Ultimo appuntamento dell'anno con la rubrica musicale di Pensieri Cannibali.
Cosa sono 'sti fiumi di persone che scendono in strada a festeggiare?
Va bene che il prossimo anno non saremo ai Mondiali e quindi c'è voglia di sfogarsi già adesso, però non mi sembra una cosa da festeggiare con così tanto entusiasmo.
Per quei due o tre che si domandavano come mai è l'ultima puntata, il mese prossimo ci sarà spazio per le classifiche di fine anno, quelle musicali comprese, e quindi niente rubrica mensile, ma ripassone di tutto il 2017. Contenti?
Adesso non più?
Vi piaccia o meno, beccatevi intanto top, flop e qualche rubrichetta varia legata alla musica di novembre.
Io ne ho viste cose nel corso del 2016 che voi umani non potreste immaginarvi:
altroché navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione,
o raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser.
Ho visto Leonardo DiCaprio finalmente vincere un Oscar
e Sylvester “Razzie Award al peggior attore del secolo” Stallone quasi vincere un Oscar.
Ho visto per la prima volta nella mia vita un film di Tarantino che non mi ha entusiasmato
e un film della Marvel che mi ha davvero entusiasmato
e un film di Malick che mi ha fatto pensare: “Ti voglio bene Terrence, però adesso stai cominciando a rompere le scatole persino a me!”
Dopo essere scesi negli inferi, e non per il caldo, con l'ascolto dei peggiori tormentoni dell'estate 2015, adesso tocca ai migliori. In alcuni casi non si tratta esattamente di canzoni eccezionali, ma se non altro sono quelle che mi stanno piacendo di più nel corso della stagione più bollente dell'anno. O se non altro quelle che, almeno al momento, mi hanno rotto di meno le scatole. Ed è già un successo.
Ecco la top 10 dei tormentoni dell'estate 2015 preferiti qui su Pensieri Cannibali.
Un'immagine di Emily Ratajkowski che non c'entra niente con il post.
Ma da quando in qua è necessario un motivo per inserire un'immagine di Emily Ratajkowski?
Cast: Lou Taylor Pucci, Nadia Hilker, Francesco Carnelutti, Vanessa Bednar, Jeremy Gardner, Vinny Curran
Genere: mostruoso
Se ti piace guarda anche: Prima dell'alba, Starry Eyes, Aftershock, And Soon the Darkness
Tutti muoiono.
Tutti tranne... gli immortali. Ovvio.
Ci pensate, ad essere immortali?
Lì per lì dev'essere una figata. Dici: “Minchia, ora che siamo qui, noi siamo gli immortali,” come Jovanotti. Solo che poi ti rendi conto che non c'è nessun noi e sei solo tu l'unico immortale sulla faccia della Terra e realizzi che vedrai tutte le persone intorno a te, tutti quelli che conosci, tutti i tuoi cari morire. Uno dopo l'altro, li immortacci tua! È lì che capisci che essere immortale non è tutto rose & fiori, ma nel complesso resta comunque una discreta figata.
La rubrica dei dischi del mese continua. È appena il terzo appuntamento, ma è già una delle rubriche più longeve nella Storia di Pensieri Cannibali.
In questa puntata si passa da nomi stra famosi come Jovanotti e Madonna ad artisti leggermente meno conosciuti e più indie-rock come Will Butler degli Arcade Fire e i Modest Mouse, senza dimenticare un pizzico di hip-hop e di elettronica.
La quarta puntata delle guide musicali galattiche fornite da Pensieri Cannibali, dopo Britpop, Grunge e Hip-Hop internazionale, si occupa di un genere molto, come dire? Odiato. Sì. Forse il rap italiano è il genere musicale più odiato d’Italia. La colpa? Fondamentalmente di una scena passata non sempre fenomenale e di una odierna ancora più discutibile, capitanata da nomi sputtanati come Moreno, Fedez ed Emis Killa. Soltanto perché loro fanno schifo, non significa però che sia tutta ‘nammerda.
