(Italia 2013)
Regia: Gabriele Salvatores
Sceneggiatura: Stefano Rulli, Sandro Petraglia, Gabriele Salvatores
Tratto dal romanzo: Educazione siberiana di Nicolai Lilin
Cast: Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, John Malkovich, Eleanor Tomlinson, Jonas Trukanas, Vitalij Porchnev, Peter Stormare
Genere: racconto di formazione
Se ti piace guarda anche: C’era una volta in America, Romanzo criminale, La promessa dell’assassino
Chi sa, fa. Chi non sa far niente, insegna. Chi non sa insegnare, insegna educazione fisica. E chi non sa insegnare manco educazione fisica, insegna l’educazione siberiana. In questo caso John Malkovich, il nonno del protagonista del film di oggi.
La recensione è iniziata da appena un paio di righe e io non voglio fare subito il pignolino, ma qualcuno mi spiega perché John Malkovich è considerato un grande attore? Mistero, come direbbe Enrico Ruggeri con la sua vouce fastidiousa.
È dai tempi di Essere John Malkovich, in cui peraltro interpretava se stesso - che fatica! -, che non fa un film decente e anche prima non è che abbia avuto tutti ‘sti ruoli memorabili o girato chissà quali enormi capolavori. Senza offesa, o forse un po’ sì, ma John Malkovich poi ha pure la faccia da scemo come pochi. Oltre a delle orecchie enormi.
Essere John Malkovich?
No, grazie.
Ho attaccato John Malkovich e ora per par condicio attacco me stesso.
Chi non sa fare cinema, fa il critico. Chi non sa fare il critico, mette su un blog di cinema, come me.
Contenti adesso, fans di John Malkovich?
"Cannibal ce l'ha con me solo perché non prego il suo Dio: Kanye West." |
E dopo aver attaccato John Malkovich e me stesso, passo ora a prendermela anche con Educazione siberiana. Nessuna pietà per niente e nessuno, oggi.
Educazione siberiana è la versione brutta di un bel film. Tratto dal romanzo omonimo di Nicolai Lilin che pare abbia avuto un discreto successo ma che non ho letto e che, dopo aver visto l’adattamento cinematografico, manco m’è venuta la minima voglia di recuperare, Educazione siberiana è la classica storia di formazione. Allo stesso tempo è anche una vicenda criminale. In pratica, si tratta di una formazione criminale.
In Moldavia, il bimbominkia Kolyma è cresciuto insieme all’amichetto Gagarin dal nonno John Malkovich, che insegna loro i precetti base della comunità criminale siberiana. Secondo la sua particolare visione del mondo, i soldi non vanno mai tenuti in casa. Roba che se passa uno da te e ti regala un milione di euro (fatto che potrebbe realmente capitare) tu devi dire: “I soldi? No, bleah, che schifo. Vade retro Satana.” I soldi sono banditi, ma non la violenza. In pratica è su queste basi, e su qualche altra cacchiata che ora non ricordo, che si fonda l’educazione siberiana.
Bella, eh? Vi è venuta una gran voglia di iscrivervi subito a un corso di educazione siberiana dance, vero?
"Ma tu hai capito cos'è, 'sta educazione siberiana?" "Macché, io da quella materia e da religione mi sono fatto esonerare..." |
La vicenda del film ci viene presentata su due piani temporali. In uno, Kolyma è ormai cresciuto ed è diventato un soldato, nonostante ciò sia contrario ai comandamenti siberiani. Nell'altro, attraverso una serie di flashback, andiamo inoltre a rivivere il passato da bambino prima e ragazzetto poi del protagonista e dei suoi amici. Chi sono, questi amici?
Gagarin è un po’ la mela marcia della band e, da bravo giovane delinquentello qual è, finisce dritto per dritto in galera. Non importa sia solo un bambino. In Moldavia si scherza mica. Vai in galera subito. Non devi aspettare l’appello, in controappello, il via libera del Parlamento…
Gli altri due della baby-gang sono Vitalic (Vitalij Porshnev), quello un po’ indie-nerd con gli occhiali che sembra uscito da un film di Wes Anderson, e Mel (Jonas Trukanas), quello grassottello che sembra uscito da Animal House e che, in teoria, dovrebbe essere il simpa della cumpa. Due personaggi potenzialmente interessanti che invece rimangono sullo sfondo, senza ritagliarsi grossi momenti memorabili, se non una tragedia che riguarda uno dei due. Chissà chi?
