ultimo bacio, un melodrammone dall’intensità tipicamente mediterranea, ma girato con occhio internazionale. Una ruffianata accattivante, però una ruffianata accattivante ben fatta. Will Smith decideva così di chiamare il Muccino a dirigerlo in La ricerca della felicità, una ruffianata di quelle brutte forti che però riesce a conquistare i botteghini e con cui Willy il principe di Bel-Air si aggiudica persino una generosissima, inventatissima nomination agli Oscar. Nonostante per quanto mi riguarda il film sia terribile, Gabriele Muccino riesce a conquistare Hollywood. Will Smith parla di lui in maniera entusiastica e sembra che tutti vogliano lavorare con il regista venuto dall’Italia. Anche perché se è riuscito a far beccare una nomination a Willy, può farla avere a chiunque…
Il suo secondo colpo a Hollywood Sette anime è un’altra schifezza, ben lontana dai primi simpatici lavori italiani del Muccino, Ecco fatto e Come te nessuno mai. A livello commerciale si rivela meno fortunato rispetto a La ricerca della felicità e a qualunque altro film con Will Smith, però è ancora un mezzo flop. Le quotazioni di Muccino cominciano a scendere e lui si prende una pausa italiana per dirigere il pessimo sequel de L’ultimo bacio, Baciami ancora, questo qui…
A Hollywood comunque credono ancora in lui, anche se magari un po’ meno di prima. Gli offrono così la regia di una commedia romantica molto classica, con un cast magari non di superstar dagli incassi garantiti come Will Smith, magari non di attori di serie A, ma di serie B. Che la serie B hollywoodiana è roba mica da buttar via. Ci sono Gerard Butler, Jessica Biel, Catherine-Zeta Jones, Dennis Quaid, Judy Greer e una da Champions League, almeno quando è allenata dal Coach Tarantino, come Uma Thurman, e gli danno per di più un budget di quelli medi per gli standard hollywoodiani, ma mica noccioline: $35 milioni.
La produzione di quella che sembra una commediola come tante dovrebbe filare via liscia, invece Muccino entra in crisi e, per lo stress nella realizzazione di una pellicola tanto complicata (ma dove?) ingrassa come un porco.
"Quel Muccino me lo magnerei allo spiedo, gnam!"
Risultato finale?
Il film cinematograficamente fa pena, ciò era già preventivabile, ed è pure un floppone a livello commerciale, con appena $13 milioni incassati negli USA. In Italia, per via di un intramontabile campanilismo, la pellicola non va nemmeno malaccio, con oltre €4 milioni raggranellati, eppure i tempi d’oro de ‘na vorta sono lontani. Gabriele Muccino ha fatto flop, da qualunque parte lo si guardi, e per giunta si ritrova anche ad essere un cicciobombo, non cannoniere.
La critica t’ha bastonato, il pubblico t’ha ignorato, il cibo t’ha ingozzato e io che devo fa’ a questo punto, caro Muccino?
Mi spiace infierire. Sarebbe persino troppo facile. Criticare te ormai è un po’ quasi come criticare i Modà. Allo stesso tempo, non si riesce nemmeno a parlarne bene. Manco sforzandosi tanto. Ah Gabrié, io vorrei proprio fare il bastian contrario e spezzare una lancia a tuo favore. Ma come se fa?
Quello che so sull’amore è un film pessimo, imbarazzante sotto tutti i punti di vista, dalle interpretazioni (terribile in particolare Dennis Quaid e cagna as usual Jessica Biel) alla pessima colonna sonora, e per giunta è una di quelle ruffianate tutte buoni sentimenti che scatenano solo i miei peggiori sentimenti.
"Da Tarantino a Muccino... me viene da piagne, li mortacci sua!"
Già l’idea di raccontare la storia di un ex calciatore britannico che negli Stati Uniti si ricicla come allenatore di una squadra di soccer di bambini appariva un disastro annunciato. Le pellicole sportive sono spesso una grossa incognita, ma se non altro quelle sulla sacra triade degli sport americani composta da Baseball, Football e Basketball almeno in patria si rivelano spesso e volentieri fortunate, almeno da un punto di vista commerciale. Quando si sceglie di parlare di calcio al cinema, il rischio di autogoal è invece fortissimo.