Un altro motivo per cui il genere non è visto di buon occhio è il fatto che in Italia l’hip-hop tutto, e non solo quello nazionale, viene ancora considerato da molti come un tipo di musica di serie B. Perché questo?
Forse perché in Italia non c’è mai stata una forte comunità black, non come in altri paesi come Francia o Regno Unito, per non nominare gli USA. O forse perché da noi c’è ancora la concezione che solo il rock è musica di serie A, senza però considerare che i dischi rock davvero fondamentali usciti nel nuovo millennio si possono contare sulle dita di una mano. Monca.
Come sia o come non sia, la scena hip-hoppara italiana nel corso degli anni qualche cosa di interessante l’ha anche prodotta. Volendo provare a fare un brevissimo bignamino per babbani, possiamo dire che tra i primi a importare dagli Stati Uniti il rap c’è stato Jovanotti. Proprio lui. Per quanto sia sempre stato un po’ ai margini del movimento hip-hop e sbeffeggiato dagli intregralisti del genere, il Jova ha dato un contributo fondamentale per far conoscere la musica rap dalle nostre parti. La scena si è poi sviluppata negli anni ’90 grazie al successo di Articolo 31 e Sottotono, mentre nell’ underground si sono mosse le posse, oltre a varie realtà locali con il loro rap in dialetto, soprattutto in napoletano uè uè e in romanesco aò.
Dopo un periodo di stallo a livello commerciale, negli ultimi anni il genere è tornato sulla cresta dell’onda, grazie in particolare al fenomeno Fabri Fibra che, nel piccolo dello Stivale, ha rappresentato un po’ quello che Eminem è stato dall’altra sponda dell’Atlantico. Applausi per Fibra, dunque?
Da una parte sì, perché insieme ad altri rappers come Caparezza, Club Dogo, Mondo Marcio, Marracash etc. ha sdoganato definitivamente il genere nel mainstream, dall’altra parte no, perché ha (involontariamente) dato vita a tutta una serie di suoi cloni in tono minore, come i vari rapperoni citati in apertura di post.
Ma adesso basta polemiche e chiacchiere da bar e via alla musica, con i miei 10 pezzi di rap italiano preferiti di sempre. E, a fondo post, trovate anche la mia ormai tradizionale playlist Spotify.
Top 10 – Le canzoni di rap italiano preferite di Pensieri Cannibali
10. Piotta "Super cafone"
9. Club Dogo "Spaccotutto"
8. Sottotono "Tranquillo"
7. Fabri Fibra "Bugiardo"
6. Jovanotti "Non m'annoio"
5. Neffa e I messaggeri della dopa "Aspettando il sole"
4. Frankie HI-NRG MC feat. Riccardo Sinigallia "Quelli che benpensano"
3. Articolo 31 "Tranqi funky"
2. 99 Posse "Comuntwist"
1. Caparezza "Eroe (Storia di Luigi delle Bicocche)"
Ecco la playlist Spotify di Pensieri Cannibali dedicata al rap italiano
Estate, anzi per la precisione AGOSTO, tempo quindi di mandare momentaneamente in stand-by gli ascolti “seri” (ammesso e molto non concesso che mai ne faccia) e andare di ignoranza con un sacco di musica pop, non necessariamente di plastica, o forse sì.
Ecco i miei 10 tormentoni cannibali per questa cruel summer 2011
10. Shakira feat. Pitbull “Rabiosa”
Tra le nume-numerose porcate di musica latino americana che infettano l’etere, questa è l’unica che mi piace. Forse però può essere dovuto solo alla presenza di una Shakira con caschetto (parrucca?) nera che va oltre ogni soglia del caliente! Oppure per quel geniale “rattatà” che conferma come il diavolo stia nei dettagli.
Comunque lei mi fa preoccupare: con She Wolf si smascherava donna lupo, adesso c’ha la rabbia… tutto a posto, Shakira?
