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venerdì 17 maggio 2013

VABBE' LA CRISI, MA QUESTA E' DAVVERO LA MIGLIORE OFFERTA?




Per il lotto numero 127 di oggi, battiamo all’asta… Giuseppe Tornatore.
Si tratta di un pezzo antico, un tempo molto pregiato, negli ultimi anni calato parecchio di valore, ma che può comunque ancora vantare la sua schiera di ammiratori. Assurto a clamoroso prestigio sul finire degli anni ’80 con il suo lavoro più celebre, Nuovo Cinema Paradiso, vincitore persino del premio Oscar come miglior film straniero, adesso il suo valore di partenza è sceso a causa di Baaria, una delle peggiori porcherie viste nella storia del Cinema e dell’umanità. Con 100 euro ve lo potete portare a casa vostra per fargli girare il vostro prossimo filmino delle vacanze.
Uh, a sorpresa abbiamo un’offerta.
101 euro.
Qualcuno offre di più?
Nessuno?
101 e uno, 101 e due, 101 e tre. Aggiudicato alla Warner Bros. Pictures.

Passiamo al lotto numero 128 di oggi. All’asta abbiamo Geoffrey Rush.
È un attore australiano anche lui dal valore un po’ decaduto nei tempi recenti. Pure lui può inoltre vantare una statuetta dorata, vinta per l’interpretazione molto sentita del pianista (non sull’oceano come quello di Tornatore) David Helfgott nel film Shine. Bravo, commovente performance, però il film è una di quelle ruffianata alla Forrest Gump che io mal digerisco, scusate la considerazione personale. E poi che ha fatto? Geoffrey Rush vanta in curriculum altre pellicole come Shakespeare in Love, i Pirati dei Caraibi e Il discorso del re, tutti altri film che ho mal digerito, scusate per quest’altra considerazione personale.
A causa della recente (inspiegabile) acclamazione proprio per Il discorso del re, che gli ha fruttato una nuova nomination agli Oscar, il suo prezzo di partenza è più alto di quello di Tornatore.
1000 euro.
Nessuno?
Nessuno nessuno?
Ok, allora ve lo vendiamo a 500 euro insieme a una batteria di pentole.
La signora là in fondo ha alzato la paletta.
500 e uno, 500 e due, 500 e tre. Andato alla signora là in fondo. Congratulazioni. Soprattutto per la batteria di pentole!

Lotto 129, adesso tiriamo fuori un pezzo nuovo, fresco: Jim Sturgess. Ci sono ragazzine là fuori che si struggono per lui più che per i One Direction. Non ci credete? In effetti non è vero, però qualche fan ce l’ha pure lui. Due o tre. Lo Sturgess era partito molto bene, con un ruolo di primo piano nel bel musical sulle canzoni dei Beatles Across the Universe. Poi la sua carriera non è decollata più di tanto e di recente l’abbiamo visto nel mediocre Upside Down e nel pessimo Cloud Atlas.
Ma il giovane, per quanto parecchio inespressivo e con l’eterna faccia da cucciolo abbandonato per strada cucita addosso, è giovane, appunto, ed è ancora promettente. Per lui il prezzo di partenza è quindi di 5000 euro.
Abbiamo un 5000.
Abbiamo un 6000.
Abbiamo un 7000, bene.
Abbiamo un 10000. 10000 e uno, 10000 e due, 10000 e tre. La migliore offerta è pure questa della signora là in fondo che si era già presa anche la batteria di pentole.

Lotto 130, l’ultimo per questa giornata. Si tratta di un pezzo unico, raro, prestigioso. La recensione mai pubblicata prima di Cannibal Kid del film realizzato dai tre pezzi precedenti, Giuseppe Tornatore in veste di regista e sceneggiatore, Geoffrey Rush e Jim Sturgess come interpreti principali. Eccovela qui di seguito.

La migliore offerta
(Italia 2013)
Regia: Giuseppe Tornatore
Sceneggiatura: Giuseppe Tornatore
Cast: Geoffrey Rush, Jim Sturgess, Donald Sutherland, Sylvia Hoeks, Liya Kebede, Philip Jackson, Kiruna Stamell
Genere: nascosto
Se ti piace guarda anche: Copia conforme, Le conseguenze dell’amore

La migliore offerta non sembra un film italiano. Forse perché del film italiano non c’ha molto. Andando a spulciare i nomi del cast, quel razzista di Giuseppe Tornatore ha estromesso tutti i connazionali. Manco il ruolo da comparse, gli ha dato. Considerando lo scompartimento attoriale nostrano, non sembra certo una mossa sbagliata. Le scelte di casting fatte allo stesso tempo non mi esaltano certo. Geoffrey Rush non mi è mai piaciuto ed è uno di quegli attori che sembra scegliere apposta di girare film che mi daranno sui nervi, come Shakespeare in Love o Il discorso del re. Come attore, per carità, è bravo e qui se la cava bene nei panni dell’antipatico e scontroso battitore d’aste ed espertone d’arte di ‘sta cippa. Ma per questa parte sarebbe stato perfetto Toni Servillo e Geoffrey Rush invece continua a non piacermi e basta, gnegnegnegnegné.
Jim Sturgess ai tempi di Across the Universe mi sembrava piuttosto promettente piuttosto che no, mentre negli ultimi tempi mi sembra piuttosto che no che piuttosto promettente. Qui nei panni del piccolo aiutante del battitore d’aste mi sembra piuttosto fuori parte e basta.
C’è poi anche Donald Sutherland, padre del mio preferito Kiefer, che è perfetto. Come Gandalf il Bianco del Signore degli anelli è perfetto. Come collezionista onnipresente a tutte le aste, non tanto.

"Cannibal dice che somiglio a Gandalf? Fatemi guardare meglio..."

"Mannaggia, c'ha ragione!"

Stranieri sono pure tutti gli altri membri del cast e pare che per questo durante le riprese ci siano state manifestazioni di protesta contro lo ius soli, contro il nuovo ministro per l’integrazione Cécile Kyenge e contro Tornatore, accusato di eccesso di esterofilia. Una malattia di cui soffro anch’io.
L’approccio esterofilo di Giuseppe Tornatore si sente anche nella sceneggiatura, da lui stesso firmata. Se gli script nostrani tendono a mettersi in mostra solo per mancanza di idee e spunti, il copione di La migliore offerta invece parte col piede giusto. È accattivante, ruffianello quel che basta, sa come stuzzicare la curiosità dello spettatore e guadagnarsi fin da subito la sua attenzione. I dialoghi, pur non eccezionali, sono ben focalizzati sul concetto di arte, di originalità e di copia, in una maniera che pare un po’ scopiazzata da Copia conforme di Abbas Kiarostami. Ironico parlare di copie copiando un altro film.

