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giovedì 5 luglio 2018

La prima (o forse la milionesima) notte del giudizio cinematografico






Chi abbiamo qui? Ma chi abbiamo qui ospite?
Questa settimana è la volta di Antonella Buzzi, intelligente e preparata autrice del blog Ho voglia di cinema, che ha un solo difetto: è pigra. O, se non altro, dovrebbe aggiornare il suo sito più spesso, molto più spesso. Daje, Antonella, che ce la puoi fare!
Aspettando di sentire la sua voce con maggiore frequenza dalle sue parti, potete intanto trovarla qui, alle prese con me e con il mio arcinemico Ford per commentare i film in arrivo questa settimana nelle sale italiane.

Stronger
"Approvo la scelta di Antonella come ospite. Adesso basta solo cacciare Cannibal e Ford, e poi questa rubrica è perfetta."

martedì 19 settembre 2017

...Drive Me Baby One More Time




Pronti?
Via, si parte...

Eh no! Dite che siete pronti, e poi manco vi siete allacciati le cinture?
Mettetele subito, che se poi capita qualcosa durante il viaggio sono cavoli vostri.

Allacciate?
Bravi. Ora si va. E provate a vedere se riconoscete tutte le canzoni che si ascolteranno nel corso del nostro viaggio.


Baby Driver – Il genio della fuga
Regia: Edgar Wright
Cast: Ansel Elgort, Lily James, Kevin Spacey, Jon Hamm, Jamie Foxx, Eiza González, Jon Bernthal, Flea, Sky Ferreira

giovedì 9 febbraio 2017

Non potrai nasconderti da questi film





L'annata è appena iniziata, ma questa settimana si prenota fin da subito per essere la più trash dell'intero 2017. Merito del Festival di Sanremo, che Pensieri Cannibali ovviamente non manca di seguire a modo suo, ma anche di una serie di proposte cinematografiche che sembrano a metà strada tra il trash e il kitsch.
Ecco allora tutte le porcat... volevo dire le pellicole in arrivo in questi giorni nelle sale italiane commentate da me e da quella spazzatura umana che risponde al nome di Mr. Trash Ford.


Cinquanta sfumature di nero
"Hey Dakota, che è quella faccia?"
"Sto già godendo al pensiero della recensione cannibale del nostro film."

giovedì 7 gennaio 2016

Cannibal Tv Awards 2015 - I premi meno seri alle serie tv





Le peggiori serie tv dell'anno hanno avuto il loro gala di premiazione, con tanto di proclamazione di peggiori attori/attrici/scene e altro e volevate forse che le migliori non ce l'avessero?
Certo che no. Ecco qua che arrivano i Cannibal Tv Awards 2015. Prima di vedere i vari premi, categoria per categoria, facciamo prima un veloce ripasso delle 20 serie preferite quest'anno qui su codesto blog Pensieri Cannibali.

Alcuni attori in attesa dell'inizio dei Cannibal Tv Awards, mentre sperano di non ricevere alcun premio che rischi di affossare la loro carriera.

lunedì 14 dicembre 2015

Men of the Year 2015 - La Top 10





Dopo l'anteprima di ieri, con gli “scarti” delle Cotte adolescenziali 2015, le classifiche di Pensieri Cannibali del meglio (e prossimamente anche del peggio) dell'anno entrano nel vivo. Ecco i personaggioni maschili del 2015.
Chi sono gli uomini che più hanno segnato gli ultimi 12 mesi, almeno per questo blog?
Eccoli qui, ma prima un breve riepilogone dei vincitori delle scorse edizioni di questo (diciamo) prestigioso riconoscimento:



martedì 26 maggio 2015

MAD MEN - LIVIN' LA VIDA COCA





Mad Men
(serie tv, stagione 7, episodio 14 “Person to Person”)

Quando ho guardato Mad Men per la prima volta, ormai tanti tanti anni fa, non sapevo davvero cosa aspettarmi. La oltreoceano tanto esaltata e premiata serie ambientata negli anni '60 si sarebbe rivelata il solito sguardo nostalgico e artefatto di quel decennio, come facevano i film e i programmi tv più amati dai miei genitori?
È bastato il solo episodio pilota per capire che no, Mad Men non era quel genere di ritratto stereotipato degli anni '60. Non lo era e non lo sarebbe mai stato. Mad Man ha offerto una fotografia più cinica, più realistica di un decennio che è stato sì ricco di cruciali mutamenti sociali, politici, storici e culturali, ma è anche stato un periodo ricco di contraddizioni, di tensioni razziali, di una parità tra uomini e donne che ancora appariva come un'utopia. Se la serie creata da Matthew Weiner ha sempre guardato a quel decennio con grande rispetto, e con una cura maniacale al più piccolo dettaglio nelle ricostruzioni di ambientazioni, abiti e acconciature, allo stesso tempo non l'ha mai mitizzato. Più che esaltare gli anni '60, ha cercato di capire gli anni '60. Proprio come il protagonista della serie, Don Draper, l'uomo più figo di sempre.
Non intendo l'attore Jon Hamm, che l'ha interpretato in maniera favolosa per sette indimenticabili stagioni, ma che quando non è in Mad Men perde un buon 90% del suo fascino. Intendo proprio Don Draper il personaggio. Un puzzle misterioso e indecifrabile. Un uomo che pare a suo agio in ogni situazione e in realtà non lo è mai. Un pubblicitario considerato da tutti geniale e non si capisce nemmeno troppo bene il perché, visto che in sette stagioni sono più le occasioni in cui in ufficio lo vediamo fumare, bere, ciulare, persino dormire piuttosto che lavorare. Questo fino all'ultimo episodio in cui capiamo che sì, è davvero un genio.

martedì 24 settembre 2013

I PIU’ FIGHI DELLE SERIE TV




Tempo di top 10 anche oggi, qui su Pensieri Cannibali.
Ieri abbiamo visto la topa 10 delle 10 donne più fighe nella storia della tv, quest’oggi vedremo la top 10 dei più fighi. I personaggi di maggior fascino, i più grandi seduttori del piccolo schermo. Sempre a insindacabile giudizio di codesto blog.

