Cast: Zoe Kazan, Michael Stahl-David, Mark Feuerstein, Nikki Reed, Jennifer Grey, Steve Howey, David Gallagher
Genere: romfan (romantifantasy)
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Zoe Kazan non è solo un'attrice. Zoe Kazan ormai è un genere cinematografico a parte. Un po' come Greta Gerwig, la protagonista di Frances Ha che, con la sua sola presenza, segna un film definibile sotto la generica etichetta di “indie-hipster” rendendolo un “Gerwig-movie”. La stessa cosa la fa Zoe Kazan.
A questo punto, la maggioranza della popolazione mondiale si starà chiedendo: ma chi kazan è, questa Zoe Kazan?
Ve lo spiego rapidamente. È una giovanissima attrice che, proprio come Greta Gerwig, sta diventando una delle interpreti simbolo del nuovo cinema indie-hipster americano attuale. Dopo essersi fatta conoscere, almeno nei circuiti cinematografici più alternative e Sundance, con The Exploding Girl, è esplosa poi per davvero con Ruby Sparks, una delle commedie romantiche più deliziose degli ultimi anni, e forse di sempre. L'opera seconda della coppia Jonathan Dayton e Valerie Faris, già autori di Little Miss Sunshine, si segnalava in maniera particolare poiché univa alla romcom tradizionale una fantastica componente fantastica. Lo spunto di partenza della pellicola era che Ruby Sparks, un personaggio immaginario creato da uno scrittore, diventava reale ed entrava nella vita del suo autore. Una commedia indie romantica fantasy che, pur seguendo la scia di Se mi lasci ti cancello, ha aperto la strada al capolavoro assoluto di questo particolare genere, Lei - Her di Spike Jonze, e adesso pure a questo In Your Eyes.
L'idea di partenza di In Your Eyes è anch'essa sci-fi: un ragazzo e una ragazza sono “connessi” tra di loro. È da tutta la vita che sentono uno ciò che prova l'altra, fino a che un giorno riescono a vedere proprio l'uno con gli occhi dell'altra e riescono persino a parlarsi. Come se stessero al telefono insieme, ma senza telefono. I due comunicano a livello telepatico e, in più, riescono a sentire le emozioni dell'altro, nonostante vivano a chilometri di distanza, in due differenti stati degli USA.
"Giuro che non lo sapevo che con la Vodafone Casa
era compreso anche un abbonamento 24 ore su 24 con Zoe Kazan."
Da uno spunto del genere ne poteva nascere una pellicola fantascientifica tradizionale, oppure ne poteva venir fuori una storiella inquietante, di quelle sullo stile della serie britannica Black Mirror. Invece, niente di tutto questo. In Your Eyes preferisce prendere la direzione della indie romcom dei citati Lei, Se mi lasci ti cancello e soprattutto Ruby Sparks. Dopo tutto questo non è un film romantico qualunque. Questo è un "Kazan-movie".
A firmare tale singolare storia c'è uno sceneggiatore d'eccezione: Joss Whedon.
Joss Whedon secondo me è uno che si rompe i coglioni facilmente. Il paparino di Buffy l'ammazzavampiri di recente ha centrato uno dei più clamorosi successi nella Storia del Cinema con The Avengers, film da lui scritto e diretto, il maggior incasso mondiale di sempre dopo Avatar e Titanic. Nonostante questo, mentre lavora al nuovo atteso (non da me) blockbusterone The Avengers: Age of Ultron, il buon Whedon non pensa soltanto a supereroi in latex ed effetti speciali, ma si tiene aperto una valvola di sfogo all'interno del cinema indipendente. La sua ultima opera da regista è stata la sua personale revisione dello shakespeariano Molto rumore per nulla, film a basso budget lanciato leggerissimamente più in sordina rispetto a The Avengers. Ora, il Whedon ha realizzato lo script di questa piccola pellicola indie anch'essa low cost, lasciando la regia all'emergente Brin Hill, alla sua seconda direzione dopo lo sconosciuto Ball Don't Lie. Uno che, va detto, non brilla in maniera particolare. Se la sceneggiatura di Joss Whedon è originale e curiosa a sufficienza, la regia appare infatti piuttosto anonima. Chissà cosa avrebbero potuto fare Michel Gondry o Spike Jonze, con in mano uno script del genere.
Convince a metà pure il cast. Se Zoe Kazan è sempre ottima, il protagonista maschile Michael Stahl-David appare un po' troppo imbambolato. Considerando che il film è tutto basato su loro due, la loro non completa “connessione” impedisce a In Your Eyes di trasformarsi in una visione davvero fondamentale per i nostri occhi. La coppia Zoe Kazan/Michael Stahl-David è discreta, ma non trascinante, non quanto ad esempio Joseph Gordon-Levitt/Zooey Deschanel in (500) giorni insieme, tanto per citare una classica indie-romcom moderna, oppure quanto Billy Crystal/Meg Ryan in Harry ti presento Sally o Richard Gere/Julia Roberts in Pretty Woman, giusto per menzionare delle romcom “commerciali” storiche.
Sullo sfondo si ritaglia uno spazio pure il curioso e variegato cast di contorno composto dalla gnocchetta Nikki Reed di Twilight, Steve Howey il capellone tamarro di Shameless US, David Gallagher di Settimo cielo e persino una resuscitata Jennifer Grey, sì, proprio la Baby di Dirty Dancing qui non più tanto baby e anzi piuttosto old.