Al di là di questo aspetto, la prima parte del film si dispiega come un thrillerone dal sapore internazionale ben costruito. A colpire è soprattutto la storia: il battitore d’aste protagonista viene chiamato al telefono da una tizia per un consulto. La ragazza ha appena ereditato uno sproposito di oggetti d’arte e vuole che a occuparsi della vendita sia il suddetto espertone d’arte di ‘sta cippa. La cosa intrigante e misteriosa è che questa tipa  è sfuggente. In qualche modo riesce sempre a evitare il contatto fisico con il battitore d’aste, fino a che…

"Lynch, che aspetti a chiamarmi?"
Fino a che il mistero si svela. La prima parte del mistero. Per un’ora il film viaggia bene grazie a quest’aura di curiosità che si appiccica addosso. La sceneggiatura funziona. La regia del Tornatore un po’ meno, classicheggiante come al solito e priva di guizzi. A uno script stranamente in grado di stupire, corrisponde quindi una messa in scena molto tradizionale e sbadigliosa, che diminuisce la tensione costruita dalla vicenda. Poco ci può fare l’inserto, comunque curioso, di una nana molto in stile David Lynch.
A dare una mano ci pensano allora le musiche di Ennio Morricone che, insomma, Morricone è sempre Morricone, eccheccazzo. Però è un Morricone che, per quanto super professionale e in grado di costruire adeguate atmosfere, ha perso la genialità e la poesia di un tempo e adesso sembra comporre musiche col pilota automatico. Un pilota automatico di talento, ma pur sempre un pilota automatico. Niente al livello ad esempio dello splendido tema “Ninna nanna per adulti” composto per il film Cuore di mamma e di recente riciclato in maniera splendida in Come un tuono.

Pur con i limiti evidenziati, ci troviamo allora di fronte finalmente a una pellicola italiana degna di essere vista?
La risposta è sì. Però la prima ora è intrigante, poi il film comincia a precipitare. Come molti altri thriller, anche La migliore offerta perde via via fascino mano a mano che si scoprono le sue carte. La pellicola se la cava bene quando indossa la sua poker face, quando riesce a bluffare, poi però quando è il momento di far vedere ciò che ha in mano, scopri che non aveva manco un tris. O, meglio ancora, per restare nel tema delle aste trattato dalla pellicola, è come se un compratore si fosse aggiudicato tutti i lotti più importanti e costosi e poi alla fine, quando arriva il momento di pagare, si scopre che in tasca non ha un euro ed è il classico perdaballe che ha preso in giro tutti.
Si tratta insomma di un thriller dalla prima parte avvincente, dalla seconda parte meno convincente, e con un finale che ho trovato pessimo, per non essere volgare e dire che è una cagata pazzesca. Ci ho anche riflettuto su un po’, al termine della visione, e mi è sembrato decisamente meno profondo di quanto vorrebbe apparire. Nel complesso, comunque, una visione che ha superato le mie più rosee aspettative, considerando come Tornatore arrivasse da quel pasticcio cinematografico di Baaria, eppure allo stesso tempo è anche la classica occasione mancata per realizzare qualcosa che lasci davvero il segno e non sia solo un thrillerino a tratti avvincente. Meglio del solito film italiano medio, a cui non assomiglia per niente, però le 13 nomination avute ai David di Donatello 2013 appaiono un tantino, diciamo pure parecchio, esagerate. Non che la concorrenza offra molto altro, ma se questa è La migliore offerta del cinema italiano, ‘nnamo bene, ‘nnamo.
(voto 6,5/10)

Il lotto 130 è dunque questa splendida recensione cannibale che abbiamo appena letto.
L’offerta di partenza è 1 euro.
Nessuno offre 1 euro?
Nessuno, nessuno?
Il signore in prima fila con una bandana in testa e truccato come uno dei Kiss che mi sembra di conoscere ha alzato la sua paletta. Non mi pare abbia intenzioni benevole nei confronti della recensione e sta ondeggiando la fiamma di un accendino immagino per mostrare la sua intenzione di bruciarla, però non ci sono altre offerte in sala, quindi il lotto 130 è suo.
Si è aggiudicato la recensione di Cannibal Kid de La migliore offerta. Congratulazioni, signor Ford!



martedì 5 marzo 2013

UPSIDE DOWN: UP O DOWN?


Upside Down
(Canada, Francia 2012)
Regia: Juan Diego Solanas
Cast: Jim Sturgess, Kirsten Dunst, John MacLaren, Agnieshka Wnorowska
Genere: sci-fi love
Se ti piace guarda anche: Perfect Sense, Another Earth, I guardiani del destino, Amami se hai coraggio

Il pollice va upside o va down per Upside Down?
Scopriamolo insieme.

Motivi upside:
- Uno spunto di partenza sci-fi parecchio affascinante.
La vicenda si svolge su due pianeti speculari l’uno all’altro e in cui la gravità è opposta. Il Mondo di Sopra è quello dei ricconi, Il Mondo di Sotto è quello dei poveri. Nord contro Sud. Dobbiamo aspettarci un nuovo Benvenuti al Sud, un altro Benvenuti al Nord o una loro variante fantascientifica Benvenuti all’Upside?
No, per fortuna no. Questa è un’altra storia.
Come ci racconta il protagonista narratore Jim Sturgess, il contatto tra i due mondi è estremamente rischioso. Se una persona o una cosa di un mondo entra in contatto con una dell’altro pianeta al contrario, rischia la combustione. Quello che però il protagonista si chiede è: è possibile che questo cambi? È possibile che l’amore sia più forte delle leggi gravitazionali dei due pianeti opposti l’uno all’altro?
E, soprattutto, questa domanda sulle correnti gravitazionali non è che fa un po’ troppo Franco Battiato?

