Visualizzazione post con etichetta john travolta. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta john travolta. Mostra tutti i post

giovedì 13 settembre 2018

La profezia del cannibale






L'ospite di questa settimana della rubrica sui film in arrivo nelle sale è Patalice, autrice di Te lo dice Patalice, un blog personale molto simpatico e divertente che ti consiglio di seguire, te lo dice Cannibale. Per sapere qualcosa in più su di lei e sulla sua partecipazione, ti lascio con la sua scatenata intro e poi con i suoi commenti, accompagnati come al solito anche dai miei (bellissimi) e da quelli (bruttissimi) del mio nemico, collega e co-conduttore della rubrica Mr. James Ford.

Il Cucciolo Eroico in versione Zerocalcare

Intro di Patalice: C'era una volta una giovan(issim)a blogger rossa, fica, e con luuuuunghe ciglia (finte) che davano spessore ai suoi occhioni da principessa.
C'erano una volta due blogger buongustai come pochi, che in un caldo pomeriggio di fine estate le chiesero di partecipare alla loro rubrica di "Ultime Uscite al Cinema".
La giovan(issim)a blogger se l'era dovuta tirare un po', simulando una serie di impegni degli della Ferragnez, per confermare il suo status di fichissima, ma in realtà non vedeva l'ora arrivasse questo momento, che attendeva da tempi immemori.
...peccato che i film in uscita questa settimana siano...
discretamente BLEAH!

Okay, premessa fatta, continuiamo dicendo che io, al pari se non di più dei due facinorosi amici Fritz detentori e possessori della rubrica, A D O R O il cinema, ma raramente ne parlo, perché sono di un'acidità pazzesca!
Ergo, analizzando un film dopo l'altro sarò dissacrante a dire poco...
sapevatelo!

SULLA MIA PELLE
"Non è stato Ford a ridurmi così perché ho detto che il wrestling è una cagata pazzesca. Sono caduto dalle scale."

lunedì 14 dicembre 2015

Men of the Year 2015 - La Top 10





Dopo l'anteprima di ieri, con gli “scarti” delle Cotte adolescenziali 2015, le classifiche di Pensieri Cannibali del meglio (e prossimamente anche del peggio) dell'anno entrano nel vivo. Ecco i personaggioni maschili del 2015.
Chi sono gli uomini che più hanno segnato gli ultimi 12 mesi, almeno per questo blog?
Eccoli qui, ma prima un breve riepilogone dei vincitori delle scorse edizioni di questo (diciamo) prestigioso riconoscimento:



giovedì 10 dicembre 2015

The Walk, la camminkiata





The Walk
(USA 2015)
Regia: Robert Zemeckis
Sceneggiatura: Robert Zemeckis, Christopher Browne
Tratto dal romanzo: Toccare le nuvole fra le Twin Towers. I miei ricordi di funambolo (To Reach the Clouds) di Philippe Petit
Cast: Joseph Gordon-Levitt, Charlotte Le Bon, Ben Kingsley, Ben Schwartz, César Domboy, Benedict Samuel, James Badge Dale
Genere: sospeso
Se ti piace guarda anche: Everest, Forrest Gump

Certo che nel mondo c'è gente che proprio non sa come passare il suo tempo. Anziché - chessò? - giocare a calcio o al tiro delle freccette, mangiare, ubriacarsi, fare all'amore, ascoltare un disco, guardare un film o una serie tv, leggere un libro o magari drogarsi, Philippe Petit nel 1974 decise di camminare su un filo sospeso nel nulla tra le Torri Gemelle.
Mi rendo conto che nel 1974 ancora non c'era il World Wide Web, e di conseguenza non c'erano tutti i dischi, i film, le serie tv, i social network e i porno gratis del mondo a disposizione e quindi la gente doveva arrangiarsi come poteva per passare il tempo, anziché postare meme del Confused Travolta.

venerdì 14 febbraio 2014

UNA CANZONE D’AMORE PER SCARLETT JOHANSSON




Una canzone per Bobby Long
(USA 2004)
Titolo originale: A Love Song for Bobby Long
Regia: Shainee Gabel
Sceneggiatura: Shainee Gabel
Tratto dal romanzo: Una canzone per Bobby Long di Ronald Everett Caps
Cast: John Travolta, Scarlett Johansson, Gabriel Macht, Deborah Kara Unger, Dane Rhodes, David Jensen, Clayne Crawford, Warren Kole
Genere: esistenziale
Se ti piace guarda anche: La mia vita a Garden State, Scoprendo Forrester, Paradiso amaro, Wonder Boys, A proposito di Davis