10. Chuck Bass – Ed Westwick (Gossip Girl)
C’era una volta una serie intrigante che rispondeva al nome di Gossip Girl e c’era una volta in questa serie un bastardo che più bastardo non si poteva. Ricco da far schifo, ereditiere dell’impero Bass, bello e dannato quasi come il figo numero 1 di questa classifica, Chuck Bass era un idolo totale. Un po’ come la sua controparte femminile, Blair Waldorf. Rapidamente, Gossip Girl si è trasformato in una soap opera della peggior specie, oltre ogni limite del trash e delle decenza televisiva, fino a diventare negli ultimi tempi una cosa risibile. Guardando al passato, pur facendo davvero fatica a cancellare dalla memoria le ultime agghiaccianti stagioni, c’è da riconoscere che Chuck Bass spaccava, con la sua camminata da uomo che non deve chiedere mai, con quel suo sguardo sempre incarognito, con i suoi modi di fare impeccabili e la sua innata cattiveria.
Spaccone.

"Un'altra stagione di Gossip Girl??? Ma non ditelo manco per scherzo!"

9. Tony Stonem – Nicholas Hoult (Skins)
Bello e vuoto. Un contenitore esteticamente curatissimo che dentro non contiene niente. Superficiale come pochi, il Tony Stonem della rivoluzionaria serie inglese Skins sembra uscito dritto da un romanzo di Bret Easton Ellis. Il suo cuore non ha tempo per battere, la sua anima non ha spazio per i sentimenti e quindi, nonostante sia fidanzatissimo, non si lascia sfuggire ogni occasione per andare con qualunque girl gli capiti a tiro. L’attore che lo interpreta Nicholas Hoult non è il tipico bellone, ma possiede un fascino magnetico che nella vita privata gli farà conquistare anche una certa Jennifer Lawrence. Scus’ s’è poco.
Super-ficiale.

"Senza di me, questa classifica sarebbe da spararsi, ah ah ah!"

8. Barney Stinson – Neil Patrick Harris (How I Met Your Mother)
Barney Stinson è un po’ un Fonzie di nuova generazione. Più metrosexual, punta sull’eleganza nel vestire rigorosamente in completi anziché sul chiodo da rocker come il personaggio di Happy Days, ma i risultati in termini di successo con le donne sono simili, a testimoniarlo è anche il suo manuale di rimorchio. Scapolone impenitente, pure leggermente misogino, è allora quasi un Fonzie che si è trasferito a Wall Street ed è diventato uno yuppie. O come un Patrick Bateman senza tendenze omicide. Il suo posto in classifica se l’è inoltre guadagnato perché è uno di noi. Un playboy? No, un blogger.
Piacione.

"Un brindisi a questa classifica!"

7. Fonzie – Henry Winkler (Happy Days)
Il playboy per eccellenza. Quello che le castiga tutte. Quello che ad ogni episodio della serie si presenta con almeno 3 o 4 ragazze diverse a braccetto. Una figura mistica più ancora che mitica, leggendaria, fuori dal tempo e anche, se vogliamo, parecchio maschilista. Ormai passato di moda – andate a spiegarlo a Renzie! – ma comunque un simbolo della televisione de ‘na vorta. Altroché Richie Cunningham/Ron Howard, se c’è un motivo per seguire l’altrimenti poco eccezionale e troppo tradizionalista Happy Days è vedere cosa combina Fonzie.
Senza di lui godi solo a metà.

Uguali identici...

6. James “Sawyer” Ford – Josh Holloway (Lost)
Nessun riferimento al mio blogger rivale che gli ha selvaggiamente scopiazzato il nome, già di suo copiato all’uomo che aveva truffato sua madre. James Ford, per gli amici (quali amici?) Sawyer, è stato forse il personaggio più figo di una serie che ci ha regalato un sacco di personaggi fighi, ovvero Lost. Ne avete già sentito parlare? Ha avuto un discreto successo, qualche annetto fa…
Diviso tra una cotta per il fascino criminale di Kate e l’amore per la più rassicurante Juliet, Sawyer è uno stronzo, uno di quelli con una battuta perfida sempre pronta contro chiunque, ma anche lui, sotto sotto, come un po’ tutti i villain, alla fine nasconde un cuore tenero.
Cucciolone, ma con ironia.

"Mi hai messo in classifica di tua spontanea volontà, vero Cannibal?"

5. Hank Moody – David Duchovny (Californication)
Il fascino dello scrittore dallo stile di vita bohèmienne e rock’n’roll. Il fascino dello scapolo impenitente che non vuole mettere la testa a posto. Il fascino dell’uomo che non vuole concedersi a una donna sola.
Sto parlando di Fabio Volo?
Certo che no, anche perché, ma Fabio Volo è davvero uno scrittore?
Sto parlando di Hank Moody, il protagonista di Californication che, in attesa di dare un seguito al suo primo best seller, passa da un letto all’altro. Anche se il suo cuore, cucciolone che non è altro pure lui, in realtà appartiene solo alla sua ex mogliettina.
Intellettual-playboy.

"Il mio libro ero indeciso se chiamarlo così
oppure Va' dove ti porta il culo..."

4. Damon Salvatore – Ian Somerhalder (The Vampire Diaries)
I vampiri tirano un casino fin dai tempi di Dracula, negli ultimi anni poi sono diventati più di moda della musica dubstep. I succhiasangue negli ultimi due decenni hanno spopolato non solo al cinema, ma anche nelle serie tv e io ne ho scelto solamente uno. Tra il bellone e impossibile Angel e il duro dal cuore tenero Spike di Buffy, tra il glaciale Eric Northman e l’insopportabile Bill Compton dell’ormai sempre più trash True Blood, io sono andato a pescare da The Vampire Diaries. Non il troppo molliccio Stefan, né il troppo maligno Klaus, bensì Damon. Un villain con i fiocchi nelle prime stagioni che poi si addolcisce sempre più per amore di Eleeeina, la donna di suo fratello, che lo trasforma da seduttore senza scrupoli ad agnellino. In attesa che torni a tirare fuori di più i canini, si becca una comunque più che rispettabile quarta posizione. Alla faccia di tutti gli altri vampirelli. E pure di un sacco di umani e licantropi vari.
Salvato, più che Salvatore.