L’altro grande motivo up della pellicola è la protagonista femminile, Kirsten Dunst. Devo anche spiegare perché?
Agli infedeli, Dio li perdoni, mi sa di sì.
Kirsten Dunst non è necessario che faccia chissà cosa o si sforzi, anche se quando si sforza ne esce un’interpretazione letteralmente pazzesca come quella di Melancholia. Kirsten Dunst basta che sia presente. Come nel video di “We All Go Back To Where We Belong” dei R.E.M..



Più che una donna, più che un’attrice, è quindi un’entità luminosa che con i suoi biondi capelli e il suo glaciale sguardo riesce a bucare lo schermo come poche altre interpreti in circolazione.
Anche il suo personaggio nel film è così. Più un’entità che una vera donna.

"Con Crystal Ball ci puoi giocare (Crystal Ball)
e tante forme puoi inventare (Crystal Ball)
"
- Juan Diego Solanas.
Nonostante il nome da torero, è un regista argentino molto promettente. Dopo l’esordio nel 2005 con Nordeste, che non ho visto come credo nessun altro in questa parte del mondo, Upside Down è il suo secondo lavoro e ci presenta uno stile visivo parecchio forte e personale. Soprattutto nella prima parte sembra di assistere a un quadro in movimento, più che a un film. Cosa che non sempre è positiva, perché un quadro è un quadro, e un film è un film. E fin qui, credo non ci siano dubbi. In questo Upside Down, comunque, il talento visivo di Solanas non sembra solo fine a sé stesso, bensì è il commento visuale più adatto per una fiaba sci-fi sentimentale come questa.

- Upside Down è una bella storia romantica.
Romantica, ma non troppo stucchevole. A tratti un pochino sì. Però di questo ne parleremo tra i motivi Down. Il film ci racconta una fiaba semplice semplice, che contrapposta alla finta complessità di un Cloud Atlas, tanto per fare un esempio di una pellicola visivamente piuttosto affine, non può che rappresentare una più che gradita boccata d’ossigeno.
Ma allora ci troviamo di fronte a un nuovo cult assoluto?
E no, abbelli, perché adesso arrivano anche gli aspetti meno positivi.

Motivi down:
- Upside Down non sfrutta a dovere i suoi buoni spunti sci-fi.
Il film presenta non solo un intero mondo, ne presenta due, uno contrapposto all’altro. Una situazione molto particolare che poteva regalare infinite soluzioni. Il film sceglie di non svilupparle, preferendo concentrarsi soprattutto sulla storia d’amore tra i due protagonisti. Una decisione che evita al film il rischio di ruzzolare su questioni troppo fantascientifiche, ma che allo stesso tempo dà la sensazione di un’occasione mancata, quella di poter realizzare un nuovo cult sci-fi assoluto. Non è un nuovo cult, allora, ma “solo” una visione gradevole, un film più romantico che fantascientifico, non troppo distante dalle parti de I guardiani del destino con Matt Damon ed Emily Blunt.

- Il protagonista.
Il protagonista, interpretato da Jim Struggimento Sturgess, è eccessivamente idealista, ottimista, tutto buoni sentimenti e grandi speranze, nonostante la vita con lui non sia stata molto gentile. Un personaggio troppo disneyano che rischia di dirottare la pellicola in territori troppo stucchevoli. Perché, come accennavamo al piano di sopra dei motivi Upside, il film un pochino stucchevole lo diventa, soprattutto nella parte finale.

- I personaggi di contorno.
Quali personaggi di contorno? La vicenda è talmente incentrata sul protagonista, e un filino sulla co-protagonista Kirsten Dunst, che troppo poco spazio viene dato agli altri personaggi, appena abbozzati e poco incisivi.

"Hey, ma tu non sei il mio ragazzo del mondo al contrario...
Pazienza, mi ti faccio lo stesso. Mi chiamano Kissten Dunst mica per niente."
E allora, Upside o Down?
Upside Down è una pellicola visivamente intrigante, una piacevole storia romanticosa, un film che insomma scorre bene. Allo stesso tempo, è anche una vicenda sci-fi dalle buone premesse non ben poco sviluppate, nonché un’occasione mancata per realizzare qualcosa di davvero memorabile. Una pellicola che qualcuno potrebbe anche amare parecchio, mentre a me è sembrata più che altro solo una prova generale di grandezza. Vedremo se prossimamente il regista Solanas non farà solo un tentativo, se avrà il coraggio di osare di più e se realizzerà un film davvero notevole. Il Mondo di Sopra del cinema che conta lo sta aspettando.
(voto 6,5/10)

Post pubblicato anche su The Movie Shelter.



Per non fare razzismi, riporto anche il post all’incontrario, sperando di rendere un servizio utile e gradito agli abitanti del Mondo di Sotto. In versione accorciata perché oh, tanto vivono nel mondo di sotto e si accontentano…

ɹǝʇlǝɥs ǝıʌoɯ ǝɥʇ ns ǝɥɔuɐ oʇɐɔılqqnd ʇsod

(01/5'6 oʇoʌ)
˙oıɹɐɹʇuoɔ lɐ ǝɥɔuɐ ɐuƃǝɹɟ ɐllǝq ɐun è ʇsunp uǝʇsɹıʞ ǝnbunɯoɔ ǝ
˙oʇʇos ıp opuoɯ lǝp ıʇuɐʇıqɐ o 'ıoʌ ɹǝd ǝɔɐıdsıp ıɯ ˙opuɐʇʇǝdsɐ ɐʇs ol ɐʇuoɔ ǝɥɔ ɐɯǝuıɔ lǝp ɐɹdos ıp opuoɯ lı ˙ǝloʌǝʇou oɹǝʌʌɐp ɯlıɟ un àɹǝzzılɐǝɹ ǝs ǝ ùıd ıp ǝɹɐso ıp oıƃƃɐɹoɔ lı àɹʌɐ ǝs 'oʌıʇɐʇuǝʇ un olos àɹɐɟ uou sɐuɐlos ɐʇsıƃǝɹ lı ǝʇuǝɯɐɯıssoɹd ǝs oɯǝɹpǝʌ ˙ɐzzǝpuɐɹƃ ıp ǝlɐɹǝuǝƃ ɐʌoɹd ɐun olos oɹʇlɐ ǝɥɔ ùıd ɐʇɐɹqɯǝs è ǝɯ ɐ ǝɹʇuǝɯ 'oıɥɔɔǝɹɐd ǝɹɐɯɐ ǝɥɔuɐ ǝqqǝɹʇod ounɔlɐnb ǝɥɔ ɐloɔıllǝd ɐun ˙ǝlıqɐɹoɯǝɯ oɹǝʌʌɐp ıp ɐsoɔlɐnb ǝɹɐzzılɐǝɹ ɹǝd ɐʇɐɔuɐɯ ǝuoısɐɔɔo’un éɥɔuou 'ǝʇɐddnlıʌs oɔod uǝq uou ǝssǝɯǝɹd ǝuonq ǝllɐp ıɟ-ıɔs ɐpuǝɔıʌ ɐun ǝɥɔuɐ è 'odɯǝʇ ossǝʇs ollɐ ˙ǝuǝq ǝɹɹoɔs ɐɯɯosuı ǝɥɔ ɯlıɟ un 'ɐsoɔıʇuɐɯoɹ ɐıɹoʇs ǝloʌǝɔɐıd ɐun 'ǝʇuɐƃıɹʇuı ǝʇuǝɯɐʌısıʌ ɐloɔıllǝd ɐun è uʍop ǝpısdn
¿uʍop o ǝpısdn 'ɐɹollɐ ǝ