"Che fai?"
"Sto bruciando tutte le copie di Twilight che ho trovato. Mi spiace, cara Nikki."
"Perché ti spiace? Fai solo bene!"
In Your Eyes è allora un film carino, molto cariiino, fa sentire bene senza essere troppo ruffiano, scorre via che è un piacere ed è una visione assolutamente consigliata. Eppure da una sceneggiatura firmata da Joss Whedon mi aspettavo qualcosina in più. Il suo tipico senso dell'umorismo qui è poco presente e, se l'idea di partenza è piuttosto particolare, lo sviluppo è un po' troppo prevedibile e standard. Poteva essere un cult, invece non lo è. Però consoliamoci perché, da uno spunto tanto strambo, poteva anche uscirne un film del cazzo. Invece ne è venuto fuori un gradevolissimo film del Kazan.
Tratto dall’opera teatrale: Molto rumore per nulla di William Shakespeare
Cast: Amy Acker, Alexis Denisof, Clark Gregg, Reed Diamond, Fran Kranz, Sean Maher, Riki Lindhome, Spencer Treat Clark, Nathan Fillion, Tom Lenk, Jillian Morgese, Ashley Johnson
Genere: whedonshakespeariano
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C’è gente, un sacco di gente soprattutto nei paesi anglosassoni, cresciuta con le opere di William Shakespeare e poi c’è gente, un pochino meno gente, cresciuta con le opere di Joss Whedon. Io faccio parte della seconda categoria. Un pochino sono cresciuto pure io con il Bardo, ma soprattutto con Whedon, paparino di Buffy – L’ammazzavampiri. Non potevo allora proprio perdermi la pellicola Molto rumore per nulla, in cui i due talenti creativi di epoche differenti si sono congiunti in un lavoro solo.
"Oh Romeo, perché sei tu Romeo?
Ah no, scusa, ho sbagliato opera shakespeariana..."
Cosa c’è di Shakespeare nel film Molto rumore per nulla?
Molto.
La trama è la stessa e anche i dialoghi sono gli stessi dell’opera originale scritta dall'autore di fortunate hit mondiali come Romeo e Giulietta e Amleto. A cambiare è l’ambientazione, contemporanea. Nonostante questo, gli attori parlano nell’inglese shakespeariano e ciò all’inizio crea un effetto straniante, però tempo pochi minuti e ci si fa l’abitudine e soprattutto l’orecchio, un po’ come accade anche con il Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann. Laddove quest’ultimo è una rivisitazione in chiave pop pulp anni ’90 del super classico del Bardo, Much Ado About Nothing mantiene un’impronta più classica, più teatrale, aderente allo stile shakespeariano riportato però in ambienti e costumi moderni. Dimenticate allora gli eccessi bazluhrmanniani, così come potete dimenticare anche il Joss Whedon di The Avengers. Scordatevelo del tutto, quello.
Joss Whedon gira qui usando un bianco e nero sopraffino, avvolgendo il tutto con musiche da lui stesso incise, riarrangiando persino un paio di canzoni composte dallo stesso Shakespeare per l’opera teatrale originale. Il suo è un vero e proprio omaggio al vecchio Will, talmente appassionato che riesce persino a evitare le accuse di manierismo o di mero esercizio di stile che all’inizio pure potrebbero venire in mente. Nonostante una cura formale splendida, la realizzazione è così genuina e casereccia (ma non amatoriale), che il testo di Shakespeare prende vita sotto una forma nuova, molto sincera.
"Era ora che mi davi una parte da protagonista, dannato Whedon!"
È evidente la distanza dai suoi lavori più celebri, Buffy, Angel, The Avengers, Agents of S.H.I.E.L.D. (di cui è co-creatore), Quella casa nel bosco (di cui era co-sceneggiatore), così come da quelli più di nicchia, come la sci-fi di Firefly, Serenity e Dollhouse, o il geniale esperimento di web-serie musical comedy horror Dr. Horrible’s Sing-Along Blog. Allo stesso tempo, i fan capiranno subito di sentirsi dentro a un’opera di Joss Whedon. La ragione? Soprattutto la scelta del cast.
Manca giusto Sarah Michelle Gellar, per il resto i pupilli dell’autore ci sono tutti: i protagonisti principali sono una sontuosa Amy Acker, attrice affascinantissima e sottovalutatissima che lavorissima soprattutto in tv e nelle produzioni whedoniane, e che qui alle prese con la scanzonata femminista Beatrice offre un autentico saggio di bravura. Al suo fianco si ritrova Alexis Denisof (Wesley nella serie Angel), meno bravo della collega eppure capace di rendere degnamente il divertente personaggio dello scapolone Benedetto. Intorno ai loro esilaranti battibecchi e alle loro scaramucce d’amore ruota la comedy di Shakespeare, e intorno a loro gira anche tutta una serie di personaggi molto ben delineati, interpretati da altri vari volti whedoniani come Tom Lenk (Andrew di Buffy), Fran Kranz (visto in Dollhouse e Quella casa nel bosco), Clark Gregg (quello di Agents of S.H.I.E.L.D.) e uno spassoso Nathan Fillion (quello della serie Castle, oltre che il protagonista di Firefly).
"Manco solo Buffy. Ma perché nessuno l'ha chiamata?"
"Troppo manesca, quella cattivona!"