"In realtà non sono poi così figo, ho solo una buona truccatrice..."

3. Don Draper – Jon Hamm (Mad Men)
Don è una vera macchina da guerra. Non importa che sia sposato con Betty o con Megan. Per lui vale il motto: ogni lasciata è persa, e così se le tromba tutte.
Tormentato da un passato oscuro, pubblicitario geniale e di successo, Don Draper rappresenta l’intramontabile stile old fashioned per eccellenza. Un uomo vecchio stampo, dai valori tipicamente anni ’50, che si ritrova catapultato suo malgrado nel fermento dei favolosi 60s. Come reazione al periodo storico in cui si ritrova, lui dà il via alla sua personale rivoluzione sessuale, scopando a più non posso.
Trombatore, ma di classe.

"Ma cosa diavolo sono i blog? Io sto ancora facendo fatica ad accettare l'arrivo dei Beatles..."

2. Dr. Christian Troy – Julian McMahon (Nip/Tuck)
Come Don Draper, anche Christian Troy ha un passato oscuro che lo ossessiona. Come Don Draper è un uomo affascinante, sempre impeccabile nella scelta d’abiti (sebbene lui preferisca uno stile più 80s kitsch rispetto all’eleganza classica del mad man) e di successo nel lavoro. Troy non fa però il pubblicitario a New York, bensì il chirurgo plastico nella plasticosa Miami prima, e poi nell’ancora più plasticosa L.A. nelle ultime stagioni della serie dopo. Rispetto a Don Draper che tromba il più possibile, ma tratta sempre le donne con grande rispetto, lui è un figlio di buona donna traditore e zingaro e non lo nasconde, (mal)trattandole tutte come… avete capito come.
Bastardo randagio, ma di classe.

"Solo secondo? Ma m'hai visto, Cannibal?"

1. Dylan McKay – Luke Perry (Beverly Hills, 90210)
Il James Dean della mia generazione, e pure di quella prima di me. Non importa che Luke Perry all’infuori di Beverly Hills, 90210 non si sia praticamente più visto. Semmai, è una dimostrazione di come la sua parte fosse così iconica da non essere riuscito a staccarsene. Mai.
Con quel suo ciuffo ribelle, con quel suo fascino da bello & dannato, con quel suo onnipresente male di vivere che faceva molto grunge, Dylan McKay è stato uno dei simboli più efficaci degli anni ’90. Inoltre, ha il merito (o demerito?) di aver dato il via insieme a Brenda e Kelly alla moda dei triangoli amorosi che poi sarebbero stati immancabili in ogni telefilm o saga teen (e non solo teen) venuta in seguito.
Troooppo figo.

"Sono felice per il primo posto, ma soprattutto
perché Renzi non s'è messo in testa di imitare anche me!"


lunedì 25 giugno 2012

Mad Men, pazzi gli uomini (e le donne) che non lo guardano

Mad Men
(serie tv, stagione 5)
Rete americana: AMC
Reti italiane: Rai 4, Fox, FX, Cult
Creato da: Matthew Weiner
Cast: Jon Hamm, Jessica Paré, John Slattery, Vincent Kartheiser, Christina Hendricks, Elisabeth Moss, January Jones, Kiernan Shipka, Jared Harris, Rich Sommer, Aaron Staton, Robert Morse, Ben Feldman, Jay R. Ferguson, Alexis Bledel, Alison Brie, Christine Estabrook, Julia Ormond, Christopher Stanley, Peyton List, Michael Gladis, Joel Murray, Marten Holden Weiner
Genere: retrò
Se ti piace guarda anche: The Hour, Mildred Pierce, Revolutionary Road

“Come disse una volta una persona saggia: l’unica cosa peggiore di non ottenere ciò che desideri, è vedere qualcun altro che la ottiene.”
Roger Sterling (John Slattery)

Spiegare la grandezza di Mad Men a un profano, a chi magari ne ha visto giusto mezzo episodio o appena qualche minuto, è come spiegare l’esistenza di Dio a un ateo.
Tanto per continuare nella non richiesta metafora religiosa, Dio è nei dettagli, così come il diavolo. Lo stesso discorso vale anche per Mad Men. Sono i dettagli di classe, sono i lampi improvvisi di genio, sono gli scarti dalla norma del tutto inattesi a rendere la serie qualcosa all’infuori e all’insopra del resto del panorama. Televisivo quanto cinematografico.

La maggior parte delle serie tv raggiunge il suo picco nel corso delle prime stagioni, poi quasi inevitabilmente va incontro a un declino, più o meno rapido. Ci sono anche alcuni telefilm che il meglio l’hanno dato in là con gli anni: Buffy, ad esempio, ha raggiunto il suo picco di creatività, ironia e genialità solo nel corso della season 6. Ma Mad Men resta un caso a parte. La qualità si è mantenuta paurosamente alta. Sempre. Come mai mi era capitato di vedere in alcuna altra serie. A una prima stagione folgorante, piovuta dal cielo come un meteorite destinato a polverizzare ogni altra cosa fosse in onda in quel momento in tv, sono seguite due stagioni con qualche lievissimo calo fisiologico, ma limitato giusto a una manciata di episodi. La quarta stagione aveva quindi rappresentato una ventata di aria fresca per la serie, una rimescolata a uno show che sembrava vivere di vita nuova. Poteva bastare così? No, perché la quinta stagione si è spinta ulteriormente oltre.

"Oddio, ma come ti sei vestito?"
"Perché tu, invece?"
13 episodi fenomenali, uno più bello dell’altro, in grado di costruire un corpus unico e allo stesso tempo di regalare a ognuno (o quasi) dei personaggi principali il suo momento personale di epifania joyciana. Senza dubbio alcuno, una delle stagioni migliori mai viste di una qualsiasi serie tv e probabilmente la migliore in assoluto per lo stesso Mad Men. Nel complesso persino meglio di quel miracolo di stagione 1. Non pensavo sarebbe potuto succedere e a questo punto mi aspetto una season 6 ancora più incredibile. Perché la sesta sarà anche l’ultima. Scriverà la parola fine a una delle più belle narrazioni di sempre, non solo in campo televisivo ma prendendo in considerazione anche letteratura e cinema e qualunque altra cosa.
Mad Men con la scusa di parlare di un gruppo di pubblicitari ha ridisegnato un decennio, levando via un sacco di stereotipi e di miti sui favolosi anni Sessanta e ha ridisegnato il significato stesso della parola “stile”. In più, ci ha regalato una serie di personaggi meravigliosi, complessi, mutevoli, indecifrabili e proprio per questo umani come raramente è capitato di vedere. Mad Men è come il tonno. Insuperabile.

