Era da un po’ che non parlavo di un libro sul mio blog. Per varie ragioni:
1) Leggo abbastanza, però meno di quanto guardo film e serie tv. Al ché qualcuno dirà: “Male!”. E avrà anche ragione, però fino a un certo punto, visto che ad esempio una stagione di Mad Men vale tutta la letteratura di intere nazioni. Esagero? Naaah.
2) Ero troppo impegnato a pubblicizzare il mio libro L'ultima estate di Joan e altri racconti per farlo anche con i libri altrui.
3) Trovo parecchio difficile e “scomodo” parlare di un romanzo. Se con i film o con i dischi il bello è trovare le parole giuste per cercare di trasportarli sulla carta virtuale del blog, non è semplice rendere con le parole una materia già fatta di parole. Sono stato spiegato? Tanto di cappello quindi a chi riesce a scrivere buone recensioni letterarie, senza limitarsi a citare pedissequamente questo o quel passaggio del romanzo. Quindi, alcuni libri che leggo non necessariamente finiscono sotto forma di recensione su questo blog: tra quelli letti di recente e ancora in attesa di un post, che a questo punto magari non arriverà mai, ci sono ad esempio Mattatoio n. 5 di Kurt Vonnegut, Franny e Zooey di J.D. Salinger e Cosmopolis di Don DeLillo.
4) Negli ultimi tempi sono rimasto invischiato nella lettura del Jonathan Franzen di cui vi parlo nel seguente post, con le difficoltà di scrivere una recensione letteraria del caso sopra spiegate. Siccome si tratta di un autore che non ha la concisione tra le sue caratteristiche distintive, si è trattata di una lettura lunga, giacché sono due tomi da oltre 600 pagine l’uno. E con questo non intendo siano letture noiose, altrimenti mi sarei fermato e non avrei proseguito non solo con un romanzo, ma subito dopo anche con il successivo. Però sono libri che vanno vissuti, fatti crescere con calma, negli occhi come nel cuore, capitolo dopo capitolo. E poi, umanamente e fisicamente, la lettura di 1200 e rotte pagine richiede a livello materiale un pochino di tempo.
Fatta tale (non troppo) doverosa premessa, che in fondo al Franzen le premesse e le lunghe introduzioni tanto piacciono, andiamo di recensione. Anzi, no: andiamo di doppia recensione.
Jonathan Franzen “Le correzioni”
(romanzo, 2002)
Titolo originale: The Corrections
Editore: Einaudi
Pagine: 599
Questa storia potrebbe iniziare da La ventisettesima città, il suo romanzo d’esordio del 1988. Oppure da Forte movimento, pubblicato nel 1992. Invece no. Non ho letto le sue due opere prime, uscite piuttosto in sordina, e sono partito con Le correzioni, il suo terzo romanzo arrivato dopo una decina d’anni di silenzio letterario.
Un po’ come molti personaggi del suo universo, Jonathan Franzen non ottiene un consenso immediato. Per lui la strada è più difficile. All’inizio deve soffrire. E poi dovrà ancora soffrire. Ma prima o poi ce la farà. Accomunato in tale destino ai protagonisti fittizi, eppure terribilmente realistici e “vivi”, delle sue opere, il Franzen è stato acclamato nel 2002 alla sua terza prova. Le correzioni vince premi su premi e viene consacrato da molte riviste come il libro dell’anno o come uno dei libri dell’anno e successivamente come uno dei libri fondamentali di inizio secolo o della storia e così via.
Cos’ha di così speciale, Le correzioni?
Provo a spiegarlo con quell’immediatezza che Jonathan Franzen non possiede: la sua penna ti avvolge e ti porta nel suo mondo poco a poco. Non subito. All’inizio non rimani arretito. Ti può sembrare un autore eccessivamente prolisso e pensi: “Sì, è bravo, bravissimo a scrivere. Però quando arriva al punto?”.