9. LMFAO “Party Rock Anthem”
Party rock anthem, dice già tutto il titolo. Anche se il titolo più azzeccato sarebbe "Party Truzzo Anthem"...
8. Ed Sheeran “The A Team”
Già un successo in UK, in attesa che anche le radio nostrane si sveglino dal coma di Shimbalaiê ma che cazzo è? e se ne accorgano, questa è la canzone voce-chitarra da falò di quest’estate.
7. Cher Lloyd “Swagger Jagger”
Nuova idola pop dalla cara vecchia England, ‘sta qua farà strada.
6. Lady Gaga “The Edge of Glory”
Ormai mi rifiuto di credere nell’esistenza dell’estate senza un pezzo di Lady Gaga. Una volta c’era il Festivalbar a segnalarci l’arrivo della bella stagione, adesso ci pensa la Germanotta. Ma più che un pezzo in particolare, è tutto l’album Born This Way la sborrata electropopdance dell’estate 2 0 1 1.
5. Foster the People “Pumped up kicks”
Se una volta esistevano solo i tormentoni tamarri, da qualche tempo in qua per fortuna anche il popolo indie ha puntuale il suo buon tormentone estivo. Merito di Pitchfork, dei blog in rete, o dell’aumentato potere della comunità nerd musicale, chi lo sa? Comunque dopo MGMT, Phoenix e LCD Soundsystem, quest’anno trionfano i Foster the People.
4. Britney Spears “I wanna go”
Anche per essere tamarri ci va stile. E Britney è la regina delle tamarre con stile.
Tizi e tizie di Jersey Shore e Tamarreide, siete pregati di prendere appunti, pleaze. Nel caso sapete scrivere…
3. The Drums “Money”
Dopo la fischiettante Let’s go surfing e un incantato spassoso esordio, i Drums sembrano aver mantenuto intatta la stessa freschezza (miracolo!) e il primo singolo Money dal nuovo album Portamento è troooppo ganzo. Trooooppo giusto!
2. CSS feat. Bobby Gillespie “Hits me like a rock”
I Cansei de Ser Sexy sono un gruppo brasileiro ma non fanno musica reggaeton o latina, bensì fanno un electro pop solare sì, ma anche spettacolare. Il primo singolo dal loro nuovo imminente album contiene un featuring di lusso, ovvero Bobby Gillespie dei Primal Scream, ed è il pezzo più estivo che non sentirete in radio.
Ditemi se esiste un pezzo più estivo di questo… ma come diavolo fanno a non trasmetterlo tutte le stazioni FM a reti unificate?
1. Katy Perry "Last Friday Night (T.G.I.F.)"
T.G.I.F.: Thank God Is Friday? No: T.G.I.S.: Thank God Is Summer!
Per par condicio voglio segnalare anche i 5 tormentoni dell’estate 2011 che - detto proprio francamente - più mi stanno fracassando i maroni.
IL PEGGIO (per il mio modessssssstissimo ma incontestabile parere...)
5. Michael Franti feat. Jovanotti “The Sound of Sunshine”
Sì, vabbene, è la classica canzone sunshine tutta sorridente sole cuore amore e proprio per questo ha già rotto.
4. Don Omar feat. Lucenzo “Danza Kuduro”
Canzone di rara idiozia, è il tormentone ufficiale dell’estate italiana. Nel resto del mondo, chissà perché, non se l’è invece filata nessuno… Scemi loro?
3. Giorgia
Non c’ho nemmeno voglia di sprecare 2 secondi su Google per cercare il titolo della canzone. Comunque Giorgia è tornata, ma se non lo faceva io di sicuro non mi lamentavo, e vuole fare la moderna con un suono electro pop che però nelle sue mani suona già vecchio. Consoliamoci: per il momento, almeno Laura Pausini non è ancora uscita dalla sua cripta…
2. Bob Sinclar feat. Raffaella Carrà “Far l’amore”
Che cazzata di canzone!
