Pensavate che il negozio di dischi avesse già tirato giù la serranda?
In tempi di crisi, e di crisi discografica, non avrebbe certo stupito nessuno più di tanto. E invece no, non fate i soliti pessimi pessimisti. Dopo quello di gennaio, il negozio di dischi cannibale arriva al secondo appuntamento, sta volta con i dischi del mese di... febbraio, of course.
Alcuni dischi si sono già ritagliati dei più o meno meritati post personali: Lana Del Rey, Il Teatro degli Orrori, Bob Sinclar e i Cranberries, gli altri ve li faccio scendere a valanga qui sotto.
Genere: pop meticcio
Sono rari gli album che vanno bene in tutte le occasioni. La maggior parte dei dischi invece bisogna sapere quando suonarli, per apprezzarli in pieno. Il secondo dei Ting Tings dopo lo scoppiettante esordio non è un disco da domenica mattina. Ascoltato la domenica mattina può sembrare terribile. Questo è un disco divertente da venerdì sera. Da sparare a volume possibilmente da denuncia condominiale per tirarsi su. Il venerdì sera vi sembrerà fenomenale.
Dopo il successo dei singoli passati Great DJ, Shut Up and Let Me Go e That’s not My Name, i Rin Ting Tings tirano fuori una nuova carrellata di potenziali hit. Però non è più il 2008 e chissà se il mondo accoglierà pezzi infettivi come Hang It Up, Guggenheim, Day by day e Silence a braccia aperte come ho fatto io?
(voto 7+/10)
Air “Le voyage dans la Lune”
In attesa di potercela gustare insieme alla versione restaturata del capolavoro di Méliès, già da sola questa soundtrack dei due Air tornati in forma strepitosa è un puro spettacolo per le orecchie. Oui. Alla faccia dell’Hugo Capretto di Scorsese.
(voto 7,5/10)
Genere: rock
Tempi duri per la musica rock: fare uscire un disco rocknrolla bello tosto al giorno d’oggi è una vera impresa. Ci saranno riusciti i Band of Skulls, all’opera seconda dopo il promettente esordio?
No, però almeno in questo disco ci regalano un paio di ottime canzoni (una “Bruises” vicina ai Radiohead dei tempi di The Bends e la delicata ballatona “Lay my head down”). Potevano sforzarsi un attimino di più, invece di cedere a modelli troppo facilmente White Stripes-zeppeliani, però in periodi di crisi rockettare come questo, accontentiamoci così.
(voto 6/10)
Genere: rock retro futurista
Un disco di rock tamarro tra anni ’70 e ’80 che suona fottutamente moderno. Tutto merito di Jennifer Herrema già in Royal Trux e RTX e ora con una band dal nuovo nome ganzo, Black Bananas, e un suono rock’n’roll così kitsch da avvicinarsi al sublime. Il pezzo “Hot Stupid” è già pronto per essere suonato all summer long.
(voto 7/10)
Genere: dubstep
Burial il Genio della lampada ci sta facendo sospirare il suo terzo album come una tipa che se la tira e non vuole mollarla. Più precisamente ci sta facendo aspettare dal capolavoro Untrue del 2007. Il guru fondatore, simbolo e Messia della scena dubstep lo pubblicherà mai? Nel frattempo ci stuzzica con un secondo EP dopo lo Street Halo dell’anno scorso. Dentro Kindred ci sono altre 3 tracce che definire la fine del mondo è poco, con Loner a rappresentare il trip definitivo stile enter the void.
E così ho finalmente capito il nome che questo misterioso figuro si è scelto. Burial significa sepoltura e infatti la sua musica seppellisce tutto il resto.
(voto 9/10)
Genere: crazy rap
Hip-hop, electro, rap, pop, dub… Si può cercare di definire il suono del trio sudafricano in tanti modi, ma il modo più semplice per parlare di loro è bollarli semplicemente come tre qui quo qua pazzi e finirla lì.
Il loro disco suona come i Prodigy che uccidono i Pokemon a un rave che uccidono Dragon Ball che uccide Chuck Norris che stupra Lisbeth Salander che uccide i Die Antwoord.
(voto 6,5/10)
Genere: intelligent dance music
Ho ascoltato questo disco incuriosito dal votone 8.5 di Pitchfork, che l’ha anche insignito con il prestigioso marchio “Best new music”. Solita esagerazione? Solito hype?
No, questo disco è una sorpresa dietro l’altra. Musica elettronica da colonna sonora esistenziale. E con il voto plagio Pitchfork.
(voto 8.5/10)
Genere: the Voice
Che voce, la signorina Rebecca Ferguson. Il corpo è ancora caldo, ma l’erede di Whitney Houston è già arrivata?
Per ora le sue canzoni sono pure migliori, le stupende Shoulder to Shoulder e Nothing’s Real but Love su tutte. Se volete far rifiatare un po’ 21 di Adele, questo disco è una buona strappalacrime alternativa.
(voto 6,5/10)
Genere: noise melodico
Non lo so se tra qualche anno un disco come questo avrà ancora un senso. Non so se resterà impresso
come una pietra miliare. Probabilmente no, però who cares?
Questo è il suono del qui e ora. E suona terribilmente fico. Una bordata di chitarre noise che fanno un’orgia con melodie di impronta pop e R&B e pezzi come “End of the line” e “Leader of the pack” che sono già considerabili dei classici moderni.
A un primo ascolto vi suonerà come rumore puro. A un secondo ascolto comincerete a muovere la testa a tempo. A un terzo ascolto, non ascolterete più nient’altro.
(voto 8/10)
Genere: rap
Con il disco d’esordio, Speech Debelle aveva conquistato solo il Mercury Prize, il premio più prestigioso del mondo discografico britannico. Davvero scarsa, me ne rendo conto. Con questo secondo album, Speech prosegue con la sua musica rappata/parlata su ballate un sacco raffinate e non modificando granché la formula del precedente lavoro. Manca l’effetto sorpresa, ma il disco è comunque una bella bomba.
(voto 7+/10)
Genere: da ricovero
Prima o poi i soldi finiscono a tutti e quel momento dev’essere arrivato anche per David Lee Roth e soci. E come suona il loro primo album nuovo da 14 anni a questa parte?
Trash fuori tempo massimo.
Un differente tipo di verità sarebbe definire bello un disco del genere.
Ma più che un differente tipo di verità sarebbe la più grande balla mai raccontata.
(voto 1/10)
Genere: cool
Dico solo che questo album a tratti mi ha ricordato i Blur dei tempi migliori, per quanto abbiano per altri tratti un suono del tutto differente e sempre personale.
Che fare, or quindi?
Ipnotici e affascinanti, i We Have Band sono una band da ascolto obbligatorio.
(il titolo del disco Ternion non so cosa significhi, ma non credo sia un insulto razziale verso i meridionali)
(il titolo del disco Ternion non so cosa significhi, ma non credo sia un insulto razziale verso i meridionali)
(voto 8/10)