Daydream Nation
(Canada 2010)
Regia: Michael Goldbach
Cast: Kat Dennings, Reece Thompson, Josh Lucas, Andie McDowell, Natasha Calis, Rachel Blanchard, Katie Boland, Landon Liboiron, Calum Worthy
Genere: indie teen
Se ti piace guarda anche: Youth in Revolt, Igby Goes Down, Paper Man
Prima cosa da segnalare di questo film: il titolo, preso da un memorabile album dei Sonic Youth. E con un titolo così io mi aspetto come minimo un capolavoro.
Seconda cosa da segnalare: trattasi di un trattato esistenziale adolescenziale.
Terza cosa da segnalare: la protagonista è Kat Dennings, reginetta degli indie movies già vista nel delizioso Nick & Norah - Tutto accadde in una notte accanto al king of all nerds Michael Cera.
Basta con le cose da segnalare?
Per il momento sì.
Potenzialmente sembra che questo Daydream Nation abbia quindi tutte le carte in mano per vincere un giro a poker e diventare un bel cult cannibale in piena regola, ma purtroppo non tutto funziona alla perfezione e così si rimane intrappolati dentro un’aurea mediocritas che non dispiace epperò manca anche di quei guizzi decisivi richiesti.
Sarà che forse la storia vuole servire in tavola troppe portate, senza però cucinarne a puntino nessuna: la protagonista Kat Dennings è caruccia, ha delle pere notevoli, però nella parte della sex bomb alternativa del liceo non sembra del tutto a suo agio. Il suo personaggio è confuso all’inizio e lo rimane anche alla fine: è vero che “Confusion is sex”, come dicevano i Sonic Youth, però a rimanere confuso è anche lo spettatore.
I personaggi maschili che le ronzano intorno come api arrapate intorno al miele sono abbozzati e rimangono in superficie: c’è Thurston (come Thurtston Moore sempre dei Sonic Youth), il ragazzotto innamorato perso della protagonista, i suoi amici fattoni senza personalità alcuna, il professore che pure lui finisce immancabilmente pazzo per Kat Dennings ed è interpretato da un Josh Lucas piuttosto schizofrenico e parecchio convincente (di lui avevo già parlato a proposito di Stolen Lives ed è un grande attore finora parecchio sottovalutato).
In più c’è un serial killer che scorrazza in giro per la città uccidendo delle ragazze del liceo (altro elemento inserito così tanto per aggiungere qualcosa, ma approfondito zero), i genitori (tra cui una rediviva Andie McDowell quella I feel it in my finger, I feel it in my toes con Hugh Grant) dei protagonisti che abbozzano una mezza storia di cui a nessuno frega una cippa e infatti pure questa mezza storia viene rapidamente accantonata, e quindi qualche altra vicenda secondaria messa giusto per allungare un po’ la brodaglia e cercare di arricchire il mosaico.
Ma questo non è Magnolia e tutto scivola solo sulla superficie delle cose, senza mai andare a scavare dentro argomenti dal buon potenziale. A differenza di altre pellicole indie adolescenziali dello stesso genere non ci sono nemmeno delle frasi memorabili, di quelle da appuntare sul diario, e allora resta più altro una pregevole colonna sonora, delle buone intenzioni, dei bei riferimenti ai miei adorati Sonic Youth, ma qui sento comunque una puzza familiare.
“E di cosa, te la sei mica fatta addosso?”
Ma no: sento puzza di occasione mancata.
(voto 6+)