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domenica 6 luglio 2014

ROBOCOP_ VIVO O MORTO TU CONTINUERAI A VENIRE CON ME





RoboCop
USA_ 2014
REGIA_ José Padilha
SCENEGGIATURA_ Joshua Zetumar
ISPIRATO AL FILM_ RoboCop di Paul Verhoeven
CAST_ Joel Kinnaman, Abbie Cornish, Gary Oldman, Michael Keaton, Samuel L. Jackson, Jackie Earle Haley, Jay Baruchel, Aimee Garcia, Marianne Jean-Baptiste, Michael K. Williams, Jennifer Ehle, John Paul Ruttan
GENERE_ remake hollywoodiano
SE TI PIACE GUARDA ANCHE_ RoboCop (1987), Transcendence, Intelligence (serie tv), Almost Human (serie tv)


REVIEW MODE ON_

Il mio nome è RoboKid. Sono tornato. Vi era piaciuta la mia recensione del primo RoboCop, quello vero, quello anni ’80, quello di Paul Verhoeven?
No?
Non mi interessa. Io sono tornato lo stesso. Io ancora qui a spaccare i culi. Il mio nome è RoboKid. Ve l’ho già detto?
Sì, vero?
È che questa volta sono ancora più lobotomizzato del solito. Colpa del remake. Io ho appena visto il nuovo RoboCop. Io ho appena odiato il nuovo RoboCop. Parlando del film anni ’80 mi ero lamentato di come l’avevo trovato una pellicola fredda. Poco umana. Il nuovo RoboCop invece è troppo umano. Oltre che una merdata.
L’inizio non è manco così terribile. Lascia immaginare degli intriganti sviluppi politici. Attesa poi delusa da uno sviluppo robotico. Da tipico filmone action barra supereroistico di oggi. Quelli che io odio. Io odio tutto e tutti, ma soprattutto odio i filmoni action barra supereroistici di oggi. L’originale anni ’80 era cattivo, duro, spietato. Questo nuovo è banale, previdibile, buonista. La tipica hollywoodianata odierna. La regia del brasileiro José Padilha fa pena. Soprattutto le scene d’azione. Sparatorie che sembrano uscite da un videogame sparatutto di ultima generazione. Solo che questo dovrebbe essere cinema, non il nuovo episodio di Halo. Padilha, va’ a giocare a calcio, va’. E va’ pure a quel paese, va’.
Quanto alla parte più famigliare barra sentimentale è proprio penosa. Pure questa, così come la parte politica, buttata via. Il protagonista Joel Kinnaman, idolo della serie tv The Killing, è del tutto fuori parte. Non è un buon RoboKid come me. Michael Keaton come cattivone poi fa andare giù le mutande. E io manco le ho, le mutande. Indosso solo della lamiera. Si salva giusto Abbie Cornish. Me la tromberei proprio, Abbie Cornish. Se solo in questo corpo robotico che mi hanno costruito mi avessero fatto anche il pene. Un pene funzionante. Mi hanno dato una pistola con cui sparare ai criminali e non mi hanno dato la pistola più importante, quella per ciulare?
Avrei voluto vedere se lo girava David Cronenberg, questo remake, cosa ne saltava fuori. Invece no. Invece è la solita commercialata. Un film innocuo, buono per tutta la famiglia. E io non ce l’ho più, una famiglia umana che mi vuole.
Inoltre è una pellicola senza manco un briciolo di umorismo che pure io che sono un robot possiedo. Io ad esempio mi ammazzo dalle risate ogni volta che vedo questa immagine.


RoboCop versione 2014 mi ha fatto venire voglia di andare a prendere gli autori.
Vivi o morti, voi verrete con me.
Dove?
Ce l’ho io un remake da proporvi: quello di A morte Hollywood!
(VOTO_ 4/10)

lunedì 13 gennaio 2014

LOLA VERSUS E IL GRETA GERWIG MOVIE




In attesa di commentare i risultati (CHI HA VINTO, CHI HA VINTO?) e pure il red carpet dei Golden Globe Awards 2014, ecco un post su un film di cui a nessuno fregherà niente. A nessuno tranne ai fan di Greta Gerwig, ovviamente.