Il soccer comunque è giusto un contesto vago, attorno al quale è costruita la classica, sdolcinatissima commediola sentimentale e per di più famigliare. Se con i film sentimentali il rischio di cadere nello zuccheroso è alto, con le pellicole famigliari il rischio diabete è quasi certo. Quello che so sull’amore non fa niente per evitare tale pericolo, un po’ come l’ingrassatissimo Muccino quando siede a cena. Il copione segue anzi passo per passo il manuale della perfetta pellicola sdolcinata, concentrandosi in maniera superficiale e banale sul rapporto padre/figlio come già fatto nella hit mucciniana La ricerca della felicità.
La colpa, va detto, più che di un Muccino che si limita a dirigere in modalità zombie, è di una sceneggiatura a dir poco scandalosa. Anziché approfondire la parabola discendente dell’ex calciatore fallito come fatto in tutt’altra maniera da un film con un protagonista vagamente simile come The Wrestler, assistiamo a una semplice romcom, con il bel protagonista Gerard Butler conteso da TUTTE le donne del film. Tutte lo cercano, tutte lo vogliono: Catherine Z, Uma, persino la nerdosa Judy Greer e, naturalmente, anche la sua ex Jessica Biel.
"Coraggio piccolo, questa era l'ultima volta che ci vedevamo un film di Muccino.
Un altro non glielo fanno più fare..."
Come andrà a finire?
Eddai che lo sapete già. Eddai, che se vi aspettate anche solo la benché minima sorpresa, avete sbagliato film.
Gabriele Muccino invece non ha sbagliato film. Credo che una pellicola del genere possa far bene, non solo al suo girovita, ma anche al suo ego. Adesso che ha capito che a Hollywood non è tutto rose e fiori, può tornare a occuparsi di qualche progetto più personale qui nella sua terra. I tempi in cui riusciva a dirigere e a scrivere in maniera decente sono lontani, Baciami ancora l’ha confermato, però quando ha girato sceneggiature di altri i risultati sono stati ancora peggiori. Adesso che più in basso di così non può scendere, sia sul piano artistico che su quello commerciale, il Muccino può solo risalire. Sognando un happy ending hollywoodiano di quelli che tanto ama.
Tratto dal saggio: Come Hitchcock ha realizzato Psycho di Stephen Rebello
Cast: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Scarlett Johansson, James D’Arcy, Jessica Biel, Michael Wincott, Danny Huston, Toni Collette, Michael Stuhlbarg, Kurtwood Smith, Ralph Macchio
Genere: famo un film
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Good evening.
Oppure, se state leggendo in altro momento della giornata diverso dalla sera: good morning, good afternoon o good night.
Questa sera, o quest'oggi se preferite, vi parlerò di Hitchcock. Hitchcock è un film su Alfred Hitchcock.
MA VAAA?
"Era dai tempi di Bianca come il latte, rossa come il sangue
che non leggevo qualcosa di tanto terrificante."
A dispetto del titolo, non è però un film su tutta la vita del grande cineasta britannico. Più nello specifico, si concentra sulla mitologica lavorazione di quello che è probabilmente il suo film più celebre: Psyco (o se preferite il titolo originale con la H di Horror, Psycho). Uno dei massimi capolavori nella storia del cinema, uno dei capisaldi del genere thriller horror, uno dei film più tesi e spaventosi mai girati, oggi tra l'altro tornato più che mai attuale grazie anche alla serie tv Bates Motel. Per chi è appassionato di cinema, questo Hitchcock è quindi una visione da non perdere. A livello cinematografico non è un film strabordante, d’altra parte il regista mica è Hitchcock ma è tale Sacha Gervasi chiiiiiiiiiiiiiiii?
Se il livello cinematografico non è eccelso, ma è comunque piuttosto buono, chi ama il mondo del cinema si trova in ogni caso di fronte a una vicenda tra le più intriganti, avvincenti e ricche di aneddoti che il mondo dei dietro le quinte ricordi. La lavorazione di Psyco è stata infatti parecchio travagliata. Uno pensa al film e immagina che tutto sia andato liscio, che i produttori non potevano far altro che innamorarsi di un progetto del genere, che tutti avrebbero dato carta bianca al regista, che pure era già uno dei più importanti del mondo, e invece le cose non sono andate in maniera così liscia. Non sono andate per niente, in maniera liscia.
Dopo il flop (ebbene sì) di La donna che visse due volte – Vertigo, in seguito riconosciuto come uno dei sommi capolavori della settima arte, e il successo di Intrigo internazionale, Alfred Hitchcock era alla ricerca di una nuova stimolante sfida. Girare un film su un certo agente 007? Nah. Meglio rischiare con un thriller ispirato alla figura del serial killer Ed Gein in cui la protagonista viene fatta fuori a sorpresa nella prima parte.