Se dovessi dedicare una canzone a Scarlett Johansson, sarebbe “You’re Beautiful” di James Blunt.
Se dovessi dedicare una canzone a John Travolta, sarebbe “YMCA” dei Village People, ma mica do’ troppo retta alle voci che circolano sui gusti sessuali dell’attore...
Se dovessi dedicare una canzone a Bobby Long, il personaggio interpretato da John Travolta in questo film, sarebbe una ballata triste, tipo “Hurt” dei Nine Inch Nails nella versione cantata da Johnny Cash. Perché la pellicola fa respirare un’aria country, più ancora che jazz, nonostante l’ambientazione in quel di New Orleans potrebbe farlo immaginare. E poi perché sul personaggio di Bobby Long si stende un’ombra di malinconia perenne, dall’inizio alla fine. Bobby Long è un ex professore dalla vita dissoluta, è un grande appassionato di letteratura, vive insieme a un suo “protetto”, Lawson (Gabriel Macht della serie Suits), un aspirante grande scrittore. L’altra passione di Bobby Long, oltre alla letteratura, all’alcool e al fumo, è la figa. Parla sempre volentieri di figa, solo che quando se ne ritrova una, e pure enorme, per casa la tratta male.
Quando la “amica” di Bobby, Lawson e mezza New Orleans, la cantante Lorraine muore, lascia infatti un terzo della sua casa a Bobby, un terzo a Lawson e l’altro terzo alla sua figlia, che non vedeva da anni. Figlia che è Scarlett Johansson e che andrà a vivere insieme ai due letterati alcolizzati, stravolgendo le loro vita. D’altra parte, una Scarlett Johansson che gira per casa ti sconvolge per forza di cose l'esistenza.

"Hey Bobby, sai che mi piacerebbe proprio scoprire perché di cognome fai Long?"
"Ti accontento subito."
A Love Song for Bobby Long è un romanzo di formazione, più che una canzone d’amore. È una pellicola sulla famiglia, sul particolare rapporto famigliare che si va a creare tra questi tre personaggi: l’anzianotto Travolta, il 30 e qualcosa Gabriel Macht e la giovane Scarlett. Loro danno qualcosa a lei, lei dà qualcosa a loro. No, non quella cosa. Sempre a pensare a quella cosa. Siete proprio fissati, siete!
I due uomini la spronano a continuare con gli studi, le fanno leggere i libri giusti, la coinvolgono nel loro mondo costruito su citazioni letterarie, e lei in cambio li aiuta a disintossicarsi dall’alcool e a rimettere in piedi le loro vite depravate.
Una storia che puzza forte di letteratura e non a caso è tratta dal romanzo omonimo di Ronald Everett Caps. Un’influenza che si sente molto forte, che rappresenta un pregio, visto che il film si fa leggere come un libro, un libro piacevole, e anche un limite del film, con la regista esordiente Shainee Gabel che non riesce a dare una forte impronta cinematografica al tutto. La regia è piuttosto piatta, a livello visivo non ci sono grosse invenzioni, ma questo comunque è un film di quelli che riescono a far vivere i propri personaggi. Merito di tre ottime interpretazioni da parte dei tre protagonisti e merito dei personaggi stessi.

"Mmm, mi sa che devi cambiare cognome in Short..."
A Love Song for Bobby Long non è una canzone innovativa che sposta i confini della musica. Ha una di quelle melodie che ti sembra di aver già sentito da qualche altra parte e che ti rimane subito in testa. Ha il sapore di un pezzo acustico suonato lento solo per voce e chitarra. Di quelli che non cambiano la storia eppure non di meno ti rimangono dentro. Un po' come il recente coeniano A proposito di Davis.
Se dovessi dedicare una canzone a questo film, sarebbe allora una ballata, ma non una Balada di Gusttavo Lima, Dio ce ne scampi, bensì una ballata tipo “Every Rose Has Its Thorn” dei Poison. Qualcosa dal forte sapore americano, ma dal sapore di classico moderno americano. Qualcosa di forte, eppure in grado di dare la carica. Qualcosa di dolce e al contempo amaro.
(voto 6,5/10)

E se volete altra Scarlett, la potete trovare anche qui...