1. Jennifer Lopez “On the floor”
Per la serie: La lambada non ci aveva già rovinato abbastanza l’infanzia, adesso J.Lo deve riportarla in auge rovinandoci anche l’età adulta. Ma vattelo a pigliare in quel grosso cu….
Se ti piace ascolta anche: M.I.A., Black Eyed Peas, Daft Punk, Gorillaz, Bob Sinclar
Pezzi cult: “Megamix”, “Tutto l’amore che ho”, “La festa infinita”
Negli Stati Uniti c’hanno Kanye West. In Inghilterra c’hanno Damon Albarn. Noi c’abbiamo Jovanotti. Lo so che il confronto è impietoso, però insomma meglio di niente. Il Lorenzo Cherubini è infatti uno dei pochi in Italia ad avere il coraggio (o l’incoscienza) di mischiare generi vari e a fare dischi ambiziosi non unicamente legati a un solo ambito musicale. Il rischio, è naturale, è quello di non riuscire bene in tutto. E infatti il nuovo disco “Ora” in uscita ora è un lavoro ricco, lungo (due dischi nella versione deluxe), pieno di roba. La cosa che più sorprende è la sua notevole carica vitale, nonostante la recente perdita della madre arrivata poco dopo quella del fratello.
Si procede tra alti e bassi, dunque, con alcune cose che sono decisamente una figata. Quali?
“Megamix”: è questa la vita che sognavo da bambino, un po’ di Hello Kitty un po’ di Tarantino. Figata.
Il primo singolo “Tutto l’amore che ho” è un raro caso di canzone radiofonica nazionalpopolare eppure anche intelligente e musicalmente non banale. Figata.
“Ora” procede in una direzione ipnotica simile al singolo, la basetta (intendo la base musicale sotto, non i basettoni del Jova), mi ricorda “Paper Planes” di M.I.A. e nel ritornello non so perché ha un qualcosa da “Into the wild”. Figata.
“Amami” è un pezzo pop con il solito rap-pseudo-rap jovanottiano inserito su una valida base electro. Figata. O quasi.
“Il più grande spettacolo dopo il Big Bang”, pezzo dal testo molto romantico e dal tiro più o meno rocknroll con chitarre tra Snow Patrol e Stars, giocato come altri brani qui presenti sulla ripetitività. Tra qualche ascolto potrebbe dare noia per adesso figata.
“Un’illusione”, tra i lenti dell’album è il più riuscito. Atmosfera vellutata alla Air di “All I need”. Una carezza. Figata soft.
“La porta è aperta” torna a spingere con un bel basso electro Daft Punk che sembra di stare dentro Tron Legacy caaazzo figata.
Altre robe personalmente mi hanno entusiasmato molto meno.
“Le tasche piene di sassi”, ballatona strappalacrime stile “Per te”, sarà un bel singolo natalizio e il testo dedicato alla madre non è male ma io la skippo volentieri. Non figata.
“L’elemento umano”, pezzo dalla discreta atmosfera da soundtrack carina ma noiosina. Non figata.
“La bella vita” con Amadou & Mariam, canzone in italo-francese dal ritmo più Bob Sinclar che afro. Probabile tormentone wakata estiva stupidotta (“l’Afrique c’est chic”), strappa un mezzo sorriso ma niente più. Non figata.
“Battiti di ala di farfalla” con ospite Michael Franti prosegue nella direzione del pezzo precedente, leggermente più riuscita la base electro-jazz ma l’effetto Bob Sinclar non è del tutto scongiurato. Ricorda anche “Hey mama” dei Black Eyed Peas. Non figata.
E qualcosa rimane sospeso.
“Io danzo” pezzo rap futuristico con un testo attuale e un ritmo techno sincopato. Bella paranoia ma più non figata che figata.
“La notte dei desideri” pezzo danzereccio con una buona melodia sullo stile di “Tutto l’amore che ho”. Ogni cosa è illuminata ma non è poi ‘sta gran figata.