"Congratulazioni per la gravidanza, Mister Hitchcock.
Sarà un maschio o una femmina?"
"Grrr! Congratulazioni a te, mi hai appena fatto
venire l'ispirazione per la scena della doccia."
Siamo nel 1959 e il progetto di un thriller, che oggi apparirebbe piuttosto nella norma, era qualcosa per l’epoca di davvero assurdo. Hitchcock sentiva però che era quello che doveva fare, a quel punto della sua carriera. Ce l’avrà fatta?
La risposta ovviamente la conosciamo già, ma è davvero affascinante assistere alla nascita e alla lavorazione di Psyco, attraverso tutte le sue fasi. Dall’indecisione iniziale da parte della moglie di Hitch, la come al solito impeccabile Helen Mirren, alla scelta del cast, con Scarlett Johansson ottima Janet Leigh e Jessica Biel che ci regala una odiosa Vera Miles. Quindi ci sono i problemi con la censura dell’epoca, che non vedeva di buon occhio alcune scene, in particolare quella della doccia. Ed è qui che la pellicola offre uno dei momenti più curiosi: ci fa vedere com’è stata girata la storica sequenza. Tutto merito di quel genio di Hitchcock?
Non esattamente, visto che un ruolo decisivo lo giocano pure le musiche di Bernard Herrmann che il regista all’inizio manco voleva inserire in quella sequenza…
E, se ve lo state chiedendo, e so che ve lo state chiedendo: no, non si intravede manco mezza tetta di Scarlett Johansson. Ma tanto, grazie all’hacker martire Christopher Chaney, avevamo già potuto ammirare le sue grazie in tutto il suo splendore.
IMMAGINE CENSURATA (oh, non voglio mica finire in galera per dieci anni pure io)
"Piaciuta la mia foto nuda, brutti pervertiti?
"La Thatcher è morta? Oh, no! Ora mi tocca sorbirmela pure quassù..."
Più che un filmone di per sé, questo Hitchcock è allora una chiccheria ricca di aneddoti e curiosità, da poter poi sfoggiare con gli amici per fare i fighi e quelli che la sanno lunga sulla lavorazione di uno dei film cardine del cinema. Allo stesso tempo è anche un modo, non riuscito fino in fondo, per provare a penetrare nella mente del regista e avvicinarsi a un personaggio davvero singolare, egotomane e imponente, fisicamente e non solo, interpretato da un ottimo Anthony Hopkins. L’attore diventa Hitch. Non offre solo un’imitazione come quella di Beppe Fiorello alle prese con Domenico Modugno nella fiction Volare. Certo che anche io, andare a paragonare un’interpretazione di Sir Anthony Hopkins a una di Beppe Fiorello… Che ci volete fare? Pure a me come a Hitchcock piace shockare e sorprendere il pubblico. E cosa c’è di più spaventoso di Beppe Fiorello che recita?
Adesso andate a dormire e fate sogni d’oro, se ci riuscite.
Gli Aerosmith mi sono sempre piaciuti per una ragione.
La musica?
Ma no!
Le ragazze che hanno sfoggiato nei loro video.
Il loro nuovo album “Music From Another Dimension!” esce oggi e non so se l’avete ascoltato ma, come direbbe Fantozzi: “È una cagata pazzesca”.
Piuttosto che infierire con una recensione massacro sul loro ultimo lavoro, ho allora pensato di celebrare la carriera del gruppo americano non tanto per le loro canzoni, ma per la gnocca che ci hanno regalato nel corso degli anni.
Tutto è cominciato con il videoclip di “Love in an Elevator” e con Brandi Brandt, playmate di Playboy anni ’80.
La band di Steven Tyler e Joe Perry c’ha quindi preso gusto e in “Janie’s Got a Gun” ha proposto la starlette Kristin Dattilo insieme all’attrice nominata agli Oscar Lesley Ann Warren.
La vera svolta è però arrivata con Alicia Silverstone, diventata protagonista della trilogia più clamorosa nella storia dei video musicali, da che mondo è mondo e da che Mtv trasmetteva ancora video musicali. Il primo “Cryin’” vede l’icona 90s per eccellenza Alicia insieme all’altro idolo 90s Stephen Dorff e a un giovane Josh Holloway molto pre-Lost.