In pratica è come trovarsi allo stesso tempo dentro un’opera whedon e non-whedon: sai che è un suo film, ma c’è qualcosa di diverso dal solito. Contemporaneamente, è come essere in un’opera teatrale di Shakespeare, ma con qualcosa di differente dal consueto. È il classico piccolo gioiellino prezioso, un film strano che a suo modo riesce a farsi amare. Ha incassato circa un millesimo rispetto al super successo The Avengers, un film cui l’espressione Molto rumore per nulla calza a pennello, ma vale mille volte tanto.
(voto 7+/10)
P.S. Il film non è previsto in uscita nei cinema italiani, ma si trova in rete sottotitolato.
Dopo aver visto le prime puntate di alcune serie drama, oggi è arrivato il momento di passare al fantasy. Un genere che se ben fatto sa regalare soddisfazioni, se mal fatto regala prodotti tragici. Un genere per cui io non impazzisco particolarmente ma che, se preso a piccole dosi non mi dispiace. Un genere che crea livelli di fanta fanatismo esagerato e di cui quindi bisogna stare attenti a parlare, un po’ come accade per i One Direction. Un genere protagonista di questa puntata di Pensieri Cannibali dedicata ai piloti, ovvero le serie partite bene, e ai pirloti, ovvero le serie partite male, della nuova stagione tv.
Sleepy Hollow
Cos’è? La leggenda di Sleepy Hollow, già un racconto di Washington Irving e una pellicola di Tim Burton, torna a rivivere ai giorni nostri.
Punti di forza: L’ironia presente. Le situazioni cui ci troviamo davanti, tra cavalieri senza testa, gente che viaggia nel tempo, visioni, streghe, spiriti e quant’altro, sono inverosimili persino all’interno di un contesto fantasy. Per fortuna allora che il tutto viene alleggerito da qualche battutina e siparietto divertente tra i due protagonisti. E, a proposito dei protagonisti, Nicole Beharie è l’unica a dare una parvenza di credibilità al tutto.
Debolezze: Male invece il protagonista maschile. Tom Mison non è certo Johnny Depp, ma manco tra altri 250 anni, e il suo Ichabod Crane non possiede il suo fascino goth. Le atmosfere non ricordano poi minimamente quelle del film di Tim Burton e sono scopiazzate più che altro da Once Upon a Time e Grimm. Il risultato è un miscuglio strampalato tra fantasy e qualche tentazione da serie crime, in pratica niente di nuovo sotto il sole. Forse perché a Sleepy Hollow il sole non c’è mai.
Avrà successo? Purtroppo sì, è pure già stato confermato per una seconda stagione. Però, se vi piace ‘sta roba, non venitemi poi a criticare Under the Dome o Once Upon a Time…
Continuerò a seguirlo? Chissà, magari per vedere se si riprenderà o se diventerà ancora più ridicolo.
(voto 5/10)
Pilota o pirlota?
Agents of S.H.I.E.L.D.
Cos’è? La serie più attesa dell’anno da tutti i nerd e patiti di fumetti.
Punti di forza: Le battutine inserite da Joss Whedon, il paparino di Buffy tra i creatori anche di questa nuova serie, che contribuiscono a rendere più divertenti le situazioni action e le solite vicende in pieno stile fumettistico. Per uno come me che non ha sopportato alcuna pellicola della Marvel, è già qualcosa. La rivelazione di una puntata pilota per il resto piuttosto convenzionale è prevedibile è però un’altra. La vera protagonista e mattatrice della serie è Skye, interpretata da Chloe Bennet, vista finora giusto in una manciata di puntate di Nashville: è sexy però è anche una nerd, sa il fatto suo però è anche parecchio impacciata. E' lei la nuova idola della stagione tv americana.
Debolezze: Un po’ tutti gli altri personaggi a parte Skye. Coulson (Clark Gregg) sarebbe il figo di turno? Ha un'auto figa, Lola, ma lui non è figo, non scherziamo. L’agente Ward (Brett Dalton) è poi il solito tizio inespressivo, Melinda May (Ming-Na Wen) è la solita dura inutile, e qualche soddisfazione potrebbe arrivare giusto dagli altri due nerd del gruppo di S.H.I.E.L.D., tra cui l'impronunciabile Iain De Caestecker in arrivo dalla serie gioiellino inglese The Fades, purtroppo durata appena una stagione.
Grave debolezza è poi la mancanza, almeno nel primo episodio, di una forte trama orizzontale e quindi si prospetta lo spettro di una serie con episodi autoconclusivi. Argh!
Il fatto che la serie non sia incentrata sui supereroi a qualcuno potrà sembrare un difetto, per me assolutamente no. D’altra parte la serie si chiama Agents of S.H.I.E.L.D., mica Iron Merd o Capitan Minkia o l'Incredibile Fuck.
Avrà successo? La Marvel che fa flop? Non ci credo neanche se lo vedo.
Continuerò a seguirlo? Fino a che non mi stuferò e giusto per la mitica Skye/Chloe Bennet.
(voto 6+/10)
Pilota o pirlota?
Atlantis
Cos’è? Una versione di Once Upon a Time con la mitologia greca al posto delle fiabe. O, se preferite, un C’era una volta… Pollon in carne e ossa.
Punti di forza: Lo humour britannico che fa capolino qua e là, per stemperare atmosfere troppo avventurose per i miei gusti. Il tocco tra gli autori di Howard Overman, già creatore dei Misfits, si fa quindi sentire. I personaggi della mitologia greca vengono qui rielaborati in una maniera originale e divertente, meglio di quanto fatto di recente ad esempio dalla saga di Percy Jackson. Alcuni tra loro, su tutti un poco eroico Ercole (Mark Addy da Game of Thrones), sono fantastici.