Per una riflessione più ampia sull’importanza storica avuta da Mad Men nel rivedere oggi il passato (si veda in proposito l’influenza non solo estetica su produzioni come The Help o Mildred Pierce) ci sarà tempo con la stagione finale, per il momento concentriamoci sulla season 5. Una mad season che ha tenuto fede al titolo della serie.

"I dilemmi della vita: sono più gnocca o più brava a recitare o a cantare?"
ATTENZIONE SPOILER
La partenza è stata grandiosa. La doppia prima puntata, season chicken premiere double burger, è stata una lezione autentica di scrittura televisiva. A un occhio mad-men-ateo, sarà potuto sembrare un episodio in cui nulla succede. A me è sembrato un episodio dalla struttura quasi da thriller. L’attesa di un qualcosa che sta per succedere. Tutta la puntata è incentrata su una festa, a casa di Don Draper. Tutta la festa e le discussioni post-festa sono incentrate su un singolo momento, la performance sorprendente e incredibile della neo signora Draper, la francesina Megan, interpretata da una Jessica Paré bomba sexy a livello fisico e da Emmy immediato a livello recitativo. Zou Bisou Bisou, canta Megan/Jessica riecheggiando Gillian Hills e la nostra Sophia Loren, e tutto il resto del mondo scompare. Un momento musicale che da solo vale 3 intere stagioni di Glee.


Il bello di Mad Men è anche quello di saper affrontare tematiche tipiche degli anni ’60, senza per forza voler sviscerare tutto l’argomento con triti e ritriti sermoni. Mad Men preferisce suggerire, offrire spunti. In questa stagione 5 è stata quindi introdotta la tematica dell’integrazione razziale, con le prime segretarie di colore assunte da Draper e soci, si è intravista la fascinazione per le religioni orientali, con il ritorno da guest-star di Paul Kinsey (Michael Gladis) in versione santone, e poi c’è stato il rock’n’roll, con un episodio in cui Don e Harry (Rich Sommer) vanno dietro le quinte di un concerto dei Rolling Stones.
Al proposito, è fondamentale l’uso delle musiche in Mad Men. Le canzoni sono usate con grande parsimonia, in genere una ad episodio, non di più, ma sempre in maniera ma-gi-stra-le. La scena in cui Don Draper ascolta “Tomorrow Never Knows”, probabilmente il pezzo più avanti dell’intera discografia dei Beatles, e poi la toglie dal giradischi prima che finisca la dice lunga, dice tutto, su un uomo d’altri tempi che non riesce ad adattarsi alla modernità e non riesce a cambiare. Il dilemma fondamentale intorno a cui ruota la serie intera è proprio questo: riuscirà mai a cambiare, Don Draper? L’ultimissima inquadratura del season finale ci suggerisce che probabilmente la risposta è un no. Ma staremo a vedere…

"Cosa essere questo?"
Tornando in campo musicale, un altro esempio di quanto bastino poche note per cambiare tutto ce l’ha dato l’episodio in cui Peggy (Elisabeth Moss) abbandona definitivamente la società e si appresta a prendere l’ascensore. È triste perché si lascia alle spalle un pezzo importante della sua vita. Poi partono le note di “You Really Got Me” dei Kinks e la sua espressione cambia improvvisamente, come se davanti a sé vedesse un futuro nuovo ed eccitante, indipendente e molto rock’n’roll.

Che dire poi dell’esaltante stagione vissuta da Roger Sterling (John Slattery)? Scatenato, dirompente, ironico ancor più che in passato, annoiato dalla sua vecchia vita e pronto a lasciarsi l’amarezza del passato alle spalle grazie a una passione tutta nuova: l’LSD. E così Mad Men per un episodio è diventato più visionario del solito, quasi un Twin Peaks Sixties. Una scena grandiosa, quella di Roger sotto LSD, che fa il paio con un momento onirico e thriller con protagonista un Don Draper in versione American Psycho ante litteram.

"Perché ce so' stata poco in 'sta stagione? Ero troppo impegnata a magnà!"
Un po’ sacrificato in questa stagione invece il personaggio di Betty, l’ex signora Draper ora (in)felicemente sposata con un altro uomo e alle prese con dei per lei inediti problemi di peso e di insicurezza fisica. Per la Grace Kelly dei nostri giorni un cambiamento di look radicale, quasi un I Used To Be Fat di Mtv al contrario, coinciso tra l’altro con la gravidanza dell’attrice January Jones.
Betty si è comunque ritagliata un episodio da protagonista ma per il resto, per quanto lo dica con un velo di tristezza, la sua assenza non si è fatta certo sentire più di tanto. Troppo dirompente la nuova Megan per far sentire la mancanza di qualcun altro.
Oltre al numero musicale di cui abbiamo parlato sopra, è stata lei il personaggio in più, la quinta marcia inserita nella Jaguar guidata questa stagione dal creatore Matthew Weiner e dal suo formidabile team di sceneggiatori.
La vitalità  di Megan, la sua gioventù, anche le sue idee a livello creativo, hanno in qualche modo provato a dare una scossa a quel gran musone di Don. Riuscendoci anche, sebbene solo in parte. Rappresentando il nuovo che avanza e che Don fa così tanto fatica ad accettare ma con lei al suo fianco sembra almeno sforzarsi di fare un tentativo.

Il nuovo è rappresentato anche dal novello creativo assunto da Peggy: si tratta di Michael Ginsberg (Ben Feldman), un personaggio di quelli che per ora rimangono tra le belle speranze non ancora pienamente espresse e che magari troveranno un maggiore spazio nella stagione finale.
Chi ha avuto un maggiore risalto, suo malgrado, è stato Lane Pryce (Jared Harris), l’economista, il Tremonti dello studio pubblicitario, protagonista della svolta più drammatica e traumatica dell’intera storia della serie.