Il secondo, “Amazing”, introduce il tema della realtà virtuale con un video che visto oggi fa molto jurassico. Il più memorabile è allora sicuramente il terzo della trilogia: “Crazy”, mia canzone preferita in assoluto degli Aerosmith e, ça va sans dire, mio video preferito degli Aerosmith (e forse non solo degli Aerosmith). Qui non c’è solo Alicia Silverstone, ma c’è pure la figlioletta di Steven Tyler, Liv Tyler, che comparirà poi anche in “I Don’t Wanna Miss a Thing”, soundtrack di quella michaelbayata di Armageddon, un film sulla fine del cinema, più che sulla fine del mondo.
Per il video di “Blind Man”, gli Aerosmith hanno poi convocato persino Pamela Anderson in persona e per di più in versione infermiera sexy, ma i risultati non sono stati all’altezza della mitica trilogia di Alicia Silverstone.
Poco male, visto che un nuovo video cult arriva con la splendida “Hole in My Soul”: in un chiaro omaggio al cult anni ’80 La donna esplosiva, un nerd interpretato da Branden Williams crea in laboratorio delle splendide gnugne: la prima è la futura star latina Eva Mendes, la seconda è una biondazza non meglio identificata, ma alla fine l’amore sboccerà con la secchiona (ma comunque gnocca pure lei) Alexandra Holden. For your info: nel video compare pure Seann William Scott, futuro Stifler di American Pie.
Nel 2001, i lungimiranti Aerosmith per “Jaded” ingaggiano la allora ancora non troppo conosciuta Mila Kunis. E non si rimpiange più nemmeno Alicia Silverstone.
Per la fantascientifica clip di “Fly Away From Here” prendono Jessica Biel, con una scelta che per una volta mi fa storcere un pochino il naso. Lo so, sono troppo choosy.
Nulla da eccepire invece per “Girls of Summer”, dove ce n’è davvero per tutti i gusti: c’è la simpatica bionda Jaime Pressly (quella di My Name is Earl), la modella di colore Nichole Robinson e la modella e attrice mora Kim Smith (apparsa anche in Friday Night Lights).
Ultima gnocca in ordine temporale ad essere selezionata da quei marpioni degli Aerosmith per il video Machete style di “Legendary Child”, primo singolo del nuovo album, è Alexa Vega. Se la ricordate come bambinetta nella serie di Spy Kids firmata da Robert Rodriguez beh, qui la trovere cresciuta. E parecchio bene.
Fine della rassegna. Un chiaro, chiarissimo omaggio solo e soltanto alla musica degli Aerosmith.
Cast: Jessica Biel, Jodelle Ferland, Stephen McHattie, William B. Davis, Samantha Ferris, Colleen Wheeler, Eve Harlow, Teach Grant
Genere: bimbi scomparsi
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Little Cannibals, are you ready for some rock?
Noooooooo!
Are you ready for some Cold Rock?
Yeaaaaaaaah!
"M'hanno ridotta così solo perché ho fatto Settimo Cielo... Han fatto bene!"
Cari lettori cannibali, ecco per voi un po’ di sano rock. Facciamo anzi un po’ di Cold Rock, meno sano ma più inquietante.
Cold Rock è la classica cittadina da film americano. Sperduta nel nulla, grigia, minacciosa, piena di tizi angoscianti e con un’atmosfera che al confronto Twin Peaks sembra un’allegra meta di villeggiatura estiva. Un posto dalle parti di Seattle, in cui crescere non dev’essere il massimo della vita. Ve lo dice uno cresciuto a Casale Monferrato, una sorta di controparte italiana di Cold Rock.
Le giovani generazioni della cittadina si trovano dunque di fronte a un futuro oscuro, reso ancora più oscuro dal fatto che potrebbero non arrivarci vivi, a questo futuro. Perché?
Colpa di un mancato ricambio generazionale, di una classe politica (e non solo politica) ultra-centenaria, di una mentalità più vecchia dei Flinstones?
No, il motivo è più terra a terra. I bambini, un sacco di bambini di Cold Rock, spariscono. Nel nulla. Da un giorno all’altro. Ogni tanto, uno di loro viene preso. Catturato da una presenza minacciosa.
Chi è?
È The Tall Man, l’uomo alto, come lo chiamano in città. Lo spilungone che porta via i bambini di Cold Rock.
Sarà davvero così, oppure è soltanto una leggenda inventata dalla gente del posto, in una maniera analoga a quanto architettato dai bifolchi che abitavano il The Village di M. Night Shyamalan?
"Fermate l'autobus, è una questione di vita o di morte!