Franzen nelle sue storie parte sempre da lontano. A volte da molto, molto lontano. Per raccontarti un personaggio, è capace di raccontarti prima la vita del suo intero albero genealogico. Se però hai la pazienza di seguirlo, e lui con la sua scrittura sa come fartela avere, le soddisfazioni arrivano. E a un punto ci arriva, eccome.
Sì, va bene, ma di cosa parlano queste Correzioni tanto osannate?
Trattasi di un’epopea famigliare. C’è il patriarca Alfred, uomo preciso e meticoloso, vecchio stampo ma molto molto vecchio stampo, alle prese ormai con il Parkinson. C’è la moglie Enid, una desperate housewife fissata con le apparenze ma ancora bramosa di un ultimo spicchio di vita, quella che con il marito malato sembra ormai non potrà più avere. Ci sono i tre figli: Denise, Gary e Chip (niente Ciop). Chip è un disastro, uno scrittore pseudo prof. di letteratura che non vuole saperne di crescere e mettere la testa a posto e che si imbatterà in un intrigo internazionale anziché portare a termine la sceneggiatura di un thriller a sfondo erotico su cui sta lavorando. Denise è una cuoca di successo sessualmente confusa e tormentata. Gary è il fratello “regular” dei tre, quello preciso, quadrato, felicemente sposato e pieno di soldi. Fino a che non sarà catturato dalla depressione.
Tutti i personaggi hanno il tempo per evolversi e l’autore sa diabolicamente come farci entrare nelle loro vite. La capacità fenomenale di questo scrittore, la più fenomenale, è però quella temporale: Jonathan Franzen attraversa vari piani temporali, alterna passato e presente in maniera fluida e lineare. Passa tra i vari momenti nella vita dei personaggi con una facilità e naturalezza impressionanti. Non ci sono stacchi netti tra presente narrativo e flashback. Il tempo in Franzen semplicemente fluisce. Ieri, oggi e domani diventano la stessa cosa.
Discorso analogo anche per i personaggi. I padri diventano i figli che diventano i nipoti. C’è qualcosa al di là del DNA che si trasmette nelle generazioni ed è sui rapporti famigliari che lo scrittore incentra il suo romanzo, così come quello successivo. Un’altra capacità notevolissima del Franzen è allora quella di intrecciare non solo i livelli temporali, ma pure le vicende dei vari personaggi. Più che uno scrittore, è un ragno in grado di tessere trame molto articolate con una semplicità pazzesca. O, almeno, quella che è bravo a far apparire al lettore come una semplicità pazzesca.
Per via di questa complessità/semplicità, la scrittura di Franzen può essere vista come difficoltosa per una trasposizione cinematografica. E infatti Le correzioni doveva diventare non una pellicola ma una serie tv per la HBO. Troppo enorme un libro come Le correzioni per stare dentro un film solo e la via del telefilm sembrava la scelta più azzeccata per dare respiro a tutti i passaggi. C’erano già alcuni nomi del cast pronti, come Ewan McGregor, Maggie Gyllenhaal, Chris Cooper, Dianne Wiest, Greta Gerwig, Rhys Ifans, persino il cantante degli LCD Soundsystem James Murphy, che sarebbero stati spettacolari da vedere alle prese con i personaggi del libro. Solo che, proprio quando sembrava tutto pronto per l’avvio della produzione, la HBO ha dato lo stop. Almeno per il momento, quindi, non vedremo le vicende della famiglia Lambert su piccolo schermo. Pare che il pilot/mezzo-pilot girato da Noah Baumbach non sia piaciuto ai capoccia della rete e rimarrà quindi tra gli episodi zero cui mai assisteremo. Come quello con Mia Wallace in Pulp Fiction.