“Quando sarò vecchio”, bel testo (Quando sarò vecchio sarò vecchio, nessuno dovrà più venirmi a rompere i coglioni), musica con chitarre surf, una fisarmonica, un fischio spaghetti western e un andamento ska, detto così suona una figata e invece il troppo stroppia e il pezzo non funziona un granché.
“Rosso d’emozione”, pezzo inquietante quasi Nine Inch Nails, non troppo nelle corde di Lorenzo il cherubino. Né figata né non figata.
Il bonus CD riserva diverse cose valide, tanto da risultare in diversi punti meglio del disco ufficiale, a partire da una “Spingo il tempo al massimo” che fa proprio ciò che dice il titolo, una “Kebrillah” che conferma l’impressione che Lorenzo ultimamente deve aver sentito un sacco di M.I.A., “La festa infinita”, tra le cose migliori del doppio disco, un pezzaccio tra Crookers e Kanye West con tanto di auto-tune, “Dabadabadance” è una versione aggiornata di “Bla bla bla” di Gigi D’Agostino? Sembrerebbe di sì. “Sul lungomare del mondo” scivola piacevolemente rilassata, mentre “Go!” è unz-unz dance yeah. Evitabili invece “I pesci grossi”, una sorta di remix di “Mondo” di Cesare Cremonini su cui il Jova aveva già rappato. Infine “Sulla frontiera” (un remix di “Io danzo”), “La medicina” e la versione acoustic de “L’elemento umano” sono riempitivi visto che se no il disco non durava già abbastanza.
“Ora” nelle intenzioni sembra schizofrenico e vario, ma nei risultati poi nemmeno così tanto, visto che gran parte del lavoro è innervato da un cantautorato pop-rap su basi più o meno electro. Se da una parte c’è una buona versatilità musicale, dall’altra il limite come al solito restano le capacità vocali piuttosto limitate del Jova. Ottime intenzioni, diverse cose degne di note (cosa che non è affatto poco, tra i dischi italiani “mainstream”), anche se il primo singolo molto fico mi aveva fatto alzare aspettative in parte confermate e in parte deluse. Ma questo è Jovanotti, a piccole dosi un ascolto curioso e interessante, però 25 pezzi sono troppi.
Diciamo allora che questa potrebbe essere l’altra faccia del doppio “Wow” dei Verdena: tanto quello guarda al passato ed è, almeno per me, completamente wow, tanto questo “Ora” guarda al now e non è del tutto riuscito. In ogni caso due dischi dai titoli perfettamente azzeccati.
Cast: Stefano Accorsi, Vittoria Puccini, Claudio Santamaria, Giorgio Pasotti, Pierfrancesco Favino, Marco Cocci, Sabrina Impacciatore, Daniela Piazza, Primo Reggiani, Adriano Giannini, Valeria Bruni Tedeschi
Le premesse certo non sono delle migliori. Gabriele Muccino torna dalla trasferta hollywoodiana con in valigia l’orripilante inno al capitalismo e al conformismo sociale titolato La ricerca della felicità e il sonnacchioso inno alla vita new-age di 7 anime. In più, tanto per tirar su qualche altro soldino, il Muccino si è messo a fare tutta una serie di pubblicità merdose (la Tband Tim la scorsa estate, quest’anno la minchiata con Christopher Lambert per Fiat).
Dico questo con rammarico, visto che i suoi film italiani mi sono piaciuti. Davvero frizzante e divertente all’esordio con Ecco fatto; piacevolmente adolescenziale, prima che il genere adolescenziale venisse sputtanato da Moccia, in Come te nessuno mai (il suo film che preferisco); melodrammatico e con tentativi (magari non del tutto riusciti) di descrizione generazionale in L’ultimo bacio. Infine, esageratamente melodrammatico e con tentativi (anche qui non pienamente riusciti) di descrivere la società italiana tra veline e borghesia romana in Ricordati di me. Tutti film se non altro personali e vivi.