Debolezze: Nonostante l'ironia, le atmosfere a tratti sono comunque un po’ troppo avventurose per i miei gusti. Ma per fortuna non siamo ai livelli di Xena, Hercules, Young Hercules o tutte ‘ste cagate di serie fantasy anni Novanta.
Oops, mi sa che quest’ultima dichiarazione farà aumentare il numero già abbastanza elevato di miei haters.
Avrà successo? Sì, nel Regno Unito è partito bene e le possibilità che si trasformi in un fenomeno mondiale ci sono tutte.
Continuerò a seguirlo? Se diventa troppo avventuroso potrebbe stufarmi rapidamente, ma per ora voglio dargli fiducia.
(voto 7/10)
Pilota o pirlota?
Witches of East End
Cos’è? In pratica è la nuova versione di Streghe, solo che anziché delle sorelle ci sono una mamma e due figlie. La casa invece credo sia la stessa…
Punti di forza: le tette di Jenna Dewan-Tatum, la mogliettina di Channing Dewan-Tatum. Fine dei motivi per vederlo.
Ah no, la serie possiede anche una giusta (oddio, forse persino eccessiva) dose di trash che fa venire voglia di continuare a seguirlo per vedere quali altri trashate riusciranno a tirare fuori nei nuovi episodi. E poi da Buffy c’è il mitico Andrew ovvero Tom Lenk e da Twin Peaks c’è Shelly ovvero Madchen Amick che è una gran topa, pardon una donna-gatto, in formissima oggi più ancora che negli anni Novanta.
Debolezze: Le tette di Jenna Dewan-Tatum reciterebbero in maniera perfetta in una serie come Baywatch, peccato che lei come attrice nel complesso sia davvero cagnetta. Pure la parte maschile del cast avrebbe bisogno di serie ripetizioni di recitazione, o forse avrebbe proprio bisogno di cambiare mestiere, mentre sua mamma Julia Ormond e sua sorella Rachel Boston sono delle lagne pazzesche. Insomma, i personaggi principali non è che siano proprio il massimo e la componente fantasy è ridicola piuttosto che no.
Avrà successo? Massì, è abbastanza una trashatona da poter funzionare.
Continuerò a seguirlo? Vorrei dire di no, ma mi sa che continuerò a farmi contagiare da questa fantasy-soap, almeno fino al secondo episodio.
Il passato: ha creato le serie Buffy, Angel, Firefly, Dollhouse, più la mini web serie Dr. Horrible’s Sing-Along Blog
Il suo 2012: regista e sceneggiatore di The Avengers, sceneggiatore di Quella casa nel bosco
Il futuro: The Avengers 2, la serie tv S.H.I.E.L.D., il suo nuovo film Much Ado About Nothing tratto da Shakespeare
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Il 2012 è finalmente stato l’anno di Joss Whedon. E pazienza che il grande successo commerciale gli sia piovuto addosso, come molto spesso capita, proprio con la sua opera meno ispirata e originale, The Avengers.
Il geniale autore di serie pazzesche come Buffy, Dollhouse e la web serie Dr. Horrible’s Sing-Along Blog ha realizzato con The Avengers il suo lavoro più semplice semplice e il pubblico ha gradito, consacrando la pellicola come la più vista dell’anno in tutto il mondo, nonché il terzo incasso di sempre dietro solo alla doppietta di James Cameron composta da Avatar e Titanic.
Quando stavo già pensando rassegnato di aver perso un altro idolo, venduto al dio denaro e ormai privo della forza delle sue precedenti creazioni, ecco il colpo del fuoriclasse: Joss Whedon ha co-firmato insieme a Drew Goddard una delle sceneggiature più sorprendenti e clamorose dell’annata in chiusura, quella dell’horror atipico Quella casa nel bosco.
Ora che con i milioni su milioni fatti con The Avengers può permettersi di fare praticamente ciò che vuole, sarà interessante vedere come Whedon riuscirà a destreggiarsi tra commercio e arte, prodotti per le masse e cose più di nicchia. Per il futuro, oltre ai progetti con la Marvel con l’ovvio sequel degli Avengers e pure la nuova serie supereroistica S.H.I.E.L.D., ha già completato il suo nuovo film, Much Ado About Nothing, ovvero Molto rumore per nulla. Una sceneggiatura “co-firmata” da Joss Whedon e Will Shakespeare mi sa che farà rumore. E mica per nulla.
Cast: Robert Downey Jr., Mark Ruffalo, Chris Hemsworth, Chris Evans, Scarlett Johansson, Samuel L. Jackson, Jeremy Renner, Tom Hiddleston, Clark Gregg, Cobie Smulders, Stellan Skarsgård, Gwyneth Paltrow, Paul Bettany, Alexis Denisof, Ashley Johnson, Stan Lee
Genere: supereroi contro le forze del male
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Tony Stark, Bruce Banner, Steve Rogers, tipo vichingo con un martello in mano proveniente da un altro pianeta e pure tu, Natasha Pompilova Romanoff, state tutti zitti!
Silenzio!
Ci sono troppe primedonne qui dentro e non va bene. Adesso parlo solo io.