Tra i personaggi femminili più spazio anche per la prosperosa rossa Joan (Christina Hendricks), ora nelle vesti di nuova socia della compagnia e pure di madre single. E ricordo che siamo sempre negli anni ’60 e non è che allora fosse una cosa così comune e socialmente accettata. Forse nemmeno oggi lo è ancora.

L’altro grande personaggio femminile venuto fuori sempre più in questa stagione è Sally Draper, la figlioletta di Don ormai diventata una piccola donna che sta cominciando ad accettare il divorzio dei genitori. A interpretarla troviamo una Kiernan Shipka giovanissima fenomena che se continua così si candida al titolo di prossima Kirsten Dunst, piccola star ai tempi di Intervista col vampiro e Jumanji poi maturata alla grande come vergine suicida, o di nuova Natalie Portman, bimba prodigio all’epoca di Leon e poi trasformatasi in un cigno (nero). Sperando invece che non faccia la fine tossica di Lindsay Lohan o di Macaulay Culkin o caschi nel dimenticatoio come Haley Joel Osment.
Haley Joel chiii?
Piccolo spazio curiosità: l’altro figlio di Don, Bobby, è stato interpretato nelle precedenti stagioni da Jared Gilmore, che adesso è diventato l’(insopportabile) Henry di Once Upon a Time. Fine piccolo spazio curiosità. L’ho detto che era piccolo.

"No, non la voglio conoscere tua mamma Lorelai. Quella non tace un secondo!"
E chiudiamo questa lunga quanto meritata disamina dell’universo Mad Men con il mio personaggio preferito, enorme Don Draper escluso: Pete Campbell (Vincent Kartheiser). Opportunista, insensibile, spesso bastardo in passato, nei nuovi episodi ha trovato una nuova e inedita dimensione umana, grazie all’amore. Per quanto si tratti di amore adultero, altrimenti non sarebbe il vero Pete Campbell. Molto bella e tragica la relazione con Alexis Bledel, figlia per amica di Una mamma per amica, qui nelle vesti di tentatrice e Mad Woman nel senso letterale del termine, visto il suo ricovero in manicomio. Le fanno pure l’elettroshock. Anche qui, la serie ci ricorda che siamo negli anni ’60 e queste cose allora le facevano. Che le facciano pure oggi?
Nemmeno un trattamento con elettroshock può farci comunque guarire da una passione folle. Quella per Mad Men. Già in passato serie fenomenale, adesso diventata una serie mastodontica.
E infine, tanto per chiudere con una citazione pubblicitaria di quelle che avrebbe potuto tirare fuori un Don Draper: che mondo sarebbe, senza Mad Men?
(voto alla stagione: 9,5/10)


domenica 25 marzo 2012

Wait men


Don is back.
Betty is back.
Joan is back.
Roger is back.
Peggy is back.
Pete is back.
Mad Men (and Mad Women) are back!

Stasera ricomincia Mad Men, stagione 5. Sulla tv americana, almeno. Cosa che significa che domani apparirà per magia anche su internette.
In attesa che questa spasmodica attesa, durata ben 17 mesi, finisca, potete partecipare al simpatico test sul sito del network AMC: scopri che personaggio di Mad Men sei…
Il mio risultato? Quello che mi aspettavo: Pete Campbell.
Ma adesso basta con test telematici, Internet e mondo moderno.
Tutti indietro negli anni Sessanta.
Sugli schermi dei nostri PC, tablet, iPad, laptop, notebook eccetera, naturalmente.

lunedì 26 settembre 2011

Damigelle porcelle

Le amiche della sposa
(USA 2011)
Titolo originale: Bridesmaids
Regia: Paul Feig
Cast: Kristen Wiig, Maya Rudolph, Rose Byrne, Melissa McCarthy, Wendi McLendon-Covey, Ellie Kemper, Chris O’Dowd, Jon Hamm, Jill Clayburgh, Matt Lucas, Dianne Wiest, Terry Crews
Genere: spassoso
Se ti piace guarda anche: Una notte da leoni, Magnolia, Molto incinta

L’avevano definito Una notte da leoni al femminile, l’avevano, ma qui più che a una sola notte di troviamo di fronte a un mese da leonesse, o giù di lì, quello che ci vuole per organizzare un matrimonio.
Eh Giacomino si sposa, eh Giacomino si sposa. No, qui a sposarsi è Maya Rudolph, comica del Saturday Night Live attualmente impegnata nella nuova sitcom Up all night in cui è lei a illuminare la scena. Ma in questo film non è lei a brillare di più, nonostante ci regali una scena mica da poco in cui caga in mezzo alla strada vestita da sposa!
Oh yes.
Il “fattaccio” avviene nella scena apocalittica del post-avvelenamento da cibo brasiliano. Immagino che dopo l’uscita di questo film i ristoranti brasiliani abbiano avuto un tracollo, soprattutto negli Stati Uniti, dove la pellicola giustamente è stato il mega successo a sorpresa dell’estate.

Se Maya Rudolph ci regale questo momento magico, le fenomene vere del film sono però le altre due, le damigelle d’onore anzi del disonore, che si contendono il ruolo di BFF (Best Friends Forever) della promessa sposa, a partire dalla prima (di una lunga serie) di scene cult proposte dal film: la sfida nei discorsi commoventi in onore dell’amica. Una vera gara di talento comico da parte di Kristen Wiig (che co-firma anche la sceneggiatura), l’incasinatissima vera protagonista del film, e Rose Byrne (come al solito più che strepitosa!), tutta organizzatissima e perfettina. Tra loro due si scatena una battaglia degna delle migliori (o peggiori) Blog Wars tra Mr. James Ford e me, dove in questo caso io sarei la Rose Byrne di turno. Ok, quest’ultima uscita era un po’ gay, quindi specifico che io sarei la versione maschile di Rose Byrne. Suona ancora gay?
Fanculo!