A far da traino al suo ritorno in patria, per cui ha rispolverato i personaggi del suo film più celebre, è arrivata poi la canzone “Baciami ancora” del Jovanotti. Una ruffianata assurda, laddove “L’ultimo bacio” di Carmen Consoli era una delicata, dolce, bella ballad nostalgica.
Premesse non delle migliori e anche l’inizio non è dei più esaltanti. La voce fuori campo alla American Beauty era roba da 10 anni fa. Il cercare di scimmiottare l’intreccio di personaggi di Magnolia pure. Moh basta, però. Ecco: i personaggi del film sembrano rimasti ancorati allo scorso decennio. Nel passaggio dai 30 ai 40 non sono cresciuti per niente. Forse sono persino regrediti.
Accorsi è ancora più frenetico e nervoso, tanto che, ironia della sorte, in questo Ultimo bacio – Parte seconda ci rimette quasi le penne per lo stress. Dategli dello Xanax, please, o fatelo andare da uno strizzacervelli bravo.
Pierfrancesco Favino ha le orecchie e un ego ancora più grosso. E pensare che c’è chi lo considera un sex-symbol.
Giorgio Pasotti è cambiato. In peggio. L’hanno ridotto davvero in uno stato pietoso, con una pettinatura che al confronto il Javier Bardem di Non è un paese per vecchi quando passa per strada lo chiamano “Ah bellicapelli!”
Per fortuna che c’è Claudio Santamaria in versione depresso-psicopatico ad alzare il ritmo di un film che parte piatto.
Marco Cocci è sempre quello libero, indipendente, che sogna di fuggire da questa Italia di merda senza prospettive e da un lavoro eternamente precario al supermercato.
E anche Muccino alla fine è sempre lo stesso. È tornato con una consapevolezza maggiore dei propri mezzi, una fotografia più ricercata ma fondamentalmente è lo stesso che era prima di attraversare l’Oceano. Il che, visti i risultati americani, è un bene anche se i difetti pure stavolta non mancano: la sceneggiatura ha delle svolte facili e prevedibili, Muccino ha un gusto musicale da spot Barilla e costruisce paesaggi agresti da cartolina, per non dire da spot Tim.
Qualche cosa però è cambiata, almeno a livello di cast femminile. Anche nelle critiche negative al film, quasi tutti hanno sostenuto quanto Vittoria Puccini fosse brava e non facesse sentire la mancanza di Giovanna Mezzogiorno. No, dico: stiamo scherzando? Elisa di Rivombrosa che sostituisce la (forse) migliore attrice italiana di oggi e si dice che non si sente la sua mancanza? Ma andatevenetuttiaffaaaaaaancuore
Ché pure fisicamente le due non c’azzeccano una mazza l’una con l’altra e solo quello stordito di un Accorsi può essere l’unico a non accorgersi che sua moglie si è trasformata in un’altra donna, mentre prova in tutti i modi a fottersela, pardon “baciarla”, ancora.
Se ne L’ultimo bacio era la ragazzina Martina Stella a far scatenare la crisi, stavolta in un ribaltamento dei sessi è Daniela Piazza, la moglie di Dumbo Favino, a spassarsela con un ragazzino più giovane.
E poi c’è Sabrina Impacciatore, migliorata sia fisicamente che a livello recitativo. Sembra oggi quasi una Charlotte Gainsbourg de Tor Vergata. Aò.
Son tornate le lucciole a Roma, canta Jovanotti. E proprio come una "lucciola" che si è prostituita a Hollywood, anche Muccino è tornato. Tra luci e ombre, con i suoi pregi e i suoi difetti. Ma almeno ha smesso per un momento di fare lo schiavetto al soldo di Willy Smith, di Tim o di Fiat (seppure qua dentro c’è una gran bella marchetta della Lancia Ypsilon) e ha fatto un cinema suo al 100%.
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