Allora, cominciamo con un piccolo riassuntino sui film dei personaggi impegnati in questa super lega di super mezze calzette eroi.
Iron Man 1: bravo Robert Downey Jr., ma film girato malissimo da Jon Favreau, l’unico uomo al mondo in grado di far sembrare Michael Bay e Roland Emmerich i nuovi Stanley Kubrick e Orson Welles. A confermarlo ci sono pure Cowboys & Aliens e il pilot da lui diretto della nuova pessima serie Revolution.
Iron Man 2: altra schifezza tutta giocata sugli effetti speciali e con una trama ridicola.
Hulk 1: Ang Lee prova a dare un tocco d’autore al cinema di fantascienza, con un uso dello split-screen che vuole ricreare in maniera molto fumettistica l’effetto delle vignette. Idea sulla carta buona, su pellicola meno. Buone le intenzioni, il risultato è un film noiosissimo. Mi viene sonno al solo pensarci.
L’incredibile Hulk: nonostante la presenza del sempre valido (anche se negli ultimi tempi un po’ meno) Edward Norton, me lo sono risparmiato perso.
Capitan America: mi sono visto i primi 20 minuti e poi sono finito in coma. Non ho mai tentato di riprenderne la visione.
Thor: film epicamente ridicolo non salvato nemmeno dalla presenza simultanea di Natalie Portman e Kat Dennings. Tragedia sì, ma cannibale più che shakespeariana!
X-Men… ah, almeno loro non ci sono. Quella è la concorrenza.
Sarebbe interessante, se mi piacessero i film sui supereroi e così non è, vedere un The Avengers VS. X-Men.
Ma perché certe idee milionarie non le vendo, anziché sperperarle qui sul blog a uso e consumo gratuito del primo producer hollywoodiano senza scrupoli, ovvero il primo producer hollywoodiano qualunque, che passa da queste parti a leggere?
The Avengers VS. X-Men = 300 milioni di dollari di incasso garantiti nel primo weekend di programmazione nei soli USA!
Meglio ancora: The Avengers VS. X-Men VS. I Fantastici 4 = 500 milioni di dollari di incasso nel primo weekend!
E io queste ideone la getto in pasto gratis agli utenti del blog?
Non ho davvero il senso degli affari…
Joss, ma come fai a restare serio
quando davanti ti ritrovi uno vestito così?
Nonostante mi abbiano fatto pena tutti gli altri film con i vari personaggi del poco meraviglioso universo Marvel (manca solo Rat-Man, ma lui forse non è della Marvel), in questo The Avengers sono tutti insieme (ma non credo sia un punto a favore della pellicola) e in più sono diretti da Joss Whedon.
Joss Whedon?
Io adoro Joss Whedon.
Io venero Joss Whedon.
Ci sono quelli che lo chiamano Dio. Ci sono quelli che lo chiamano Allah. Ci sono quelli che lo chiamano Buddah. Io lo chiamo Joss Whedon.
Eppure adesso mi tocca tirargli le orecchie. Perché avrà anche fatto il più grande successo della sua carriera, anzi il più grande successo nella storia del cinema eccetto le James Cameron productions, ma The Avengers è davvero una robina senza idee, senza inventiva, senza la minima originalità che aveva contraddistinto finora ogni sua creazione.
In The Avengers sarebbero anche presenti le classiche tematiche whedoniane: supereroi, fine del mondo, scontro tra Bene e Male, peccato che il suo tocco non si veda quasi per niente, mentre si senta forte più che altro la mano produttiva buonista dell’immancabile Disney e una visione cinematografica che non va molto oltre i classici film alla Michael Bay, stile Transformers.
La trama del film?
Loki vuole comandare sulla Terra, non si capisce bene perché, e i The Avengers cercano di fermarlo.
Fine della trama.
Sì, ok, non sempre la trama è una cosa fondamentale all’interno di un film. Però questo non è certo The Tree of Life. Non è una pellicola artistica. È solo un fumettone incentrato su scontri, combattimenti, esplosioni, effettoni speciali. Nella mia lingua: noia, noia, solo noia. Dov’è la sostanza? Non c’è una riflessione politica come nei Batman di Christopher Nolan, sebbene ci si provi anche a inserire qualche vago discorso in proposito, e non c’è la minima introspezione nei personaggi, come ad esempio negli Spider-Man di Sam Raimi. Il momento triste poi è affidato alla morte di un personaggio minore di cui nessuno conosce il nome e di cui a nessuno frega niente di niente.
Dov’è il divertimento? Questo è il classico filmone sui supereroi con tutte le cose da classico filmone sui supereroi messe al punto giusto, peccato a me i classici filmoni sui supereroi mi facciano dormire. Non a caso, il mio film supereroico preferito è Unbreakable di M. Night Shymalan.
A salvare un minimo la pellicola, per fortuna, è l’ironia, le battute tipiche di Joss Whedon. Almeno qualcuna decente è riuscita a infilarla dentro. Niente che comunque sia al livello persino del peggiore episodio di Buffy o di Dollhouse. Niente a che vedere con quel gioiello recente dell’horror e non solo di cui Whedon ha cofirmato la sceneggiatura, ovvero Quella casa nel bosco. Niente insomma che sia anche lontanamente al livello delle altre genialate whedoniane.
Se vi è sembrato una figata The Avengers, vi consiglio di recuperarvi tutte e 7 le stagioni di Buffy e dopo vi sfido a non considerare questo filmetto un Whedon in tono molto ma molto minore.