Oppure QUI,
e pure qui...

lunedì 18 febbraio 2013

JOHN TRAVOLTDAY, BLOW OUT


Dopo il successo del Nicolas Cage Day, un gruppo di blogger capitanati da Frank Manila e di cui faccio parte pure io hanno deciso di continuare nelle celebrazioni di alcuni noti personaggi cinematografici. Uno al mese. In questo freddo febbraio è toccato al John Travolta, che compie oggi 18 febbraio 59 anni.
Per festeggiare il suo compleanno, va quindi di scena il John Travolta Day.

John Travolta è stato travolto da un insolito destino. La sua carriera ha infatti attraversato la classica fase di ascesa al successo, davvero travolgente grazie a una manciata di film musicali come La febbre del sabato sera e Grease, che l’hanno trasformato in autentica icona generazionale e simbolo di un’epoca, quella della Disco music di fine anni ’70. E poi, inevitabilmente, il declino.
Come spesso accade a chi viene identificato in maniera tanto stretta a un periodo preciso, John Travolta negli anni ’80 ha affrontato una rapida e improvvisa caduta, cominciata proprio dopo la sua grande occasione nel cinema d’autore con Blow Out di Brian De Palma, su cui concentreremo le nostre attenzioni tra poco.
Dopodiché, il Travolta ha conosciuto un nuovo inaspettato picco di popolarità con Senti chi parla, commediola famigliare dal grande successo commerciale e che ha partorito pure due (orripilanti) sequel.

A restituire una dignità cinematografica al John Travolta, a regalargliena anzi una che non aveva mai avuto nemmeno prima, ci ha pensato poi Quentin Tarantino, con il memorabile ruolo di Vincent Vega nel memorabile Pulp Fiction. Da qui è davvero cominciata la seconda vita artistica di John Travolta, che continua anche oggi, sebbene ormai a dirla tutta tra più bassi che alti. In attesa che qualcuno gli riconsegni una nuova parte con cui lasciare il segno nella storia del Cinema.
Dopo i balli mitici di La febbre del sabato sera, Grease e Pulp Fiction, qualcuno gliela vuole offrire questa parte o no, prima che sia troppo vecchio per alzarsi in piedi e danzare ancora una volta?

"Ma che cos'è uno Skrillex? Un rumore fastidioso?"
Blow Out
(USA 1981)
Regia: Brian De Palma
Sceneggiatura: Brian De Palma
Cast: John Travolta, Nancy Allen, John Lithgow, Dennis Franz, John McMartin, Curt May, Peter Boyden
Genere: thrilla
Se ti piace guarda anche: Blow Up, Omicidio a luci rosse, Frantic, Pulp Fiction, Berberian Sound Studio

Ogni volta che vedo un film di Brian De Palma, penso a quanto sia sottovalutato. Faccio mea culpa, visto che anche io stesso l’ho spesso sottovalutato. Magari rimango folgorato da qualche suo film, e poi lo lascio perdere per troppo tempo. Ho ancora un sacco di sue pellicole da recuperarmi.
Ogni volta comunque è un piacere scoprire le sue gemme e rimanere sedotti e john travolti dal suo enorme talento visivo: è capitato con Le due sorelle e quella sua fenomenale scena di split-screen, con Carrie - Lo sguardo di Satana e il suo bagno di sangue (presto è in arrivo il remake con Chloe Moretz). È capitato in maniera ancor più dirompente con due autentici Capolavori, i suoi due film che preferisco in assoluto: Scarface, enorme, monumentale, il più grande gangsta movie mai visto, e poi con Omicidio a luci rosse, vera e propria lezione su come va girato un thriller.
Molto affascinanti anche gli altri suoi film in cui mi sono imbattuto, dall’ottimo Carlito’s Way, comunque un gradino sotto il fondamentale Scarface, al sottovalutato The Black Dahlia, dal sorprendente Femme Fatale, genialata mica da poco, fino all’ultimo Redacted, uno dei migliori e più crudi film di guerra mai realizzati, eppure boicottato clamorosamente da Hollywood. D’altra parte è un regista che è sempre stato ai margini del sistema, con rare concessioni commerciali (il primo Mission: Impossible), e troppo vicino al cinema di genere, al thriller, al B-movie, quando non era ancora arrivato un Tarantino in grado di riabilitare e sdoganare il cinema di genere. E Tarantino a De Palma deve molto e non lo nasconde nemmeno: in Grindhouse - A prova di morte, viene ad esempio ripreso lo splendido tema musicale di questo Blow Out realizzato dal nostro Pino Donaggio. Quello che i Modà a Sanremo hanno osato omaggiare rovinare. E attenzione, perché la accoppiata De Palma-Donaggio tornerà a riformarsi per il nuovo film del regista, Passion, remake del bel thriller francese Crime d’amour.