˙ouɹoʇuoɔ ıp ıƃƃɐuosɹǝd ı -
˙ɐʇsıuoƃɐʇoɹd lı -
˙ıɟ-ıɔs ıʇunds ıuonq ıons ı ǝɹǝʌop ɐ ɐʇʇnɹɟs uou uʍop ǝpısdn -
:uʍop ıʌıʇoɯ

˙ɐɔıʇuɐɯoɹ ɐıɹoʇs ɐllǝq ɐun è uʍop ǝpısdn -
˙sɐuɐlos oƃǝıp uɐnɾ -
˙ʇsunp uǝʇsɹıʞ -
˙ǝʇuɐuıɔsɐɟɟɐ oıɥɔɔǝɹɐd ıɟ-ıɔs ɐzuǝʇɹɐd ıp oʇunds oun -
:ǝpısdn ıʌıʇoɯ

˙ǝɯǝısuı oloɯɐıɹdoɔs
¿uʍop ǝpısdn ɹǝd uʍop ɐʌ o ǝpısdn ɐʌ ǝɔıllod lı

oıƃƃɐɹoɔ ıɐɥ ǝs ıɯɐɯɐ 'ouıʇsǝp lǝp ıuɐıpɹɐnƃ ı 'ɥʇɹɐǝ ɹǝɥʇouɐ 'ǝsuǝs ʇɔǝɟɹǝd :ǝɥɔuɐ ɐpɹɐnƃ ǝɔɐıd ıʇ ǝs
ǝʌol ıɟ-ıɔs :ǝɹǝuǝƃ
ɐʞsʍoɹouʍ ɐʞɥsǝıuƃɐ 'uǝɹɐlɔɐɯ uɥoɾ 'ʇsunp uǝʇsɹıʞ 'ssǝƃɹnʇs ɯıɾ :ʇsɐɔ
sɐuɐlos oƃǝıp uɐnɾ :ɐıƃǝɹ
(2102 ɐıɔuɐɹɟ 'ɐpɐuɐɔ)
uʍop ǝpısdn

˙˙˙ɐʇsǝʇ ıp lɐɯ oɹǝƃƃǝl un oɥ

mercoledì 16 gennaio 2013

PER ME CLOUD ATLAS… E’ UNA CLOUDATLA PAZZESCA!

"Stupido è, chi il cannibale fa!"
Cloud Atlas
(Germania, USA, Hong Kong, Singapore 2012)
Regia: Tom Tykwer, Andy Wachowski, Lana Wachowski
Tratto dal romanzo: Cloud Atlas di David Mitchell
Cast: Tom Hanks, Halle Berry, Ben Whishaw, Jim Sturgess, Jim Broadbent, Hugo Weaving, Doona Bae, James D’Arcy, Keith David, Hugh Grant, Susan Sarandon
Genere: new-age da discount
Se ti piace guarda anche: Touch, Southland Tales, Sette anime, Babel

La prima recensione cannibale di un film uscito nelle sale italiane nel 2013 è dedicata a uno dei titoli fin da subito più controversi dell’anno. Osannato (inspiegabilmente) da alcuni, eletto (giustamente) peggior pellicola dell’anno da Time Magazine, davanti persino ad altra robaccia come John Carter, La leggenda del cacciatore di vampiri e Che cosa aspettarsi quando si aspetta.
Di cosa sto parlando?
Parlo di Cloud Atlas, il nuovo parto mistico dei fratelli Wachowski, Larry e Andy…
Come?
Lana e Andy, volevo dire. A quanto pare, la transizione è stata completata e Larry è ormai a tutti gli effetti una Lana. Come Lana Del Rey.
Insomma, non proprio…

Lana Wachowski è quella a destra.
Quello a sinistra, a sorpresa, NON è Platinette senza trucco e parrucco, ma è Andy Wachowski.

"Non capisco perché la gente continua a darci delle monetine.
Eppure abbiamo tirato fuori gli abiti del giorno di festa..."
Non è però solo il nuovo film di fratello e sorella Wachowski, gli autori della saga di Matrix. È anche il nuovo film del tedesco Tom Tykwer, uno che con il film videogame del 1998 Lola Corre mi aveva impressionato positivamente, anche se poi l’avevo perso di vista. Fosse uscito a fine anni ’90, questo film a 6 mani sarebbe insomma stata la cosa più attesa nella storia del cinema. Dopo che Tykwer è un po’ (un po’ tanto) passato di moda, e dopo che i Wachowski hanno realizzato i due pessimi sequel di Matrix e il non certo indimenticabile film videogame Speed Racer, le aspettative nei loro confronti si sono abbassate notevolmente.
Questa jam session di sopravvissuti agli anni ‘90 sulla carta mi incuriosiva comunque parecchio, ancor più perché il trio (non Medusa) si trovava alle prese con un libro bestseller cult come L’atlante delle nuvole di David Mitchell, che non ho letto e che, dopo aver visto il film, non ho la minima intenzione di recuperare.