"Più tette di così non le posso mostrare, è pur sempre una produzione Disney..."
Lo scompartimento attori, nonostante i nomi altisonanti, fallisce poi clamorosamente. Si può dire che il cinema di supereroi non è che favorisca grandi interpretazioni però, se pensiamo a Heath Ledger, la storia cambia.
Qui sono tutti ben al di sotto dei loro standard: Robert Downey Jr. come Tony Stark/Iron Man ormai si è trasformato in una macchietta, come già capitato prima di lui al piratesco Johnny Depp/Jack Sparrow.
Scarlett Johansson sì, ha sempre il suo super potere, quello di essere una super gnocca, però non l’ho mai vista recitare tanto male quanto qui. E non si spoglia nemmeno. Proprio come in La mia vita è uno zoo, altro film senza senso: ma si può prendere Scarlett e farla stare vestita tutto il tempo?
Chi altri c’è? Mark Ruffalo come Hulk è del tutto fuori parte, Chris Evans diciamo che fa quello che può per le sue limitate capacità attoriali e comunque ha già fatto la torcia umana ne I fantastici 4? Non esiste il conflitto d’interessi, nel mondo dei supereroi?
E poi c’è anche Chris Hemsworth… vabbé, dai, lasciamo perdere ogni commento sul suo personaggio o sulla sua interpretazione che se no viene a tirarmi una martellata in testa. E forse non solo in testa.
C’è pure Jeremy Renner, che dopo aver fatto The Hurt Locker lo prendono per fare qualsiasi film d’azione. Dobbiamo sostituire Tom Cruise in Mission: Impossible?
Prendiamo Jeremy Renner.
Dobbiamo sostituire Matt Damon nella saga di Jason Bourne?
Prendiamo Jeremy Renner.
Dobbiamo sostituire tutti quei vecchietti di Expendables, che probabilmente non arriveranno vivi o senza l’Alzheimer al prossimo episodio?
Hey, perché non prendiamo Jeremy Renner?
E pure qui ho regalato – sempre gratis, mannaggia a me – un’altra idea ai producers di Hollywood.
Certo che hanno fatto su questa bella lega di super supereroi, e come villain chi ti vanno a prendere?
Loki (Tom Hiddleston). Uno dei più ridicoli cattivi che si siano mai visti su grande schermo.
"Non sono io che copio Travaglio, è lui che copia me!"
Su piccolo schermo no, visto che il suo sosia Marco Travaglio quando è incacchiato fa molta più paura.
Tutto il film, due ore e passa, è giocato sulle minacce inconsistenti dell’inconsistente Loki. Fino al prevedibilissimo finale. Due ore e passa buttate nel cesso, in pratica. La scena migliore del film arriva allora solo al termine dei titoli di coda, con la lega di superamici che si ritrova a mangiare in un fast-food. L’unico momento di vero divertimento e di vera umanità dell’intero film.
Che poi, quando si parla bene di una pellicola sui supereroi, io stesso sono il primo a farlo, si elenca tra i pregi il fatto che sia data loro una dimensione più umana e realistica. Ma allora perché non la smettiamo di far diventare i film sui supereroi dei super campioni di incasso e non ci vediamo film sulle persone vere? Cosa c’è di più umano e realistico di loro?
In conclusione, una riflessione religiosa.
Non scappate, non è un sermone.
Avevo trovato la Fede. Pensavo che Dio esistesse. Pensavo che Dio si chiamasse Joss Whedon. Dopo The Avengers, tutte le mie certezze stanno invece vacillando. Io continuo a volergli bene e lo porterò sempre con me nel mio cuoricino, per cose come Buffy, Dollhouse e Quella casa nel bosco. Però mi sa che è arrivata l’ora di trovarmi un nuovo Dio.
Thor è un Dio? Il Dio del tuono?
Vabbè, allora facciamo che per adesso mi tengo Joss Whedon…
Cast: Kristen Connolly, Chris Hemsworth, Fran Kranz, Anna Hutchison, Jesse Williams, Richard Jenkins, Bradley Whitford, Amy Acker, Brian White, Tom Lenk, Jodelle Ferland, Sigourney Weaver
Genere: horror sci-fi
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Geniale.
Ecco cosa ho pensato di Quella casa nel bosco - The Cabin in the Woods dalla prima all’ultima scena. Non che mi aspettassi niente di meno da quel genio di Joss Whedon, però insomma… temevo che negli ultimi tempi si fosse perso troppo tra i suoi progetti da superstar hollywoodiana, leggi il pessimo The Avengers, e avesse smarrito la retta via.
E invece no. Joss Whedon domina ancora. Quando vuole.
Per chi non conosce i suoi precedenti lavori, un film come Quella casa nel bosco può essere sembrato davvero sorprendente. Per chi è un whedoniano di lunga data come me invece è stata una piacevole riscoperta di tutte le sue tematiche, frullate qui dentro in una forma compiuta ed efficace. Come in passato, più che in passato. E pensare che il primo passo nel mondo dello show business di Whedon è stato tutt’altro che memorabile.
Buffy - L’ammazza vampiri, film del 1992 con Kristy Swanson e Luke Perry da lui sceneggiato, si rivela infatti un mega flop colossale ai botteghini e cinematograficamente non è certo niente di eccezionale.
"Bella ed Edward chiiiiiiiiiiiii?"