Peccato, perché i giovani siberiani avrebbero potuto formare un quartetto di amiconi come gli hobbit de Il signore degli anelli. È anche qua che sta la differenza tra il cinemino italiano attuale e i filmazzi americani. Per quanto stereotipati e ripetitivi possano essere pure questi ultimi, di solito c’è una buona costruzione dei personaggi secondari. Fosse stato un film americano, Vitalic e Mel sarebbero probabilmente diventati degli idoli. Ma vabbè, l’importante è che almeno i personaggi principali siano costruiti al meglio, giusto?
Peccato, perché i giovani siberiani avrebbero potuto formare un quartetto di amiconi come gli hobbit de Il signore degli anelli. È anche qua che sta la differenza tra il cinemino italiano attuale e i filmazzi americani. Per quanto stereotipati e ripetitivi possano essere pure questi ultimi, di solito c’è una buona costruzione dei personaggi secondari. Fosse stato un film americano, Vitalic e Mel sarebbero probabilmente diventati degli idoli. Ma vabbè, l’importante è che almeno i personaggi principali siano costruiti al meglio, giusto?
Giusto, solo che sono proprio loro ad essere i problemi principali del film. Il protagonista non suscita il minimo di simpatia, né empatia. Perché dovrebbe fregarcene qualcosa di lui? È un personaggio del tutto anonimo, che non ci viene mai mostrato davvero da vicino. Capisco la tipica freddezza dei russi, ma davvero è impossibile affezionarsi a un protagonista del genere. Non aiuta di certo l’interpretazione dell’esordiente lituano Arnas Fedaravicius. Raramente ho visto un attore più inespressivo, action heroes degli anni ’80 esclusi. Va un po’ meglio con l’amico del protagonista, Gagarin (Vilius Tumalavicius), personaggio cattivello che però pure lui non viene sviluppato a dovere.
In mezzo ai due protagonisti, come al solito, ci si mette una donna. Ed è una donna particolare. Una un po’, come dire? In maniera politically incorrect potremmo definirla una “ritardata” mentre nel film viene definita in modo molto politically correct una “voluta da Dio”. Un personaggio singolare che potrebbe dare un tocco di originalità alla pellicola e invece no. A completare un cast pessimo, ma d’altra parte cos’aspettarsi da un regista che come attore feticcio ha Diego Abatantuono?, c’è la nota più negativa: Eleanor Tomlinson, già impalpabile presenza de Il cacciatore di giganti, che nei panni della tipa “voluta da Dio” offre una delle peggiori interpretazioni femminili dai tempi di Keira Knightley in A Dangerous Method.
"Ma come? Fai tanto il duro e poi vuoi che ti tatui il volto angelico di Justin Bieber?" |
A proposito del cinema di David Cronenberg, Gabriele Salvatores ha voluto girare un po’ il suo La promessa dell’assassino, così come evoca vagamente anche City of God, Romanzo criminale e I guerrieri della notte. Anche se il riferimento principale del regista italiano sembra essere un altro, molto poco impegnativo: C’era una volta in America di Sergio Leone. In teoria, nelle sue intenzioni è una specie di C’era una volta in Siberia. In pratica, è una copia sbiadita girata a tratti con stile da videoclip anni ’90, perché fa figo, a tratti con stile più classicheggiante. Indeciso su quale direzione prendere, Salvatores ci infila dentro pure la splendida “Absolute Beginners” di David Bowie, in quella che (teoricamente) dovrebbe essere una delle scene emotivamente più forti della pellicola. Ma una bella canzone non basta per fare una bella sequenza, né tanto meno un bel film.
Il risultato finale è una pellicola che non riesce minimamente a lasciare il segno. Laddove probabilmente il romanzo riusciva a far avvicinare il lettore all’esperienza della vita in queste gang criminali post-URSS, provata in prima persona dall’autore Nicolai Lilin, l’adattamento di Salvatores appare del tutto distaccato e non coinvolge. Va bene la freddezza, ma qua tira proprio un gelo siberiano.
(voto 5/10)