Bravi tutti, quindi, applausi per le intenzioni. I complimenti a questo progetto però finiscono qui. Mi spiace Lana, Andy e Tom. Non ci posso fare niente. O forse sì. Forse è colpa mia che non ho le capacità mentali di comprendere un’Opera tanto complessa e articolata. Però per me la locandina di Cloud Atlas andrebbe messa nel dizionario al fianco del termine “epic fail”.
Cosa vuol dire “epic fail”?
Guardate Cloud Atlas e lo capirete.

La trama del film? Volete sapere la trama del film? Volete vedermi morto? Volete davvero che finisca cadavere?
Probabilmente sì. Almeno i fan hardcore di questa pellicola che, insieme agli sberleffi della critica, sta contemporaneamente suscitando consensi più di tipo religioso che di tipo cinematografico. Mi sa che a parlare male di Cloud Atlas si rischia più di criticare Scientology o i One Direction, ma correrò il rischio.

"Tutto è connesso una sega! Io scrivo ancora con la macchina da scrivere
e manco so cos'è una connessione internet..."
La trama del film in ogni caso ve la potete recuperare su Wikipedia o su qualche sito cinematografico che ha avuto la (Santa) pazienza di trascriverla. A me è venuto già un gran mal di testa a vedermi tutto il film, quindi non ho intenzione di rifarmelo venire riportandola qui in questa (Santa) sede. Vi accenno solo che sono 6 storie intrecciate.
Credo non ci sia niente di più rischioso di un film corale con storie intrecciate. Il risultato può infatti essere qualcosa di grandioso e assoluto, come Magnolia di Paul Thomas Dio Anderson, oppure come il pessimo To Rome With Love di Woody Allen.
Ora, non dico che qui siamo ai livelli del secondo, anche se quasi quasi…, però di certo non siamo neanche lontanamente ai livelli del primo.
Lana, Andy e Tom, magari sono io che sono scemo, niente di più probabile, però in un film come Magnolia le varie vicende avevano un senso le une intrecciate alle altre. Non avrò colto il senso io, o forse le storie del vostro film sono davvero intrecciate casualmente tra loro, anche se alla fine fate finta che tutte siano collegatissime. Cosa che in realtà non è, ma a qualcuno potrebbe sembrare. D’altra parte, se racconti 6 storie e le metti insieme, ci sarà sempre qualcuno che proverà a coglierne temi comuni e punti di contatto anche dove non ci sono.
Voi intanto rivedetevi Magnolia, e poi ne riparliamo su come si fa un film corale davvero degno di nota. Oppure rivedetevi un qualunque film di Inarritu sceneggiato da Guillermo Arriaga, da Amores Perros a Babel (punto di riferimento neanche troppo velato di questo), giusto per capire come si faccia una pellicola in cui le storie sono realmente connesse tra loro.
“Tutto è connesso” recita la frase di lancio. Vero. Tutto è connesso, tranne le storie di questo film. In Cloud Atlas, il risultato di una serie di intrecci del tutto improbabile è piuttosto qualcosa di simile a questo mini-film Movie: The Movie, proposto al Jimmy Kimmel Show.



Un problema del film, non da poco, è quindi quello di presentare un incrocio di storie assurdo e che fin dopo pochi minuti dà l’impressione di non sapere più che pesci pigliare. Fosse solo questo, si potrebbe ancora chiudere un occhio. 6 storie di epoche e generi del tutto diversi tra loro non sono facili da coniugare, quindi il fallimento era già preventivabile. Soprattutto quando hai 3 registi diversi e ognuno ha una sua idea su come girare una scena o montare insieme il tutto. Tanto per citare un altro cult di fine anni ’90, magari non ai livelli di Lola Corre e Matrix ma a suo modo comunque cult, ovvero Sex Crimes: “Due sono una coppia, tre è una folla”.
Volete un consiglio? Risparmiatevi 3 ore di pillole new-age da discount fornite da Cloud Atlas e riguardatevi Sex Crimes, che non è certo un capolavoro cinematografico, neanche lontanamente, anche se al confronto di CA lo potrebbe sembrare, ma ha i suoi buoni motivi per essere visto. E capire quali siano è più facile di provare a comprendere il senso della vita riflesso dentro Cloud Atlas.



"Che paura! Era dai tempi di Avatar che non vedevo Cannibal
tanto infuriato contro un film!"
Prima di questa piacevole parentesi e prima di perdermi proprio come fa il film stesso, stavo dicendo che il problema non è solo nell’intreccio che sembra una versione meno riuscita della già poco esaltante serie tv Touch, quella con Kiefer Sutherland. L’altro grande problema è che le 6 storie, anche prese singolarmente, non coinvolgono. Non vanno da nessuna parte.
Giusto per farci lo sbattone, vediamo nel dettaglio quali sono:

Il Viaggio nel Pacifico di Adam Ewing (1839): un Jim Sturgess mai così spento è il protagonista di una vicenda a sfondo razziale banalotta. Vogliamo mettere con The Help, tanto per dire?

"Ho stampato la trama del film per leggermela bene, sprecando un sacco
di cartucce di inchiostro alla faccia della crisi, e alla fine è vero.
Ha ragione Cannibal: questo film non ha alcun senso!"
Lettere da Zedelghem (1936): è la vicenda più interessante tra le sei, quella che si concentra su un giovane musicista dandy alle prese con un vecchio compositore. I due insieme realizzano il tema musicale Cloud Atlas, tra l’altro per nulla memorabile ed è un peccato, perché avrebbe potuto fare da collegamento sonoro tra le vicende. La storia parte benino, ma pure questa si perde rapidamente in un bicchiere d’acqua. Bravo comunque Ben Whishaw, il più in forma del cast, un attore molto promettente già visto in Bright Star, Skyfall e nell’ottima serie UK The Hour.

Half-Lives - Il primo caso di Luisa Rey (1972): vicenda pseudo giornalistica incentrata su Halle Berry di talmente scarso interesse che si arriva in fondo cantando halle-lujah.

L'orribile impiccio del Signor Cavendish (2012): questa è la vicenda che parte meglio, con la scena di un irriconoscibile Tom Hanks, scrittore che scaglia un critico giù da un grattacielo. La stessa cosa che vorrebbero fare Lana, Andy e Tom con me. E non posso biasimarli. Buona partenza, ma storia che subito dopo si attorciglia su se stessa, affondando nella noia e diventando un impiccio orribile proprio come tutte le altre.