"Dimmi tutto, Gianni Boncompagni. Ti sento forte e chiaro.
Vuoi che faccia un balletto sulle note di T'appartengo?"
I riconoscimenti nei confronti del De Palma sono sempre stati molto limitati. Non è mai stato nominato agli Oscar né come miglior regista né tra i migliori film, ha vinto appena un Orso d’argento a Berlino nel lontano 1969 con Ciao America e un Leone d’Argento a Venezia con Redacted. Persino Gli intoccabili, che pensavo avesse ricevuto chissà quanti premi, è rimasto parecchio a bocca asciuta. Addirittura, all’ombra del povero De Palma sono piovute addosso varie nomination ai Razzie Awards come peggior regista, persino per Scarface e Omicidio a luci rosse (ma siamo fuori di testa?).
Insomma, uno dei registi più sottovalutati, se non il più sottovalutato in assoluto nella storia del cinema.

"Pronto, Trinity? Ma lo sai che le ultime stagioni di Dexter han fatto cagare?"
Blow Out non fa eccezione. Un’altra perla della sua filmografia, non la più brillante in assoluto per quanto mi riguarda, ma un film che trasuda passione e amore per il cinema a ogni fotogramma. La pellicola è un ottimo thriller, infestato dalla presenza inquietante di John Lithgow epoca pre-Trinity di Dexter, ma è anche e soprattutto una visione fatta da un cinefilo per cinefili. L’apertura è un horror in piena regola, con cui De Palma riporta alla memoria il precedente exploit di Carrie. Si scopre poi che è solo un film nel film e può partire il film vero e proprio.
Blow Out altro non è che una rivisitazione e omaggio, fin dal titolo, del Blow Up di Michelangelo Antonioni. Laddove là trovavamo un fotografo che finiva al centro di una trama gialla, qui abbiamo un tecnico del suono, che pure lui finirà suo malgrado per diventare protagonista di un’intricata e intrigante trama thrilla, tra complotti politici, ricatti in stile Fabrizio Corona e suoni che possono rivelare un dettaglio decisivo di un omicidio.

"Lo so, John. Non a caso io non ci son più...
Ma comunque come facevamo a vivere senza i cellulari e senza Ruzzle?"
Okay, è il John Travolta Day e io mi sono lasciato andare in un lungo pistolotto dedicato a Brian De Palma, però ci stava, edday. Tornando al nostro protagonista di giornata, il regista di origini italiane ha regalato all’attore di origini italiane un ottimo ruolo. John Travolta è con questo film che secondo me ha davvero convinto Quentin Tarantino ad affidargli la parte di Vincent Vega in Pulp Fiction. Per la scena del balletto con Uma sulle note di “You Never Can Tell” di Chuck Berry magari avrà pensato alle sue mosse di danza in La febbre del sabato sera e Brillantina, probabile, però per le scene di dialogo alla tavola calda il richiamo secondo me va a Sally e Jack, ovvero Nancy Allen (ex compagna di De Palma) e John Travolta.
Come abbiamo visto nella breve Travolta Story qui sopra, non è che questo film abbia portato così tanta fortuna alla carriera dell’attore. Con Blow Out sembrava infatti destinato a fare il grande salto nel cinema d’autore, e invece gli 80s si sono rivelati per lui parecchio deludenti e c’è voluto Tarantino nei 90s per resuscitarlo.

Se in Blow Out Travolta non si dedica al suo cavallo di battaglia, ovvero la scena di danza, pure qui l’attore se non altro sfoggia la sua tipica camminata figa. Perché come cammina John Travolta, nessuno mai.