Lola Versus
(USA 2012)
Regia: Daryl Wein
Sceneggiatura: Daryl Wein, Zoe Lister Jones
Cast: Greta Gerwig, Joel Kinnaman, Zoe Lister Jones, Hamish Linklater, Bill Pullman, Debra Winger, Ebon Moss-Bachrach, Maria Dizzia, Cheyenne Jackson, Parisa Fitz-Henley
Genere: Greta Gerwig movie
Se ti piace guarda anche: Frances Ha, Damsels in Distress, Girls

Non c’è versus. Io Greta Gerwig la adoro. E più la vedo e più ne sto diventando dipendente. Ironico diventare dipendente per l’attrice più indie-pendente oggi in circolazione.
La prima volta che mi è capitata davanti è stata in The House of the Devil, mastodontico splendido horror firmato da Ti West. Lì è l’amica della protagonista, non ha un ruolo enorme però è il personaggio simpa di turno e quindi rimane impressa, ancor più della protagonista, Jocelin Donahue, che infatti da allora chi l’ha più vista?
Poi l’avevo notata in Lo stravagante mondo di Greenberg, stravagante pellicola con Ben Stiller che mi era piaciucchiata ma non mi aveva sconvolto del tutto. E poi ancora era apparsa nella romcom Amici, amanti e…, solo che lì c’era Natalie Portman e allora “Ciao!” a tutte le altre.

"Oooh, era un sacco che aspettavo il post cannibale su questo film!"
La vera folgorazione per Greta Gerwig ce l’ho avuta soltanto in seguito. Non certo nel terrificante To Rome With Love di Woody Allen, dove pure è tra le poche cose a salvarsi ancora, quanto in Damsels in Distress – Ragazze allo sbando, una commedia leggera, piacevolissima, graziata dal suo particolare personaggio. Lì Greta è Violet, una ragazza egocentrica, radical-chic e un po’ stronzetta, in cui non ho fatto troppa fatica a immedesimarmi, sarà che non mi sembra troppo lontana da una mia versione al femminile.
Se lì Greta Gerwig mi ha conquistato e con il video di “Afterlife” degli Arcade Fire diretto da Spike Jonze ha cominciato a piacermi ancora di più, il vero amore è però scattato, come di recente vi ho riportato, con Frances Ha, l’ultimo spettacolare film di Noah Baumbach. Greta e la sua Frances, una tipa indie fuori di testa ed eccentrica come mi è capitato di vedere poche altre volte, anche all’interno delle eccentriche e stravaganti figure che affollano il cinema alternativo americano recente.
In qualche modo Greta Gerwig rappresenta l’evoluzione dell’alternative girl che negli anni ’90 veniva portata sullo schermo in genere da Chloe Sevigny, attrice che ricorda molto fisiciamente. Eppure a livello di personaggi le cose sono cambiate. C’è stato il passaggio dalla it girl figa, un po’ tossica e sicura di sé molto post-grunge come la Sevigny, alle imbranate, pasticcione ma anche più simpatiche e vere indie girls di oggi, rappresentate da Greta Gerwig, così come anche da Lena Dunham della serie Girls (ripartita negli USA questa notte con la terza stagione).

Divampato il fuoco della passione per Greta Gerwig con Frances Ha, mi è venuta voglia di andarmi a recuperare qualche altra sua pellicola, visto che non riesco più a fare a meno di lei. La filmografia dell’attrice 30enne non è così sterminata, molti suoi film da noi non sono arrivati manco sottotitolati, come il suo esordio alla regia in co-abitazione con Joe Swanberg (quello dell'alcolico Drinking Buddies), Nights and Weekends, che non vedo l’ora di recuperare. La scelta è allora caduta su questo Lola Versus che in Italia ovviamente non è uscito, ma se non altro i sottotitoli li si trova facile.

"Bella la tua camicia, complimentoni!"
"Perché, tu ti credi di essere vestita tanto bene?"
In Lola Versus Greta Gerwig è Lola, una variante del suo solito personaggio. Una ragazza incasinata, naturalmente piuttosto alternative e indie, sebbene parecchio meno stramba rispetto a Frances Ha, che racconta com’è la vita dei circa 30enni più o meno hipster di oggi a New York City. Rispetto ai suoi altri film, questo è un po’ più mainstream e commerciale. Non mainstream come Arturo, di cui prima o poi avrò modo di parlare, però meno indie del solito.
Lola è una ragazza di 29 anni che si sta per sposare. Il suo boyfriend, il mitico Joel Kinnaman della serie The Killing, le fa la grande proposta e tutto per lei sembra andare per il meglio, con tanto di genitori pronti per il grande evento, tra cui un invecchiatissimo Bill Pullman. Fino a che, pochi giorni dopo, lui non si rimangia la proposta e la molla di punto in bianco.
Non vi sto spoilerando nulla, poiché tutto questo capita nella scena introduttiva. Il resto invece non ve lo dico. Lola Versus non è folgorante come Frances Ha, non è particolare come Damsels in Distress, però è una commedia indie romantica più che piacevole, non troppo indie (e questo è un difetto) e non troppo romantica (e questo è un pregio). Soprattutto, è un appuntamento immancabile per i Greta Gerwig-addicted, ovvero chiunque si sia imbattuto nella visione di Frances Ha.