La Preghiera di Sonmi~451 (2144): vicenda futuristica dai vaghi contorni cyberpunk pure questa dalle premesse interessanti e che poi viene buttata del tutto via. Si rimpiange Matrix, tantissimo. E si rimpiange quasi il già terribile Architetto di Matrix Revolutions, per dire.

"Halle, com'è possibile che non ci abbiano nominato ai Razzie Awards?
Me lo sai spiegare, eh?"
Sloosha's Crossin' e tutto il resto (2321): questo segmento è davvero tragico. Una roba new-age inguardabile e ridicola incentrata soprattutto sui personaggi di Tom Hanks e Halle Berry, due attori sopravvalutatissimi che non mi hanno mai convinto e premiati pure con degli Oscar parecchio immeritati. Beh, quello a Hanks per Philadelphia ci poteva anche stare, ma Forrest Gump insomma e quello alla Berry per Monster’s Ball resta un mistero inspiegabile.
Comunque Cloud Atlas vanterà anche un cast all-star, ma sono tutte star decisamente cadenti. Tom Hanks quanti anni sono che non fa un film decente? Di recente ci ha pure regalato l’orrido L’amore all’improvviso - Larry Crowne in triplice versione regista, attore e sceneggiatore. Halle Berry avrà anche un gran telaio, ma un film decente manco sa cos’è. Susan Sarandon e Hugh Grant pure loro non è che siano proprio all’apice delle rispettive carriere. Jim Broadbent, beh lui all’apice della carriera non lo è mai stato e Jim Sturgess dopo averlo visto in versione orientaleggiante rischia di affondare in maniera irreversibile la sua ascesa al successo.


"Vedi quel puntino lassù? Là è dove noi adepti della setta di Cloud Atlas
abbiamo spedito Cannibal Kid dopo questo post!"
Per cercare di dare un senso al finto incasinato intreccio di storie, i 3 registi hanno avuto l’idea di utilizzare gli attori in più parti. Giusto per rendere il tutto ancora più incasinato, ma più che altro pasticciato. In più, anche a livello visivo siamo lontani dalle invenzioni del passato e i Wachowski hanno realizzato il loro lavoro più mainstream e scontato, "impreziosendolo" con trucco e costumi oltre ogni limite del kitsch e concedendosi giusto qualche momento in slow motion stile bullet time, ma è una cosa che ormai fa pure Guy Ritchie…
Non si può nemmeno dire che la visione di questo scult scivoli piacevole e veloce. Se la prima oretta incuriosisce ancora, perché si cerca di capire dove il film voglia andare a parare, nelle due interminabili ore successive pure questa curiosità scema via via sempre più, tanto che alla fine della visione non ho potuto fare altro che una sola cosa. Oltre a stupirmi di essere ancora sveglio.
La sola cosa che ho potuto fare è stato gridare:
per me Cloud Atlas…
è una cloudatla pazzesca!
(voto 3/10)



Post pubblicato anche su L'OraBlù con una nuova "cloudosa" locandina realizzata da C(h)erotto.


mercoledì 11 luglio 2012

The Way Back: Prison Break ai tempi di Stalin

"Mi han detto che il tatuaggio della farfallina è passato
di moda, e allora ho ripiegato su questo..."
The Way Back
(USA 2010)
Regia: Peter Weir
Cast: Jim Sturgess, Ed Harris, Colin Farrell, Saoirse Ronan, Mark Strong, Dragos Bucur
Genere: fuga per la vittoria libertà
Se ti piace guarda anche: Prison Break, Defiance, L’uomo che verrà

Qual è la cosa più importante nella vita?
Dite l’amore? Dite l’amicizia? Dite il rispetto? Dite la fi*a?
Ok, forse c’avete anche ragione, ma c’è una cosa che conta ancora di più: la libertà. Senza di essa non ci può essere spazio per nient’altro ed è per questo che non riesco a immaginare niente di più terribile di una dittatura, sia essa di tipo fascista, nazista, comunista o berlusconiana…
In The Way Back ci troviamo in pieno stalinismo, con un gruppo di poveri Cristi condannati ad anni ed anni di prigonia in un gulag siberiano perché accusati, con pretesti piuttosto pretestuosi (altrimenti che pretesti sarebbero?), di essere contro il regime. Tutto intorno al campo di prigionia le condizioni naturali sono alquanto avverse, tanto per usare un eufemismo: le temperature si aggirano intorno ai meno 40 gradi, c’è un tempo da lupi e infatti ci sono i lupi per davvero in giro (tranquilli niente lupi mannari, questo non è un teen fantasy), e nel caso i protagonisti della storia riuscissero anche a fuggire in mezzo alla neve, su di loro c’è una taglia che pende e chiunque li uccida verrà ricompensato generosamente. In condizioni più estreme che ad Alcatraz, un gruppo di impavidi decide comunque di tentare il fugone, una sorta di Prison Break ai tempi di Stalin. Perché ci provano? Perché, come ho detto, la libertà è la cosa più importante che ci sia.
Ok, forse dopo la fi*a, ve lo concedo!

"Che palle, qui non c'è manco la connessione Internet.
Come facciamo a leggere l'opinione cannibale sul nostro film?"
The Way Back è il nuovo film dell'australiano Peter Weir, sì il regista di The Truman Show e L’attimo fuggente e di un sacco di altri titoli, che giunge sì a 8 anni di distanza dal suo ultimo Master & Commander, per la serie: sì, c’è qualcuno che ci mette più di Terrence Malick a sfornare una nuova pellicola. Anche questa volta il Weir ci racconta una storia bella e importante, un tantino anti-comunista, anzi talmente tanto che diciamo potrebbe piacere persino a Berlusconi. Peccato che il concetto di libertà espresso non sia esattamente quello promosso dal leader della Mediaset Freedom…
La partenza tra i gulag è ottima, sebbene le pretese di realismo siano piuttosto relative, visto che a interpretare dei polacchi e dei russi hanno messo attori britannici come Jim Sturgess o l’irlandese Colin Farrell… ma vabbè, alla fine sono così bravi da farcene dimenticare. Farrell in particolare è un attore che mi è sempre piaciuto (Daredevil escluso, specifico) ma qui in particolare l’ho trovato in una delle sue interpretazioni più convincenti. In un cast quasi esclusivamente maschile, si segnala poi Saoirse Ronan, attrice qui non al suo massimo, ma solo perché le sue altre performance in Amabili resti, Espiazione e nel recente Hanna sono state qualcosa di oltre modo strepitose.