Anche in Blow Out John Travolta cammina figo per i sentieri di una pellicola piacevolmente mutante, che è un po’ thriller ma è anche un po’ storia d’amore, un amore mancato come quello tra Vincent Vega e Mia Wallace in Pulp Fiction. Un boy meets girl, con il protagonista travolto in una vicenda più grande di lui, quindi, per un Brian De Palma un po’ più romantico del suo solito. Qualche suo detrattore potrà accusare i suoi film di non essere particolarmente sentimentali e invece sbaglia. Blow Out è l’ennesimo atto d’amore di un regista follemente innamorato del cinema.
(voto 8/10)


Partecipano al mitico John Travolta dai anche tutti questi blog:


venerdì 9 novembre 2012

La belva e le bestie

Le belve
(USA 2012)
Titolo originale: Savages
Regia: Oliver Stone
Sceneggiatura: Shane Salerno, Don Winslow, Oliver Stone
Tratto dal libro: Le belve di Don Winslow
Cast: Blake Lively, Taylor Kitsch, Aaron Johnson, John Travolta, Benicio Del Toro, Salma Hayek, Demián Bichir, Sandra Echeverría, Emile Hirsch, Shea Whigham, Mia Maestro
Genere: pulp
Se ti piace guarda anche: Domino, Alpha Dog, Traffic, Natural Born Killers, Weeds

Solo perché vi racconto questa storia,
non vuol dire che alla fine io sia viva.

Una scena del tutto a caso dal film Le belve, che vede protagonisti
Aaron Johnson e Blake Lively le chiappe di Blake Lively.
La voce off di Blake Lively a inizio visione sembra scaraventarci in una puntata di Gossip Girl particolarmente tossica e sessualmente esplicita, giusto un pelo più influenzata da Viale del tramonto e American Beauty anziché da Dallas e The O.C.. Invece no. Invece non è Gossip Girl. Invece questa è la nuova pellicola di Oliver Stone. Oliver Stone, eccheccazzarola.
Ma torniamo al punto in cui tutto è iniziato, come la suadente voce della suadente Gossip Girl ci invita a fare. E allora partiamo dal titolo: Le belve. Un titolo molto tarantiniano che fa il verso a Le iene, per un film dalle tinte tarantiniane. Quello originale invece era Savages, parola che svolge un ruolo centrale all’interno della pellicola e che purtroppo non poteva essere tradotta qui da noi, poiché esiste già il film Selvaggi. Pellicola di Carlo Vanzina del 1995 parecchio sottovalutata ma che in realtà è la vera fonte d’ispirazione principale della serie Lost.
Pensateci su: non raccontano alla fine della fiera la stessa identica storia? E gli scontri tra Ezio Greggio e Antonello Fassari non ricordano un po’ quelli tra Jack e Sawyer? E il finale in cui finiscono nel Triangolo delle Bermuda non fa altrettanto sci-fi?

"Yes we canne! Perché se non fumi guardando questo film, godi solo a metà."
Dopo aver svelato questo mistero su Lost, torniamo ai selvaggi del film Savages. Selvaggi che hanno le fattezze glamour di una versione californiana dei The Dreamers di Bernardo Bertolucci.
Troviamo la bionda Blake Lively presa a sandwitch in un ménage à trois con i cannabis kids Taylor Kitsch (la serie Friday Night Lights, piuttosto che i dimenticabili Battleship e John Carter) e Aaron Johnson (Kick-Ass, ma anche il video dei R.E.M. “Überlin”). Il film potrebbe andare avanti con loro due che si scambiano nel letto con la gossip girl e credo nessuno avrebbe da lamentarsi troppo, però la sceneggiatura tratta da un romanzo di Don Winslow prevede ulteriori sviluppi. Un intreccio criminale parecchio incasinato e non troppo originale, che sfocia nel classico rapimento della sgnaccherona Blake Lively e in una serie di situazione che più che da un romanzo sembrano prese in prestito dalle missioni del videogame Grand Theft Auto.