Nonostante quest’esperienza fallimentare, la Warner Bros. gli vuole comunque dare fiducia e qualche anno più tardi, nel 1996, accetta di produrre una serie di Buffy. Questa volta con protagonista la ben più efficace Sarah Michelle Gellar e questa volta è tutta un’altra storia. Eppure, anche in questo caso l’inizio non è subito folgorante. La prima stagione di Buffy è carina, ma non ancora del tutto straordinaria. Whedon evidentemente è uno lento a carburare. Ma quando lo fa, non ci sono ca**i che tengano per nessuno. Dalla stagione 2, Buffy conquista del tutto, grazie anche all’amore tormentato tra la cacciatrice di vampiri e un vampiro vegetariano, Angel, che ispirerà suo malgrado i vari succhiasangue della nuova generazione, da Twilight a The Vampire Diaries fino a True Blood, molto più di quanto fatto dall’ormai pensionato Dracula. E forse, ma solo forse, persino più del mitico Conte Dacula.
(ecco un video di quando Canale 5 proponeva ancora programmi decenti)
Buffy nel corso delle sue sette pazzesche stagioni ha rivoluzionato il genere vampiresco, ma pure quello teen, ma ha pure proposto personaggi nerd in una maniera approfondita e lontana degli stereotipi come mai prima, ma ha pure proposto con coraggio (e venendo censurata dalla bacchettona Italia 1) la tematica lesbo anticipando persino The L Word, ma ha pure dato nuova linfa e idee al mondo dei supereroi (perché Buffy è a tutti gli effetti una supereroina), ma ha pure regalato alcuni degli episodi più memorabili nella storia della tv.
Tanto per citarne uno, L’urlo che uccide (Hush), della stagione 4. Un episodio che è un omaggio al cinema muto stile The Artist solo anni prima di The Artist e in cui tutti gli eventi clou e le vicende della stagione raggiungono il loro climax, il tutto senza l’uso di parole. Che parola usare allora per qualcosa del genere se non: geniale?
Qualcosa del genere avviene anche con l’episodio probabilmente più celebre e imitato nella storia di Buffy, La vita è un musical (Once More, With Feeling), la puntata musical della sesta stagione. Siamo nel 2001, prima del successo di Moulin Rouge, prima degli Oscar a Chicago, molto prima di Glee, e il musical è un genere morto, che nessuno si fila e a cui nessuno darebbe una minima opportunità. Soprattutto in televisione. E invece l’episodio si rivela un successone, le canzoni composte dallo stesso Whedon all’esordio musicale con la collaborazione del compositore della serie Christophe Beck sono davvero notevoli, e tutti i nodi principali della stagione vengono al pettine proprio grazie ai brani interpretati dagli attori. Tra cui James Marsters, il vampiro Spike, ovviamente in versione Billy Idol, e Sarah Michelle Gellar, che ha una voce davvero strana. Non brutta, non bella. Solo strana. Da lì in poi, il musical risorgerà a nuova vita e pure in tv diventeranno tutti pazzi per il genere, da serie come Glee e Smash, fino agli episodi musicali di Scrubs e Grey’s Anatomy, per arrivare persino all’Italia con Tutti pazzi per amore.
Tra le puntate più belle e toccanti c’è poi stata anche quella della morte della madre di Buffy, Un corpo freddo (The Body) della stagione 5, in cui l’orrore del soprannaturale cui la serie ci aveva abituati fino ad allora scompare, in favore di un realismo nudo e crudo del tutto raggelante.
Ma il punto di forza principale di una serie come Buffy, insieme a Twin Peaks e Lost sicuramente uno dei telefilm più importanti e che più ha cambiato il mondo della televisione (così come quello del cinema), è l’ironia. Oggi può suonare come una cosa normale, però a fine anni ’90 non lo era tanto. La maggior parte delle serie tv si prendeva ancora troppo dannatamente sul serio. Buffy ha invece portato una ventata di freschezza tutta nuova, con riferimenti molto nerd e geek ai fumetti, così come al soprannaturale vissuto a 360 gradi, riflettendo e giocando allo stesso tempo sul suo essere un prodotto di fiction. In cui tutto può succedere, persino cose del tutto nonsense.
All’inizio della stagione 5, ad esempio, sbuca fuori dal nulla il personaggio di Dawn Summers, la sorellina di Buffy, e per tutti gli altri personaggi è come se lei ci fosse sempre stata. Cosa che portava lo spettatore a chiedersi: “Ma che ca**o sta succedendo qui?”. Solo successivamente e con calma veniva spiegato cosa diavola stava succedendo lì.
Whedon insomma si è divertito a sorprendere e a lasciare senza riferimenti il suo pubblico spesso e volentieri all’interno di Buffy, cosa che ha ripetuto alla grande con Quella casa nel bosco, dove non gli è interessato tanto fare un film horror. Nonostante sia un grande, grandissimo horror, Quella casa nel bosco è anche e soprattutto una riflessione sulla narrazione. Sul cinema. Sul guardare e sull’essere guardati. Sui reality-show, senza parlare in maniera diretta dei reality-show. Jossh Whedon ancora una volta ha fatto un prodotto di genere, apparentemente diretto soprattuto ai nerd, ai fan della sci-fi, del fantasy e dell’horror, e ancora una volta ha realizzato un prodotto che in realtà parla pure di altro e affronta tematiche alte con una leggerezza e un divertimento unici.