"Ma spendere una parte del budget per un condizionatore no, eh?"

Se la storia dei prigionieri in fuga all’inizio riesce a coinvolgere e a catturare, il film paga però l’eccessiva durata, o sarebbe meglio dire che è lo spettatore a pagarla con dosi leggere di noia. Nonostante la lungaggine e qualche sbadiglio di troppo, The Way Back si fa comunque ricordare con piacere grazie anche a un bel finale, seppure un pochino troppo ruffiano, un po’ come il resto del film. Però un inno alla vera libertà (e non al popolo della libertà) da queste parti è sempre il benvenuto.
E adesso via di qua, siete liberi anche da questo post.
(voto 6,5/10)

martedì 13 dicembre 2011

One Day, un film non sponsorizzato dalla Acuvue ma dalla Kleenex

One Day
(USA, UK 2011)
Regia: Lone Scherfig
Cast: Anne Hathaway, Jim Sturgess, Patricia Clarkson, Romola Garai, Jodie Whittaker, Rafe Spall
Genere: ammore
Se ti piace guarda anche: Amami se hai coraggio, Le premier jour du reste de ta vie, Starter for 10, Amore & altri rimedi, An Education

One Day. Un giorno. E anche one idea. Un’idea.
In questo film c’è un’idea.
“Embè?” direte voi.
“Un’idea vi sembra poco?” vi chiederò io.
“Eeembé” replicherete ancora voi.
“Vi sembra davvero, davvero poco?” insisterò io.
E poi andremo avanti forse mezza giornata così.

Prima di sbandierare troppo quel nome, occhio ai serial-killer, cara Anne...
Rifletteteci su, quanti film hanno al loro interno un’idea, una vera idea, una bella idea? Non ne escono mica tanti. Ce ne sono un sacco tutti fatti con lo stampino, ma se andate a scavare dietro, di idee ne troverete ben poche.
Ben venga allora questo One Day che parte da un’idea narrativa forte e interessante: raccontare il rapporto di amicizia/amore tra i due protagonisti presentandoci soltanto ciò che accade un giorno, il 15 luglio per la precisione, di ogni anno a partire da quando si sono conosciuti nel 1988, fino al presente.
Un’idea che l’autore della sceneggiatura ha preso pari pari da quella del suo stesso romanzo omonimo. Ebbravo David Nicholls che ha avuto una bella trovata e se la ricicle pure. Perché le idee sono rare, al giorno d’oggi, e quindi meglio spremerle per bene. O no?
Tra l’altro Nicholls aveva già adattato per il grande schermo il suo romanzo d’esordio Starter for 10, che era diventato una pellicola carina ambientata negli anni ‘80 con James McAvoy diviso tra la bionda Alice Eve, la mora Rebecca Hall e l’ossessione per un quiz televisivo. Niente di imperdibile, ma se vi è piaciuto questo potete recuperarlo.

Lo stile Nicholls è ben riconoscibile pure qui, grazie a una leggerezza tutta british che riesce a mescolare con naturalezza componenti ironiche a parti più da drammone strappalacrime.
Un gioco di equilibrio non facile, così come quello tra i due protagonisti. Amici? Amanti? Fidanzati? Cosa?
A voi scoprirlo, io vi anticipo solo che naturalmente e immancabilmente sono uno l’opposto dell’altra. Lei, una Anne Hathaway abituata a fare la bruttina in grado di sbocciare poi per miracolo, vedi il suo esordio con il disneyano Pretty Princess, una ragazza timida con il sogno di pubblicare le sue poesie nel cassetto che nel frattempo si barcamena come può con un lavoro da cameriera in un ristorante messicano.
Lui invece è Jim Sturgess (ho già sentito qualche gridolino dalle sue fan in ascolto), che abbiamo visto in Across the Universe, 21 e Heartless, nella parte di un figlio di p…apà viziato che si lancia in una carriera televisiva da vj della tv britannica. Una sorta di Albertino ai tempi della Deejay Television degli anni ’80 (o anche di oggi). In pratica uno condannato a fare il ggiovane anche quando poi ggiovane non lo sarà ppiù. Bella raga e adesso ci spariamo una clip: il trailer di One Day, one station!


Torniamo in studio.
Le cose tra i due personaggi si evolvono anno dopo anno, con lei che diventa una proffe delle medie e lui che… beh, lui continua a fare tv spazzatura. E gli è andata bene che all’epoca non esistevano ancora i reality-show.
A orchestrare questi due attori in ottima forma c’è il tocco vellutato di Lone Scherfig (nome che fa molto fig), regista danese che viene dalla scuola del Dogma 95, ma a differenza di quel bastardo di Lars Von Trier possiede una notevole dose di sensibilità tutta femminile e dopo An Education, con sceneggiatura firmata da Nick Hornby, questa volta in coppia con un altro scrittore britannica fa un nuovo centro, almeno nel mio cuore. Non un capalavoro, non un film esente da pecche e da una sensazione che manchi qualcosa al quadro generale, però una visione in grado di coinvolgere emotivamente. Se proprio vogliamo guardare il pelo nell’uovo, questa volta la Hathaway pur brava non riesce a bissare l’exploit di Carey Mulligan in quel film, però se la sfanga più che bene, soprattutto nella parte più da "sfigata" in cui è una maestra totale.

Un’idea, due personaggi, una relazione che dura vent’anni. È questo il film, prendere o lasciare, con annesse e connesse una buona dose di lacrime. E va bene, mi sono commosso pure io con questo cazzo di film. Sì, sono una pappamolla di merda. Non ce la faccio. Mi sto davvero rammollendo. E non sta succedendo one day. Sta succedendo today.
(voto 7-/10)


lunedì 31 ottobre 2011

Filmetto o scherzetto?


Sul blog Pensieri cannibali, che si dia il caso sia proprio questo che state leggendo ora, ci sono un sacco di recensioni di film, è vero, ma non è comunque tutto, visto che una parte delle pellicole non riesco nemmeno a recensirle come si deve, per svariati motivi: vuoi per mancanza di tempo, di ispirazione, tempismo giusto o a volte semplicemente perché su certi film non è che ci sia poi molto da dire. Ecco quindi una serie di recensioni flash di pellicole che ho visto negli ultimi mesi e di cui non avevo ancora parlato e, visto che oggi è Halloween, il primo appuntamento è dedicato alle recensioni di film horror e thriller.
Buona… uhm… Buona paura si dice?