Spassosissimi anche i ruoli minori, come i figliastri di Rose Byrne (che commentando la partita di tennis della matrigna la sfottono: “Giocano meglio persino nella pubblicità degli assorbenti interni”), o la coinquilina di Kristen Wiig che si rovescia addosso dei piselli per alleviare i dolori causati da un tatuaggio. Mentre l’altro coinquilino è interpretato da Matt Lucas, ovvero il tizio di yeahbutno butyeahbut no della mitica serie Little Britain.
Persino una che ha un ruolo minuscolo, la tizia seduta vicino a Kristen Wiig sull’aereo che le confessa di aver fatto un sogno molto Final Destination la sera prima in cui l’aereo si schiantava, fa morir dal ridere. Sono questi piccoli dettagli che rendono grande una commedia.
Per fortuna l’unica cosa che si schianta non è l’aereo, bensì io, dalla risate.
Il viaggio aereo ne Le amiche della sposa è infatti il viaggio aereo più divertente di sempre. Sì, anche più dell’aereo più pazzo del mondo!

Ma ci sono anche altri piccoli dettagli geniali a impreziosire il tutto: ad esempio Kristen Wiig in casa ha dei ritratti di varie icone della musica country, tra cui Taylor Swift!
Piccolo ruolo, lontano anni luce da Mad Men, per Jon Hamm, che comunque riesce a ritagliarsi una memorabile scena in cui tenta di farsi fare un pompino in auto.
Esilarante poi l’amica cicciottella, interpretata da Melissa McCarthy, ex Sookie di Una mamma per amica e fresca vincitrice dell’Emmy per la sua nuova sitcom Mike & Molly, che qui veste i panni di una tipa rozza come un orangotango giapponese. Dite che non esistono oranghitanghi giapponesi? E che ne sapete, avete visitato voi tutto il Giappone? No? E allora non escludete le cose così a priori per sentito dire. Che poi a dirla tutta, non sono nemmeno così rozzi, gli oranghitanghi giapponesi. Ne ho conosciuto uno, una volta, ed era un perfetto gentleman, o meglio gentlemonkey, quindi ho sbagliato paragone. Diciamo allora che questa tipa è rozza come uno scaricatore di porto, tanto per andare sullo stereotipo più abusato. Ma voi l’avete mai conosciuto uno scaricatore di porto? Io sì, sempre in quel viaggio dopo ho incontrato anche l’orangotango gentlemonkey giapponese, ed era una persona squisita, con cui ho disquisito per ore e ore sul bon ton a tavola: lui sosteneva che il cucchiaino da dessert va tenuto sopra la forchetta con il manico rivolto a sinistra, io a destra. È stato uno dei dibattiti più accesi cui abbia mai partecipato. Alla fine lui ha dovuto cedere, d’altra parte è pur sempre uno scaricatore di porto e non è che possa avere la meglio in un dibattito sul galateo.
Di cosa stavo parlando. Pardon, sono stato maleducato e sono andato fuori argomento. Forse dovrei ripassarmi anch’io il galateo.

E allora torniamo su Le amiche della sposa. Un film con le musiche firmate Michael Andrews, l’autore della soundtrack di Donnie Darko, per me ha già vinto in partenza. E un film con per di più una canzone (Paper Bag per la precisione) di Fiona Apple per me ha già stravinto e di brutto. E al proposito aggiungo una nota curiosa (oddio, magari non per tutti) di gossip: Fiona Apple ha avuto una lunga relazione con il regista Paul Thomas Anderson, quello di Magnolia, mentre adesso lui sta con Maya Rudolph, la sposa del film, da cui ha anche avuto due bambini. Che abbiano deciso di inserire un pezzo di Fiona Apple come premio di consolazione o per fare la bastardata di ricordarle che alla fine è riuscito ad accalappiarlo lei?
Va bene, la smetto qui con ‘sto cazzo di gossip, contenti?


E a proposito di Magnolia… Aperta seconda parentesi, la storia tra la protagonista è il poliziotto mi ha ricordato parecchio quella tenerissima e sofferta tra Melora Walters e John C. Reilly in quel film, piuttosto che qualche solita insipida storiella presente in molte altre commedie sentimentali in circolazione.

E ora vi sparo un’altra piccola curiosità che non interesserà probabilmente a nessuno: il nome della personaggio della protagonista Kristen Wiig nel film è Annie Walker, lo stesso dell’agente della CIA interpretato da Piper Perabo nella serie tv Covert Affairs. Una perla di conoscenza da sfoggiare in tutte le occasioni, non credete? No? Magari in una domanda del Trivial Pursuit vi esce e voi risponderete giusto grazie a me. Ma poi esiste ancora il Trivial Pursuit e, se sì, esistono ancora persone che vi giocano?
La smetto con queste inutili digressioni?
La smetto.

Se nel mio delirio non si era capito, le amiche della sposa è quindi il mio candidato numero 1 come commedia più divertente dell’anno (Breaking Dawn permettendo), mentre questo post è il candidato numero 1 per la maggior media di stronzate sparate per cm quadrato di monitor del PC.
Ma, soprattutto, Kristen Wiig che sull’ala dell’aereo vede una donna del ‘700 con un vestito in stile coloniale, viene arrestata, viene licenziata perché dà della troietta a una cliente ragazzina, si alza prima dal letto per truccarsi e apparire figa la mattina a fianco di Jon Hamm, passa in auto davanti a uno sbirro che si è scopata bevendo prima una bottiglia di birra, poi atteggiandosi da gangsta-rapper e quindi in topless, è la candidata numero 1 a mia eroina personale dell’anno.
Vorrei essere una donna per sposarmi e avere una damigella d’onore come lei. Anche questa frase suonava gay?
Fanculo!
(voto 8/10)

venerdì 1 luglio 2011

Un film così triste che non riesco a trovare un titolo divertente porcaccialamiseria

Jon Hamm: direi che è molto più stiloso con il look 60s di Mad Men...
Stolen lives
(USA 2009)
Titolo originale: Stolen
Regia: Anders Anderson
Cast: Jon Hamm, Josh Lucas, Rhona Mitra, James Van Der Beek, Jessica Chastain, Morena Baccarin, Jimmy Bennett
Genere: drammone
Se ti piace guarda anche: Cold Case, Il segreto dei suoi occhi, Amabili resti, Mystic River