La capacità di farti vivere i suoi personaggi in Franzen è talmente intensa che a volte si sente il bisogno di staccarsi, di prendere fiato per non venirne del tutto risucchiati. Perché i suoi libri non sono un’esperienza leggera. Non intendo siano pesanti a livello di lettura. All’inizio ci si può mettere un pochino per essere conquistati dalla sua penna, però la sua non è una scrittura pesante come impegno letterario. È una scrittura pesante da un punto di vista emotivo, perché i suoi personaggi non ce li fa vedere da lontano. Ci porta a convivere insieme a loro e, inevitabilmente, porta a soffrire insieme a loro. Per questo mi sento di dire che la lettura de Le correzioni è pesante. È perché quando arrivi in fondo hai - forse - capito qualcosina in più sulla vita, su te stesso e sulla tua, di famiglia.
(voto 8+/10)
Jonathan Franzen “Libertà”
(romanzo, 2010)
Titolo originale: Freedom
Editore: Einaudi
Pagine: 622
A Libertà manca solo una cosa: l’effetto sorpresa. Quello era arrivato con Le correzioni, qui lo stile, lo “stile Franzen” è invece ormai noto. L’effetto sorpresa per me è spesso importante, fondamentale alle volte, però con questo autore mi sento di dire che non è un valore poi del tutto necessario. Per uno scrittore che parla di famiglia come lui, che male c’è infatti a suonare famigliare?
Per quanto narrato in una maniera non troppo dissimile dall’illustre predecessore e per quanto pure qui si affronti di nuovo la tematica della famiglia, Libertà non è comunque privo di sorprese. Se a un capolavoro di quel livello si pensava difficile poter dare alle stampe un seguito degno, Franzen per quanto mi riguarda è andato persino oltre. Come l’uccello raffigurato in copertina, è volato ancora più in alto. Il merito principale è di una maggiore leggerezza. Riguardo a Le correzioni dicevo che era “pesante” emotivamente, e questo certo non è da meno. Eppure qui c’è spazio anche per una maggiore ironia, comunque non assente del tutto nel precedente, e una maggiore varietà di situazioni e di personaggi.
Vediamoli rapidamente, questi personaggi: Walter Berglund è un ragazzo pacifico, un universitario impacciato e un po’ sfigato, soprattutto con le ragazze, ma crescendo diventerà un uomo che conta, a capo di un’associazione ambientalista che si prefissa lo scopo di preservare alcune specie di uccelli e che allo stesso tempo si batte contro la controversa questione della sovrappopolazione del pianeta. Il suo migliore amico è Richard Katz, tutto l’opposto di Walter: un rocker playboy scontroso, frustrato dal fatto di non avere successo con la sua punk band, i Traumatics. Quando, più in là con gli anni, riciclatosi cantautore alternative-country, avrà finalmente un buon successo, sarà frustrato dall’averlo. Isn’t it ironic?
In mezzo ai due amici, ebbene sì, c’è una lei: Patty, una ragazza fissata con il basket, di cui ai tempi del college è una campionessa. Walter si innamora perso per lei, solo che lei ha un’attrazione animalesca per Richard Katz e il suo irresistibile fascino da rocker misogino. Un triangolo sentimentale che scotterà in modi diversi tutti e tre. Il triangolo sì, c’è poco da fare, è un espediente narrativo che funziona sempre.
Poi ci sono i figli di Patty, avuti da chi: da Walter o da Richard?
Non ve lo dico, comunque sono due: Joey, un ragazzo molto precoce e sicuro di sé, che sperimenterà varie cose da troppo giovane e Jessica, una ragazza molto seria e responsabile, il personaggio più sacrificato e meno approfondito da Franzen a cui evidentemente non stava granché simpatica. In effetti non risulta simpatica nemmeno al lettore e, in un’eventuale trasposizione cinematografica del romanzo, è il primo personaggio che potrebbe essere sacrificato nei necessari tagli di sceneggiatura. Tutti gli altri sono invece personaggi fortissimi, pieni di sfaccettature, e ogni lettore può trovare in ognuno di loro una parte più o meno piccola, più o meno grande, di sé. Cosa fondamentale perché, come si dice in un passaggio del libro, “la gente, in fin dei conti, vuole leggere soltanto di se stessa.”
