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venerdì 29 luglio 2011

One nation one station

Daydream Nation
(Canada 2010)
Regia: Michael Goldbach
Cast: Kat Dennings, Reece Thompson, Josh Lucas, Andie McDowell, Natasha Calis, Rachel Blanchard, Katie Boland, Landon Liboiron, Calum Worthy
Genere: indie teen
Se ti piace guarda anche: Youth in Revolt, Igby Goes Down, Paper Man

Prima cosa da segnalare di questo film: il titolo, preso da un memorabile album dei Sonic Youth. E con un titolo così io mi aspetto come minimo un capolavoro.
Seconda cosa da segnalare: trattasi di un trattato esistenziale adolescenziale.
Terza cosa da segnalare: la protagonista è Kat Dennings, reginetta degli indie movies già vista nel delizioso Nick & Norah - Tutto accadde in una notte accanto al king of all nerds Michael Cera.
Basta con le cose da segnalare?
Per il momento sì.



Potenzialmente sembra che questo Daydream Nation abbia quindi tutte le carte in mano per vincere un giro a poker e diventare un bel cult cannibale in piena regola, ma purtroppo non tutto funziona alla perfezione e così si rimane intrappolati dentro un’aurea mediocritas che non dispiace epperò manca anche di quei guizzi decisivi richiesti.
Sarà che forse la storia vuole servire in tavola troppe portate, senza però cucinarne a puntino nessuna: la protagonista Kat Dennings è caruccia, ha delle pere notevoli, però nella parte della sex bomb alternativa del liceo non sembra del tutto a suo agio. Il suo personaggio è confuso all’inizio e lo rimane anche alla fine: è vero che “Confusion is sex”, come dicevano i Sonic Youth, però a rimanere confuso è anche lo spettatore.
I personaggi maschili che le ronzano intorno come api arrapate intorno al miele sono abbozzati e rimangono in superficie: c’è Thurston (come Thurtston Moore sempre dei Sonic Youth), il ragazzotto innamorato perso della protagonista, i suoi amici fattoni senza personalità alcuna, il professore che pure lui finisce immancabilmente pazzo per Kat Dennings ed è interpretato da un Josh Lucas piuttosto schizofrenico e parecchio convincente (di lui avevo già parlato a proposito di Stolen Lives ed è un grande attore finora parecchio sottovalutato).
In più c’è un serial killer che scorrazza in giro per la città uccidendo delle ragazze del liceo (altro elemento inserito così tanto per aggiungere qualcosa, ma approfondito zero), i genitori (tra cui una rediviva Andie McDowell quella I feel it in my finger, I feel it in my toes con Hugh Grant) dei protagonisti che abbozzano una mezza storia di cui a nessuno frega una cippa e infatti pure questa mezza storia viene rapidamente accantonata, e quindi qualche altra vicenda secondaria messa giusto per allungare un po’ la brodaglia e cercare di arricchire il mosaico.
Ma questo non è Magnolia e tutto scivola solo sulla superficie delle cose, senza mai andare a scavare dentro argomenti dal buon potenziale. A differenza di altre pellicole indie adolescenziali dello stesso genere non ci sono nemmeno delle frasi memorabili, di quelle da appuntare sul diario, e allora resta più altro una pregevole colonna sonora, delle buone intenzioni, dei bei riferimenti ai miei adorati Sonic Youth, ma qui sento comunque una puzza familiare.
“E di cosa, te la sei mica fatta addosso?”
Ma no: sento puzza di occasione mancata.
(voto 6+)

venerdì 1 luglio 2011

Un film così triste che non riesco a trovare un titolo divertente porcaccialamiseria

Jon Hamm: direi che è molto più stiloso con il look 60s di Mad Men...
Stolen lives
(USA 2009)
Titolo originale: Stolen
Regia: Anders Anderson
Cast: Jon Hamm, Josh Lucas, Rhona Mitra, James Van Der Beek, Jessica Chastain, Morena Baccarin, Jimmy Bennett
Genere: drammone
Se ti piace guarda anche: Cold Case, Il segreto dei suoi occhi, Amabili resti, Mystic River