Ci sono dei film che sono così tristi dal primo all’ultimo minuto che è davvero difficile riuscire a scherzarci su. Questo Stolen Lives in particolare inizia subito con il piede pigiato pesante sul pedale del drama. Il protagonista Jon Hamm è un detective cui il figlio è scomparso da sotto il naso e la cosa detta così sembrerebbe possedere un che di ironico ma in realtà la faccenda è dannatamente triste: a 8 anni dalla misteriosa sparizione, il caso rimane infatti senza soluzione. A questo punto salta però fuori un altro caso dal passato, lo scheletro di un ragazzino ritrovato in una cassa e deceduto nel 1958. Questo “cold case” è in qualche modo collegato a quello del figlio del protagonista e il film ci racconta entrambe le vicende in parallelo, tra presente e passato.
Un altro elemento che sarebbe ironico, ma che la pellicola con la sua scura serietà ci fa ben presto dimenticare, è come Jon Hamm, universalmente noto per il ruolo del solo unico e inimitabile Don Draper della grandiosa serie tv Mad Men, sia impiegato nella parte del presente e non a cavallo tra i 50s e i 60s come sarebbe lecito aspettarsi. Nella parte ambientata indietro nel tempo il protagonista è invece Josh Lucas, ottimo attore visto in diversi film come Hulk, Il mistero dell'acqua e Tre all’improvviso non ancora esploso nella serie A hollywoodiana, ma dall’ottimo potenziale.
Pure la sua storia è parecchio sfigata e fin da subito: sua moglie si suicida e lui resta solo con tre figli, di cui uno con un ritardo mentale (definirlo “ritardato” suona troppo politically scorrect persino per me). Le sfighe però non finiscono qui, visto che come vi ho detto questo è un film davvero triste. Non deprimente, però triste.

Il problema principale è proprio questo: il sublime per me viene raggiunto dalla giusta combinazione tra risate e lacrime. Perché quando si racconta una storia che a tratti sa far ridere, poi è più facile riuscire anche a commuovere. Chaplin e Benigni, per dirne due, su questa cosa ci hanno mica a caso costruito sopra una carriera. Il limite di questa pellicola è proprio quello di giocare sull’unico registro del drammone, non consentendo mai allo spettatore di tirare il fiato e allegerirsi con una sana risata. O almeno un sorriso ce lo potevano far fare, dai cazzo.
Altro elemento che non convince è il regista, che oltre ad avere il ridicolo nome di Anders Anderson (cosa avevano nella mente i genitori quando han deciso di chiamarlo così? le scimmie?) si limita a svolgere il compitino senza dare un tocco d’autore alla visione.

Ai dont uonna ueeeeit...
L’elemento positivo è invece il comparto attoriale, che poi è anche il motivo per cui mi sono approcciato al film: di Jon Hamm non credo che potrei mai parlare male e anche se ogni volta che lo vedo sullo schermo almeno all’inizio non riesco a non pensare a Don Draper, qui presto riesce a diventare un tutt’uno con il suo (triste) nuovo personaggio. Molto bene anche il sottovalutato James Van Der Beek, uno che per il grande pubblico sarà sempre e soltanto Dawson Leery, ma che in realtà da Le regole dell’attrazione in poi ha dimostrato di possedere ben altri e sorprendenti volti. E oltre al già citato Josh Lucas, in ruoli minori troviamo quindi la Morena Baccarin dei nuovi Visitors di V (qui in versione capello lungo) e soprattutto la roux Jessica Chastain, rivelazione poi grazie a Terrence Malick e al suo The Tree of Life.

Vi posso consigliare la visione di un film tanto triste? Massì, in fondo è un thriller stile Cold Case ben recitato e che si fa seguire dall’inizio alla fine. Però non aspettatevi di ridere.
Qui c’è solo
DRAMA DRAMA DRAMA
(votov 6,5)

martedì 21 giugno 2011

Le protagoniste magari lo s**kiano, ma S**ker Punch doesn’t s**k!


Sucker Punch
(USA, Canada 2011)
Regia: Zack Snyder
Cast: Emily Browning, Abbie Cornish, Jena Malone, Vanessa Hudgens, Jamie Chung, Oscar Isaac, Jon Hamm, Carla Gugino, Scott Glenn
Genere: fighette in azione
Se ti piace guarda anche: Gamer, Scott Pilgrim Vs. the World, Kill Bill

Sucker Punch è il mio nuovo film preferito!
Scherzo, però non è niente male. Certo, se il vostro ideale di pellicola action è una serie di tipi muscolosi che menano le mani allora state pure alla larga, ma se invece preferite adocchiare delle graziose fanciulle apparentemente innocue ma che in realtà danno del filo da torcere alle piccole e scatenate Hit Girl di Kick-Ass e Hanna di, ehm… Hanna, allora questo sì che può essere il film d’azione che fa giusto giusto per voi.

Scena iniziale: una clip dark molto ah yeah Mtv style sulle note di “Sweet Dreams” ci introduce nel mondo della protagonista (ma sarà davvero lei la vera protagonista?), una Emily Browning uscita fuori da Lemony Snicket e ormai inarrestabile nella sua ascesa verso la grandezza. La bambolina, che non a caso si chiama Baby Doll, ha fatto fuori involontariamente la sorellina (cose che capitano), mancando clamorosamente il patrigno malefico che voleva stuprarla, e così viene rinchiusa in un manicomio barra bordello che assomiglia per concentrazione di figa + follia a The Ward - Il reparto.
Oltre che una fantasia erotica, il regista Zack Snyder mette in scena una combinazione personale di tutto il suo immaginario, che poi non è molto lontano dal mio. Molto azzeccata innanzitutto l’idea della colonna sonora, con brani vari di Bjork, Pixies, Smiths ed Eurythmics rielaborati e riadattati come se fossero delle melodie eterne che vivono da sempre all’interno della nostra memoria e che escono fuori sputate in una nuova veste. Esattamente come le immagini della pellicola, un rimescolamento da altri film, fumetti, videoclip e videogame vari però non effettuato in maniera passiva, con i materiali di partenza che vengono rielaborati e remixati dalla visione di Snyder e donati ai nostri occhi sotto una diversa forma.