Society - The horror - La società dell’orrore
(USA 1989)
Regia: Brian Yuzna
Cast: Billy Warlock, Devin DeVasquez, Evan Richards, Patrice Jennings

Avevo letto la recensione di questo film su un blog di cui ora non ricordo il nome (nel caso voi ne abbiate parlato, battete un colpo!), e si è rivelata un’esperienza decisamente interessante. All’inizio sembra la classica pellicola teen fine anni ’80 - pre Beverly Hills 90210 -, poi vira verso territori inquieti che in qualche modo anticipano le atmosfere di Twin Peaks. Il cast è di quelli di serie Z, il regista Brian Yuzna, qui all’esordio, non è David Lynch e il film anziché trasformarsi in cult assoluto è “solo” un capolavoro mancato. Comunque angosciante, affascinante, splatter, folle, trash e altamente consigliato.
(voto 7+/10)

Heartless
(UK 2009)
Regia: Philip Ridley
Cast: Jim Sturgess, Clemence Poésy, Noel Clarke, Luke Treadaway, Ruth Sheen, Timothy Spall

Film britannico vagamente donniedarkiano, con un ottimo cast capitanato da un Jim Sturgess in versione sfigurato. Le atmosfere sono fascinose e ben costruite, peccato che la storia non riesca a coinvolgere del tutto. Un film un po’… heartless, indovinato.
(voto 6+/10)

The Children
(UK 2008)
Regia: Tom Shankland
Cast: Eva Birthistle, Stephen Campbell Moore, Rachel Shelley, Jeremy Sheffield, Hannah Tointon

Dalla vitalissima scena horror britannica, un film con dei bimbi very very inquietanti. Più di quelli americani visti in un sacco di altre recenti pellicole. Consigliato soprattutto per una visione invernale, vista l’ambientazione innevata, ma anche ad Halloween può andar più che bene. Unica controindicazione: potreste cominciare ad avere un pochino paura quando andrete in un parco giochi o anche quando vi troverete davanti un gruppo di bambini…
(voto 7/10)

1408
(USA 2007)
Regia: Mikael Håfström
Cast: John Cusack, Samuel L. Jackson, Mary McCormack, Tony Shalhoub

Tratto da un racconto breve di Stephen King, 1408 ha delle premesse che fanno sperare di trovarsi di fronte a uno di quei thrilleroni-horror da farsela nelle mutande dal terrore: in un hotel di New York c’è infatti una stanza (la numero 1408) in cui è praticamente impossibile sopravvivere. Chiunque c’è stato è morto. Lo scrittore dell’occulto John Cusack decide allora di ficcanasare, nonostante il direttore dell’albergo glielo sconsigli vivamente. Cosa succede poi? Siete curiosi di saperlo? Beh, anch’io. Peccato che dopo un così elettrizzante inizio il film spreca tutto il suo potenziale, con un John Cusack che sembra molto più a suo agio con la commedia che non con l’horror. Che dire poi del finale? Agghiacciante sì, ma per bruttezza!
(voto 5-/10)

Cherry Crush
(USA 2007)
Regia: Nicholas DiBella
Cast: Jonathan Tucker, Nikki Reed, Julie Gonzalo, Michael O’Keefe

Cherry Crush è una di quelle visioni che vengono consumate in fretta, senza coinvolgere troppo ma nemmeno infastidire, e poi passano senza lasciarti niente. Una vicenda dai toni vagamente morbosi e vagamente thriller, con un spirale di omicidi all’interno della quale un giovane fotografo viene risucchiato. A dire il vero pur avendolo visto poco tempo fa non me lo ricordo per niente… Effetto Memento o film da scordare in un momento?
(voto 4,5/10)

Chain Letter
(USA 2010)
Regia: Deon Taylor
Cast: Nikki Reed, Keith David, Brad Dourif, Ling Bai, Betsy Russell

Horror che cerca una commistione tra paura e nuove tecnologie, con una catena di S. Antonio di quelle che circolano su Internet e che portano alla morte di chi la riceve. Il film cerca qualche riflessione sullo scontro tra nuova e vecchia generazione, risultando però un orrorino guardabile ma niente di più. Film accomunato a Cherry Crush dalla presenza di Nikki Reed (Thirteen, Twilight, The O.C.), qui in una pellicola ugualmente poco memorabile ma un filo più convincente. Dopo Non aprite quella porta, non aprite quella mail.
(voto 5+/10)

Le due sorelle
(USA 1973)
Regia: Brian De Palma
Cast: Margot Kidder, Jennifer Salt, Charles Durning, William Finley, Lisle Wilson

Brian De Palma impartisce lezioni di regia a tutti, quindi prendete appunti, e in particolare di split-screen con alcune sequenze da brivido (in tutti i sensi). La costruzione della tensione è magistrale, per un thriller a dir poco ottimo. La nuova serie tv Ringer di appunti da qui ne ha presi, ma dovrebbe prenderne di ulteriori. Lo so, il film avrebbe meritato almeno un post chilometrico, però allora scrivetelo voi, invece di star qui a criticare come fanno quelli che hanno un blog e sparano giudizi e voti su tutto e tutti, proprio come… oops, me.
(voto 8/10)

La zona morta
(USA 1983)
Regia: David Cronenberg
Cast: Christopher Walken, Brooke Adams, Tom Skerritt, Martin Sheen

Gran bel film di David Cronenberg, intepretato da un Christopher Walken inquietante e… parecchio sfigato. La sua vita va splendidamente, sta per chiedere alla fidanzata di sposarlo quand’ecco che finisce vittima di un incidente e rimane in coma per anni. Quando si sveglia, la sua tipa si è sposata con un altro, ma in compenso lui c’ha guadagnato dei poteri paranormali e diventa un sensitivo usato dalla polizia per risolvere alcuni casi. Ma poi il film procede su sentieri del tutto imprevedibili…
Il film ha generato anche la serie tv The Dead Zone (che confesso di non aver mai visto, se non per pochi sporadici minuti) e una esilarante parodia in South Park, con Cartman che si butta da un terrazzo solo per finire in coma e diventare un sensitivo più figo di Kyle!
(voto 7,5/10)

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