Ci sono dei film che sono così tristi dal primo all’ultimo minuto che è davvero difficile riuscire a scherzarci su. Questo Stolen Lives in particolare inizia subito con il piede pigiato pesante sul pedale del drama. Il protagonista Jon Hamm è un detective cui il figlio è scomparso da sotto il naso e la cosa detta così sembrerebbe possedere un che di ironico ma in realtà la faccenda è dannatamente triste: a 8 anni dalla misteriosa sparizione, il caso rimane infatti senza soluzione. A questo punto salta però fuori un altro caso dal passato, lo scheletro di un ragazzino ritrovato in una cassa e deceduto nel 1958. Questo “cold case” è in qualche modo collegato a quello del figlio del protagonista e il film ci racconta entrambe le vicende in parallelo, tra presente e passato.
Un altro elemento che sarebbe ironico, ma che la pellicola con la sua scura serietà ci fa ben presto dimenticare, è come Jon Hamm, universalmente noto per il ruolo del solo unico e inimitabile Don Draper della grandiosa serie tv Mad Men, sia impiegato nella parte del presente e non a cavallo tra i 50s e i 60s come sarebbe lecito aspettarsi. Nella parte ambientata indietro nel tempo il protagonista è invece Josh Lucas, ottimo attore visto in diversi film come Hulk, Il mistero dell'acqua e Tre all’improvviso non ancora esploso nella serie A hollywoodiana, ma dall’ottimo potenziale.
Pure la sua storia è parecchio sfigata e fin da subito: sua moglie si suicida e lui resta solo con tre figli, di cui uno con un ritardo mentale (definirlo “ritardato” suona troppo politically scorrect persino per me). Le sfighe però non finiscono qui, visto che come vi ho detto questo è un film davvero triste. Non deprimente, però triste.

Il problema principale è proprio questo: il sublime per me viene raggiunto dalla giusta combinazione tra risate e lacrime. Perché quando si racconta una storia che a tratti sa far ridere, poi è più facile riuscire anche a commuovere. Chaplin e Benigni, per dirne due, su questa cosa ci hanno mica a caso costruito sopra una carriera. Il limite di questa pellicola è proprio quello di giocare sull’unico registro del drammone, non consentendo mai allo spettatore di tirare il fiato e allegerirsi con una sana risata. O almeno un sorriso ce lo potevano far fare, dai cazzo.
Altro elemento che non convince è il regista, che oltre ad avere il ridicolo nome di Anders Anderson (cosa avevano nella mente i genitori quando han deciso di chiamarlo così? le scimmie?) si limita a svolgere il compitino senza dare un tocco d’autore alla visione.

Ai dont uonna ueeeeit...
L’elemento positivo è invece il comparto attoriale, che poi è anche il motivo per cui mi sono approcciato al film: di Jon Hamm non credo che potrei mai parlare male e anche se ogni volta che lo vedo sullo schermo almeno all’inizio non riesco a non pensare a Don Draper, qui presto riesce a diventare un tutt’uno con il suo (triste) nuovo personaggio. Molto bene anche il sottovalutato James Van Der Beek, uno che per il grande pubblico sarà sempre e soltanto Dawson Leery, ma che in realtà da Le regole dell’attrazione in poi ha dimostrato di possedere ben altri e sorprendenti volti. E oltre al già citato Josh Lucas, in ruoli minori troviamo quindi la Morena Baccarin dei nuovi Visitors di V (qui in versione capello lungo) e soprattutto la roux Jessica Chastain, rivelazione poi grazie a Terrence Malick e al suo The Tree of Life.

Vi posso consigliare la visione di un film tanto triste? Massì, in fondo è un thriller stile Cold Case ben recitato e che si fa seguire dall’inizio alla fine. Però non aspettatevi di ridere.
Qui c’è solo
DRAMA DRAMA DRAMA
(votov 6,5)

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