Ho finito i corn flakes e devo andare al supermercato a comprarli, altrimenti
domani il Reverendo Camden mi sevizia se non trova la colazione pronta."
Il film del francese Pascal Laugier, già autore dei cult horror Saint Ange e Martyrs che ancora devono passare sui miei schermi, inizia come il classico thriller horror americano. Una scritta inquietante spiega che ogni anno nei soli Stati Uniti scompaiono 800.000 bambini (ellamadonna!). Quindi ci viene mostrata una sopravvissuta a una strage. C’è la polizia che investiga. I titoli di testa sembrano la sigla di una serie tv dark. C’è la voce fuori campo di una ragazzina. C’è una ragazzina inquietante che non parla, mentre un’altra partorisce un bambino morto, prontamente resuscitato dall’eroica Jessica Biel.
Tutto nella norma. Il classico thrillerino-horrorino americano. Ben fatto, angosciante al punto giusto, con una scena di inseguimento da cuore in gola, però pur sempre il classico thrillerino-horrorino americano. O no?
A metà film, il colpo di scena.
ATTENZIONE SPOILER
Dopo una prima parte molto tesa ma parecchio tradizionale, il film sterza e prende un’altra direzione, più imprevedibile. Ho tirato su la scritta attenzione spoiler, ma non vi svelerò in cosa consiste. Era solo per mettervi sull’attenti inutilmente. E, nella parte finale, la pellicola prova a imboccare un’altra direzione ancora. Non del tutto riuscita, ma che comunque dona alla visione un messaggio piuttosto interessante sulle giovani generazioni e sulle loro speranze future.
FINE SPOILER (che in realtà non c’era)
Chiuso il capitolo pseudo spoiler, apriamo il capitolo Jessica Biel.
"Non mi risulta assolutamente di avere una faccia da pesce lesso..."
CAPITOLO JESSICA BIEL
Per me è un mistero come Jessica sBiellata possa essere una star, o una quasi star. Come bellezza è assolutamente convenzionale, quasi anonima. Tette? Niente. Culo? Discreto. Faccia? Non sarebbe male, non avesse sempre quell’espressione da pesce lesso addosso che si porta dietro fin dai tempi di Settimo Cielo. E qui veniamo a una questione cruciale: può un’attrice (o anche un attore) proveniente da Settimo Cielo risultare credibile in futuro?
Nah, direi di no. Non stiamo parlando di un passo falso. Quello può capitare, nella carriera di un'attore. Ma qui stiamo parlando della PEGGIORE serie tv di tutti i tempi. E della famiglia più odiosa nella storia della televisione e delle famiglie in generale.
Dite che i Misseri sono ancora peggio? Mmm, può darsi, ma ci sarebbe da discuterne e comunque se la giocherebbero ai punti contro i maledetti Camden.
Considerando il fatto che sia stata lanciata da Settimo Cielo, la Biel si è costruita una credibilità attoriale quasi decente e allora forse è questo il segreto del suo successo: essere sopravvissuta alla famiglia Camden senza essere uscita del tutto di testa.
Per The Tall Man, Jessica B.L. è comunque la scelta perfetta. Perché la sua interpretazione è fenomenale? No, è perfetta perché ha una parte da buona o non-buona o cattiva o forse-non-così-cattiva. Non si capisce e non l’ha capito nemmeno lei. Almeno stando a giudicare dalla faccia da pesce lesso che presenta immutata pure qui. L'enigmaticità della sua (non) espressione risulta quindi l'ideale, per il suo enigmatico personaggio.
FINE CAPITOLO JESSICA BIEL
"Reverendo Camden, brutto maniaco, stai lontano da noi!"
Jessica Biel è convincente, quindi, ma non del tutto. Lo stesso vale per il film. Ha una prima parte da thriller puro davvero intensa, mentre nella seconda sa stupire con un paio di svolte niente male. La regia di Pascal Laugier è ottima. Solida e professionale nella parte di tensione, capace di qualche slancio autoriale in altri frangenti. Eppure c’è qualcosa che manca. Un non so che, che manca. Oltre a una voglia di stupire a tutti i costi, quella invece ben presente, che lascia un po’ perplessi.
Nonostante le perplessità e nonostante la Jessica sBiellata, è pur sempre uno dei migliori thriller-horror dell’annata, però i livelli dei miracolosi The Innkeepers e Quella casa nel bosco restano lontani.
Così come restano lontani anche i livelli di Settimo Cielo, probabilmente l’horror più spaventoso mai realizzato.
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