La parte migliore viene comunque con il casting femminile, un casting che immagino Snyder e i suoi collaboratori si siano divertiti parecchio a scegliere. Oltre alla splendida Browning (la cui beauty presto rivedremo anche in Sleeping Beauty passato all’ultimo Cannes), c’è la sempre eccellente Abbie Cornish: avere lei in pratica è come avere una Nicole Kidman di nuovo ai massimi livelli, però pagandola con un cachet presumibilmente molto più basso.
A Vanessa Hudgens per la prima volta nella sua vita non è stata data la parte della brava ragazza che le sta stretta e nelle vesti da zoccola rivela finalmente quel potenziale che io ho sempre sostenuto avesse da qualche parte come qualità nascosta. E se le riesce particolarmente bene la parte della zoccola, un motivo ci sarà, no? Quindi sfila anche Jamie Chung, la più bella fighetta asiatica in circolazione, mentre Carla Gugino non convince nei panni di una un po’ troppo stereotipata perfida megera alla Crudelia De Mon.
La migliore è comunque Jena Malone, una che quando c’è lei, so già che il film mi piace: fin dagli esordi da bambinetta in Contact e Nemiche amiche, passando per la fase teenager con Donnie Darko, L’ultimo sogno, The dangerous lives of altar boys, Saved! e Orgoglio e pregiudizio e poi in età da (giovane) adulta in Into the wild, Rovine e Oltre le regole - The Messenger. Una che insomma potrei dire quasi che è la mia attrice preferita, non fosse che a sentirmi la Dea Natalie dall’alto potrebbe fulminarmi. Comunque vedere la Jena in azione è sempre un bello spettacolo.
Non sfruttata a dovere la parte maschile del cast, con un Oscar Isaac promettente ma forse ancora acerbo per la parte del cattivone, mentre il grande grandissimo grandissimissimo Jon Hamm (il Don Draper di Mad Men) è sacrificato in un ruolo troppo piccolo.

Sucker Punch è un film strepitoso a livello visivo e sonoro, ma se non ci troviamo a un nuovo cult assoluto moderno è perché i contenuti sono leggerini, seppur non inesistenti come si nota da un finale (quasi) toccante. La trama gioca su più piani della realtà/fantasia, cosa che una quindicina d’anni fa ci avrebbe regalato un risultato ai limiti del comprensibile, ma nell’era post-Matrix in cui (quasi) tutti siamo abituati ad aprire e chiudere decine di finestrelle contemporaneamente, è ormai un modello consolidato della narrazione odierna e quindi piuttosto facile da seguire. Forse in maniera persino troppo lineare, io avrei voluto un film ancora più incasinato!
Se la sceneggiatura poteva quindi essere rifinita (e complicata) con maggiore attenzione, il divertimento comunque non manca: i combattimenti sono di ispirazione videoludica più che cinematografica e forse proprio per questo riescono nel loro intento di essere altamente spettacolosi, anche se dopo il primo gli altri diventano via via piuttosto ripetitivi.
Potremmo definirlo un cinema videogame allora ma per una volta non in una accezione negativa, visto che Sucker picchia lontano dalle atmosfere di quel fracassone di un Michael Bay o anche dal Francis Lawrence di robacce come Io sono leggenda e Constantine, mentre invece picchia più vicino all’adrenalina pura dei Neveldine & Taylor di Crank e soprattutto Gamer, ma non distante neppure dallo stile narrativo che procede per il superamento di capitoli/livelli usato in Scott Pilgrim Vs. the World. Un film che prevedibilmente sarà quindi odiato da chi crede ancora in una concezione del cinema vecchio stampo, ma si farà apprezzare, almeno per le sue buone intenzioni (magari non riuscite al 100%), da chi è favorevole alle contaminazioni tra media differenti.

Zack Snyder dopo il buon esordio con L’alba dei morti viventi mi aveva progressivamente convinto sempre meno con 300 e Watchmen (il film sui gufi Il regno di Ga'Hoole - La leggenda dei guardiani me lo sono volutamente risparmiato) e ora è ritornato a salire nelle quotazioni dell’immaginario cannibale. Un regista dall’ottimo potenziale non ancora totalmente espresso ma che con la sceneggiatura giusta potrà volare davvero in alto. Per ora comunque Sucker Punch è un sogno scappato dai miei sogni.
(voto 7+)

lunedì 10 gennaio 2011

I miei film dell'anno 2010 - n. 8 The Town

The Town
(USA)
Regia: Ben Affleck
Cast: Ben Affleck, Rebecca Hall, Jeremy Renner, Jon Hamm, Blake Lively, Titus Welliver, Pete Postlethwaite, Slaine, Chris Cooper
Genere: rapina
Se ti piace guarda anche: Killing Zoe, Inside Man, Heist – Il colpo, Le iene


Trama semiseria
Ben Affleck si rende finalmente conto di non essere poi tutto questo grande attore e allora si dà alla regia e alle rapine. E, cazzo in questi campi se ha talento! In più si fa dare una mano da un cast di amici attori e delinquenti in stato di grazia (Jeremy Renner, il mad man Jon Hamm, la gossip girl Blake Lively, Rebecca Hall, il compianto Pete Postlethwaite), si maschera da suora inquietante, svaligia qualche banca e alla fine ottiene anche un risultato del tutto inatteso: la sua migliore performance recitativa finora.

Pregi: non solo un film sulle rapine, ma un film su una città, Boston, e sui conflittuali personaggi che ci vivono dentro. Davvero ispirati tutti gli attori che danno loro vita.
Difetti: quando stava con Jennifer Lopez ha fatto insieme a lei dei film orrendi e ce li poteva risparmiare, adesso che è sposato con Jennifer Garner perché Ben non l’ha chiamata nella sua pellicola? Ah già, perché ha creato per il suo personaggio un paio di scene di sesso con le attrici di The Town...

Personaggio cult: l’amico del protagonista interpretato da Jeremy Renner, il più bastardo ed estremo della gang di rapinatori
Scene cult: Ben con su la maschera da suora che incrocia lo sguardo di un bambino e gli adrenalinici inseguimenti in mezzo alle vie di Boston
Canzone cult:Whatcha Say” di Jason Derulo con l’entrata in scena di Blake Lively in stile gossip girl tossica

Leggi la mia RECENSIONE

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