"Se non fumi, godi solo a metà! Capito, chiappette d'oro?"
Oliver Stone negli ultimi tempi sembra un po’ riciclare se stesso: con W. su George W. Bush tornava sui sentieri politici di JFK, con Wall Street - Il denaro non dorme mai tornava sulla scena del delitto del primo Wall Street alla luce della crisi economica attuale e ora con Le belve torna agli anni ’90 pulp di U Turn - Inversione di marcia e Assassini nati. Tutti hanno paragonato i Savages ai Natural Born Killers, però, a guardarli più da vicino, sono creature molto differenti. Entrambi i film sono violenti, è vero, ma Assassini nati era una vera e propria riflessione sulla violenza. Qui c’è una violenza più action, più fumettistica, più divertente, se la violenza può essere considerata divertente. E se siete fan del pulp sapete che sì, può esserlo eccome.
Le belve è puro entertainment, prendere o lasciare. Un divertissement a tratti godurioso e piacevole, seppure tirato un po’ troppo per le lunghe. Al termine delle 2 ore e passa di visione di questo noir poco noir e molto solare, si rimane disorientati e storditi da una storia che non sembra sapere dove andare a parare, sensazione confermata pure dal doppio finale che ci spara.

"Qualcuno sa dirmi che fine hanno fatto i miei capelli?"
Il reparto attoriale è di gran prestigio e mescola giovani speranze (i tre glamour dreamers sopra citati) insieme a vecchie (ma non troppo) glorie, come i molto pulp John Travolta, Salma Hayek e Benicio Del Toro. Eppure nessuno convince in pieno. Blake Lively è più bona che brava a recitare, ma non è comunque una cagna totale, Aaron Johnson sarebbe bravo ma qui non si applica, e Taylor Kitsch continua a non convincere su grande schermo come faceva invece in tv in Friday Night Lights. Quanto a John Travolta, è solo l’ombra del Vincent Vega che era in Pulp Fiction, Benicio Del Toro sembra la brutta copia del suo personaggio in Traffic e Salma Hayek è invecchiata muy bien ma pure per lei vale la regola: più bona che brava. Per i cronici della cronaca, va annotata anche la presenza del sempre valido Emile Hirsch, ma gli è stato affidato un ruoletto davvero troppo minuscolo, quindi per lui scatta il senza voto come ai calciatori che entrano a 5 minuti dalla fine della partita.

"Se mi togliete la benda, vi dimostrerò che oltre a delle belle ciappette
ho anche molto da dire... Hey, ma perché state tutti ridendo?"
Le belve vanta poi una colonna sonora ultra cool che frulla di tutto e di più insieme, dai Massive Attack ai Talking Heads in versione bossanova, e sfoggia una regia di Oliver Stone in grado di gasare solo a tratti, specialmente all’inizio, poi anche lui si rilassa nell’atmosfera da cannabis di Ben & Chon e si appittisce in riprese piuttosto standard. Alla fine comunque ci si diverte e il ritmo è alticcio per quasi tutta la durata, sebbene la sceneggiatura sia priva di quei dialoghi ironici, geniali e ricchi di riferimenti alla pop culture che fanno la differenza tra uno script ordinario e un capolavoro tarantiniano.
Una pellicola pulp dal contenuto pressoché inesistente, ma di splendida superficie. Non una Stone miliare nella carriera di Oliver, però comunque un film che ha il suo perché. Anche se non credo di aver ancora capito quale.
(voto 7+/10)


sabato 26 maggio 2012

Tony Manero ha rovinato il mondo?

Post pubblicato anche sul blog L'orablu e dedicato alla memoria di Robin Gibb e Donna Summer.

La febbre del sabato sera
(USA 1977)
Titolo originale: Saturday Night Fever
Regia: John Badham
Cast: John Travolta, Karen Lynn Gorney, Donna Pescow, Barry Miller, Joseph Cali, Paul Pape, Sam Coppola, Fran Drescher
Genere: Disco Stu
Se ti piace guarda anche: Footloose, Flashdance, The Last Days of Disco, Jersey Shore

Nuovo appuntamento (spero per voi anche l’ultimo, per il momento) con il “cinema danzereccio” e così, dopo Footloose e Flashdance, ecco quello che è forse il primo vero super cult del genere, per lo meno nell’accezione moderna (Fred Astaire quindi escluso): Saturday Night Fever. Oooooh yes.
Translation: La febbre del sabato sera. Oooooh sì.