Benché Buffy sia la sua creatura più celebre, Whedon ha inoltre realizzato altri lavori maledettamente interessanti. Se la serie Firefly e la sua versione cinematografica Serenity me li sono persi perché troppo startrekkosi per i miei gusti, non mi sono invece fatto sfuggire la mini-serie in 3 soli episodi realizzata per il web Dr. Horrible’s Sing-Along Blog con Neil Patrick Harris. Una storia pure questa contaminatissima tra generi vari, musical + supereroi + commedia + nuove tecnologie, e una storia pure questa geniale. Potete recuperarla in rete velocemente, la durata totale è di circa un’oretta.
Prima di approdare nei lidi dorati di Hollywood con The Avengers, la pellicola di maggiore incasso di tutti i tempi escludendo quelle girate da quel furbone di James Cameron (ovvero Avatar e Titanic, se negli ultimi 15 anni aveste vissuto su Pandora anziché sulla Terra), Joss Whedon ha però tirato fuori un’altra serie. Notevolissima quanto sottovalutatissima. Parlo di Dollhouse.
Come per Buffy, la partenza si è rivelata un po’ in sordina ma poi, episodio dopo episodio, è cresciuta in maniera esponenziale. Al contrario di Buffy, purtroppo, non ha mai riscosso un grande successo ed è stata cancellata dopo appena 2 stagioni. 2 stagioni parecchio interessanti che vi consiglio di recuperare.
Perché?
Perché è una figata, e poi perché Dollhouse è il riferimento principale per Questa anzi per Quella casa nel bosco. Il tema fondamentalmente è infatti lo stesso: siamo noi che decidiamo il nostro destino, o c’è qualcuno dietro che ci pilota, che ci guida?
Una tematica universale e antica quanto il mondo, che spinge molte persone a trovare una risposta nella Fede, qualunque nome dia al suo Dio, e che spinge invece i più geek come Whedon a cercarla nel cinema, nelle serie tv, nel racconto di fiction.
In Dollhouse, un gruppo di uomini e donne di bell’aspetto venivano “noleggiati” da dei facoltosi clienti per farne ciò che volevano, per realizzare le loro fantasie più profonde e perverse. Erano delle specie di prostituti di ingeniosa e raffinata concezione, in pratica. Per ogni cliente, alla persona/bambola veniva impiantata una nuova personalità con delle caratteristiche specifiche e a ogni nuova lavoro la loro memoria veniva resettata. Fino a che qualcuno di loro non capiva che forse c'era qualcosa di strano...
Dal cast di Dollhouse non a caso provengono un paio di attori, Amy Acker, già affezionata di Whedon dai tempi di Angel, lo spinoff di Buffy, e poi l’idolo indiscusso sia di Dollhouse che di Quella casa nel bosco, Fran Kranz. Mentre da Buffy è un piacerissimo rivedere, seppure in un minuscolo ruolo, Tom Lenk, il mitico Andrew del mitico Trio di super cattivoni super ridicoli.
Per quanto riguarda il resto del cast, segnalo anche la presenza di Jesse Williams da Grey's Anatomy, Chris Hemsworth al primo film interessante della sua carriera, e Kristen Connolly, che è la solita rossa whedoniana, erede della Alyson Hannigan di Buffy e della Felicia Day di Dr. Horrible's.
"Wow, questo è persino meglio di YouPorn!"
ATTENZIONE SPOILER
In Quella casa nel bosco, il “gioco” è differente eppure simile a quello di Dollhouse, con i personaggi che sono burattini nelle mani di qualcosa che sembra il destino, ma potrebbe essere qualcosa altro.
Ci troviamo di fronte a 5 personaggi che rappresentano uno stereotipo tipico del cinema horror: la verginella, il tipo serio e studioso, il tipo atletico, la zoccola e il nerd fattone. Raccontato così, il film potrebbe prendere una piega prevedibile. Potrebbe diventare il classico horrorino su un gruppo di ragazzotti che va in gita in una casa sperduta nel nulla e, come da copione, finisce massacrata brutalmente.
Un po’ è così, però è solo una parte. È solo un film nel film.
A questo punto, potrete pensare allora a una sorta di parodia del genere, alla Scream. Ancora una volta, avrete un pochino di ragione. Perché c’è anche questa componente.
Eppure, avrete pure torto, perché Quella casa nel bosco è anche altro. Molto altro. È cinema in continua evoluzione, che muta i suoi punti di riferimento, non lascia certezze. Sorprende e stupisce di continuo. Il tutto girato alla grande dall’esordiente dietro la macchina da presa Drew Goddard, un talento che Whedon si è coltivato da lunga data. Goddard ha infatti scritto la sceneggiatura di alcuni episodi di Buffy, tra cui uno dei più interessanti dell’ultima stagione (“Conversations with Dead People”), oltre a puntate assortite di Angel, Alias, Lost e aver realizzato lo script del valido Cloverfield.
Di più, preferisco non dirvi. Anche perché mi rendo conto di essermi dilungato a dismisura, per quanto abbia parlato più di Whedon che del film. Aggiungo solo: guardatelo e aspettatevi uno dei migliori e più originali horror degli ultimi anni. Ma non aspettatevi solo questo. Perché Quella casa nel bosco è grande cinema che riflette su se stesso e sulla vita e sul destino e sul libero arbitrio e su Dio.
Quella casa nel bosco è…
non mi viene in mente altra parola:
geniale.
(voto 9/10)
"E se poi ci infila dentro una scena così, va pure oltre il geniale!"
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