Per chi avesse dei dubbi, anche qui la nostra eroina si cimenta con il ballo. Greta Gerwig e il ballo. Potrei scrivere una tesi di laurea su Greta Gerwig e il ballo. La sua Lola nel film invece dà una tesi di laurea sul silenzio. Che sarebbe bello fare una tesi di laurea sul silenzio e presentarsi il giorno della discussione facendo scena muta. Il 110 e lode sarebbe assicurato.
Dopo la Sambola di Damsels in Distress, il ballo scatenato e fulminato nel video di “Afterlife” e il ruolo della ballerina fallita Frances Ha, Greta Gerwig qui ci regala giusto un momento per uno dei suoi balli scomposti dentro a un locale. Poca roba, ma comunque un dettaglio che contribuisce a trasformare un indie movie qualunque in un “Greta Gerwig movie”, che è ormai quasi un genere a parte.
Ci sono le commedie romantiche, ci sono le pellicole indie e poi ci sono i Greta Gerwig movie. Indovinate un po’ quali preferisco?
(voto 6+/10)



sabato 7 aprile 2012

Sarà vero, dopo Miss Italia avere L’ora nera?

"Il mondo sta per finire, ma a noi che ce frega?
Facciam la foto x Twitter che siam fiche!"
L’ora nera
(USA, Russia 2011)
Titolo originale: The Darkest Hour
Regia: Chris Gorak
Cast: Emile Hirsch, Olivia Thirlby, Max Minghella, Rachael Taylor, Joel Kinnaman, Veronika Ozerova, Dato Bakhtadze, Yuriy Kutsenko, Artur Smolyaninov, Nikolay Efremov
Genere: schi-fi
Se ti piace guarda anche: Skyline, 28 giorni dopo, La guerra dei mondi, The Day After Tomorrow

Tu vuò fa l’americano, ‘mmericano, ‘mmericano, ma si nato in Russia.
Quando esce un film come L’ora nera, rimpiangi i tempi della guerra fredda. Stati Uniti e URSS (so che non esiste più, ma a me piace ancora chiamarla così, okay?) non si detestavano?
E invece adesso a quanto pare vanno d’amore e d’accordo e realizzano pure film in partnership. Più che un film, uno spot al neocapitalismo russo. Quello di Putin. Quello di una Mosca tappezzata da griffe e sponsor dalla testa ai piedi da far invidia a NYC o Tokyo. Una co-produzione russoamericana con cui la Russia vuole dire: “Beh, anche noi li sappiamo fare i blockbusteroni fantascientifici, proprio come gli yankee!”.
Vero. Il risultato è infatti vicino a Skyline, una delle robe sci-fi più brutte e soprattutto inutili viste in tempi recenti. Complimenti, ci siete riusciti anche voi.

"Ehm, raga: qualcuno ha l'ombrello?"
Volendo dare una lettura politica generosa, visto che il film è una robetta che non meriterebbe nemmeno chissà quali riflessioni, è curioso notare come le cose cambino. Negli USA negli ultimi tempi escono diverse pellicole di protesta nemmeno troppo velata a un sistema capitalistico tirato ormai all’estremo, persino all’interno dell’ambito delle grandi produzioni e dei blockbuster. Si realizzano film alla fin fine comunisti come In Time, Tower Heist e il nuovo super successo The Hunger Games, mentre in Russia con una produzione stupidotta e dozzinale come il filo-americano L’ora nera vanno in direzione opposta.
Che succede nel mondo?
Ha cominciato a girare al contrario?

I segnali sono allarmanti fin dall’inizio. Quando un film ha dei titoli di testa brutti, e quelli de L’ora nera sono brutti-brutti-brutti, si può già avere un’idea preliminare della totale mancanza di gusto estetico, oltre che di idee, del progetto. E infatti…
La trama è un insulto all’intelligenza quasi quanto lo è la vita di Renzo Bossi. L’uomo che non “ha mai ricevuto soldi dalla Sega Nord.”
Vero, probabilmente li riceveva il padre che poi li girava a lui. Certo, a meno che non sia tutto un complotto dei Russi. Certo, a meno che non sia tutta colpa dell’ora nera o di Mosca ladrona o di Totti Re di Roma. Certo.