Atmosfera anni Settanta a manetta. Disco strobo ogni 3 x 2. Musica dei Bee Gees. Poster di Al Pacino appeso in cameretta come modello esistenziale. Poster di Farrah Fawcett come modello per altro…
La febbre del sabato sera è un racconto sociale sugli italo americani pizza pizza marescià, nonché un affresco storico su un’epoca che ha visto l’ascesa della Disco Music e di un certo tipo di vita. Il voler arrivare, non si sa dove basta che sia da qualche parte, la voglia di emergere, di uscire da un destino già segnato. La parabola di Tony Manero anticipa in qualche modo gli yuppie che di lì a poco sbucheranno fuori come funghi purtroppo non allucinogeni, e denota qualche caratteristica preoccupante che poi, esasperata, porterà a “mostri” attuali come i protagonisti di Jersey Shore o Tamarreide, di cui lui è un po’ il Padrino.
Apparenza e attenzione al look sono ok, ma con Tony Manero assumono i connotati della cura maniacale della superficialità e un gusto preoccupante per il trash, per l’ostentazione, per la truzzaggine più imbarazzante. Nel suo caso questi aspetti sono ancora in nuce e hanno un che di naive e innocente, come il continuo lisciarsi indietro i capelli, cosa che verrà poi ripresa anche dal grande Mouth/Corey Feldman nei Goonies e che, più tardi, porterà agli ingellati da far schifo “Guido” di Jersey Shore. In fondo il tamarro è sempre in voga perché non è di moda mai.

John Travolta è perfetto nella parte e non si fa troppa fatica a immaginare una sua adolescenza simile a quella del Tony Tamarro, mentre il resto del cast non si fa troppa fatica a dimenticarlo. Efficacissima la colonna sonora che tra Bee Gees, Tavares, Kool & The Gang, KC & The Sunshine Band, Trammps (con “Disco Inferno”) e gli altri pesi massimi della Disco mette in scena un greatest hits che per i patiti del genere dev’essere pura goduria. Dico dev’essere perché io personalmente non mi annovero tra questi patiti assoluti, però in effetti era difficile assemblare una soundtrack più adatta per fotografare questo ambiente e questa epoca. Anche se qualcuno riuscirà a posteriori riuscirà a fare persino di meglio: Whit Stillman, con l’enorme colonna sonora del suo splendido The Last Days of Disco.

Se la visione procede su ritmi ballabili e godibili per quasi tutta la sua durata, peccato per il finale del film, davvero tra i più tremendi che io ricordi: uno dei suoi amici cade dal ponte, finisce in fiume, quasi sicuramente morto, e Tony Manero senza versare una lacrima e senza nemmeno far finta di fregarsene un minimo prende la metro e raggiunge in uno stato pietoso la tipa che appena poche ore prima aveva cercato di stuprare. Lei lo perdona per il quasi stupro e gli dice che possono essere amici, in quello che è un finale nemmeno romantico, solo stucchevolmente buonista. Ma dell’amico scomparso non gliene frega un cazzo a nessuno? Proprio su quell’incidente il film avrebbe potuto giocare la carta della perdita dell’innocenza di quegli anni, invece rimane sospeso e manca di coraggio proprio quando avrebbe potuto assestare il colpo finale.
I titoli di coda lasciano con l’amaro in bocca per quello che rimane comunque un interessante affresco di un’epoca e la fotografia perfetta di una determinata, e a suo modo importante, categoria sociale: il tamarro.
(voto 6,5/10)

sabato 30 ottobre 2010

True Blood

Carrie – Lo sguardo di Satana
(USA 1976)
Titolo originale: Carrie
Regia: Brian De Palma
Cast: Sissy Spacek, Piper Laurie, Amy Irving, John Travolta, William Katt, Betty Buckley
Links: IMDb, mymovies
Genere: teen horror
Se ti piace guarda anche: The house of the devil, Il giardino delle vergini suicide, Psycho

Regia di Brian De Palma, storia tratta da un romanzo di Stephen King (il primo pubblicato), favolose musiche di Pino Donaggio e protagonista una giovane e allucinata Sissy Spacek. Scusate, ma ci troviamo di fronte a una pietra miliare e a un capostipite dell’horror adolescenziale (e non solo adolescenziale).

Carrie è una delle storie di vendetta più pazzesche e sanguinose di tutti i tempi. E il sangue è il protagonista fin dalla prima scena, un ralenty poetico che inizia come una tranquilla scorrazzata nei spogliatoi delle ragazze e finisce in un bagno di sangue, con le prime mestruazioni di Sissy Spacek.