Come ne Le correzioni, anche qui seguiamo le vicende dei vari protagonisti di una famiglia più o meno allargata, con i riflettori principali puntati soprattutto sui tre protagonisti del triangolo sentimentale. E, come ne Le correzioni, l’epopea famigliare si apre a tematiche differenti, in grado di parlare del contesto socio-politico-economico dell’America contemporanea in maniera tanto sottile quanto incisiva. Sotto questo aspetto, Libertà è un romanzo molto più politico rispetto al precedente. Gli USA pre e post 11 settembre sono fotografati in maniera critica e graffiante. Ce n’è per i Repubblicani, ma ce n’è anche per i Democratici. Niente è bianco o nero e Franzen, anziché prendere una parte politica, preferisce mettere in discussione tutto. Toccando anche un argomento delicato e quasi mai affrontato, soprattutto in una narrazione di tipo “popolare”, quello della sovrappopolazione. Come accennato sopra, Walter si batte affinché la gente si riproduca… il meno possibile. Più siamo nel pianeta, e meno risorse ci sono per ognuno. Più siamo, e più rischiamo di rovinare definitivamente la Terra. Il tema è ovviamente molto controverso, ricco di contraddizioni cui lo stesso Walter va incontro, eppure costituisce uno spunto di riflessione e di dibattito mica da ridere. Questa comunque è soltanto una tra le molteplici tematiche affrontate da un romanzo di mostruosa capacità interpretativa nei confronti della società attuale. Ci sono le relazioni sentimentali, i difficili rapporti tra genitori e figli, gli alti e bassi della vità, ma ci sono anche questi politiche non da poco. Il tutto affrontato senza la noia o la pretenziosità solita delle tematiche politiche, ci tengo a sottolineare.
Vogliamo trovare qualche difetto allo stile di Franzen? È un Dio della Scrittura, ha il dono di creare vere famiglie, più che semplici romanzi, eppure qualche appuntino glielo si può fare persino a lui. I riferimenti alla cultura pop e alla musica ci sono, soprattutto in Libertà, ma sono un pochino limitati. Per un romanzo in cui uno dei personaggi è una rockstar, ci si sarebbe potuti sprecare anche un po’ di più. Volendo proprio andare a cercare il pelo nell’uovo.
Per quanto riguarda il suo stile fluviale, quella è una sua grande arma, ma spero che in futuro non gli si rivolti contro. Se le 1200 pagine di questi due romanzi sono di un’intensità notevolissima, con soltanto piccole fisiologiche cadute di interesse qua e là, soprattuto nelle questioni più tecnico/politico/scientifiche presentate, in un prossimo lavoro dovrà stare attento a non trasformare questa fluvialità in prolissità.
Altro piccolo appunto: i titoli dei capitoli. Ce n’è uno che si chiama “I liberi mercati favoriscono la concorrenza”, uno nominato “Compiacente”, un altro “Rimozione delle cime”. Non esattamente il massimo. Strepitosi invece i titoli dei due romanzi: “Le correzioni” e “Libertà”. Sentiti così, non sono nemmeno nomi che rimangono così impressi. Invece, leggendo i libri nella loro interezza, risultano i titoli perfetti che racchiudono le tematiche profonde presentate. Le correzioni si riferisce agli errori aggiustati in fase di correzione di bozze, ma allo stesso tempo anche all’educazione data dai genitori ai figli. Libertà invece è un concetto talmente vasto ed è una parola usata spesso a sproposito, chissà perché mi viene in mente un certo partito politico italiano, al punto che un solo libro non basta per definirla. Ma Jonathan Franzen si è preso i suoi spazi, fatti di oltre 600 pagine, e alla fine, in qualche particolare e inaspettato modo, riesce a raccontarci cos’è la libertà, oggi.
(voto 8,5/10)