"Ghostbusters! Na na na nanana nanananana, Ghostbusters!"
Sto divagando. La volete conoscere comunque, la trama di questo film?
No? Io tanto ve la racconto lo stesso.
Due ragazzi americani vanno a Mosca per presentare la loro idea di un nuovo innovativo social network per giovani, in pratica una scopiazzatura di Facebook, ma vengono però fottuti dallo svedese astuto di turno. L’uomo IKEA copia loro l’idea e se la spassa nella capitale russa, mentre loro si deprimono. Fino a che conoscono due tipe, americane pure loro, incontrate proprio grazie al loro geniale social network. Poco tempo dopo e in pratica capita solo la fine del mondo. Mi sa che ‘sto social network porta un pochetto di sfiga…
Mosca viene attaccata da dalle misteriose entità aliene che si nutrono di elettricità e altre fonti di energia o qualcosa del genere, non si capisce bene, il film è confuso e sinceramente è così poco interessante e così tanto idiota che uno non ci presta nemmeno bene attenzione.
Quel che è certo è che questi alieni sono quanto di meno cinematografico si sia mai visto nella fantascienza. Hanno copiato preso ispirazione da varie pellicole, non potevano scopiazzare prendere ispirazione anche da qualche creatura aliena decente in modo da rendere la pellicola un momento più appealing?
Le fonti di ispirazione o meglio di scopiazzamento sono numerose, tra le più evidenti c’è una Mosca deserta che sembra la gemella della Londra svuotata di umanità dagli zombie di 28 giorni dopo. Per il resto le dinamiche sono quelle da survival fantascientifico tipico stile La guerra dei mondi o The Day After Tomorrow, solo con una tensione e un grado di interesse pari allo zero.
Vogliamo parlare poi dei risibili effetti speciali?
Non parliamone, và.

"Come siamo caduti così in basso, così in fretta?"
Parliamo del cast. Un cast di giovani promettenti totalmente gettati in pasto a uno Z-movie agghiacciante. Del tutto inspiegabile, se non per ragioni di soldi russi cagati fuori dall’Abramovič di turno, la presenza di Emile Hirsch, passato da Into the Wild a questo Into the Wild Shit. Ci sono anche Joel Kinnaman dalla notevole serie tv The Killing (appena partito con una promettente seconda stagione), e Max Minghella, figlio dello scomparso regista Anthony e di recente notato in Agora, The Social Network e Le idi di marzo. Attori lanciati verso l’Olimpo di Hollywood, almeno prima di questo film. Dopo L’ora nera rischiano invece di essere lanciati giù da una finestra.
In più ci sono, almeno quelle, un paio di piacevoli sgnacchere presenze femminili: la nuova reginetta della scena alternativa Olivia “sono così indie” Thirlby, vista in Juno, Fa’ la cosa sbagliata e Amici, amanti e… e poi c’è la bionda Rachael Taylor, che è una gran figa senza se e senza ma. Peccato non si possa dire: "Occhio alle pere-strojke!", visto che tra lei e la Thirlby non è che ne abbiano molte…

L’ora nera è una porcheruola che ricicla - male - varie idee della fantascienza del passato e le inserisce in un contesto moderno iper-tecnologizzato sfruttato malissimamente. Così come l’impronta russa è talmente poco presente che questa potrebbe benissimo essere una qualunque pellicola sci-fi americana. Di quelle realizzate da schifo. Di quelle di genere schi-fi, appunto. Il fatto che provi a inserire un discorso sull’importanza delle risorse naturali della Terra è solo un tentativo, più che fallito, di provare a regalare spessore a un film esile come una modella russa anoressica.
Per non parlare dei dialoghi: i dialoghi di questo film dovrebbero essere studiati nelle scuole di cinema e di sceneggiatura per capire come NON fare dei dialoghi. Sia al cinema che nella vita reale.
Ciliegina sulla torta: il finale, che lascia aperta la possibilità non solo a un sequel, ma a un’intera saga. Considerati i risibili incassi del film, difficilmente si farà. Per fortuna. Certo però che se hanno realizzato un seguito persino di Ghost Rider, non si può mai sapere...
A che ora (nera) è la fine del mondo?
Chissà, ma speriamo almeno l’ora della fine di questi filmetti schi-fi arrivi presto.
(voto 3/10)

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