Carrie è una ragazza disadattata, continuamente presa per il culo dalle superficiali compagne reginette di bellezza e con una madre fanatica religiosa ai limiti del ridicolo. Con l’inizio del ciclo però diventa donna e cominciano a manifestarsi i suoi inquietanti poteri di telecinesi: quando si incazza, infatti, sono cazzi per tutti gli altri. Ma un giorno la sua mediocre vita può cambiare. Un ragazzo infatti la invita al ballo di fine anno e quella per lei sarà una serata magica. Fino a quando qualcosa andrà storto…

L’atmosfera 70s del film è totalmente affascinante e la regia di De Palma è magistrale, con echi di Hitchcock ma anche momenti di puro “teenage dream”. C’è persino un giovane & scemo John Travolta. Consigliatissimo per Halloween.
(voto 7/8)

martedì 20 aprile 2010

Parigi travolta

From Paris With Love
(Francia, 2010)
Regia: Pierre Morel
Cast: John Travolta, Jonathan Rhys Meyers, Kasia Smutniak, Melissa Mars

Ero partito prevenuto, soprattutto dopo un trailer che lasciava presupporre il peggio. E alla fine della visione il mio commento infatti è stato: “Che cazzata, questo film.” Però è una cazzata divertente. Un’oraemezza a ritmo sparato di action movie ridicolo per trama e personaggi, zero contenuti, ma allo stesso tempo puro efficace intrattenimento. Un paradosso?

John Travolta ce la mette tutta per risultare odioso. O forse no. Forse dopo lo spot Telecom con la Hunziker è una cosa che gli riesce con fin troppa facilità. Certo che i tempi di “Pulp Fiction” sembrano davvero lontani. Per lui almeno, visto che Tarantino se la viaggia sempre sulla cresta dell’onda creativa più alta.
Dopo essere stato teen-idol pre-high school musical ne “La febbre del sabato sera” e in “Grease”, dopo essersi riciclato nella commedia con “Senti chi parla” e aver trovato con Vincent Vega nel già citato “Pulp Fiction” il ruolo della vita, Travolta sembra ora entrato, in versione platà con pizzetto, nella terza età (cinematografica) della sua carriera. Per le strade di Parigi se la spassa un mondo. Scopa, spara, magna, fa saltare auto per aria con un bazooka, uccide persone, un sacco di persone (decine, prima della fine del film ne avrà fatte fuori circa un centinaio), soprattutto pakistani. Ogni volta che apre bocca tira fuori un vasto campionario di frasi da action-hero. Alcune sono penose, altre sono talmente assurde che fanno davvero ridere. Nel bene o nel male, su di lui si regge l’intero film.

John travolge nei suoi casini la sua spalla Jonathan Rhys Meyers. Povero, se ne sta sperso con in faccia la perenne espressione di chi si sta chiedendo “Ma cosa cazzo ci faccio io qui in mezzo?” mentre Kasia Smutniak, polacca ma italiana per “adozione”, ha la perenne espressione di chi si sta chiedendo “Ma perché cazzo ho sposato Pietro Taricone?”
La via francese all’action con lo zampino del solito Luc Besson sembra quindi una copia di quella americana con la erre nemmeno tanto moscia. Un sacco di morti ammazzati, terroristi medio orientali kamikaze dalle psicologie appena abbozzate, battute sceme a go-go, John Travolta che si nutre di “Royale with cheese”. E anche in questo caso, paradossalmente proprio grazie a tutti gli innumerevoli difetti, il gioco funziona.
Da Parigi, con amore. Cannibal Kid
(voto 6+)

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...

DISCLAIMER

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica, pertanto non può considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. L'autore, inoltre, non ha alcuna responsabilità per il contenuto dei commenti relativi ai post e si assume il diritto di eliminare o censurare quelli non rispondenti ai canoni del dialogo aperto e civile. Salvo diversa indicazione, le immagini e i prodotti multimediali pubblicati sono tratti direttamente dal Web. Nel caso in cui la pubblicazione di tali materiali dovesse ledere il diritto d'autore si prega di Contattarmi per la loro immediata rimozione all'indirizzo marcogoi82@gmail.com